IL TRIBUNALE
Nel procedimento di cui in epigrafe il giudice dell'esecuzione,
Marco Viani, a scioglimento della riserva che precede, ha pronunciato
la seguente ordinanza;
O s s e r v a
La Ca.R.Al.T. S.p.a., concessionario del servizio di riscossione
dei tributi della Provincia di Alessandria, vanta nei confronti del
signor Renato Riccino un credito in linea capitale per la complessiva
somma di lire 32.296.625 in dipendenza di tributi iscritti a ruolo.
Poiche' il Riccino e' pensionato I.N.P.S., la Ca.R.Al.T. pignora,
sino a concorrenza del proprio credito e delle spese, la pensione a
lui spettante e cita entrambi, I.N.P.S. e Riccino, davanti al
tribunale di Alessandria per gli incombenti di cui all'art. 547,
c.p.c.
Il Riccino compare all'udienza e chiede di ridurre la somma
pignorata entro i limiti legali.
Il credito nei confronti del Riccino deriva, come dichiarato dal
rappresentante della Ca.R.Al.T., da accertamento relativo alla
dichiarazione dei redditi per l'anno 1992. Per la precisione, risulta
dal prospetto versato in atti trattarsi di somme dovute a titolo di
I.R.P.E.F. e quindi di un tributo diretto dovuto allo Stato.
Il giudice si trova, a questo punto, a dover applicare la norma
dell'art. 128, R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, mai abrogata o
sostituita, a mente della quale le pensioni ordinarie erogate
dall'I.N.P.S. non sono cedibili, sequestrabii o pignorabili (salvo
che per pagamento di diarie di ospedali pubblici e ricoveri).
Nel richiamo del Piccino al rispetto dei limiti legali (o,
secondo la diversa formulazione di una successiva udienza, nella
richiesta di riduzione al minimo della trattenuta) il giudice ritiene
infatti di individuare l'istanza di applicazione di tutte le garanzie
che il legislatore ha approntato a presidio della situazione del
pensionato. Nel caso di specie, quindi, l'impignorabilita' assoluta.
Cio' si sottolinea in quanto la giurisprudenza tradizionale
ritiene che l'impignorabilita' dei crediti, o, meglio,
l'impignorabilita' in genere, non possa essere rilevata d'ufficio dal
giudice.
Va peraltro considerato che una recente sentenza della Corte di
cassazione (sez. III, 11 giugno 1999, n. 5761, in Foro it., 2001, I,
2019), che ha statuito la rilevabilita' d'ufficio della
impignorabilita' con riferimento alla pensione di invalidita', in
quanto, almeno riguardo a tale trattamento, l'impignorabilita' stessa
sarebbe posta nell'interesse pubblico alla tutela degli invalidi piu'
che in quello privato della tutela del singolo invalido - e quindi
sarebbe intrinsecamente indisponibile. Sulla scorta di tale pronuncia
questo giudice ha successivamente, in altro procedimento, ritenuto di
poter estendere anche alla impignorabilita' delle pensioni di
anzianita' e di vecchiaia il regime di rilevabilita' d'ufficio, in
quanto l'interesse a che gli anziani dispongano di fonti di reddito
sufficienti e' a sua volta interesse pubblico indisponibile
prevalente sull'interesse disponibile del singolo pensionato.
Il risultato, comunque, nel caso di specie non muta: il giudice
e' tenuto, d'ufficio o su sollecitazione di parte, ad applicare il
citato art. 128.
Tale norma conosce soltanto due eccezioni espresse, oltre a
quella, decisamente residuale, dei crediti per diarie:
a) quella di cui all'art. 69, legge 30 aprile 1969, n. 153,
in forza del quale e' ammesso il pignoramento delle pensioni erogate
dall'I.N.P.S., nei limiti di un quinto del loro ammontare eccedente
l'importo della pensione minima, per i crediti vantati dal medesimo
Istituto per omissioni contributive o ripetizione di indebite
prestazioni;
b) quella conseguente alla sentenza della Corte
costituzionale 22 novembre 1988, n. 1041, che ha dichiarato la
illegittimita' costituzionale del citato art. 128 nella parte in cui
non consente la pignorabilita' delle pensioni erogate dall'I.N.P.S.
per crediti alimentari nei limiti di cui all'art. 2, comma 1, n. l
del d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180.
Ora, l'art. 2 del d.P.R. n. 180 stabilisce che le pensioni degli
ex-dipendenti pubblici sono, nei limiti di un quinto del loro
importo, pignorabili per crediti alimentari, per debiti verso lo
Stato e le aziende da cui il lavoratore dipende e per tributi dovuti
allo Stato, alle province e ai comuni.
Ne consegue che se il Riccino fosse pensionato dello Stato o di
altri enti pubblici la norma applicabile al suo trattamento
previdenziale, cioe' l'art. 2 del d.P.R. n. 180, consentirebbe alla
Ca.R.Al.T. di pignorare il quinto di tale trattamento, dato che il
credito portato ad esecuzione forzata ha per l'appunto natura di
tributo dovuto allo Stato.
Poiche' invece il Riccino e' pensionato dell'I.N.P.S., la norma
applicabile alla sua posizione, cioe' l'art. 128 del R.D.L. 1827, non
consente il pignoramento.
Poiche' non si vede sotto quale profilo la posizione del
pensionato pubblico sia differenziabile da quella del pensionato
privato in modo tale da giustificare tale diversita' di trattamento,
il giudice solleva d'ufficio questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 128 del R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, nella parte in cui
non consente la pignorabilita' delle pensioni erogate dall'I.N.P.S.
per tributi dovuti allo Stato, nei limiti di cui all'art. 2, n. 3 del
d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, per violazione dell'art. 3 Cost.,
dovendosi ritenere come tertium comparationis la norma del medesimo
art. 2, n. 3 del d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, che fa riferimento ai
pensionati dello Stato e degli altri enti pubblici; nonche' con
riferimento all'art. 53, Cost.
Per quanto sopra si e' detto la questione e' rilevante in quanto
nel presente procedimento trova applicazione la norma dell'art. 128 e
un'eventuale accoglimento della questione stessa porterebbe
all'assegnazione del quinto della pensione del Riccino alla
Ca.R.Al.T., laddove in base all'attuale stato della normativa il
relativo pignoramento deve dichiararsi nullo per aver colpito un
credito impignorabile.
La questione e' poi, ad avviso del giudice, non manifestamente
infondata. Scriveva la Corte costituzionale nella motivazione della
sentenza n. 1041 del 1988: "Invero, la impignorabilita' delle
pensioni dell'I.N.P.S. anche per causa di alimenti, sancita in via
generale dall'art. 128 del R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, e ribadita
dall'art. 69 della legge 30 aprile 1969, n. 153, da luogo ad una
disparita' di trattamento priva di qualsiasi giustificazione rispetto
alle pensioni dei dipendenti pubblici, per le quali la pignorabilita'
e prevista fino alla concorrenza di un terzo per causa di alimenti
dovuti per legge, secondo quanto dispone l'art. 2 del d.P.R. 5
gennaio 1950, n. 180. Dinanzi all'esigenza di tutelare i crediti
alimentari, non vi e ragione di concedere ai titolari di pensioni
I.N.P.S. un trattamento privilegiato nei confronti di coloro che
fruiscono di pensioni dello Stato o di altri enti pubblici e tanto
meno di porre in una condizione deteriore i rispettivi creditori di
assegni alimentari".
Almeno ad una valutazione ictu oculi, il giudice non vede un
motivo per cui il medesimo ragionamento non debba valere sostituendo
i crediti per tributi e lo Stato ai crediti per causa di alimenti e
ai relativi creditori.
Il fatto stesso che la Corte, con la sentenza sopra citata, abbia
esteso alle pensioni dell'I.N.P.S. una delle ipotesi eccezionali di
pignorabilita' delle pensioni pubbliche, poi, conforta il giudice in
tale opinione, in quanto non pare esservi un motivo per estendere la
previsione del n. 1 dell'art. 2 e non quella del n. 3 del medesimo
articolo.
In particolare, non sembra che la diversa natura del credito
possa giustificare una diversa conclusione. La Corte costituzionale
stessa, in motivazione della sentenza n. 99 del 1993, ha motivato la
pignorabilita' nei limiti di un terzo dei trattamenti previdenziali
dei pensionati (ora, di entrambi i settori) per crediti di natura
alimentare con la particolare rilevanza anche costituzionale di
questo tipo di crediti. Va pero' considerato che l'interesse sotteso
alla riscossione anche coattiva dei tributi, e cioe' quello a che lo
Stato disponga dei mezzi necessari a perseguire gli interessi
pubblici dei quali si pone come esponenziale, pare a sua volta dotato
di una rilevanza particolare, anche costituzionale (si pensi
all'art. 53, ma anche all'art. 2). Va soprattutto considerato che,
quand'anche tale interesse avesse una rilevanza minore di quello che
trova tutela nel riconoscimento di crediti per alimenti, e questa
rilevanza non fosse sufficiente a farlo prevalere sull'interesse che
trova tutela nell'attribuzione agli ex dipendenti privati del
trattamento pensionistico, resterebbe da spiegare perche' questa
stessa minor rilevanza gli consente invece di prevalere sugli
interessi dei pensionati pubblici; con il che non si sarebbe affatto
eluso il sospetto di irragionevolezza della norma e di violazione del
principio di eguaglianza.
Per completezza, il giudice ritiene di segnalare che:
la omogeneita' della posizione dei lavoratori pubblici e di
quelli privati e' stata spesso tradizionalmente negata, in base alla
considerazione che attraverso la retribuzione del pubblico dipendente
viene tutelato non solo l'interesse del lavoratore a garantire
un'esistenza libera e dignitosa a se' e alla sua famiglia, ma anche,
mediatamente, l'interesse pubblico alla efficienza e al buon
andamento della pubblica amministrazione. Tale argomentazione,
quand'anche fosse corretta, non verrebbe in alcun modo in
considerazione nel presente caso, in quanto essa potrebbe tutt'al
piu' giustificare un trattamento di favore riservato al pubblico
dipendente, e non un trattamento di favore riservato al dipendente
privato;
la normativa in materia di pignorabilita' delle pensioni dei
dipendenti pubblici previsto dal d.P.R. 180 del 1950 sembra, nelle
linee evolutive della legislazione, porsi come normativa regolare,
essendo assunta come modello per disciplinare analoghe materie con
riferimento a ben diversi settori previdenziali, come si desume
dall'espresso rinvio che a tale sistema fanno l'art. 47, legge
8 gennaio 1952, n. 6 (come sostituito dall'art. 22, legge 25 febbraio
1963, n. 289), l'art. 33, legge 3 febbraio 1963, n. 100 e l'art. 33,
legge 9 febbraio 1963, n. 160, quanto alle pensioni erogate,
rispettivamente, dagli enti previdenziali degli avvocati, dei dottori
commercialisti e dei ragionieri.
In base a ragionamento analogo a quello sopra svolto, il giudice
sospetta la norma di contrastare anche con l'art. 53, comma 1, Cost.,
in quanto se e' vero che tutti i cittadini sono tenuti a concorrere
alle spese pubbliche in base alla loro capacita' contributiva, e che
l'obbligazione tributaria concreta questo concorso, l'attuale stato
della normativa fa si' che di due pensionati di eguali redditi, e
quindi di eguale capacita' contributiva, la pensione dell'uno dei
quali sia erogata dall'I.N.P.S., l'altra da un ente di previdenza per
dipendenti pubblici, il primo possa interamente sottrarre il proprio
reddito alla pretesa tributaria e il secondo no.