ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di ammissibilita' del conflitto tra poteri dello Stato sorto a seguito della delibera della Camera dei deputati del 17 novembre 1999, relativa alla insindacabilita' delle opinioni espresse dal deputato Vittorio Sgarbi nei confronti di Lorenzo Matassa, promosso dalla Corte di appello di Roma - sezione prima civile, con ricorso depositato il 25 luglio 2001 ed iscritto al n. 197 del registro ammissibilita' conflitti. Udito nella camera di consiglio del 16 gennaio 2002 il giudice relatore Guido Neppi Modona. Ritenuto che avanti alla Corte di appello di Roma pende procedimento civile per risarcimento danni promosso dal magistrato Lorenzo Matassa nei confronti del deputato Vittorio Sgarbi, a seguito delle opinioni espresse nella missiva inviata dal predetto deputato all'agenzia giornalistica ANSA il 14 ottobre 1995 e da questa diffuse a vari organi di stampa, sul televideo e tramite Internet; che la Camera dei deputati, con deliberazione adottata in Assemblea il 17 novembre 1999, conforme alla proposta della Giunta per le autorizzazioni a procedere, ha ritenuto l'insindacabilita' di tali espressioni ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione; che con ricorso in data 17 aprile 2001 la Corte di appello di Roma ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati in relazione alla predetta delibera; che la Corte di appello premette che l'on. Sgarbi e' appellante avverso la sentenza del Tribunale civile di Roma che lo ha condannato al risarcimento dei danni in favore del magistrato Lorenzo Matassa per le espressioni ritenute diffamatorie contenute nella nota trasmessa all'agenzia ANSA; che la Corte ricorrente precisa che la deliberazione dell'Assemblea e' stata presa in relazione a una proposta della Giunta per le autorizzazioni a procedere facente riferimento a un procedimento penale, ma investe anche il merito dei fatti di diffamazione oggetto del procedimento civile all'esame della Corte di appello, in quanto tali fatti sono gli stessi che formano oggetto del procedimento penale; che ad avviso della ricorrente la Camera ha affermato arbitrariamente l'esistenza del collegamento funzionale tra le espressioni ritenute diffamatorie dal tribunale e l'attivita' parlamentare dello Sgarbi, cosi' esercitando illegittimamente il potere attribuitole; che nelle affermazioni dell'on. Sgarbi non sarebbe infatti ravvisabile "uno stretto nesso funzionale" con il mandato e l'attivita' parlamentare, rappresentando esse, invece, "meri apprezzamenti personali" espressi nella veste di privato cittadino; che la ricorrente, richiamando la giurisprudenza di questa Corte secondo cui la prerogativa dell'insindacabilita' non si estende a tutti i comportamenti del parlamentare, ma solo a quelli che esprimano opinioni correlate alla funzione, ritiene che il potere conferito al Parlamento dall'art. 68 della Costituzione sia stato arbitrariamente esercitato e che la delibera adottata dalla Camera sia lesiva delle attribuzioni dell'autorita' giudiziaria, garantite dall'art. 102 Cost; che l'autorita' giudiziaria ricorrente chiede conseguentemente alla Corte costituzionale di accertare e affermare che non spetta alla Camera dei deputati dichiarare la insindacabilita' ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione delle opinioni espresse dal deputato Vittorio Sgarbi e di annullare la deliberazione in tal senso presa dalla stessa Camera dei deputati nella seduta del 17 novembre 1999. Considerato che in questa fase la Corte e' chiamata preliminarmente a decidere, senza contraddittorio, a norma dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, se il ricorso sia ammissibile, in quanto esista materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza, in riferimento ai requisiti soggettivi e oggettivi richiamati dal primo comma dello stesso articolo, impregiudicata ogni decisione definitiva anche sull'ammissibilita'; che la Corte di appello di Roma e' legittimata a sollevare il conflitto, in quanto organo competente a dichiarare definitivamente la volonta' del potere cui appartiene nell'ambito delle funzioni giurisdizionali ad essa attribuite in relazione al giudizio civile pendente per risarcimento dei danni, in conformita' al principio, ripetutamente affermato da questa Corte, secondo il quale i singoli organi giurisdizionali, svolgendo le loro funzioni in posizione di piena indipendenza, costituzionalmente garantita, sono legittimati ad essere parte nei conflitti di attribuzione (v., da ultimo, ordinanze n. 312, n. 380, n. 391 e n. 418 del 2001); che, parimenti, la Camera dei deputati e' legittimata ad essere parte nel presente conflitto, in quanto organo competente a dichiarare definitivamente la volonta' del potere che rappresenta in ordine all'applicabilita' dell'art. 68, primo comma, della Costituzione (v., da ultimo, ordinanze n. 312, n. 380, n. 391 e n. 418 del 2001); che, per quanto attiene al profilo oggettivo del conflitto, la Corte di appello di Roma lamenta la lesione della propria sfera di attribuzione costituzionalmente garantita, in conseguenza dell'esercizio, ritenuto illegittimo per erroneita' dei relativi presupposti, del potere, spettante alla Camera dei deputati, di dichiarare l'insindacabilita', a norma dell'art. 68, primo comma, Cost., delle opinioni espresse dai propri membri nell'esercizio delle loro funzioni; che dall'ordinanza possono ricavarsi le "ragioni di conflitto" e le "norme costituzionali che regolano la materia", come richiesto dall'art. 26 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.