IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 356/1993 proposto da Crescenzi dott.ssa Angela, Fabrini dott. Luigi, Nocentini dott. Gianfranco, Bartalucci dott.ssa Laura, Farruggio dott. Fabrizio, Quattrucci dott. Marco, Nuvoli dott.ssa Stefania e Musetti dott. Nicola tutti rappresentati e difesi dagli avv.ti Domenico Iarie, Giulio Padoa e Vittorio Chierroni ed elettivamente domiciliati presso gli stessi in Firenze, via de' Rondinelli n. 2. Contro la Regione Toscana, in persona del Presidente pro tempore della giunta regionale, costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dall'avv. Calogero Narese ed elettivamente domiciliata presso lo stesso in Firenze, via dell'Oriuolo, n. 20; Per l'annullamento in parte qua della delibera della giunta regionale Toscana n. 9186 del 9 novembre 1992, recante la nomina in ruolo dei ricorrenti - quali "divulgatori agricoli polivalenti" - nella VII anziche' nell'VIII qualifica funzionale, nonche' di ogni atto connesso, presupposto o conseguenziale. Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione intimata; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese; Visti gli atti tutti della causa; Uditi alla pubblica udienza del 24 maggio 2001 il Consigliere dott. Saverio Romano; Uditi, altresi' gli avv. V. Chierroni e D. Benussi, delegato dall'avv. C. Narese; Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue: Fatto Attraverso il ricorso in esame, notificato il 20 novembre 1993, alcuni divulgatori agricoli - reclutati a seguito di bando di concorso n. 63 del 21 novembre 1990 - contestano il proprio inquadramento nella VII anziche' nell'VIII qualifica fruzionale, a seguito di delibera di G.R. n. 9186 del 9 novembre 1992, vistata in sede di controllo il 25 novembre 1992. Detto inquadramento, in effetti, risulta conforme al disposto degli artt. 1 e 2 della legge regionale Toscana 2 settembre 1992, n. 44, di modo che l'unica prospettazione difensiva, contenuta nel ricorso, concerne la conformita' della citata legge agli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione (ovvero l'applicabilita' della stessa, in rapporto alla normativa comunitaria). Osservano i ricorrenti, infatti, che "la formazione dei Divulgatori Agricoli in Italia ha luogo in attuazione di un piano-quadro nazionale di divulgazione agricola, approvato dal Ministero dell'agricoltura e foreste e dalla stessa CEE, presso cinque centri interregionali di formazione (C.I.F.D.A.): la Toscana, unitamente all'Umbria, alle Marche e al Lazio fa riferimento al CIFDA con sede in Foligno". Presso i centri in questione si svolgono corsi formativi, cui vengono ammessi - previo concorso pubblico nazionale - laureati in scienze agrarie, scienze forestali, scienze della produzione animale veterinaria, ovvero periti agrari o agro/tecnici con documentata esperienza biennale specifica. Al termine dei corsi, previo esame, vengono rilasciati attestati di idoneita' all'esercizio della professione, utilizzabili nell'intero territorio nazionale - a vantaggio del sistema agricolo - con percezione da parte della Regione di un contributo sia comunitario che dello stato per ciascun addetto. Normalmente, le Regioni attingono alle graduatorie dei predetti centri per l'assunzione di divulgatori agricoli, come avvenuto nel caso di specie; in mancanza, tuttavia, di una normativa nazionale concernente l'assunzione del personale in questione, ogni Regione ha legiferato autonomamente, per l'inquadramento in ruolo del medesimo. Numerose Regioni (come Abruzzo, Lazio, Lombardia, Liguria, Campania, e Calabria) hanno previsto al riguardo l'inquadramento nell'VIII qualifica funzionale, in considerazione del titolo di studio e dell'ulteriore titolo di specializzazione conseguito; la legge delle Regione Toscana gia' sopra citata, invece, dispone l'inquadramento nel VII livello, secondo i ricorrenti in violazione dei principi costituzionali, dettati in materia di uguaglianza, retribuzione commisurata alla quantita' e qualita' del lavoro svolto, nonche' di buona amministrazione. Questo Tribunale, con ordinanza n. 92 del 28 aprile 1998, ha trasmesso gli atti alla Corte costituzionale, ritenendo che la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2 della legge della Regione Toscana, 2 settembre 1992 n. 44, nella parte in cui prevede l'inquadramento dei divulgatori agricoli nella settima, anziche' nell'ottava, qualifica funzionale fosse oltre che rilevante non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3, 36, 97 e 117 Costituzione. Con ordinanza n. 14 del 23 gennaio 2001, la Corte costituzionale ha disposto il rinvio degli atti al giudice a quo al fine di riesaminare la rilevanza della questione alla luce della legge regionale 29 febbraio 2000 n. 19, contenente disposizioni in materia di semplificazione del sistema normativo regionale, che ha sancito l'abrogazione espressa della legge regionale n. 44/1992, avverso la quale e' stata proposta la menzionata questione di legittimita' costituzionale, definendo "non piu' operanti" le norme - tra le quali la legge regionale n. 44/1992 - inserite nell'allegato A. Cio' premesso, la Corte ha ritenuto necessaria una verifica degli effetti della disposta abrogazione, da parte del giudice investito della legittimita' dell'atto impugnato. A tal fine, ha restituito gli atti al giudice remittente perche' valuti se, alla luce dell'intervenuto mutamento del quadro normativo, la questione sollevata sia tuttora rilevante per la definizione del giudizio de quo. Diritto Come osservato dai ricorrenti, le disposizioni abrogate avevano la finalita' di individuare nell'ambito dei posti vacanti della dotazione organica del ruolo unico regionale quelli destinati ai divulgatori agricoli, in attuazione del regolamento del Consiglio C.E. n. 270/1999 e successive modifiche; di conseguenza, una volta individuati tali posti (e privatizzato il rapporto di impiego per effetto dei d.lgs. n. 29/1993 e n. 80/1998), la legge regionale non e' stata piu' suscettibile di applicazione e, pertanto, essa e' stata abrogata nell'ottica della razionalizzazione del sistema legislativo regionale. Cio' nondimeno, va osservato che la disposta abrogazione della legge regionale di cui trattasi, da una parte, ha solo efficacia ex nunc, dall'altra, non ha comportato il reinquadramento dei ricorrenti nel profilo professionale corrispondente alla VIII qualifica. Invero, il comma 3 dell'articolo unico della legge regionale n. 19/2000, dispone che la legge regionale n. 44/1992 (come tutte le altre disposizioni abrogate) continui ad applicarsi ai rapporti precedentemente sorti nel periodo della relativa vigenza "al fine della completa esecuzione dei procedimenti di entrata e di spesa". Dalle precisazioni riferite, consegue che la questione di costituzionalita' sollevata con l'ordinanza n. 92/1998 di questo Tribunale, rimane rilevante al fine della definizione del giudizio de quo. Ne' tali conclusioni mutano alla luce della sopravvenuta privatizzazione del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici conseguente al d.lgs. n. 80/1998. Infatti, nell'ambito della loro trasposizione nel nuovo ordinamento professionale disposta dall'art. 56 del d.lgs. n. 29/1993 e, relativamente agli enti locali ed alle Regioni, dal C.C.N.L. del 31 marzo 1999, in prima applicazione e' stato previsto l'inquadramento automatico dei dipendenti medesimi in ragione della qualifica funzionale precedentemente posseduta (v. art. 7 del menzionato contratto collettivo). Conseguentemente, i ricorrenti inquadrati dalla L.R.T. n. 44/1992 nella VII qualifica funzionale, sono stati collocati nella categoria D, profilo professionale Dl, anziche' nel superiore profilo professionale D3 che sarebbe loro automaticamente spettato se fossero stati precedentemente inquadrati nella VIII qualifica funzionale. Pertanto, ove fin dall'origine fosse stato disposto il loro inquadramento nella qualifica superiore, la loro progressione di carriera sarebbe stata diversa da quella concretamente seguita. Va, dunque, riaffermata la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale della legge regionale n. 44/1992, anche dopo la sua abrogazione da parte della legge regionale n. 19/2000. Quanto alla non manifesta infondatezza della questione sollevata, il collegio non puo' che ribadire i motivi gia' esposti nell'ordinanza originariamente emanata, che vanno di seguito riportati. A quest'ultimo riguardo, i ricorrenti ritengono che il citato art. 2 l. reg. n. 44/1992 contrasti con gli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione, in quanto - a differenza di quanto previsto nella maggioranza delle altre Regioni - i divulgatori agricoli toscani non possono essere inquadrati nella VIII qualifica funzionale, che si assume corrispondente alla specifica professionalita' dei medesimi. La figura professionale di cui trattasi si inquadra nel piano nazionale sui servizi di sviluppo agricolo, avviato all'inizio del 1990 dal Ministero dell'agricoltura, di concerto con le Regioni, con la specifica finalita' di promuovere la partecipazione degli imprenditori agricoli, in ordine alla identificazione ed alla soluzione di problemi, inerenti l'avvio di piani di sviluppo previsti e promossi dall'Unione europea (il cui regolamento al riguardo risale al 1979). La formazione dei divulgatori - per il profilo che qui interessa - richiede diploma di laurea e superamento di un corso di specializzazione (cui si accede per concorso pubblico) della durata di nove mesi, presso uno degli esistenti cinque centri interregionali di formazione (C.I.F.D.A.). L'istituzione di tali centri, l'impiego dei divulgatori per la realizzazione di programmi di sviluppo agricolo, in una situazione di grave carenza, nonche' il riferimento ad un "piano-quadro ...", al riguardo "elaborato dalla Repubblica italiana" sono dati previsionali contenuti nel gia' citato regolamento CEE n. 270/1979, che si propone una "equilibrata attuazione della politica agricola comune ...", in quanto "... l'istituzione in Italia di un efficace dispositivo di divulgazione agricola riveste interesse comunitario, e contribuisce alla realizzazione degli obiettivi definiti all'art. 39, paragrafo 1, lettera a) del trattato" - (con conseguenti incentivazioni finanziarie). Sulla base di quanto sopra, la figura del divulgatore agricolo e' stata assimilata a quella di un agente promotore dello sviluppo", nell'ambito di un sistema complesso, le cui componenti - tecniche ed economiche, debbono interagire, al fine di fornire servizi alle imprese agricole e di promuovere l'idoneita' di queste ultime al soddisfacimento degli obiettivi comunitari; funzioni e contesti operativi coinvolgono - in vista di quanto sopra - compiti di analisi, programmazione, gestione, controllo ed elaborazione di linee previsionali (cfr. proposto di profilo professionale del divulgatore agricolo, allegata agli atti). Per tale figura di esperto e' previsto l'inquadramento nella VIII qualifica nelle Regioni Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Liguria e Lombardia; oltre alla Toscana, prevedono invece inquadramento nella VII qualifica le Regioni Marche e Umbria. Circa l'opportunita' di un quadro normativo che - in accordo con le Regioni - rendesse omogenee le condizioni contrattuali del personale di cui trattasi, in tutto il territorio nazionale, era stata adottata una risoluzione (che in tal senso impegnava il Governo) dalla tredicesima Commissione permanente della Camera dei deputati, nella seduta del 20 gennaio 1988. Nessun coordinamento, tuttavia, e' stato poi effettuato, e - secondo l'attuale parte resistente -, le Regioni potrebbero disciplinare "in modo autonomo e differenziato l'inquadramento dei divulgatori ... in relazione ai propri ordinamenti e alle proprie esigenze organizzative". Ad avviso del collegio, un superamento dei limiti dell'autonomia regionale appare viceversa ipotizzabile - in termini di non manifesta infondatezza, tali da giustificare la proposizione della questione di costituzionalita' davanti alla suprema Corte) in rapporto ai parametri comunitari, che identificano i profili essenziali della professionalita' del divulgatore agricolo: quest'ultimo infatti e' figura presente su tutto il territorio nazionale, con compiti necessariamente omogenei, stante l'identita' degli obiettivi, peraltro di portata sovranazionale. D'altra parte, se e' vero che la Regione possiede piena autonomia legislativa in materia di ordinamento dei propri uffici (cfr. Corte costituzionale nn. 217/98, 10/90; 369/90) e' anche vero che la disciplina dell'inquadramento del personale e' riservata alla legislazione statale (Corte costituzionale, n. 1061/1988), in rapporto ai principi generali che la predetta legislazione detta per comparti di personale, che richiedono disciplina unitaria (Corte costituzionale, n. 1061/1988 e n. 296/1994; TRGA Trentino-Alto Adige, n. 1/88; Corte dei conti, sez. controllo Stato n. 1756/1987. La Regione, dunque, puo' certamente dettare disposizioni in materia di inquadramento, ma - ex art. 117 della Costituzione - nel rispetto dei principi fondamentali della legislazione statale, desumibili dalla legge-quadro sul pubblico impiego n. 93/1983 e dal d.P.R. n. 68/1986 (nonche', successivamente, dal d.lgs n. 29/1993). Nel rispetto dell'art. 97 della Costituzione, peraltro, per il trattamento dei pubblici dipendenti, debbono essere salvaguardati i principi della omogeneizzazione delle posizioni giuridiche, della perequazione e della trasparenza retributiva, quali fattori influenti anche sull'efficienza dei servizi resi (cfr. art. 4 l. quadro). Nella Regione Toscana i principi fondamentali di cui trattasi sono recepiti ed esplicitati - per la materia che qui interessa - nella legge regionale 21 agosto 1989, n. 51, che negli artt. 11 e 12 si occupa della declaratoria professionale della settima e dell'ottava qualifica funzionale. Tenuto conto dei compiti - gia' in precedenza descritti - affidati ai divulgatori dal regolamento comunitario, in effetti, la prospettazione difensiva dei ricorrenti non appare illogica, essendo ascritta all'ottava qualifica mansioni - cui i compiti anzidetti sembrano assimilabili - che implichino "specializzazione professionale, controllo dei risultati ... autonomia operativa ed iniziativa ... nell'ambito degli obiettivi e degli indirizzi generali ... piena responsabilita' dell'attivita' direttamente svolta, delle istruzioni impartite, nonche' del conseguimento degli obiettivi previsti dai programmi di lavoro". In tale ottica, l'art. 2 della legge regionale n. 44/1992, che impone l'inquadramento nella settima qualifica dei divulgatori stessi appare di dubbia conforrnita' ai richiamati principi generali di livello statale, recepiti in via di mera specificazione, attuativa nella legge regionale n. 51/1989. Non puo' non essere spunto di riflessione, al riguardo, l'ascrizione della categoria lavorativa in questione alla ottava qualifica in base a leggi (in gran parte antecedenti) emanate da numerose Regioni, con ulteriore profilo di disparita' di trattamento. Non puo' condividersi, infatti, l'assunto della parte resistente, secondo cui ogni Regione potrebbe rapportare la posizione dei divulgatori alle proprie specifiche esigenze organizzative, in quanto - come gia' in precedenza ricordato - la figura professionale in questione e' concepita per il perseguimento di identiche finalita', ritenute interesse comunitario, e si inserisce in un unico contesto programmatorio, elaborato a livello nazionale. Consegue a quanto sopra l'erogazione di finanziamenti comunitari alle Regioni, finanziamenti che non risultano differenziati in rapporto alle pretese diversita' delle esigenze organizzative delle medesime, e che postulano risultati omogenei. Se, dunque, in alcune Regioni si attribuissero ai divulgatori mansioni di minor peso che in altre, non potrebbe non derivarne uno scoordinamento nel settore, in violazione del regolamento dell'Unione europea, nonche' con lesione del principio di buon andamento, di cui all'art. 97 della Costituzione. Ove le mansioni fossero identiche, emergerebbero invece con piu' evidenza la violazione dell'art. 3 e dell'art. 36 della medesima Carta costituzionale, in quanto il piu' volte citato regolamento CEE n. 270/1979 inserisce la figura professionale in questione in un medesimo comparto, di livello interregionale, con conseguente irrazionalita' di divergenze organizzative interne, non giustificate da disparita' di competenze ne' di obiettivi perseguiti; a pari quantita' e qualita' di lavoro prestato nel comparto, inoltre, non puo' non corrispondere pari retribuzione, inscindibile dalla identita' di inquadramento. Per le medesime ragioni sopra illustrate, va conseguentemente respinta l'istanza di revoca della precedente ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale, avanzata dalla difesa della Regione.