IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI

    Sulla  eccezione  di  inutilizzabilita'  delle intercettazioni di
comunicazioni di presenti proposta alla udienza dell'11 febbraio 2002
dalla  Difesa  di  Armando  Lussana  e Giovanni Longoni, imputati dei
delitti   di   cui   all'art. 73   d.p.r.   n. 309/1990   nell'ambito
dell'emarginato processo penale, pronuncia la seguente ordinanza.
    Ottenuta  rituale  autorizzazione  dal  giudice  per  le indagini
preliminari ai sensi degli artt. 266 e 267 c.p.p. in data 30 novembre
2000,  il  Pubblico  Ministero  presso  questo Tribunale disponeva la
intercettazione    di    conversazioni   telefoniche   sulla   utenza
n. 0338/7565565  intestata  ed  in uso ad Armando Lussana, oltre alle
intercettazioni di tutte le comunicazioni tra presenti che avverranno
all'interno  dell'autocarro Nissan Terrano tg. AW 142 TH intestato ed
in uso all'indagato, previa installazione di apposito apparecchio GPS
ed  altro  apparato  idoneo alle intercettazioni di conversazioni tra
presenti, per la durata di giorni quindici.
    Delegando  gli ufficiali della polizia giudiziaria della Questura
di   Bergamo,   il   Pubblico   Ministero   disponeva   che,   quanto
all'intercettazione  telefonica,  le  operazioni fossero compiute per
mezzo degli impianti installati presso la Procura della Repubblica di
Bergamo,   mentre   nulla   statuiva  in  ordine  alle  modalita'  di
intercettazione   delle   conversazioni   tra   presenti  all'interno
dell'autocarro di Armando Lussana.
    Atteso  che  dette  ultime conversazioni, per come meglio risulta
dal  verbale  di  documentazione  delle  operazioni di localizzazione
satellitare   a  foglio  15  del  fascicolo,  sono  state  captate  e
registrate  in una sala appositamente allestita presso la Questura di
Bergamo,  la Difesa degli imputati ne eccepisce la inutilizzabilita',
ai  sensi  del combinato disposto degli artt. 268, comma terzo, e 271
c.p.p.,  per  difetto  di  un  provvedimento  motivato  del  Pubblico
Ministero  sulla  insufficienza  od  inidoneita' degli impianti della
Procura  della  Repubblica e sulla sussistenza di eccezionali ragioni
di urgenza, che consentissero il compimento delle operazioni mediante
impianti   in   dotazione  alla  polizia  giudiziaria,  invocando  il
recentissimo orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte (S.U.
28 novembre 2001, n. 42792).
    Avuto  riguardo  alla  formulazione letterale della norma ed alla
ratio  legis secondo cui - in ossequio alle indicazioni offerte dalla
stessa  Corte  costituzionale gia' nella vigenza dell'abrogato codice
di rito (Sen. 34/1973) - la compressione del diritto alla liberta' ed
alla  segretezza di ogni forma di comunicazione tutelato dall'art. 15
della  Costituzione,  contemperandosi con il distinto interesse, pure
oggetto  di  protezione  costituzionale,  all'efficace  prevenzione e
repressione  dei  gravi  illeciti  penali, pretende che la stessa sia
subordinata al rigoroso rispetto di precise garanzie, non soltanto di
ordine  giuridico,  ma  anche  di  ordine  tecnico,  finalizzate alla
possibilita'  che  l'Autorita' Giudiziaria eserciti anche di fatto il
controllo  necessario  ad  assicurare  che  si  proceda soltanto alle
intercettazioni   autorizzate,   solo   a   queste   e   nei   limiti
dell'autorizzazione,  la  Corte  suprema  ha  ritenuto  assolutamente
adeguata  la  sanzione della inutilizzabilita' delle risultanze delle
operazioni  captative,  ove  le garanzie tecniche di espletamento del
mezzo  (in  particolare  quella  dell'obbligo  della  motivazione del
provvedimento  esecutivo  derogatorio)  siano  state eluse, senza che
possa  distinguersi tra intercettazioni telefoniche e intercettazioni
di  comunicazioni  tra  presenti,  le  quali  comportano anzi un piu'
intenso  sacrifico  dei  diritti  tutelati dalla Carta costituzionale
rispetto alle prime.
    La  stessa  Corte  costituzionale, con sentenza in data 17 luglio
2001,   n. 259,   ha   esaminato   la   questione   di   legittimita'
costituzionale  dell'art. 268,  comma terzo, c.p.p. con riferimento a
fattispecie  relativa  ad intercettazioni telefoniche, per violazione
dell'art. 76 della Costituzione.
    Secondo  il  giudice  rimettente,  nella ipotesi analizzata dalla
stessa  Corte,  vi  sarebbe  stato  eccesso di delega con riguardo al
principio   fissato   dalla   legge  16  febbraio  1987,  n. 81,  che
limitandosi  a  prevedere la individuazione degli impianti presso cui
le  intercettazioni  possono  essere  effettuate,  non  aveva fissato
principi  in  ordine  alle condizioni di inidoneita' od insufficienza
degli   impianti  negli  uffici  di  Procura  e  della  esistenza  di
eccezionali ragioni di urgenza.
    Si   legge   nella  sentenza  di  rigetto  che,  nel  compito  di
individuare gli impianti presso cui le intercettazioni possono essere
effettuate,  e'  chiaramente  insita  una  regola  di selezione degli
impianti  stessi,  il  cui termine di riferimento non puo' che essere
rappresentato  dalle  esigenze di garanzia evocate nell'art. 15 della
Costituzione,  in  tema  di  limitazioni  della liberta' e segretezza
delle  comunicazioni;  che  la scelta normativa di motivata deroga da
parte  del Pubblico Ministero non e' in contrasto con le disposizioni
della  legge delega, ne' costituisce una scelta arbitraria, in quanto
e'  finalizzata ad evitare che le intercettazioni possano avvenire al
di  fuori  del  controllo dell'autorita' giudiziaria; che non incide,
infine,  sull'obbligo di esercitare l'azione penale l'avere stabilito
le   garanzie   tecniche   di   un   mezzo  di  ricerca  della  prova
particolarmente invasivo.
    Sotto diverso profilo viene oggi rilevata di ufficio la questione
di  costituzionalita' delle norme di cui agli artt. 268, comma terzo,
e  271,  comma  primo,  c.p.p.  sulla  cui  formulazione letterale la
Suprema  Corte  fonda  la  propria interpretazione costituzionalmente
orientata  -  e  cui  questo  Giudice, in osservanza del principio di
nomofilachia   sancito   dall'art. 65  dell'ordinamento  giudiziario,
dovrebbe uniformarsi.
    Ritiene  chi  scrive  che tali norme siano viziate per eccesso di
delega  in  relazione all'art. 76 della Costituzione, con riferimento
ai  principi e criteri direttivi dettati dalla legge per l'emanazione
del codice di procedura penale (legge 16 febbraio 1987. n. 81).
    Invero,  prevede l'art. 2, numero 41, della medesima legge che il
codice  di  procedura  penale  debba  attuare la determinazione della
disciplina delle intercettazioni di conversazioni e di altre forme di
comunicazione,  in  attuazione  dei  principi  meglio  indicati  alle
lettere a), b), c), d), e) ed f) allo stesso numero 41.
    Ebbene,  mentre  i  singoli principi esposti alle lettere a), b),
c),  ed  e)  fanno  generale riferimento alle intercettazioni (intese
come  genus  di  cui  sono specie le intercettazioni di conversazioni
telefoniche e le intercettazioni di conversazioni tra presenti) - per
modo  che  la  predeterminazione  dei  reati per i quali sono ammesse
(lettera  a),  la  predeterminazione  della  durata e delle modalita'
(lettera b), la annotazione in apposito registro dei decreti (lettera
c),   la   conservazione   della   documentazione   integrale   e  la
determinazione  dei  casi in cui la stessa documentazione deve essere
distrutta  (lettera  e),  debbono  riferirsi sia alle intercettazioni
telefoniche  che  a  quelle  tra  presenti, il principio esposto alla
lettera  d)  per  la  individuazione  degli  impianti  destinati alle
operazioni  di  intercettazione  fa  riferimento  esclusivo  a quelle
telefoniche.
    Come la Corte ha piu' volte statuito (sentenze 259 e 96 dell'anno
2001,  415, 292 e 276 dell'anno 2000) l'esame del vizio di eccesso di
delega  va condotto, da un lato, definendo, alla luce del complessivo
contesto  normativo  e  delle  finalita'  che  ispirano la delega, la
portata  delle norme che fissano i criteri ed i principi direttivi e,
dall'altro,   considerando  che  i  principi  posti  dal  legislatore
delegante  costituiscono  non  solo  la base ed il limite delle norme
delegate,  ma  strumenti  per  l'interpretazione  della portata delle
stesse,  le quali, pertanto, vanno lette, fintanto sia possibile, nel
significato compatibile con detti principi.
    Nel  caso  di specie, l'avere disposto che il codice di procedura
penale,  nella  determinazione della disciplina delle intercettazioni
di  conversazioni  e di altre forme di comunicazione individuasse gli
impianti  presso  cui  le  intercettazioni telefoniche possono essere
effettuate  altro non puo' significare che solo per queste (e non per
le  intercettazioni  di  comunicazioni tra presenti) dovessero essere
individuati gli impianti di registrazione.
    E  cio'  -  come  piu' volte sottolineato dalla giurisprudenza di
legittimita'  (Cass. sez. I 8 giugno 1994, 28 settembre 1996, sez. VI
7  gennaio  1997,  22 gennaio 1997, 16 maggio 1997, 16 dicembre 1997,
sez. V 24 settembre 1998, sez. I 26 novembre 1998, sez. VI 1 dicembre
2000)  -  sul  rilievo condiviso dalla dottrina largamente prevalente
che  le  intercettazioni ambientali, potendo essere realizzate solo a
mezzo  di  apparecchiature  vicine alla fonte sonora, richiederebbero
l'uso  di  strumenti  non  installati  o non agevolmente installabili
presso   la   Procura   della   Repubblica,   a   causa   delle  loro
caratteristiche  che,  necessitando  di  centrali  di ascolto mobili,
sarebbero   tecnicamente   incompatibili   con   impianti   fissi   e
centralizzati.
    Ne  deriva  che  la previsione secondo cui tutte le operazioni di
intercettazione  (e  non  solo  quelle  telefoniche)  possono  essere
compiute  esclusivamente  per  mezzo  degli impianti installati nella
Procura  della  Repubblica  (art. 268,  comma  terzo,  c.p.p.), salva
motivata deroga del Pubblico Ministero in ragione della insufficienza
od  inidoneita'  degli  impianti  e  della sussistenza di eccezionali
ragioni  di  urgenza, e secondo cui i risultati delle intercettazioni
(e  non solo di quelle telefoniche) non possono essere utilizzati ...
qualora  non  siano  state  osservate  le  disposizioni  previste ...
dall'art. 268   comma   terzo  (art. 271  c.p.p.),  esorbitano  -  in
relazione  alle intercettazioni di comunicazioni tra presenti - dalla
legge   delega   n. 81/1987   rispettivamente   ai  principi  fissati
all'art. 2, numero 41, lettere d) e f).
    Tale  ultima  lettera  dispone  che il codice di procedura penale
preveda  sanzioni  processuali in caso di intercettazioni compiute in
violazione della disciplina di cui alle lettere precedenti.
    Ed  atteso  che,  tra le lettere precedenti e' compresa quella di
cui  alla  tenera  d)  che  prevede che il codice di procedura penale
individui gli impianti presso cui le sole intercettazioni telefoniche
possono  essere effettuate, anche la sanzione della inutilizzabilita'
avrebbe  dovuto  essere  prevista  solo  qualora  fossero  violate le
disposizioni  che  individuano il luogo di registrazione delle stesse
intercettazioni telefoniche.
    Ne',  sul  punto,  puo'  ritenersi che, ove le intercettazioni di
comunicazioni  tra  presenti  fossero  svolte  per  mezzo di impianti
diversi  da  quelli  installati  nella  Procura  della Repubblica, ne
deriverebbe un minore controllo giurisdizionale da parte del Pubblico
Ministero sulle operazioni svolte da ufficiali di polizia giudiziaria
delegati ai sensi del comma quarto dell'art. 267 c.p.p..
    Ed  invero, il segreto di indagine di cui e' parola nell'art. 329
c.p.  e  la qualifica di pubblici ufficiali dei delegati dal Pubblico
Ministero  appaiono  garanzie  piu'  che  sufficienti per scongiurare
abusi   che,  comunque,  potrebbero  essere  commessi  anche  ove  le
operazioni  di intercettazione fossero effettuate presso gli impianti
installati nella Procura della Repubblica.
    Nelle  superiori  considerazioni in fatto ed in diritto risiedono
sia  la  rilevanza  sia la non manifesta infondatezza delle questioni
prospettate, nell'ambito dell'emarginato processo.
    E,  non  potendo  il  giudizio  essere definito indipendentemente
dalla  risoluzione  delle  stesse, e' necessario disporre l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, dichiarando, nelle
more, la sospensione del giudizio in corso.