ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di ammissibilita' del conflitto tra poteri dello Stato sorto a seguito della delibera della Camera dei deputati del 24 ottobre 2000 relativa alla insindacabilita' delle opinioni espresse dall'on. Giancarlo Cito nei confronti del ten. Donato Olive, promosso dal Tribunale di Taranto, sez. II penale, con ricorso depositato il 12 aprile 2001 ed iscritto al n. 188 del registro ammissibilita' conflitti. Udito nella camera di consiglio del 16 gennaio 2002 il giudice relatore Valerio Onida. Ritenuto che, con atto pervenuto a questa Corte in originale il 9 novembre 2001, il Tribunale di Taranto, seconda sezione penale, in composizione monocratica, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati in relazione alla deliberazione in data 24 ottobre 2000 con la quale detta Camera ha approvato la proposta della Giunta per le autorizzazioni a procedere, di dichiarare che i fatti per i quali e' in corso il procedimento penale instaurato davanti allo stesso Tribunale nei confronti del deputato Giancarlo Cito - imputato del delitto di diffamazione per avere, con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, in un pubblico comizio e in un comunicato diramato agli organi di stampa, offeso la reputazione di Donato Olive, tenente della Guardia di finanza in forza al Nucleo di polizia tributaria di Taranto - concernono opinioni espresse dal deputato Cito nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione; che il Tribunale ricorrente premette che dall'anzidetta deliberazione della Camera dei deputati consegue un effetto inibitorio della prosecuzione del giudizio, potendo il giudicante solo sollevare conflitto di attribuzione, sollecitando a questa Corte un controllo circa la correttezza dell'esercizio del potere conferito alla Camera dei deputati, al fine di verificare se sussistano effettivamente i presupposti richiesti dall'art. 68 della Costituzione, e cioe' la riferibilita' alle funzioni parlamentari della condotta contestata all'imputato; che, secondo il ricorrente, nella condotta contestata all'on. Cito come diffamatoria non sembrerebbe esservi alcun collegamento funzionale con la sua attivita' parlamentare, "quanto meno con riferimento alla seconda parte della condotta e cioe' quella relativa al preteso illegittimo arresto del capitano dei vigili urbani del comune di Taranto", non essendo riscontrabile alcuna connessione con atti tipici della funzione parlamentare, ne' apparendo possibile individuare nel comportamento del deputato un intento divulgativo di una scelta o di un'attivita' politico-parlamentare; che nelle parole oggetto di contestazione sarebbe assente un preteso contenuto politico, poiche' le affermazioni contestate sembrerebbero trascendere su un piano di mero dileggio e di insulto personale nei confronti del pubblico ufficiale; che il ricorrente rileva altresi' la carenza di motivazione della delibera della Camera, sotto il profilo della possibilita' o meno di comprensione delle ragioni che hanno indotto ad adottarla, nulla dicendosi in essa circa il motivo che avrebbe potuto giustificare le accuse al tenente Olive di cui alla seconda parte della contestazione; che, in definitiva, il Tribunale ricorrente ritiene che la propria sfera di attribuzioni, costituzionalmente garantita dagli articoli 101 e seguenti della Costituzione, sarebbe stata illegittimamente menomata dalla decisione impugnata; onde chiede affermarsi che non spetta alla Camera dei deputati dichiarare la insindacabilita' delle opinioni espresse dal deputato Giancarlo Cito, secondo quanto deliberato dalla Camera medesima. Considerato che in questa fase la Corte e' chiamata, a norma dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, a delibare, senza contraddittorio, se il ricorso sia ammissibile in quanto esiste "la materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza", restando impregiudicata ogni ulteriore decisione, anche circa l'ammissibilita'; che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il conflitto circa la riconducibilita' di dichiarazioni rese da un deputato alla previsione dell'art. 68, primo comma, della Costituzione, fra il Tribunale, chiamato a giudicare della eventuale responsabilita' del deputato medesimo in relazione a dette dichiarazioni, e la Camera dei deputati, la quale ha ritenuto che esse costituiscano opinioni espresse dal deputato nell'esercizio delle sue funzioni di parlamentare, verte su attribuzioni costituzionalmente garantite agli organi della giurisdizione, che si assumono lese dalla deliberazione della Camera dei deputati, ed insorge fra organi competenti a dichiarare in via definitiva la volonta' del potere cui appartengono: onde il presente conflitto deve ritenersi ammissibile, ai sensi dell'art. 37, quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87.