ha pronunciato la seguente Ordinanza nei giudizi di legittimita' costituzionale degli articoli 3 e 5, commi da 1 a 11, del decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517 (Disciplina dei rapporti fra Servizio sanitario nazionale ed universita', a norma dell'art. 6 della legge 30 novembre 1998, n. 419), promossi con 27 ordinanze emesse il 5 luglio 2000 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione III, rispettivamente iscritte ai nn. da 524 a 550 del registro ordinanze 2001 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 27, 1a serie speciale, dell'anno 2001. Visti gli atti di costituzione di L. C. ed altri, di F. F., di D.V. M. ed altri e della S.O.I. - Societa' Oftalmologica italiana, nonche' gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 16 gennaio 2002 il giudice relatore Piero Alberto Capotosti. Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione III, solleva, con ventisette ordinanze del 5 luglio 2000 (pervenute alla Corte il 31 maggio e il 1 giugno 2001), questione di legittimita' costituzionale delle seguenti disposizioni del decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517 (Disciplina dei rapporti fra Servizio sanitario nazionale ed universita', a norma dell'art. 6 della legge 30 novembre 1998, n. 419): art. 5, comma 8, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione; art. 5, comma 7, in riferimento agli artt. 33 e 76 della Costituzione; art. 5, commi da 1 a 6 e da 8 a 11, nonche' art. 3 - quest'ultimo nella parte in cui non prevede una partecipazione diretta degli organi universitari nelle scelte delle aziende ospedaliero-universitarie in materia di collegamento tra le attivita' di assistenza, didattica e ricerca - in riferimento agli artt. 33 e 76 della Costituzione; che le ordinanze, con argomentazioni pressoche' identiche, censurano l'art. 5, comma 8, del d.lgs. n. 517 del 1999, il quale stabilisce un termine perentorio entro il quale i professori ed i ricercatori universitari delle facolta' di medicina e chirurgia (infra: medici universitari) esercitano o rinnovano l'opzione - prevista dal comma 7 - per l'esercizio di attivita' assistenziale intramuraria (c.d. attivita' assistenziale esclusiva), ovvero di attivita' libero-professionale extramuraria, disponendo che, in mancanza di comunicazione, si intende effettuata l'opzione per l'attivita' assistenziale esclusiva; che, ad avviso dei rimettenti, la norma, fissando detto termine indipendentemente dalla individuazione delle strutture destinate allo svolgimento dell'attivita' assistenziale intramuraria, si porrebbe in contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione, in quanto la loro preventiva identificazione configurerebbe un presupposto dell'opzione e, proprio per questo, la disposizione inciderebbe negativamente sulla compenetrazione tra attivita' assistenziale ed attivita' didattico-scientifica, in violazione dei principi di coerenza e razionalita' dell'ordinamento, nonche' di buon andamento dell'amministrazione; che, secondo il Tribunale amministrativo regionale, l'art. 5, comma 7, del d.lgs. n. 517 del 1999 e le disposizioni ad esso sottese e connesse - ossia i commi da 1 a 6 e da 8 a 11 - nonche' l'art. 3, nella parte riguardante l'organizzazione interna delle aziende ospedaliero-universitarie, recherebbero vulnus agli artt. 33 e 76 della Costituzione; che, in particolare, la configurazione dell'opzione per l'attivita' assistenziale esclusiva quale requisito per l'attribuzione degli incarichi di direzione dei programmi di cui al comma 4 della norma impugnata violerebbe il principio di compenetrazione tra attivita' sanitaria assistenziale ed attivita' didattica e di ricerca scientifica, assoggettando l'attivita' assistenziale svolta dal medico universitario alle determinazioni organizzative del direttore generale dell'azienda ospedaliero-universitaria, in contrasto con il principio dell'autonomia universitaria; che, secondo i giudici a quibus, agli organi dell'universita' sarebbero stati attribuiti compiti marginali nel coordinamento degli interessi concernenti l'insegnamento e la ricerca scientifica, in considerazione sia dei poteri attribuiti al direttore del dipartimento, sia della circostanza che questi risponde della programmazione e della gestione delle risorse al direttore generale e sarebbe tenuto a privilegiare le esigenze dell'attivita' assistenziale rispetto a quelle dell'attivita' didattica e scientifica, cosi' da non poter garantire lo svolgimento delle attivita' assistenziali "funzionali alle esigenze della didattica e della ricerca", in violazione dell'art. 6, comma 1, lettera b), della legge 30 novembre 1998, n. 419; che, ad avviso dei rimettenti, "la normativa delegata in materia di opzione" (ossia l'art. 5, commi da 1 a 6 e da 8 a 11, nonche' l'art. 3 del d.lgs. n. 517 del 1999 "in parte qua"), si porrebbe in contrasto con gli artt. 33 e 76 della Costituzione, in quanto il divieto di attribuire al medico universitario, che non abbia scelto l'attivita' assistenziale esclusiva, la direzione delle strutture e dei programmi finalizzati alla integrazione di queste attivita' non garantirebbe "la coerenza fra l'attivita' assistenziale e le esigenze della formazione e della ricerca" (art. 6, comma 1, lettere b e c della legge n. 419 del 1998) e realizzerebbe una modificazione dello stato giuridico del personale universitario, in violazione dei principi e dei criteri direttivi della legge-delega; che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, e' intervenuto in tutti i giudizi con separati atti di contenuto sostanzialmente coincidente, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili e comunque infondate; che, ad avviso della difesa erariale, il d.lgs. 28 luglio 2000, n. 254, attribuendo ai medici universitari la facolta' di esercitare l'attivita' libero-professionale intramuraria in regime ambulatoriale presso i propri studi, nei casi di carenza di strutture e di spazi idonei all'interno delle aziende ospedaliero-universitarie, inciderebbe sulla fondatezza delle censure riferite all'art. 5, comma 8, del d.lgs. n. 517 del 1999; che, secondo l'interveniente, detta norma, fissando un termine perentorio per l'esercizio dell'opzione in esame, non sarebbe legata da alcun nesso con il comma 7, e, comunque, i medici universitari, allorquando effettuano la scelta, sono consapevoli degli effetti che ne derivano; che, ad avviso dell'Avvocatura, le censure riferite all'art. 5, comma 7, cit., ed alle disposizioni ad esso sottese, sarebbero infondate, in quanto gli incarichi di direzione dei programmi del comma 4 sono stati ragionevolmente riservati ai medici universitari i quali, scegliendo il rapporto esclusivo, assicurano piena disponibilita' per la loro realizzazione; che, secondo la difesa erariale, le norme censurate non violerebbero il principio di compenetrazione tra attivita' assistenziale ed attivita' didattica e di ricerca in riferimento ai medici universitari che scelgono il rapporto non esclusivo, sia perche' essi continuano a svolgere l'attivita' di ricerca e didattica strumentale rispetto a quella assistenziale, sia perche', applicando correttamente i principi della legge-delega, sarebbe stata realizzata una convergenza delle strutture sanitarie ed universitarie, attribuendo priorita' all'assistenza sanitaria, ossia alla salute del singolo e della collettivita'; che, a suo avviso, le censure riferite all'art. 76 della Costituzione sarebbero infondate, poiche' la legge-delega ha inteso rafforzare la collaborazione tra universita' e Servizio sanitario nazionale, realizzando la coerenza fra l'attivita' assistenziale e le esigenze della formazione e della ricerca anche grazie all'organizzazione dipartimentale e alle opportune disposizioni in materia di personale, stabilendo principi correttamente attuati dal d.lgs. n. 517 del 1999; che nei giudizi instaurati con le ordinanze di rimessione iscritte al n. 531 ed al n. 539 del registro ordinanze dell'anno 2001, si sono costituiti i ricorrenti ed in quelli promossi dalle ordinanze iscritte al n. 533 ed al n. 549 si sono costituiti due interventori nei processi principali, chiedendo che le questioni siano accolte; che, in particolare, i ricorrenti costituiti nel primo dei giudizi sopra indicati sostengono che il sopravvenuto d.lgs. n. 254 del 2000 non influirebbe sulla fondatezza delle argomentazioni svolte dal Tribunale amministrativo regionale, deducono che le norme censurate violerebbero anche l'art. 9 della Costituzione ed impugnano altresi' l'art. 72 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, in riferimento agli artt. 3, 23 e 25 della Costituzione; che, secondo i ricorrenti costituiti nel giudizio promosso dall'ordinanza iscritta al n. 539 del registro ordinanze dell'anno 2001, le disposizioni censurate violerebbero il principio di compenetrazione tra attivita' didattica di ricerca ed assistenziale, confermato dalla sopravvenuta sentenza della Corte n. 71 del 2001; che gli interventori nei processi principali costituitisi nel giudizio davanti a questa Corte hanno fatto proprie le argomentazioni svolte dal Tribunale amministrativo regionale insistendo affinche' le norme impugnate siano dichiarate costituzionalmente illegittime. Considerato che l'identita' delle norme impugnate, delle censure proposte e dei parametri costituzionali invocati, nonche' la coincidenza delle argomentazioni svolte nelle ordinanze di rimessione rendono opportuna la riunione dei giudizi; che, nel decidere identiche questioni sollevate dallo stesso Tribunale amministrativo regionale del Lazio, questa Corte, con ordinanza n. 394 del 2001, ha affermato che gli atti legislativi e regolamentari, nonche' la sentenza n. 71 del 2001, sopravvenuti alle ordinanze di rimessione hanno influito sul complessivo quadro normativo di riferimento nel quale si inscrivono i molteplici profili delle questioni di legittimita' costituzionale, richiedendo, conseguentemente, un nuovo esame da parte dei giudici a quibus dei termini delle questioni e della loro perdurante rilevanza; che le argomentazioni svolte in detta ordinanza conservano validita' anche in relazione ai provvedimenti di rimessione oggetto del presente giudizio; che, pertanto, alla luce delle modificazioni sopra indicate, gli atti devono essere restituiti ai rimettenti, affinche' procedano ad un nuovo esame della perdurante rilevanza delle questioni.