LA CORTE DI ASSISE

    Udita  l'eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 195
quarto  comma  c.p.p.  per  contrasto  con gli articoli 3 e 24 Cost.,
sollevata  dal  p.m. nell'ambito del proc. pen. n. 2/2001 a carico di
Gega Eduard, nato a Fier il 13 aprile 1969, imputato dei reati di cui
agli  artt. 73  t.u.  Stup,  605  c.p.,  3 n. 6 e 8, 4 n. 1 e 2 legge
n. 75/58, 610 c.p., 600 c.p. e 601 c.p., attualmente latitante;
    Sentita la difesa.

                        Osserva quanto segue
    Il  p.m.  nel  corso  dell'audizione  del teste Gasperini Sandro,
maresciallo  dei  carabinieri  di  Perugia,  ha  chiesto  al teste di
riferire  in  ordine alle dichiarazioni a lui rese da tale Trasciatti
Francesco, denunciante dei fatti oggetto del presente processo.
    Essendo risultato che le dichiarazioni del Trasciatti erano state
debitamente     verbalizzate,    si    e'    posta    la    questione
dell'applicabilita'  dell'art. 195,  quarto  comma,  c.p.p., il quale
vieta  in  casi  siffatti  testimonianze  de  relato  da  parte degli
ufficiali e agenti di p.g.
    Ma  in  relazione a tale norma si e' prospettato il contrasto con
gli artt. 3 e 24 della Costituzione sotto il profilo della disparita'
di   trattamento   di   situazioni   simili   e   della   preclusione
all'acquisizione di elementi utili anche alla difesa.
    La questione di legittimita' costituzionale e' rilevante, poiche'
nel  caso  di specie si tratta di decidere se le domande formulate al
teste,   ufficiale   di   p.g.,   implicanti   il   riferimento  alle
dichiarazioni rese al predetto da altra persona informata sui fatti e
contestualmente  verbalizzate,  siano  o  meno  ammissibili  ai sensi
dell'art. 195, quarto comma c.p.p., come introdotto dall'art. 4 legge
n. 63/2001, che vieta la deposizione de relato dell'ufficiale di p.g.
se  riferita  a  dichiarazioni acquisite con le modalita' di cui agli
articoli 351 e 357 secondo comma c.p.p.
    La questione appare non manifestamente infondata.
    L'attuale disciplina e' stata introdotta dalla legge n. 63/2001 a
modifica  del regime previgente, in base al quale le dichiarazioni de
relato  degli ufficiali e agenti di p.g. erano ammissibili, avendo la
Corte    costituzionale    con    sentenza    n. 24/1992   dichiarato
l'illegittimita'   costituzionale  dell'originario  art. 195,  quarto
comma, c.p.p., che precludeva quel tipo di dichiarazioni.
    Proprio   detta   sentenza  costituisce  un  primo  parametro  di
riferimento,  essendo  stato  in  quella  occasione  rilevato  che la
previgente  preclusione  comportava  un'ingiustificata  disparita' di
trattamento  tra testimoni e determinava un'intollerabile dispersione
di elementi di prova.
    A  fonte  di  cio',  va  rilevato che il nuovo art. 111 Cost. nel
dettare   i   principi  del  c.d.  "giusto  processo",  ha  conferito
fondamentale rilievo al contraddittorio tra le parti.
    Cio'  nondimeno,  e'  d'uopo  osservare  che  gia'  con  sentenza
n. 361/1998 la Corte costituzionale, nel sottolineare che il processo
deve  essere  basato  sul  principio del contraddittorio, aveva fatta
salva  nel  contempo  l'esigenza  di un'adeguata disciplina, volta ad
assicurare  la  conservazione  degli  elementi  di  prova, nei limiti
consentiti  dalla  salvaguardia  del  contraddittorio  e dunque nella
prospettiva di un congruo bilanciamento delle due diverse istanze.
    La  modifica  dell'art.  111  Cost.,  se  per  un  verso  vale ad
attribuire  al contraddittorio un peso maggiore, per l'altro non puo'
comportare  un'irragionevole compressione di ogni diversa esigenza, a
cominciare  da  quella  di  un'adeguata  tutela della collettivita' e
della  connessa  assicurazione degli elementi di prova acquisibili ed
in concreto acquisiti.
    Il discrimine e' dunque rappresentato dal contemperamento dei due
valori   e  dalla  salvaguardia  di  un  meccanismo  di  acquisizione
rispettoso   del   principio  del  contraddittorio,  cosi'  da  poter
riconoscere  un  perdurante valore costituzionale al principio di non
dispersione,  nei limiti in cui esso non contrasti con l'esigenza del
contraddittorio.
    Cio'  posto,  si rileva che l'attuale formulazione dell'art. 195,
quarto   comma,   appare   sotto   piu'   profili   irragionevole   e
ingiustificata.
    Infatti  essa  finisce  con  il  discriminare determinati tipi di
testimoni,  in  realta'  qualificati,  senza  che  cio'  possa  dirsi
conseguenza  necessitata  della tutela del contradditorio, poiche' le
dichiarazioni  sono  comunque  rese al dibattimento alla presenza dei
contraddittori  e  poiche' e' fatta salva per le parti interessate la
possibilita'   di   chiedere,   questa   volta   si'   a  tutela  del
contraddittorio  in senso sostanziale, la diretta audizione del teste
di riferimento.
    Inoltre  la  norma censurata discrimina situazioni a ben guardare
omogenee,  quali  quelle derivanti dall'assunzione di informazioni da
persone  informate sui fatti, introducendo un'irrazionale distinzione
a  seconda  che  sia  o meno avvenuta la verbalizzazione, fra l'altro
senza attribuire rilievo alle ragioni per cui una verbalizzazione non
sia stata fatta.
    Ma  in  tal modo si finisce per privilegiare dichiarazioni, a ben
guardare,   assai   meno   garantite,   quali   quelle  derivanti  da
informazioni   non   verbalizzate   e   dunque   piu'   difficilmente
controllabili,  in  quanto  affidate al mero ricordo del teste, cosi'
discriminando  dichiarazioni  che  al contrario potrebbero facilmente
formare oggetto di verifica e di informale contestazione.
    Nulla   rileva   la   circostanza   che  si  tratti  comunque  di
dichiarazioni  de  relato,  giacche'  non contrasta di per se' con il
principio  del  contraddittorio una siffatta figura di testimonianza,
ove  -  come non v'e' dubbio che debba esssere - sia salvaguardato il
diritto  della  parte  interessata  di  chiedere  l'esame  del  teste
diretto.
    E neppure potrebbe mai rilevare che quest'ultimo non possa essere
escusso,   giacche'   cio'   porrebbe   problemi  di  acquisizione  e
utilizzabilita'  di  secondo  grado,  che  nulla hanno a che fare con
l'ammnissibilita' del teste de relato.
    Ed  allora,  se  il  principio del contraddittorio non implica di
necessita'   l'attuale   regime   della   testimonitanza   de  relato
dell'ufficiale  di  p.g., e' doveroso stigmatizzare i cennati profili
di  disparita' di trattamento e di irrazionalita', che sembrano porre
la  norma  censurata  in  contrasto  con l'art. 3 della Costituzione,
oltre che, per quei profili che potrebbero risultare di interesse per
la  difesa, anche con l'art.24 della Costituzione, nella parte in cui
preclude  all'ufficiale  o agente di p.g. di rendere dichiarazioni de
relato,  ove  esse  derivino da informazioni acquisite ai sensi degli
artt. 351 e 357, secondo comma, c.p.p.
    In tali limiti l'eccezione va dunque accolta come da dispositivo.