IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 7557/2001 Reg. Gen., proposto da C. C., rappresentata e difesa dagli avv. Giuseppe Guarino e Giuseppe Inglese. Contro il Ministero di grazia e giustizia, in persona del Ministro pro tempore nonche' il Consiglio Superiore della Magistratura, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato per l'annullamento: della deliberazione del comitato di presidenza del Consiglio Superiore della Magistratura del 7 giugno 2001, n. prot. 11656/2001, nella parte in cui rigetta l'istanza dell'uditrice giudiziaria ricorrente di assegnazione in Genova (o sede limitrofa) anche ai fini dello svolgimento dell'uditorato c.d. mirato, ai sensi dell'art. 33 della legge n. 104 del 1992; della nota del presidente del Tribunale di Bolzano del 18 giugno 2001, recante notifica di detta deliberazione, richiesta di immediata presa di possesso nella sede assegnata presso il Tribunale di Bolzano per iniziare il tirocinio mirato, e convocazione per il giorno 20 giugno, per la scelta delle specifiche funzioni; di ogni altro atto comunque presupposto, conseguente o connesso. Visto il ricorso ed i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio delle amministrazioni intimate; Viste le memorie presentate dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti di causa, ed in particolare i motivi aggiunti del ricorso notificati dalla ricorrente il 27 settembre 2001 avverso le successive deliberazioni dell'assemblea plenaria del C.S.M. dell'11 e del 19 luglio 2001; Uditi alla pubblica udienza del 24 ottobre 2001 il relatore ed altresi' gli avv. Guarino e Palmieri; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: F a t t o Con ricorso notificato in data 21 giugno 2001 e depositato il successivo giorno 22 la dott.ssa C. C., nata a Genova il 19 luglio 1970, premetteva di essere figlia unica di madre vedova (essendo il padre deceduto nel 1970), e convivente, in Genova, oltre che con la madre, L. D. (anche lei figlia unica di madre vedova), con la nonna, I. C., di anni 92. Conoscendo la lingua tedesca, aveva partecipato vittoriosamente al concorso per dieci posti di uditore giudiziario nella Provincia di Bolzano indetto con d.m. 17 giugno 1998, collocandosi al secondo posto della graduatoria per il gruppo di lingua tedesca. Dopo avere sostenuto le prove orali del concorso era stata costretta a spostare la propria residenza da Bolzano a Genova per l'adempimento di doveri di solidarieta' familiare. Era accaduto, infatti, che la madre, gia' colpita da carcinoma negli anni 70, e poi da aneurisma cerebrale nel 1996, ma allora in condizioni di salute ancora discrete, nel 1999 era stata colpita da nuove manifestazioni cancerose nei linfonodi, nei polmoni e nelle ossa, scoperte fra le prove scritte (novembre 1998) e l'orale (20 maggio 1999) del concorso della figlia, e non curabili mediante asportazione chirurgica; in data 13 dicembre 1999 era stata, pertanto, dichiarata invalida al 100%, e indi riconosciuta come portatrice di handicap grave ai sensi dell'art. 3, comma 3, della legge n. 104 del 1992; ad analogo riconoscimento la commissione competente ex lege n. 104/1992 sarebbe pervenuta in data 17 febbraio 2000 nei confronti della nonna dell'interessata. Le dette condizioni di handicappate gravi di madre e nonna avevano costretto la ricorrente, dunque, a ritornare da Bolzano (dove in quel periodo risiedeva) a Genova, per potere assistere con continuita' le prossime congiunte. In data 6 marzo 2000 la dott.ssa C. veniva dichiarata vincitrice del concorso e nominata in ruolo. La stessa, per le necessita' esposte, rivolgeva istanza al Consiglio Superiore della Magistratura per essere autorizzata allo svolgimento dell'uditorato giudiziario e per l'assegnazione di sede in Genova (o sede limitrofa), in forza dell'art. 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992. Con deliberazione del 12 aprile 2000 il Consiglio l'autorizzava, previa presa di possesso presso la sede di Bolzano, a svolgere il periodo di uditorato nella sede di Genova, dove l'interessata prestava servizio per oltre un anno assistendo nel contempo le proprie congiunte. In vista della conclusione del periodo di uditorato generico e dell'assegnazione della sede, con istanza del 22 aprile 2001 la ricorrente richiedeva nuovamente al C.S.M. di poter fruire dell'art. 33 della legge n. 104 del 1992, e di ottenere come prima sede di servizio un ufficio disponibile prossimo alla citta' di Genova. Tale nuova istanza veniva, pero', respinta, ritenendo il Consiglio che l'invocata disposizione della legge n. 104/1992 fosse applicabile ai magistrati vincitori del concorso per uditore giudiziario per la provincia autonoma di Bolzano soltanto ai fini dell'assistenza di congiunti handicappati residenti nella stessa provincia. Avverso il rigetto della propria richiesta insorgeva, pertanto, l'interessata mediante l'esperimento del ricorso in epigrafe. Con l'impugnativa veniva criticata l'interpretazione normativa seguita dal C.S.M., assumendo che la nuova istanza della dott.ssa C. integrava tutti i presupposti per l'applicazione dell'art. 33 della legge n. 104, ed articolando doglianze cosi' rubricate: violazione e\o falsa applicazione dell'art. 33, comma 5, della legge n. 104/1992, nonche' degli artt. 35, 37, 38, del d.p.r. n. 752/1976, anche in relazione agli artt. 2, 3, 31, 32, 37, 38 e 120 della Costituzione; eccesso di potere per errore nei presupposti di fatto e di diritto e conseguente travisamento, difetto di istruttoria e di motivazione, contraddittorieta', illogicita', violazione di circolare, ingiustizia grave e manifesta. Con ordinanza in data 4 luglio 2001 la domanda di tutela cautelare presentata dall'interessata veniva accolta. Il Consiglio Superiore della Magistratura con delibera del successivo giorno 11 esprimeva, peraltro, una "preindicazione" in ordine all'assegnazione dell'interessata come giudice del Tribunale di Bolzano, ed il seguente giorno 19, oltre a conferirle le funzioni giurisdizionali, la destinava effettivamente a tale tribunale come giudice. La ricorrente proponeva, quindi, motivi aggiunti di ricorso, notificati il 27 settembre 2001 e depositati il successivo giorno 28, estendendo ai nuovi atti le censure gia' dedotte mediante l'originario ricorso e denunziando, inoltre, la violazione dell'ordinanza cautelare del tribunale. L'Avvocatura generale dello Stato, costituitasi in giudizio per le amministrazioni intimate, eccepiva con la sua memoria la parziale tardivita' del ricorso e deduceva, comunque, l'infondatezza delle doglianze avversarie, concludendo per la reiezione dell'impugnativa. La ricorrente, per parte sua, ribadiva le proprie censure ed insisteva per l'annullamento degli atti impugnati. Alla pubblica udienza del 24 ottobre 2001 la causa e' stata trattenuta in decisione. D i r i t t o La controversia in esame ha per oggetto la pretesa della ricorrente, vincitrice (nell'ambito del gruppo di lingua tedesca) del concorso per dieci posti di uditore giudiziario nella Provincia di Bolzano indetto con d.m. 17 giugno 1998, di ottenere l'assegnazione di sede in Genova o sede limitrofa, in forza dell'art. 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992, per potere assistere la madre e la nonna, entrambe riconosciute affette da handicap grave ai sensi dell'art. 3 della stessa legge e con lei conviventi. 1. - Ai fini di un pronto inquadramento della problematica controversa giova subito dare atto dei punti di fatto e di diritto intorno ai quali si registra una piena convergenza di vedute tra le parti in causa. 1. a) - Pacifica, in primo luogo, e' l'esistenza, nella sfera familiare della ricorrente, di condizioni tali da integrare gli estremi della particolare situazione di bisogno alla quale sovviene la disposizione dell'art. 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992 (condizioni la cui sussistenza, in ogni caso, e' stata dedotta ed ampiamente documentata). 1. b) - Indiscussa, inoltre, e' l'applicabilita' della detta previsione legislativa al personale di magistratura, ivi comprese le unita' che prestano servizio nella regione autonoma del Trentino Alto Adige. Lo stesso provvedimento che forma oggetto d'impugnativa, invero, pur respingendo l'istanza dell'interessata, ha riconosciuto che dell'invocata disposizione della legge n. 104/1992 possono fruire anche i magistrati vincitori del concorso per uditore giudiziario per la Provincia autonoma di Bolzano, benche' soltanto ai fini dell'assistenza di congiunti handicappati residenti nella stessa provincia. 1. c) - Incontestato, poi, e' che i magistrati che prestano servizio nella regione autonoma non appartengano ad un ruolo speciale/locale, ma facciano parte anch'essi del ruolo nazionale del personale di magistratura (in questo senso sono, tra l'altro, il parere dell'ufficio studi del C.S.M. in atti, pag. 5, e la memoria difensiva dell'Avvocatura generale dello Stato, pagg. 11-12). 1. d) - Altro punto pacifico e' che per poter accedere ai concorsi per posti di uditore giudiziario nella Provincia di Bolzano non occorre avere la residenza nel suo territorio, ma possono esservi ammessi cittadini italiani di qualunque residenza, come si desume anche dalla copia del bando concorsuale in atti. 2. - Tanto premesso, si deve mettere meglio a fuoco la posizione assunta dal Consiglio Superiore della Magistratura con il provvedimento impugnato. Nella deliberazione in epigrafe e' stato ritenuto che " ... e' senz'altro applicabile la legge n. 104 del 1992 anche ai magistrati vincitori del concorso per uditori giudiziari per la Provincia autonoma di Bolzano, con la conseguenza che qualora uno dei vincitori si trovi nelle condizioni per beneficiare della precedenza assoluta, essendo portatore di handicap o convivendo con familiari portatori di handicap residenti nella Provincia di Bolzano, potra' scegliere i tra i posti messi a disposizione nella Provincia autonoma di Bolzano con precedenza assoluta sugli altri candidati; Va da se' che se i familiari conviventi portatori di handicap risiedono fuori dalla Provincia autonoma di Bolzano la legge n. 104 del 1992 non sara' operativa in favore del magistrato ai fini di ottenere la precedenza assoluta nella scelta dei posti messi a concorso nella Provincia di Bolzano, perche' manca in questo caso ogni collegamento con la necessita' di assistere i familiari e le sedi che uniche possono essere messi a concorso, all'interno della provincia autonoma; Ne consegue ancora che la dott.ssa C., vincitrice di concorso bandito per dieci posti di uditore giudiziario per la Provincia autonoma di Bolzano, non potra' legittimamente essere assegnata ad altra sede che non sia ubicata nella Provincia di Bolzano, e non potra' invocare l'applicazione della legge n. 104 del 1992 come diritto alla precedenza, perche' i di lei familiari portatori di handicap risiedono a Genova ... ". 3. - Avverso l'interpretazione seguita dal Consiglio Superiore la ricorrente ha svolto molteplici argomenti, diretti a dimostrare, in primo luogo, che la sua posizione rientra nel novero di quelle tutelabili ai sensi dell'art. 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992. Sotto questo limitato profilo, e con riserva di quanto si dira' nei paragrafi 4 e segg., le tesi di parte ricorrente meriterebbero di essere condivise. 3. a) - Il punto dal quale occorre partire e' quello, gia' affiorato, per cui i magistrati che prestano servizio nella Provincia autonoma di Bolzano non danno vita ad un ruolo speciale o locale, ma costituiscono parte integrante dell'unitario ruolo magistratuale nazionale, il quale comprende tutti i posti della pianta organica distribuiti nel territorio dello Stato, ivi compresa la provincia autonoma. Cio' conduce alla naturale conseguenza che il concorso, superato dalla ricorrente, per posti di uditore giudiziario nella Provincia di Bolzano ha natura, anch'esso, di concorso nazionale. Esiste, del resto, una sostanziale corrispondenza nelle relative procedure di reclutamento: il concorso speciale e' del tutto simile, nella struttura, all'ordinario concorso nazionale, salvo che per l'occorrenza del requisito ulteriore del possesso del c.d. patentino di bilinguismo, nonche' la conoscenza del particolare ordinamento giuridico amministrativo della Provincia di Bolzano. Tutto questo gia' suggerisce l'uguaglianza dei giudici altoatesini agli altri giudici nazionali e l'unitarieta' del loro status magistratuale. A conferma non guasta rammentare che, se per un verso i magistrati assunti mediante il concorso speciale di cui si tratta possono proporre domanda di trasferimento, normalmente, solo dopo dieci anni dalla loro nomina (art. 38, terzo comma, d.p.r. n. 752 del 1976), essi possono essere tuttavia trasferiti anche anzi tempo qualora cio' sia imposto dalle norme dell'ordinamento giudiziario in materia di incompatibilita' e di trasferimento di ufficio quale sanzione disciplinare, o dalle norme in tema di trasferimento d'ufficio per incompatibilita' funzionale o ambientale (art. 38, secondo comma, d.p.r. cit.). Per converso, va sottolineato che alla copertura dei posti vacanti degli uffici giudiziari altoatesini e' possibile provvedere, in caso di mancanza o insufficienza di aspiranti che abbiano superato l'apposito concorso, anche mediante applicazione di magistrati selezionati mediante il concorso ordinario e solo "preferibilmente a conoscenza della lingua tedesca" (art. 37, secondo comma d.p.r. cit.). Da quanto detto circa la comunanza di ruolo e di status tra i magistrati vincitori del concorso ordinario e quelli che hanno superato il concorso speciale per la provincia autonoma, si evince che non vi sarebbero insuperabili preclusioni di principio ad ammettere il vincitore di un concorso speciale ad una prima assegnazione di sede gia' all'esterno della provincia stessa, laddove cio' fosse disposto dalla legge n. 104/1992. Unico ostacolo a cio' puo' venire, come meglio si vedra' in seguito, dalla previsione, gia' citata, dell'art. 38, terzo comma, d.p.r. n. 752 del 1976, il quale impone una preventiva permanenza almeno decennale per poter aspirare a una sede diversa: e tale norma forma oggetto, per questo suo profilo, della questione di legittimita' costituzionale che si intende sollevare con la presente ordinanza. 3. b) - Esaminando piu' da vicino le problematiche inerenti all'applicazione dell'art. 33 della legge n. 104/1992 va osservato quanto segue. Secondo il C.S.M., poiche' il concorso superato dalla ricorrente era finalizzato specificamente alla provvista per uffici giudiziari ubicati nella provincia autonoma, e soltanto per essi, le sedi oggetto della sua domanda (Genova e citta' vicine), non rientrando, per definizione, fra quelle messe a concorso, non potrebbero essere oggetto di assegnazione. A questo riguardo, tuttavia, nel ricorso si sostiene esattamente che non e' decisivo il fatto che le sedi compatibili con l'obbligo di assistenza esulino dal novero di quelle messe a concorso. E' soltanto l'art. 21 della legge n. 104/1992 a prevedere, ai fini della semplice "preferenza nell'assegnazione di sede" da esso accordata, che il beneficio della scelta prioritaria debba spaziare entro il ventaglio - e quindi il limite - delle "sedi disponibili" (l'art. 21 presuppone, cioe', gia' determinate a monte le disponibilita' di sedi sulle quali il dipendente handicappato ha diritto di esercitare prioritariamente la sua scelta - C.d.S., Comm. Spec., 19 gennaio 1998 n. 394 - e percio' fa pienamente salve le esigenze organizzative dell'amministrazione: cfr. C.d.S., VI, n. 195 del 12 gennaio 2000). Un requisito del genere non compare, invece, nell'art. 33 della stessa legge, nel quale si colloca la disposizione di cui l'interessata ha chiesto di poter fruire. E questo non per caso, in quanto quella invocata e' una disposizione che, in confronto a quella dell'art. 21, tutela situazioni connotate da un piu' intenso bisogno, per il fatto di essere state definite come di handicap grave (e cioe' tali da rendere "necessario", a norma dell'art. 3 della stessa legge, "un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale"), e si rivolge, percio', ad una platea piu' ristretta di possibili fruitori. L'applicazione dell'art. 33, comma 5, della legge n. 104, dunque, non e' impedita dal fatto che la sede piu' prossima al luogo dove l'assistenza debba essere prestata non figuri compresa tra quelle messe specificamente a concorso, sufficiente essendo che la sede richiesta presenti posti vacanti per la qualifica ed il ruolo cui appartiene il dipendente interessato. Nel testo del comma 5, dell'art. 35, compare, per la verita', anche un inciso, quell'"ove possibile" che correda l'enunciazione del diritto, di chi debba assistere il congiunto gravemente handicappato, a scegliere "la sede di lavoro piu' vicina al proprio domicilio". L'inciso, pero', deve ritenersi soddisfatto per il solo fatto che nella sede idonea all'assistenza dell'handicappato esistano posti vacanti nell'organico con riferimento alla qualifica di appartenenza del dipendente, non potendo ammettersi che il diritto attribuito dalla norma in esame possa essere vanificato, a dispetto della presenza dell'indicata condizione di grave bisogno, da un qualsivoglia generico interesse pubblico in senso contrario. Una cosa, infatti, e' la "possibilita'" di un'assegnazione di sede, e ben altra e' la sua eventuale "opportunita'" (seguendo un ordine di idee non diverso, in fondo, il Consiglio Superiore della Magistratura, con la circolare n. 15098 del 30 novembre 1993, ha stabilito, per l'ipotesi di handicap grave del magistrato o del familiare, implicante l'urgente necessita' di cure mediche in una sede diversa da quella dove sono svolte le funzioni, che, qualora non sia in via di espletamento un concorso al quale l'interessato abbia potuto partecipare, la domanda di trasferimento debba essere presa in considerazione "anche a prescindere dalla pubblicazione del posto richiesto": paragr. V, punto 26, della circolare). Laddove, dunque, sussista nella sede prescelta il presupposto della vacanza di organico, e non vi sia ragione di dubitare delle attitudini e capacita' professionali del dipendente (cfr. C.d.S., Comm. Spec., 20 gennaio 1997, n. 369/96), non sembra configurabile alcun potere discrezionale di negare l'assegnazione di sede riconosciuta dal legislatore (come "diritto") a chi possa vantare tutte le concorrenti condizioni previste dall'art. 33 comma 5 (Tribunale amministrativo regionale Toscana, I, n. 1619 dell'11 luglio 2000; Tribunale amministrativo regionale Abruzzo, Pescara, n. 81 del 29 gennaio 2000; Pretura Roma, 20 maggio 1999, Lomuscio contro Ministero finanze; Trib. Bari, 25 ottobre 1999, Min. giustizia Chiappinelli; Pretura Milano, 10 luglio 1995, Roca e altro contro Ente Poste; cfr. anche C.d.S., VI, n. 947 del 15 giugno 1998; nel senso che non occorre nessun'altra condizione legittimante al di la' dell'esistenza di un posto vacante nella sede di destinazione si e' espresso anche C.d.S., III, par. n. 1623/2000 del 26 settembre 2000, dove peraltro si legge anche che, in caso di concorso bandito per una determinata circoscrizione territoriale, i posti ubicati in circoscrizioni diverse non sarebbero, almeno di massima, giuridicamente disponibili). Ferma questa puntualizzazione, si puo' poi soggiungere che anche a voler opinare diversamente, e ritenere, cioe', che l'inciso "ove possibile" escluda la concedibilita' del beneficio allorche' esso possa "ledere in misura consistente le esigenze economiche ed organizzative del datore di lavoro" (come ritenuto da Cass., Sez. lavoro, 20 gennaio 2001 n. 829), in questa prospettiva diventerebbe doveroso osservare che la motivazione del provvedimento impugnato non prospetta pericoli di lesione, in concreto, di alcuna esigenza particolare, limitandosi ad opporre alla ricorrente null'altro che una presunta "impossibilita' giuridica" di accoglimento della sua istanza. Neppure interpretando l'inciso in questione nei piu' ampi termini indicati, pertanto, esso sarebbe ostativo al buon esito della domanda dell'interessata. 4. - La ricorrente, dopo avere evidenziato con gli argomenti fin qui esposti e condivisi la meritevolezza della propria domanda alla stregua dell'art. 33 della legge n. 104 del 1992, non si e' nascosta il possibile conflitto della sua aspirazione con il termine minimo decennale di permanenza prescritto dall'art. 38, terzo comma, del d.p.r. n. 752 del 1976. Secondo le sue tesi, pero', su quest'ultima disposizione dovrebbe essere ritenuta prevalente la legge n. 104/1992, sia in quanto lex posterior (frutto di una nuova e piu' evoluta coscienza collettiva), sia per il fatto di essere lex specialis per la tutela delle posizioni di handicap con riferimento alla generalita' dei rapporti di lavoro. In questo ordine di idee viene sostenuto, in particolare, che il termine decennale di permanenza minima prescritto dall'art. 38 del d.p.r. n. 752/1976, essendo privo di copertura di rango costituzionale (lo statuto non dispone nulla in proposito), avrebbe lo stesso peso specifico dell'ordinario termine di due anni previsto ai fini della legittimazione al trasferimento degli uditori giudiziari vincitori dell'ordinario concorso nazionale. Dovrebbe essere accordata, allora, la possibilita', gia' ammessa dal C.S.M. con la circolare n. 15098 del 30 novembre 1993, di una domanda di trasferimento "anche a prescindere ... dal decorso del termine di legittimazione" (paragr. V, punto 26, della circolare). Questo Tribunale amministrativo regionale, del resto, con la sentenza n. 1187 del 26 maggio 1997 della Sez. III, ha gia' riconosciuto la prevalenza dell'art. 33, comma 5, della legge n. 104/1992 sulle norme che stabiliscono particolari obblighi di permanenza nella prima sede di servizio, e segnatamente sull'art. 43, comma 2, d.lgs. n. 29/1993, che prevede un'attesa nella sede di prima assegnazione per un periodo minimo non inferiore a sette anni (nello stesso senso si vedano, oltre alla decisione n. 3582 del 10 dicembre 1998 della stessa sezione: Tribunale amministrativo regionale Sicilia, Catania, n. 1145 del 22 giugno 2000; C.d.S., III, par. n. 1623 del 26 settembre 2000). Su questa strada, tuttavia, la parte ricorrente non puo' essere seguita, essendo cio' impedito dalla peculiare natura della fonte costituita dal d.p.r. n. 752 del 1976 (il quale reca norme di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino Alto Adige). 5. - L'avviso del tribunale, volendo per chiarezza anticiparlo, e' il seguente: se e' vero che la domanda della ricorrente, ove valutata alla luce della sola legge n. 104 del 1992, avrebbe potuto trovare accoglimento, al suo favorevole corso osta, pero', l'art. 38, terzo comma, del d.p.r. n. 752 del 1976: quest'ultimo, infatti, in quanto fonte legislativa c.d. rinforzata, non puo' essere modificato ne' subire deroghe ad opera di comuni leggi ordinarie, quale la n. 104/1992; l'art. 38, comma 3, d.p.r. cit., peraltro, nella parte in cui limita l'operativita' dell'art. 33, comma 5, della legge n. 104, desta sospetti di incostituzionalita', che la presente ordinanza e' intesa a sollevare. 5. a) - Ai fini di causa non e' consentito prescindere dall'art. 38, terzo comma, d.p.r. n. 752/1976. Sebbene nella formulazione letterale di tale precetto l'onere di maturare una permanenza minima decennale sia stato affermato avendo riguardo unicamente alle domande di trasferimento, un'interpretazione che tenga doveroso conto della finalita' della norma conduce a ritenerla applicabile anche - e a fortiori - alle domande di prima assegnazione dei magistrati che abbiano superato il concorso speciale. La norma, difatti, attraverso l'obbligo della detta permanenza minima mira ad assicurare un certo grado di stabilita' dei magistrati operanti nell'ambito della provincia, atteso che la specificita' socio-culturale, linguistica e giuridica locale rende impegnativo il reperimento di personale di magistratura idoneo, e poco opportuno un suo rapido turn over. Con la norma, percio', confliggerebbe, non meno di ogni prematuro trasferimento, anche una prima assegnazione dell'uditore vincitore del concorso speciale in un ufficio situato all'esterno della provincia. 5. b) - Da quanto si e' detto scaturisce che la disposizione dell'art. 38, terzo comma, del d.p.r. n. 752 del 1976 e' suscettibile di porsi in un rapporto di indubbio conflitto con la disciplina dell'art. 33 della legge n. 104 del 1992 (riassunta nel precedente paragr. n. 3), le quante volte - come nella fattispecie - la sede di servizio compatibile con il dovere di assistenza al portatore di handicap ricada al di fuori del territorio della provincia autonoma. Tale contrasto, peraltro, non sembra suscettibile di soluzione, come auspicato dalla parte ricorrente, facendo prevalere la normativa della "legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate" in nome del suo essere lex posterior nonche' lex specialis per la tutela delle posizioni di handicap. A tale conclusione osta la natura atipica e rinforzata della fonte di cui e' espressione il precetto sulla permanenza minima, fonte la quale, in ragione del suo peculiare procedimento formativo disegnato a livello costituzionale (dall'art. 95 dello Statuto approvato con legge cost. 26 febbraio 1948 n. 5, poi rifluito nell'art. 107 del d.p.r. 31 agosto 1972 n. 670), non e' suscettibile di abrogazione, modificazioni ne' - deve ritenersi, neppure - deroghe, se non attraverso l'iter procedimentale stabilito (il che ha fatto parlare di un carattere "ultraprimario" di questa categoria di fonti rispetto ai comuni atti di rango legislativo ordinario. I rapporti tra la fonte rinforzata e le comuni leggi ordinarie sono regolati, invero, da un particolare criterio di "competenza riservata e separata", dove alle norme di attuazione e' stata riconosciuta anche la possibilita' di integrare le norme statutarie, "aggiungendo ad esse qualche cosa che le medesime non contenevano", con il limite della corrispondenza alle norme e alle finalita' di attuazione dello statuto nel contesto del principio di autonomia regionale (Corte cost., sentenze 29 giugno 1956 n. 20 e 18 luglio 1984 n. 212). Soprattutto, pero', vige il principio che le norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino Alto Adige "non possono ... essere modificate se non da fonti pariordinate e osservando le procedure di consultazione obbligatoria prestabilite dall'art. 107 dello statuto speciale, in quanto altrimenti si determinerebbe una menomazione delle attribuzioni delle province autonome e della regione" (Corte cost., sentenza 23 aprile 1998 n. 137 ed ulteriori citazioni ivi). Ora, ad avviso del tribunale un intervento di deroga (quale quella che l'art. 33, comma 5, della legge n. 104/1992 potrebbe determinare a carico della norma sull'onere di permanenza decennale), consistendo, in generale, nella sottrazione di una particolare serie di fattispecie alla piu' ampia disciplina recata da una norma preesistente (la quale vedrebbe di riflesso mutare il proprio campo di applicazione), deve essere considerato alla stregua di una vera e propria ipotesi di modificazione della norma derogata. Di qui la conclusione che anche una semplice deroga alla disciplina posta da una fonte atipica/rinforzata va ritenuta preclusa dalla peculiare forza di resistenza passiva di quest'ultima. Per quanto precede, quindi, il contrasto rinvenibile tra le norme piu' volte citate deve essere risolto, sotto il particolare profilo che rileva ai fini di causa, nel senso della prevalenza del d.p.r. n. 752/1976 sulla legge n. 104/1992. 5. c) - Non resta che ritenere, di conseguenza, che l'invocata disposizione della legge n. 104/1992 sia applicabile ai magistrati vincitori del concorso per uditore giudiziario per la Provincia autonoma di Bolzano unicamente ai fini dell'assistenza di congiunti handicappati residenti nella stessa Provincia. Laddove, per converso, gli stessi congiunti risiedano al di fuori di essa, la legge n. 104 non puo' operare: questo, pero', non perche' cio' esorbiterebbe dai suoi contenuti (come e' stato reputato dal C.S.M.), bensi' esclusivamente a causa dell'ostacolo che essa incontra nella disposizione dell'art. 38, terzo comma del d.p.r. n. 752/1976. 5. d) - L'assetto appena delineato non puo' non destare, tuttavia, delle perplessita' di ordine costituzionale, in relazione ai valori tutelati dall'art. 3 della Carta. L'art. 38 terzo comma d.p.r. cit., infatti, limitando nel modo indicato l'operativita' del beneficio previsto dall'art. 33, comma 5, della legge n. 104/1992, impone una singolare compartimentazione territoriale (una sorta di "doppio binario") nella tutela dei diritti dell'handicappato, la quale appare ardua da giustificare; cio' soprattutto se si ricorda che al concorso speciale in questione e' possibile prendere parte senza vincoli di residenza (par. 1). Pur tenendosi conto, allora, del recente monito della Corte a non dare "un rilievo eccessivo" alla misura di tutela in discorso, dato che l'assistenza ai disabili non si basa esclusivamente su quella familiare (dec. n. 325 del 29 luglio 1996), non ci si puo' esimere dal ricordare che, secondo gli stessi insegnamenti della Consulta, il complesso disegno della legge n. 104 del 1992 e' fondato sulla esigenza di perseguire "un evidente interesse nazionale, stringente ed infrazionabile, quale e' quello di garantire in tutto il territorio nazionale un livello uniforme di realizzazione di diritti costituzionali fondamentali dei soggetti portatori di handicaps" (sentenza n. 406 del 29 ottobre 1992). La disciplina del beneficio per cui e' causa, dunque, per quanto esso costituisca solo una misura "aggiuntiva", e non gia' "esclusiva", di tutela, deve pur sempre fare i conti con il canone di uguaglianza. La "compartimentazione" riscontrata appare gia' a tutta prima, quindi, alla luce di un immediato giudizio di ragionevolezza, illogicamente ed iniquamente discriminatoria. Come si e' rilevato nel ricorso, si presenta come un sfregio al principio di uguaglianza un'applicazione della legge n. 104/1992 circoscritta, per i magistrati vincitori del concorso speciale, all'ambito territoriale della provincia, "come se i diritti costituzionali ... potessero trovare diversa tutela a seconda che il malato assistito abbia, o non abbia, la ventura di risiedere in un determinato ambito territoriale". Ne' le perplessita' insorte possono essere fugate da una considerazione, necessariamente preliminare e sommaria, del merito della differenziazione di trattamento appena posta in risalto. Nel nostro ordinamento, che pone la persona umana al centro dei valori costituzionali, appare difficile giustificare un bilanciamento teso a privilegiare il bene del buon andamento dell'amministrazione della giustizia, ancorche' qualificato dalle speciali esigenze e prerogative che competono alla provincia autonoma, a discapito dei primari valori della persona (riconosciuti dagli artt. 2, 32 e 38 della Carta) che traggono diretta e specifica tutela dall'art. 33 della legge n. 104/1992. Non e' casuale che quest'ultima sia stata dichiarata, dal suo art. 2, "riforma economico-sociale della Repubblica" ai sensi dell'art. 4 dello Statuto, con la conseguenza che le sue norme fondamentali si impongono al rispetto della stessa potesta' legislativa locale. 5. e) - Da quanto esposto dovrebbe profilarsi la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 38, terzo comma, del d.p.r. 26 luglio 1976 n. 752 (cosi' come sostituito dall'art. 3 del d.p.r. 26 gennaio 1980 n. 84), nella parte in cui tale norma limita l'operativita' dell'art. 33, comma 5, della legge n. 104/1992, per conflitto con l'art. 3 della Carta in ragione della disparita' di trattamento che con cio' si determina: disparita' la quale non pare ne' intrinsecamente ragionevole, ne' giustificabile in sede di bilanciamento di interessi. Quanto alla rilevanza della questione rispetto al giudizio in corso, la stessa emerge da quanto illustrato in precedenza, allorche' e' stato evidenziato che la norma della cui costituzionalita' si dubita imporrebbe la reiezione del ricorso, laddove la sua caducazione - limitata, si intende, al profilo sollevato - condurrebbe il giudizio ad un esito opposto. Sempre in tema di rilevanza della questione va soggiunto che l'eccezione di (parziale) tardivita' del ricorso opposta dall'Avvocatura generale dello Stato si presenta priva di pregio: sulla ricorrente non incombeva l'ipotizzato onere di immediata impugnativa giurisdizionale avverso la deliberazione del C.S.M. del 12 aprile 2000, in quanto la stessa si era limitata a disporre in senso favorevole all'interessata circa la sede del suo tirocinio ordinario, ed aveva fatto salva ogni altra determinazione futura. 6. - La questione, sollevata d'ufficio, va pertanto sottoposta al vaglio della Corte costituzionale, ed il presente giudizio, di conseguenza, sospeso, in attesa della sua decisione.