IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza sul ricorso n. 7557/2001
Reg. Gen., proposto da C. C., rappresentata e difesa dagli
avv. Giuseppe Guarino e Giuseppe Inglese.
    Contro  il  Ministero  di  grazia  e  giustizia,  in  persona del
Ministro   pro   tempore   nonche'   il   Consiglio  Superiore  della
Magistratura,  in  persona  del  legale  rappresentante  pro tempore,
rappresentati  e  difesi  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato per
l'annullamento:
        della  deliberazione del comitato di presidenza del Consiglio
Superiore  della Magistratura del 7 giugno 2001, n. prot. 11656/2001,
nella  parte  in  cui  rigetta  l'istanza  dell'uditrice  giudiziaria
ricorrente di assegnazione in Genova (o sede limitrofa) anche ai fini
dello  svolgimento  dell'uditorato c.d. mirato, ai sensi dell'art. 33
della legge n. 104 del 1992;
        della  nota  del  presidente  del Tribunale di Bolzano del 18
giugno  2001,  recante  notifica di detta deliberazione, richiesta di
immediata  presa di possesso nella sede assegnata presso il Tribunale
di  Bolzano  per  iniziare il tirocinio mirato, e convocazione per il
giorno 20 giugno, per la scelta delle specifiche funzioni;
        di  ogni  altro  atto  comunque  presupposto,  conseguente  o
connesso.
    Visto il ricorso ed i relativi allegati;
    Visti  gli atti di costituzione in giudizio delle amministrazioni
intimate;
    Viste   le  memorie  presentate  dalle  parti  a  sostegno  delle
rispettive difese;
    Visti  gli  atti  tutti  di  causa,  ed  in  particolare i motivi
aggiunti del ricorso notificati dalla ricorrente il 27 settembre 2001
avverso  le  successive  deliberazioni  dell'assemblea  plenaria  del
C.S.M. dell'11 e del 19 luglio 2001;
    Uditi  alla  pubblica  udienza del 24 ottobre 2001 il relatore ed
altresi' gli avv. Guarino e Palmieri;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

                              F a t t o

    Con  ricorso  notificato  in  data 21 giugno 2001 e depositato il
successivo  giorno  22 la dott.ssa C. C., nata a Genova il
19  luglio  1970,  premetteva  di essere figlia unica di madre vedova
(essendo  il padre deceduto nel 1970), e convivente, in Genova, oltre
che  con  la  madre,  L.  D. (anche lei figlia unica di madre
vedova), con la nonna, I. C., di anni 92.
    Conoscendo  la  lingua tedesca, aveva partecipato vittoriosamente
al concorso per dieci posti di uditore giudiziario nella Provincia di
Bolzano  indetto  con  d.m.  17  giugno 1998, collocandosi al secondo
posto della graduatoria per il gruppo di lingua tedesca.
    Dopo  avere  sostenuto  le  prove  orali  del  concorso era stata
costretta  a  spostare  la  propria residenza da Bolzano a Genova per
l'adempimento  di  doveri  di  solidarieta'  familiare. Era accaduto,
infatti, che la madre, gia' colpita da carcinoma negli anni 70, e poi
da  aneurisma  cerebrale  nel 1996, ma allora in condizioni di salute
ancora  discrete,  nel 1999 era stata colpita da nuove manifestazioni
cancerose  nei  linfonodi,  nei polmoni e nelle ossa, scoperte fra le
prove scritte (novembre 1998) e l'orale (20 maggio 1999) del concorso
della  figlia,  e  non  curabili mediante asportazione chirurgica; in
data  13  dicembre  1999  era stata, pertanto, dichiarata invalida al
100%,  e indi riconosciuta come portatrice di handicap grave ai sensi
dell'art. 3,  comma  3,  della  legge  n. 104  del  1992;  ad analogo
riconoscimento  la commissione competente ex lege n. 104/1992 sarebbe
pervenuta  in  data  17  febbraio  2000  nei  confronti  della  nonna
dell'interessata.  Le dette condizioni di handicappate gravi di madre
e  nonna  avevano  costretto  la  ricorrente,  dunque, a ritornare da
Bolzano  (dove  in  quel  periodo  risiedeva)  a  Genova,  per potere
assistere con continuita' le prossime congiunte.
    In  data  6  marzo  2000  la  dott.ssa  C. veniva dichiarata
vincitrice del concorso e nominata in ruolo.
    La  stessa,  per  le  necessita'  esposte,  rivolgeva  istanza al
Consiglio  Superiore  della  Magistratura per essere autorizzata allo
svolgimento  dell'uditorato  giudiziario e per l'assegnazione di sede
in  Genova  (o sede limitrofa), in forza dell'art. 33, comma 5, della
legge n. 104 del 1992.
    Con  deliberazione del 12 aprile 2000 il Consiglio l'autorizzava,
previa  presa  di  possesso  presso la sede di Bolzano, a svolgere il
periodo  di  uditorato  nella  sede  di  Genova,  dove  l'interessata
prestava  servizio  per  oltre  un  anno  assistendo  nel contempo le
proprie congiunte.
    In  vista  della  conclusione del periodo di uditorato generico e
dell'assegnazione  della  sede,  con  istanza  del  22 aprile 2001 la
ricorrente   richiedeva   nuovamente   al   C.S.M.  di  poter  fruire
dell'art. 33  della  legge  n. 104 del 1992, e di ottenere come prima
sede  di  servizio  un  ufficio  disponibile  prossimo alla citta' di
Genova.
    Tale   nuova   istanza  veniva,  pero',  respinta,  ritenendo  il
Consiglio  che  l'invocata disposizione della legge n. 104/1992 fosse
applicabile   ai   magistrati  vincitori  del  concorso  per  uditore
giudiziario  per  la  provincia  autonoma di Bolzano soltanto ai fini
dell'assistenza  di  congiunti  handicappati  residenti  nella stessa
provincia.
    Avverso  il  rigetto della propria richiesta insorgeva, pertanto,
l'interessata mediante l'esperimento del ricorso in epigrafe.
    Con  l'impugnativa  veniva  criticata l'interpretazione normativa
seguita  dal  C.S.M.,  assumendo  che la nuova istanza della dott.ssa
C. integrava tutti i presupposti per l'applicazione dell'art. 33
della   legge  n. 104,  ed  articolando  doglianze  cosi'  rubricate:
violazione  e\o falsa applicazione dell'art. 33, comma 5, della legge
n. 104/1992,  nonche' degli artt. 35, 37, 38, del d.p.r. n. 752/1976,
anche  in  relazione  agli  artt. 2,  3,  31,  32, 37, 38 e 120 della
Costituzione; eccesso di potere per errore nei presupposti di fatto e
di  diritto  e  conseguente travisamento, difetto di istruttoria e di
motivazione,    contraddittorieta',    illogicita',   violazione   di
circolare, ingiustizia grave e manifesta.
    Con  ordinanza  in  data  4  luglio  2001  la  domanda  di tutela
cautelare presentata dall'interessata veniva accolta.
    Il  Consiglio  Superiore  della  Magistratura  con  delibera  del
successivo  giorno  11  esprimeva,  peraltro, una "preindicazione" in
ordine  all'assegnazione  dell'interessata come giudice del Tribunale
di  Bolzano, ed il seguente giorno 19, oltre a conferirle le funzioni
giurisdizionali,  la  destinava  effettivamente a tale tribunale come
giudice.
    La  ricorrente  proponeva,  quindi,  motivi  aggiunti di ricorso,
notificati il 27 settembre 2001 e depositati il successivo giorno 28,
estendendo   ai   nuovi   atti   le  censure  gia'  dedotte  mediante
l'originario   ricorso   e   denunziando,   inoltre,   la  violazione
dell'ordinanza cautelare del tribunale.
    L'Avvocatura  generale  dello Stato, costituitasi in giudizio per
le  amministrazioni intimate, eccepiva con la sua memoria la parziale
tardivita'  del  ricorso  e  deduceva, comunque, l'infondatezza delle
doglianze avversarie, concludendo per la reiezione dell'impugnativa.
    La  ricorrente,  per  parte  sua,  ribadiva le proprie censure ed
insisteva per l'annullamento degli atti impugnati.
    Alla  pubblica  udienza  del  24  ottobre  2001 la causa e' stata
trattenuta in decisione.

                            D i r i t t o

    La  controversia  in  esame  ha  per  oggetto  la  pretesa  della
ricorrente, vincitrice (nell'ambito del gruppo di lingua tedesca) del
concorso  per  dieci  posti di uditore giudiziario nella Provincia di
Bolzano  indetto  con d.m. 17 giugno 1998, di ottenere l'assegnazione
di  sede  in Genova o sede limitrofa, in forza dell'art. 33, comma 5,
della  legge  n. 104  del  1992,  per  potere assistere la madre e la
nonna,  entrambe  riconosciute  affette  da  handicap  grave ai sensi
dell'art. 3 della stessa legge e con lei conviventi.
    1.  -  Ai  fini  di  un  pronto  inquadramento della problematica
controversa  giova  subito  dare atto dei punti di fatto e di diritto
intorno  ai  quali si registra una piena convergenza di vedute tra le
parti in causa.
    1.  a)  -  Pacifica,  in primo luogo, e' l'esistenza, nella sfera
familiare  della  ricorrente,  di  condizioni  tali  da integrare gli
estremi  della  particolare situazione di bisogno alla quale sovviene
la  disposizione  dell'art. 33,  comma 5, della legge n. 104 del 1992
(condizioni  la  cui  sussistenza,  in ogni caso, e' stata dedotta ed
ampiamente documentata).
    1.  b)  -  Indiscussa,  inoltre,  e' l'applicabilita' della detta
previsione  legislativa al personale di magistratura, ivi comprese le
unita' che prestano servizio nella regione autonoma del Trentino Alto
Adige.  Lo  stesso  provvedimento  che  forma  oggetto d'impugnativa,
invero,  pur  respingendo l'istanza dell'interessata, ha riconosciuto
che dell'invocata disposizione della legge n. 104/1992 possono fruire
anche i magistrati vincitori del concorso per uditore giudiziario per
la   Provincia   autonoma   di  Bolzano,  benche'  soltanto  ai  fini
dell'assistenza  di  congiunti  handicappati  residenti  nella stessa
provincia.
    1.  c)  -  Incontestato,  poi,  e'  che i magistrati che prestano
servizio   nella  regione  autonoma  non  appartengano  ad  un  ruolo
speciale/locale,  ma facciano parte anch'essi del ruolo nazionale del
personale  di  magistratura  (in  questo  senso sono, tra l'altro, il
parere  dell'ufficio  studi  del C.S.M. in atti, pag. 5, e la memoria
difensiva dell'Avvocatura generale dello Stato, pagg. 11-12).
    1.  d)  -  Altro  punto  pacifico  e'  che  per poter accedere ai
concorsi  per posti di uditore giudiziario nella Provincia di Bolzano
non occorre avere la residenza nel suo territorio, ma possono esservi
ammessi  cittadini  italiani  di  qualunque residenza, come si desume
anche dalla copia del bando concorsuale in atti.
    2.  - Tanto premesso, si deve mettere meglio a fuoco la posizione
assunta   dal   Consiglio   Superiore   della   Magistratura  con  il
provvedimento impugnato.
    Nella  deliberazione  in  epigrafe e' stato ritenuto che " ... e'
senz'altro  applicabile  la legge n. 104 del 1992 anche ai magistrati
vincitori  del  concorso  per  uditori  giudiziari  per  la Provincia
autonoma di Bolzano, con la conseguenza che qualora uno dei vincitori
si  trovi nelle condizioni per beneficiare della precedenza assoluta,
essendo portatore di handicap o convivendo con familiari portatori di
handicap residenti nella Provincia di Bolzano, potra' scegliere i tra
i  posti messi a disposizione nella Provincia autonoma di Bolzano con
precedenza assoluta sugli altri candidati;
    Va  da  se'  che  se i familiari conviventi portatori di handicap
risiedono  fuori  dalla Provincia autonoma di Bolzano la legge n. 104
del  1992  non  sara'  operativa  in favore del magistrato ai fini di
ottenere  la  precedenza  assoluta  nella  scelta  dei  posti messi a
concorso  nella  Provincia  di  Bolzano, perche' manca in questo caso
ogni  collegamento  con  la  necessita' di assistere i familiari e le
sedi  che  uniche  possono essere messi a concorso, all'interno della
provincia autonoma;
    Ne  consegue  ancora  che  la  dott.ssa  C.,  vincitrice  di
concorso  bandito  per  dieci  posti  di  uditore  giudiziario per la
Provincia  autonoma  di  Bolzano,  non  potra'  legittimamente essere
assegnata  ad  altra  sede  che  non  sia  ubicata nella Provincia di
Bolzano,  e non potra' invocare l'applicazione della legge n. 104 del
1992  come  diritto  alla  precedenza,  perche'  i  di  lei familiari
portatori di handicap risiedono a Genova ... ".
    3. - Avverso l'interpretazione seguita dal Consiglio Superiore la
ricorrente  ha  svolto molteplici argomenti, diretti a dimostrare, in
primo  luogo,  che  la  sua  posizione  rientra  nel novero di quelle
tutelabili  ai  sensi  dell'art. 33,  comma 5, della legge n. 104 del
1992.
    Sotto  questo  limitato profilo, e con riserva di quanto si dira'
nei paragrafi 4 e segg., le tesi di parte ricorrente meriterebbero di
essere condivise.
    3.  a)  -  Il  punto  dal  quale  occorre partire e' quello, gia'
affiorato, per cui i magistrati che prestano servizio nella Provincia
autonoma  di Bolzano non danno vita ad un ruolo speciale o locale, ma
costituiscono  parte  integrante  dell'unitario  ruolo  magistratuale
nazionale,  il  quale  comprende  tutti i posti della pianta organica
distribuiti  nel  territorio  dello  Stato, ivi compresa la provincia
autonoma.
    Cio'  conduce alla naturale conseguenza che il concorso, superato
dalla ricorrente, per posti di uditore giudiziario nella Provincia di
Bolzano  ha  natura,  anch'esso,  di  concorso nazionale. Esiste, del
resto,  una  sostanziale  corrispondenza  nelle relative procedure di
reclutamento:  il  concorso  speciale  e'  del  tutto  simile,  nella
struttura,   all'ordinario   concorso   nazionale,   salvo   che  per
l'occorrenza  del requisito ulteriore del possesso del c.d. patentino
di  bilinguismo,  nonche'  la  conoscenza del particolare ordinamento
giuridico amministrativo della Provincia di Bolzano.
    Tutto   questo   gia'   suggerisce   l'uguaglianza   dei  giudici
altoatesini  agli  altri  giudici  nazionali e l'unitarieta' del loro
status magistratuale. A conferma non guasta rammentare che, se per un
verso  i  magistrati  assunti mediante il concorso speciale di cui si
tratta  possono  proporre domanda di trasferimento, normalmente, solo
dopo  dieci  anni  dalla  loro  nomina  (art. 38, terzo comma, d.p.r.
n. 752  del 1976), essi possono essere tuttavia trasferiti anche anzi
tempo   qualora   cio'   sia  imposto  dalle  norme  dell'ordinamento
giudiziario  in  materia  di  incompatibilita'  e di trasferimento di
ufficio  quale  sanzione  disciplinare,  o  dalle  norme  in  tema di
trasferimento  d'ufficio per incompatibilita' funzionale o ambientale
(art. 38,  secondo comma, d.p.r. cit.). Per converso, va sottolineato
che   alla  copertura  dei  posti  vacanti  degli  uffici  giudiziari
altoatesini   e'   possibile   provvedere,  in  caso  di  mancanza  o
insufficienza  di aspiranti che abbiano superato l'apposito concorso,
anche  mediante  applicazione  di  magistrati selezionati mediante il
concorso  ordinario e solo "preferibilmente a conoscenza della lingua
tedesca" (art. 37, secondo comma d.p.r. cit.).
    Da  quanto  detto  circa  la comunanza di ruolo e di status tra i
magistrati  vincitori  del  concorso  ordinario  e  quelli  che hanno
superato  il  concorso  speciale per la provincia autonoma, si evince
che  non  vi  sarebbero  insuperabili  preclusioni  di  principio  ad
ammettere   il  vincitore  di  un  concorso  speciale  ad  una  prima
assegnazione di sede gia' all'esterno della provincia stessa, laddove
cio' fosse disposto dalla legge n. 104/1992.
    Unico  ostacolo  a  cio'  puo'  venire,  come meglio si vedra' in
seguito,  dalla  previsione,  gia' citata, dell'art. 38, terzo comma,
d.p.r.  n. 752  del  1976,  il quale impone una preventiva permanenza
almeno  decennale per poter aspirare a una sede diversa: e tale norma
forma   oggetto,   per   questo   suo  profilo,  della  questione  di
legittimita'  costituzionale che si intende sollevare con la presente
ordinanza.
    3.  b)  -  Esaminando  piu'  da  vicino le problematiche inerenti
all'applicazione  dell'art. 33  della  legge n. 104/1992 va osservato
quanto segue.
    Secondo  il C.S.M., poiche' il concorso superato dalla ricorrente
era  finalizzato  specificamente alla provvista per uffici giudiziari
ubicati  nella  provincia  autonoma,  e  soltanto  per  essi, le sedi
oggetto  della  sua domanda (Genova e citta' vicine), non rientrando,
per  definizione,  fra quelle messe a concorso, non potrebbero essere
oggetto di assegnazione.
    A  questo riguardo, tuttavia, nel ricorso si sostiene esattamente
che non e' decisivo il fatto che le sedi compatibili con l'obbligo di
assistenza esulino dal novero di quelle messe a concorso.
    E'  soltanto  l'art. 21  della  legge n. 104/1992 a prevedere, ai
fini  della  semplice  "preferenza nell'assegnazione di sede" da esso
accordata,  che  il beneficio della scelta prioritaria debba spaziare
entro  il  ventaglio  - e quindi il limite - delle "sedi disponibili"
(l'art. 21   presuppone,   cioe',   gia'   determinate   a  monte  le
disponibilita'  di  sedi  sulle  quali  il dipendente handicappato ha
diritto  di esercitare prioritariamente la sua scelta - C.d.S., Comm.
Spec.,  19  gennaio  1998  n. 394  - e percio' fa pienamente salve le
esigenze  organizzative dell'amministrazione: cfr. C.d.S., VI, n. 195
del 12 gennaio 2000).
    Un  requisito  del genere non compare, invece, nell'art. 33 della
stessa   legge,   nel   quale  si  colloca  la  disposizione  di  cui
l'interessata  ha  chiesto di poter fruire. E questo non per caso, in
quanto quella invocata e' una disposizione che, in confronto a quella
dell'art. 21, tutela situazioni connotate da un piu' intenso bisogno,
per il fatto di essere state definite come di handicap grave (e cioe'
tali da rendere "necessario", a norma dell'art. 3 della stessa legge,
"un  intervento assistenziale permanente, continuativo e globale"), e
si  rivolge,  percio',  ad  una  platea  piu'  ristretta di possibili
fruitori.
    L'applicazione dell'art. 33, comma 5, della legge n. 104, dunque,
non  e'  impedita  dal  fatto che la sede piu' prossima al luogo dove
l'assistenza  debba  essere  prestata  non figuri compresa tra quelle
messe  specificamente  a  concorso,  sufficiente  essendo che la sede
richiesta  presenti  posti  vacanti  per la qualifica ed il ruolo cui
appartiene il dipendente interessato.
    Nel  testo  del  comma  5, dell'art. 35, compare, per la verita',
anche un inciso, quell'"ove possibile" che correda l'enunciazione del
diritto, di chi debba assistere il congiunto gravemente handicappato,
a  scegliere  "la  sede  di lavoro piu' vicina al proprio domicilio".
L'inciso,  pero',  deve  ritenersi  soddisfatto per il solo fatto che
nella  sede  idonea  all'assistenza  dell'handicappato esistano posti
vacanti  nell'organico con riferimento alla qualifica di appartenenza
del  dipendente,  non  potendo  ammettersi  che il diritto attribuito
dalla  norma  in  esame  possa  essere  vanificato,  a dispetto della
presenza   dell'indicata   condizione   di   grave   bisogno,  da  un
qualsivoglia  generico  interesse  pubblico  in  senso contrario. Una
cosa, infatti, e' la "possibilita'" di un'assegnazione di sede, e ben
altra  e' la sua eventuale "opportunita'" (seguendo un ordine di idee
non diverso, in fondo, il Consiglio Superiore della Magistratura, con
la  circolare  n. 15098  del  30  novembre  1993,  ha  stabilito, per
l'ipotesi   di   handicap  grave  del  magistrato  o  del  familiare,
implicante  l'urgente  necessita' di cure mediche in una sede diversa
da  quella  dove sono svolte le funzioni, che, qualora non sia in via
di  espletamento  un  concorso  al  quale  l'interessato abbia potuto
partecipare,  la  domanda  di  trasferimento  debba  essere  presa in
considerazione  "anche  a  prescindere  dalla pubblicazione del posto
richiesto": paragr. V, punto 26, della circolare).
    Laddove,  dunque,  sussista  nella  sede prescelta il presupposto
della  vacanza  di  organico,  e non vi sia ragione di dubitare delle
attitudini  e  capacita'  professionali  del dipendente (cfr. C.d.S.,
Comm.  Spec.,  20  gennaio 1997, n. 369/96), non sembra configurabile
alcun   potere   discrezionale   di  negare  l'assegnazione  di  sede
riconosciuta  dal  legislatore  (come  "diritto") a chi possa vantare
tutte   le  concorrenti  condizioni  previste  dall'art. 33  comma  5
(Tribunale  amministrativo  regionale  Toscana,  I,  n. 1619  dell'11
luglio  2000;  Tribunale  amministrativo  regionale Abruzzo, Pescara,
n. 81  del  29  gennaio  2000; Pretura Roma, 20 maggio 1999, Lomuscio
contro Ministero finanze; Trib. Bari, 25 ottobre 1999, Min. giustizia
Chiappinelli;  Pretura  Milano,  10  luglio 1995, Roca e altro contro
Ente  Poste;  cfr.  anche  C.d.S., VI, n. 947 del 15 giugno 1998; nel
senso  che non occorre nessun'altra condizione legittimante al di la'
dell'esistenza  di  un posto vacante nella sede di destinazione si e'
espresso  anche C.d.S., III, par. n. 1623/2000 del 26 settembre 2000,
dove peraltro si legge anche che, in caso di concorso bandito per una
determinata   circoscrizione   territoriale,   i   posti  ubicati  in
circoscrizioni    diverse   non   sarebbero,   almeno   di   massima,
giuridicamente disponibili).
    Ferma  questa puntualizzazione, si puo' poi soggiungere che anche
a  voler  opinare  diversamente, e ritenere, cioe', che l'inciso "ove
possibile"  escluda  la  concedibilita'  del beneficio allorche' esso
possa  "ledere  in  misura  consistente  le  esigenze  economiche  ed
organizzative  del  datore  di  lavoro" (come ritenuto da Cass., Sez.
lavoro,  20  gennaio 2001 n. 829), in questa prospettiva diventerebbe
doveroso osservare che la motivazione del provvedimento impugnato non
prospetta  pericoli  di  lesione,  in  concreto,  di  alcuna esigenza
particolare,  limitandosi  ad  opporre alla ricorrente null'altro che
una  presunta  "impossibilita'  giuridica"  di accoglimento della sua
istanza.
    Neppure interpretando l'inciso in questione nei piu' ampi termini
indicati, pertanto, esso sarebbe ostativo al buon esito della domanda
dell'interessata.
    4.  - La ricorrente, dopo avere evidenziato con gli argomenti fin
qui  esposti  e condivisi la meritevolezza della propria domanda alla
stregua  dell'art. 33 della legge n. 104 del 1992, non si e' nascosta
il  possibile  conflitto  della sua aspirazione con il termine minimo
decennale  di  permanenza  prescritto  dall'art. 38, terzo comma, del
d.p.r. n. 752 del 1976.
    Secondo le sue tesi, pero', su quest'ultima disposizione dovrebbe
essere  ritenuta  prevalente  la legge n. 104/1992, sia in quanto lex
posterior  (frutto di una nuova e piu' evoluta coscienza collettiva),
sia  per  il  fatto  di  essere  lex  specialis  per  la tutela delle
posizioni  di  handicap con riferimento alla generalita' dei rapporti
di lavoro.
    In  questo ordine di idee viene sostenuto, in particolare, che il
termine  decennale  di  permanenza minima prescritto dall'art. 38 del
d.p.r.   n. 752/1976,   essendo   privo   di   copertura   di   rango
costituzionale  (lo  statuto non dispone nulla in proposito), avrebbe
lo  stesso peso specifico dell'ordinario termine di due anni previsto
ai   fini   della   legittimazione  al  trasferimento  degli  uditori
giudiziari  vincitori  dell'ordinario  concorso  nazionale.  Dovrebbe
essere  accordata,  allora,  la possibilita', gia' ammessa dal C.S.M.
con  la  circolare  n. 15098  del 30 novembre 1993, di una domanda di
trasferimento  "anche  a  prescindere  ... dal decorso del termine di
legittimazione" (paragr. V, punto 26, della circolare).
    Questo  Tribunale  amministrativo  regionale,  del  resto, con la
sentenza  n. 1187  del  26  maggio  1997  della  Sez.  III,  ha  gia'
riconosciuto   la  prevalenza  dell'art. 33,  comma  5,  della  legge
n. 104/1992  sulle  norme  che  stabiliscono  particolari obblighi di
permanenza nella prima sede di servizio, e segnatamente sull'art. 43,
comma 2, d.lgs. n. 29/1993, che prevede un'attesa nella sede di prima
assegnazione  per un periodo minimo non inferiore a sette anni (nello
stesso  senso si vedano, oltre alla decisione n. 3582 del 10 dicembre
1998   della   stessa  sezione:  Tribunale  amministrativo  regionale
Sicilia,  Catania,  n. 1145  del  22  giugno  2000; C.d.S., III, par.
n. 1623 del 26 settembre 2000).
    Su  questa  strada, tuttavia, la parte ricorrente non puo' essere
seguita,  essendo  cio'  impedito  dalla peculiare natura della fonte
costituita  dal  d.p.r.  n. 752  del  1976  (il  quale  reca norme di
attuazione dello statuto speciale della regione Trentino Alto Adige).
    5.  -  L'avviso del tribunale, volendo per chiarezza anticiparlo,
e'  il  seguente:  se  e'  vero  che la domanda della ricorrente, ove
valutata  alla  luce della sola legge n. 104 del 1992, avrebbe potuto
trovare accoglimento, al suo favorevole corso osta, pero', l'art. 38,
terzo  comma,  del  d.p.r. n. 752 del 1976: quest'ultimo, infatti, in
quanto  fonte legislativa c.d. rinforzata, non puo' essere modificato
ne'  subire  deroghe  ad  opera  di  comuni leggi ordinarie, quale la
n. 104/1992;  l'art. 38,  comma 3, d.p.r. cit., peraltro, nella parte
in  cui  limita  l'operativita'  dell'art. 33,  comma  5, della legge
n. 104,  desta  sospetti  di  incostituzionalita',  che  la  presente
ordinanza e' intesa a sollevare.
    5.   a)  -  Ai  fini  di  causa  non  e'  consentito  prescindere
dall'art. 38, terzo comma, d.p.r. n. 752/1976.
    Sebbene  nella formulazione letterale di tale precetto l'onere di
maturare  una  permanenza minima decennale sia stato affermato avendo
riguardo unicamente alle domande di trasferimento, un'interpretazione
che  tenga  doveroso  conto  della  finalita'  della  norma conduce a
ritenerla  applicabile  anche  - e a fortiori - alle domande di prima
assegnazione   dei   magistrati  che  abbiano  superato  il  concorso
speciale.
    La  norma,  difatti,  attraverso l'obbligo della detta permanenza
minima mira ad assicurare un certo grado di stabilita' dei magistrati
operanti  nell'ambito  della  provincia,  atteso  che la specificita'
socio-culturale,  linguistica e giuridica locale rende impegnativo il
reperimento  di personale di magistratura idoneo, e poco opportuno un
suo rapido turn over. Con la norma, percio', confliggerebbe, non meno
di   ogni  prematuro  trasferimento,  anche  una  prima  assegnazione
dell'uditore  vincitore  del  concorso speciale in un ufficio situato
all'esterno della provincia.
    5.  b)  -  Da  quanto  si e' detto scaturisce che la disposizione
dell'art. 38, terzo comma, del d.p.r. n. 752 del 1976 e' suscettibile
di  porsi  in  un  rapporto  di  indubbio conflitto con la disciplina
dell'art. 33  della  legge  n. 104 del 1992 (riassunta nel precedente
paragr.  n. 3), le quante volte - come nella fattispecie - la sede di
servizio  compatibile  con  il  dovere  di assistenza al portatore di
handicap ricada al di fuori del territorio della provincia autonoma.
    Tale  contrasto,  peraltro, non sembra suscettibile di soluzione,
come auspicato dalla parte ricorrente, facendo prevalere la normativa
della  "legge  quadro  per  l'assistenza,  l'integrazione sociale e i
diritti  delle  persone  handicappate"  in  nome  del  suo essere lex
posterior  nonche'  lex  specialis  per  la tutela delle posizioni di
handicap.
    A  tale  conclusione  osta  la  natura atipica e rinforzata della
fonte  di  cui  e'  espressione  il precetto sulla permanenza minima,
fonte  la  quale, in ragione del suo peculiare procedimento formativo
disegnato   a  livello  costituzionale  (dall'art. 95  dello  Statuto
approvato  con  legge  cost.  26  febbraio  1948  n. 5,  poi rifluito
nell'art. 107  del d.p.r. 31 agosto 1972 n. 670), non e' suscettibile
di  abrogazione,  modificazioni  ne'  -  deve  ritenersi,  neppure  -
deroghe, se non attraverso l'iter procedimentale stabilito (il che ha
fatto  parlare di un carattere "ultraprimario" di questa categoria di
fonti rispetto ai comuni atti di rango legislativo ordinario.
    I  rapporti  tra  la fonte rinforzata e le comuni leggi ordinarie
sono  regolati,  invero,  da  un  particolare criterio di "competenza
riservata  e  separata",  dove  alle  norme  di  attuazione  e' stata
riconosciuta  anche la possibilita' di integrare le norme statutarie,
"aggiungendo  ad  esse qualche cosa che le medesime non contenevano",
con  il  limite  della  corrispondenza alle norme e alle finalita' di
attuazione  dello  statuto  nel  contesto  del principio di autonomia
regionale  (Corte  cost.,  sentenze  29 giugno 1956 n. 20 e 18 luglio
1984 n. 212).
    Soprattutto,  pero', vige il principio che le norme di attuazione
dello  statuto  speciale  per il Trentino Alto Adige "non possono ...
essere  modificate  se  non  da  fonti  pariordinate  e osservando le
procedure  di  consultazione  obbligatoria prestabilite dall'art. 107
dello  statuto  speciale,  in quanto altrimenti si determinerebbe una
menomazione  delle  attribuzioni  delle  province  autonome  e  della
regione"  (Corte  cost.,  sentenza 23 aprile 1998 n. 137 ed ulteriori
citazioni ivi).
    Ora,  ad  avviso  del  tribunale  un  intervento di deroga (quale
quella  che  l'art. 33,  comma  5,  della  legge n. 104/1992 potrebbe
determinare a carico della norma sull'onere di permanenza decennale),
consistendo,  in generale, nella sottrazione di una particolare serie
di  fattispecie  alla  piu'  ampia  disciplina  recata  da  una norma
preesistente  (la  quale vedrebbe di riflesso mutare il proprio campo
di  applicazione), deve essere considerato alla stregua di una vera e
propria ipotesi di modificazione della norma derogata.
    Di  qui  la  conclusione  che  anche  una  semplice  deroga  alla
disciplina posta da una fonte atipica/rinforzata va ritenuta preclusa
dalla peculiare forza di resistenza passiva di quest'ultima.
    Per quanto precede, quindi, il contrasto rinvenibile tra le norme
piu'  volte  citate deve essere risolto, sotto il particolare profilo
che  rileva  ai  fini di causa, nel senso della prevalenza del d.p.r.
n. 752/1976 sulla legge n. 104/1992.
    5.  c)  -  Non resta che ritenere, di conseguenza, che l'invocata
disposizione  della  legge  n. 104/1992 sia applicabile ai magistrati
vincitori  del  concorso  per  uditore  giudiziario  per la Provincia
autonoma  di  Bolzano unicamente ai fini dell'assistenza di congiunti
handicappati residenti nella stessa Provincia. Laddove, per converso,
gli  stessi  congiunti risiedano al di fuori di essa, la legge n. 104
non  puo'  operare: questo, pero', non perche' cio' esorbiterebbe dai
suoi   contenuti   (come   e'  stato  reputato  dal  C.S.M.),  bensi'
esclusivamente   a   causa  dell'ostacolo  che  essa  incontra  nella
disposizione dell'art. 38, terzo comma del d.p.r. n. 752/1976.
    5.  d)  -  L'assetto  appena  delineato  non  puo'  non  destare,
tuttavia,  delle  perplessita' di ordine costituzionale, in relazione
ai valori tutelati dall'art. 3 della Carta.
    L'art. 38  terzo  comma  d.p.r. cit., infatti, limitando nel modo
indicato l'operativita' del beneficio previsto dall'art. 33, comma 5,
della  legge  n. 104/1992,  impone  una  singolare compartimentazione
territoriale (una sorta di "doppio binario") nella tutela dei diritti
dell'handicappato,  la  quale  appare  ardua  da  giustificare;  cio'
soprattutto  se  si  ricorda che al concorso speciale in questione e'
possibile prendere parte senza vincoli di residenza (par. 1).
    Pur tenendosi conto, allora, del recente monito della Corte a non
dare  "un  rilievo eccessivo" alla misura di tutela in discorso, dato
che  l'assistenza  ai  disabili  non si basa esclusivamente su quella
familiare  (dec.  n. 325  del 29 luglio 1996), non ci si puo' esimere
dal ricordare che, secondo gli stessi insegnamenti della Consulta, il
complesso  disegno  della  legge  n. 104  del  1992  e' fondato sulla
esigenza  di  perseguire "un evidente interesse nazionale, stringente
ed   infrazionabile,  quale  e'  quello  di  garantire  in  tutto  il
territorio  nazionale un livello uniforme di realizzazione di diritti
costituzionali  fondamentali  dei  soggetti  portatori  di handicaps"
(sentenza n. 406 del 29 ottobre 1992).
    La  disciplina del beneficio per cui e' causa, dunque, per quanto
esso   costituisca   solo   una   misura  "aggiuntiva",  e  non  gia'
"esclusiva", di tutela, deve pur sempre fare i conti con il canone di
uguaglianza.
    La  "compartimentazione"  riscontrata  appare gia' a tutta prima,
quindi,  alla  luce  di  un  immediato  giudizio  di  ragionevolezza,
illogicamente ed iniquamente discriminatoria. Come si e' rilevato nel
ricorso,  si  presenta  come  un  sfregio al principio di uguaglianza
un'applicazione   della   legge   n. 104/1992   circoscritta,  per  i
magistrati  vincitori  del concorso speciale, all'ambito territoriale
della  provincia,  "come  se  i  diritti costituzionali ... potessero
trovare diversa tutela a seconda che il malato assistito abbia, o non
abbia,   la   ventura   di   risiedere   in   un  determinato  ambito
territoriale".
    Ne'   le  perplessita'  insorte  possono  essere  fugate  da  una
considerazione,  necessariamente  preliminare  e sommaria, del merito
della  differenziazione  di  trattamento appena posta in risalto. Nel
nostro  ordinamento,  che  pone la persona umana al centro dei valori
costituzionali, appare difficile giustificare un bilanciamento teso a
privilegiare  il  bene  del buon andamento dell'amministrazione della
giustizia,   ancorche'   qualificato   dalle   speciali   esigenze  e
prerogative  che  competono  alla provincia autonoma, a discapito dei
primari  valori  della  persona  (riconosciuti dagli artt. 2, 32 e 38
della  Carta)  che  traggono  diretta e specifica tutela dall'art. 33
della  legge  n. 104/1992.  Non e' casuale che quest'ultima sia stata
dichiarata,   dal   suo   art. 2,  "riforma  economico-sociale  della
Repubblica"  ai  sensi  dell'art. 4 dello Statuto, con la conseguenza
che  le  sue norme fondamentali si impongono al rispetto della stessa
potesta' legislativa locale.
    5.  e)  -  Da quanto esposto dovrebbe profilarsi la non manifesta
infondatezza   della   questione   di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 38,  terzo  comma,  del d.p.r. 26 luglio 1976 n. 752 (cosi'
come  sostituito dall'art. 3 del d.p.r. 26 gennaio 1980 n. 84), nella
parte  in cui tale norma limita l'operativita' dell'art. 33, comma 5,
della  legge  n. 104/1992,  per conflitto con l'art. 3 della Carta in
ragione  della  disparita'  di trattamento che con cio' si determina:
disparita'  la  quale  non  pare ne' intrinsecamente ragionevole, ne'
giustificabile in sede di bilanciamento di interessi.
    Quanto  alla  rilevanza  della  questione rispetto al giudizio in
corso, la stessa emerge da quanto illustrato in precedenza, allorche'
e'  stato  evidenziato  che  la  norma della cui costituzionalita' si
dubita   imporrebbe   la   reiezione  del  ricorso,  laddove  la  sua
caducazione   -   limitata,   si  intende,  al  profilo  sollevato  -
condurrebbe  il  giudizio  ad  un  esito  opposto.  Sempre in tema di
rilevanza  della questione va soggiunto che l'eccezione di (parziale)
tardivita'  del  ricorso opposta dall'Avvocatura generale dello Stato
si   presenta   priva  di  pregio:  sulla  ricorrente  non  incombeva
l'ipotizzato  onere  di immediata impugnativa giurisdizionale avverso
la  deliberazione  del C.S.M. del 12 aprile 2000, in quanto la stessa
si  era limitata a disporre in senso favorevole all'interessata circa
la  sede del suo tirocinio ordinario, ed aveva fatto salva ogni altra
determinazione futura.
    6. - La questione, sollevata d'ufficio, va pertanto sottoposta al
vaglio  della  Corte  costituzionale,  ed  il  presente  giudizio, di
conseguenza, sospeso, in attesa della sua decisione.