ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 12 e 16 della
legge  19 novembre  1990, n. 341 (Riforma degli ordinamenti didattici
universitari),  promosso  con ordinanza emessa il 12 gennaio 2000 dal
Tribunale  amministrativo  regionale  dell'Emilia-Romagna sul ricorso
proposto  da  Sergio  Rinaldi  contro il Ministero dell'Universita' e
della  ricerca  scientifica e tecnologica e altri, iscritta al n. 716
del  registro  ordinanze  2000  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 48, 1a serie speciale, dell'anno 2000.
    Visti  gli  atti  di  costituzione  di  Anna  Bergamaschi e altri
nonche'  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  15 gennaio  2002  il  giudice
relatore Gustavo Zagrebelsky;
    Uditi  l'avvocato  Renato  Recca  per  Anna Bergamaschi e altri e
l'avvocato  dello  Stato  Alessandro De Stefano per il Presidente del
Consiglio dei ministri.
    Ritenuto  che  con  ordinanza  del  12 gennaio  2000 il Tribunale
amministrativo  regionale  dell'Emilia-Romagna ha sollevato questione
di  legittimita'  costituzionale  degli  artt. 12  e  16  della legge
19 novembre   1990,   n. 341  (Riforma  degli  ordinamenti  didattici
universitari),   in   riferimento   agli   artt. 3,  36  e  97  della
Costituzione;
        che,  secondo  quanto risulta dall'esposizione dell'ordinanza
di  rimessione,  nel  giudizio  principale  il ricorrente, dipendente
universitario  con  la  qualifica  (dal 1966) di tecnico laureato, ha
impugnato  un provvedimento dell'amministrazione universitaria con il
quale  veniva  rigettata  una  sua  istanza  rivolta  a  ottenere  il
riconoscimento  -  con relativa annotazione sullo stato di servizio -
della  equiparazione  allo  status  di ricercatore confermato di pari
anzianita';  detta  impugnativa - precisa il Tribunale amministrativo
regionale  - si basa sull'assunto del ricorrente secondo cui la legge
n. 341  del 1990, determinando una piena equiparazione delle mansioni
affidate  ai  tecnici  laureati  in  possesso  dei  requisiti  di cui
all'art. 50  del  d.P.R.  11 luglio 1980, n. 382 (Riordinamento della
docenza   universitaria,   relativa   fascia  di  formazione  nonche'
sperimentazione organizzativa e didattica), a quelle dei ricercatori,
avrebbe  ridefinito  lo  status giuridico della categoria dei tecnici
laureati,   con  relativo  allineamento  retributivo,  e  si  traduce
pertanto,  in  via  principale,  nella  richiesta di annullamento del
provvedimento  dell'amministrazione  universitaria  per violazione di
legge   (n. 341   del   1990)  e,  in  subordine,  nell'eccezione  di
incostituzionalita'   della   citata   legge   n. 341  del  1990,  in
riferimento  agli  artt. 3,  36  e  97  della  Costituzione, giacche'
all'anzidetta  assimilazione  delle  funzioni,  da essa disposta, non
corrisponde  l'equiparazione  del  trattamento giuridico ed economico
delle due categorie;
        che      il      Tribunale      amministrativo      regionale
dell'Emilia-Romagna,  con  una  ordinanza dell'11 febbraio 1997 (r.o.
687/1997),  nel  negare  di  poter  accogliere,  alla  stregua  della
normativa  vigente,  il  ricorso  nel  merito,  aveva  sollevato,  in
relazione  agli  artt. 3,  36  e  97 della Costituzione, questione di
legittimita'  costituzionale  degli  artt. 12 e 16 della legge n. 341
del 1990, sulla base del triplice argomento - che lo stesso Tribunale
amministrativo  regionale  richiama  in sintesi nell'ordinanza ora in
esame - secondo cui (a) non essendo individuabili, alla stregua della
disciplina  contenuta  nella  legge  n. 341  del  1990,  compiti  dei
ricercatori  che  siano tali da delineare una sostanziale distinzione
rispetto  alla  categoria  dei  tecnici  laureati  (in  possesso  del
requisito  del triennio di attivita' scientifica e didattica entro la
data  del  1  agosto 1980, a norma dell'art. 50 del d.P.R. n. 382 del
1980),  non sarebbe di conseguenza possibile giustificare, secondo il
canone  della  ragionevolezza  (art. 3  della  Costituzione),  ne' la
persistente  differenziazione  tra  la  categoria  dei  ricercatori e
quella dei tecnici laureati, quanto al rispettivo status giuridico ed
economico,  ne',  viceversa,  la  assimilazione  piena  tra i tecnici
laureati  in  possesso  dei  requisiti  di cui all'art. 50 del d.P.R.
n. 382  del  1980,  e  i  tecnici  laureati  sprovvisti  dei medesimi
requisiti; (b) la suddetta mancata equiparazione si porrebbe altresi'
in  contrasto  con il principio della retribuzione proporzionata alla
qualita'   e   quantita'   del   lavoro   prestato   (art. 36   della
Costituzione);   (c)  l'impossibilita'  per  i  tecnici  laureati  di
conseguire   il   medesimo  trattamento  economico  e  giuridico  dei
ricercatori,  unitamente  alla  gratuita'  degli  incarichi,  avrebbe
potuto  indurre  gli  interessati a non prestare il loro necessario -
consenso,  determinando  la  pratica inoperativita' della normativa e
frustrando   l'efficienza   dell'organizzazione   universitaria,   in
contrasto  con  il  principio  di buon andamento dell'amministrazione
(art. 97 della Costituzione);
        che,   investita   della   anzidetta   questione,   la  Corte
costituzionale   aveva   disposto   (ordinanza  n. 28  del  1999)  la
restituzione   degli   atti  al  Tribunale  amministrativo  regionale
rimettente,  per  la  valutazione  della  persistente rilevanza della
questione  alla  luce  dello ius superveniens, costituito dalla legge
14 gennaio   1999,   n. 4   (Disposizioni   riguardanti   il  settore
universitario  e  della  ricerca  scientifica, nonche' il servizio di
mensa nelle scuole);
        che il Tribunale amministrativo regionale dell'Emilia-Romagna
afferma  che  la  rilevanza  e  la  non  manifesta infondatezza della
questione   di   costituzionalita'   gia'  precedentemente  sollevata
"permangono  inalterate", sempre in riferimento agli artt. 3, 36 e 97
della Costituzione, anche in presenza dell'accennato nuovo intervento
legislativo, poiche' la legge n. 4 del 1999 - osserva il rimettente -
si   limita  (art. 1,  comma  10)  a  prevedere  l'inquadramento  per
concorso,  nel  ruolo dei ricercatori, dei tecnici laureati, "facendo
salve" le disposizioni di cui all'art. 16 della legge n. 341 del 1990
per  i  tecnici laureati che abbiano maturato il piu' volte ricordato
requisito  del triennio di attivita' scientifica e didattica, a norma
dell'art. 50 del d.P.R. n. 382 del 1980, anche se in epoca successiva
alla  data del 1 agosto 1980, in tal modo confermandosi la diversita'
di  status  giuridico  ed  economico tra le due categorie, superabile
solo  con  apposito  concorso  riservato, e confermandosi altresi' la
possibilita'  di affidare, con il consenso degli interessati, compiti
didattici ai tecnici laureati in possesso del citato requisito, salva
l'estensione  -  che  non  rileva ai fini della questione - di questa
possibilita'   anche  a  coloro  che  abbiano  maturato  il  triennio
successivamente al termine originariamente previsto;
        che  nel giudizio costituzionale cosi' nuovamente promosso e'
intervenuto   il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  tramite
l'Avvocatura  generale  dello Stato, che, con una memoria depositata,
ha concluso per l'infondatezza della questione;
        che  si  sono  costituiti  in  giudizio, con atti di identico
contenuto,  Andrea  Baruffaldi,  Fulvia  Basaglia,  Anna Bergamaschi,
Annarosa  Bernicchia,  Michele Carotenuto, Sergio Varotto, Gian Carlo
Caulini,  Fabrizio  Venturi,  Gabriele Proietti, Giorgio Bastianoni e
Roberto  Coli,  tutti  tecnici  laureati  dipendenti  presso  diverse
universita'  e  tutti  in  possesso  del  requisito dello svolgimento
triennale  di  attivita' scientifica e didattica a norma dell'art. 50
del  d.P.R.  n. 382  del 1980, intervenuti ad adiuvandum nel giudizio
pendente    dinanzi    al    Tribunale    amministrativo    regionale
dell'Emilia-Romagna rimettente;
        che nelle memorie di costituzione in giudizio la difesa delle
parti   private  ha  insistito  per  l'accoglimento  della  questione
sollevata, rilevando che:
            a)  il combinato disposto degli artt. 12 e 16 della legge
n. 341  del  1990 avrebbe determinato una "sostanziale equiparazione"
tra  la  figura  dei  ricercatori  universitari  e quella dei tecnici
laureati   (in  possesso  del  piu'  volte  ricordato  requisito  del
triennio),  in ragione dell'attribuzione agli uni come agli altri dei
medesimi  compiti,  tra  cui  in  particolare  gli  affidamenti  e le
supplenze di corsi di insegnamento;
            b)  non  sarebbero  percio'  individuabili  mansioni  dei
ricercatori che possano giustificare una differenziazione rispetto ai
tecnici laureati;
            c)  a  tale  equivalenza di compiti non corrisponde pero'
ne'  lo  stesso  status  ne'  lo stesso trattamento economico, e cio'
costituirebbe violazione degli artt. 3 e 36 della Costituzione, anche
sotto  il  profilo  dell'immotivato  livellamento  verso il basso dei
tecnici  laureati  in  possesso  dei requisiti stabiliti dalla legge,
retribuiti allo stesso modo di coloro che ne sono privi;
            d)   il   mancato   riconoscimento  del  trattamento  dei
ricercatori  comporterebbe  infine  la  violazione dell'art. 97 della
Costituzione, in quanto la legge n. 341, oltre a sanare situazioni di
fatto   consolidatesi   nel   tempo   nell'ambito  universitario,  ha
contestualmente  delineato misure organizzative in vista del migliore
funzionamento dell'attivita' didattica, in particolare richiedendo il
consenso  dei tecnici laureati interessati per l'affidamento di corsi
o di moduli di insegnamento, consenso che e' prevedibile venga negato
una  volta che all'aggravio di compiti e di responsabilita' non segua
una  corrispondente  retribuzione,  determinandosi  in conclusione lo
sviamento rispetto all'obiettivo legislativo.
    Considerato,  preliminarmente,  che  il  Tribunale amministrativo
regionale  dell'Emilia-Romagna,  richiamando  le argomentazioni della
precedente  ordinanza  di  rimessione, ha effettuato, a seguito della
restituzione  degli  atti  disposta  da  questa Corte con l'ordinanza
n. 28  del 1999, la richiesta valutazione sulla persistente rilevanza
della  questione,  motivando plausibilmente sul punto, e che pertanto
la  questione  nuovamente  sollevata in continuita' con la precedente
ordinanza puo' avere ingresso;
        che  il Tribunale amministrativo regionale rimettente dubita,
in  riferimento  agli  artt. 3,  36  e  97  della Costituzione, della
legittimita'   costituzionale   degli   artt. 12  e  16  della  legge
19 novembre   1990,   n. 341  (Riforma  degli  ordinamenti  didattici
universitari),   che   stabiliscono  (a)  il  primo,  i  compiti  dei
ricercatori  -  "a integrazione di quanto previsto dagli articoli 30,
31  e  32 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980,
n. 382"  --,  nel  senso  che essi "adempiono ai compiti didattici in
tutti  i corsi di studio previsti dalla [stessa] legge" n. 341 (comma
1),  guidano  il  processo  di  formazione  dello studente secondo il
sistema   di  tutorato  (comma  2),  ricevono  in  affidamento  e  in
supplenza,  con  il  loro  consenso,  corsi  o moduli di insegnamento
ulteriori   rispetto   a   quelli  attribuiti  ai  professori  ovvero
insegnamenti  sdoppiati  (commi  3,  6 e 7), possono partecipare alle
commissioni  di  esame  e  possono  essere relatori di tesi di laurea
(comma 4), e (b) il secondo, che, nella legge n. 341 del 1990, "nelle
dizioni  "ricercatori o "ricercatori confermati si intendono comprese
anche  quelle  [...]  di  "tecnici laureati in possesso dei requisiti
previsti dall'articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica
11 luglio  1980,  n. 382, alla data di entrata in vigore del predetto
decreto ";
        che,   cosi'   disponendo,   le   suddette   norme  avrebbero
sostanzialmente  equiparato  le mansioni affidate alle due categorie,
ma  senza  che  a detta equiparazione di compiti il legislatore abbia
fatto  corrispondere  la  piena  assimilazione  del rispettivo status
giuridico ed economico;
        che  di tale omissione legislativa il rimettente si duole, in
riferimento   ai  principi  di  uguaglianza  e  ragionevolezza  e  di
adeguatezza  della  retribuzione  -  per la disparita' di trattamento
economico   e   giuridico   tra  le  due  categorie  in  discorso  e,
all'inverso, per la ingiustificata parita' tra i tecnici laureati che
hanno  i  requisiti previsti dalla legge n. 341 del 1990 e quelli che
non  li  hanno  -  e  altresi'  in  riferimento  al principio di buon
andamento dell'amministrazione - poiche' la gratuita' degli incarichi
affidati  ai  tecnici  laureati,  subordinati  al loro consenso, puo'
vanificare  l'intento  della  legge,  sottraendo forze alla didattica
universitaria -;
        che  la  questione  costituzionale  si  fonda  sulla premessa
secondo  la  quale  non  sarebbero  individuabili,  "alla  luce degli
artt. 12,  15  e  16  della  legge  n. 341  del  1990",  mansioni dei
ricercatori  che  differiscano  da  quelle  dei  tecnici laureati (in
possesso dei requisiti di cui all'art. 50 del d.P.R. n 382 del 1980);
        che   da  tale  presunta  identita'  di  funzioni  e  compiti
assegnati  alle  due  categorie viene fatta discendere la necessita',
alla  stregua  dei  parametri  costituzionali richiamati, della piena
equiparazione   sotto   il  profilo  dello  status  giuridico  e  del
trattamento economico;
        che  l'anzidetta  impostazione  e'  contraddetta  dal  quadro
normativo  complessivo  concernente  le  due  categorie,  dei tecnici
laureati e dei ricercatori, che il rimettente pone a raffronto;
        che,  in  particolare,  la  categoria  dei  tecnici laureati,
istituita  in  origine  quale  ruolo  della ex carriera direttiva per
sopperire  alle esigenze funzionali delle universita', in particolare
in  vista  della  assegnazione  agli  istituti dotati di attrezzature
scientifico-didattiche  di  particolare complessita', e assoggettata,
quanto  alla disciplina di status (accesso, progressione in carriera,
trattamento  giuridico),  alle  generali disposizioni concernenti gli
impiegati  civili  dello Stato (artt. 1, 2 e 5 della legge 3 novembre
1961, n. 1255), e' stata specificamente disciplinata dall'art. 35 del
d.P.R.  n. 382  del  1980,  che  ne  ha  stabilito  l'assegnazione ai
"laboratori   dotati  di  attrezzature  scientifiche  di  particolare
complessita'",  con  compiti  di  collaborazione con i docenti per il
funzionamento  del  laboratorio  e  di  direzione  dell'attivita' del
personale   tecnico  assegnato  a  quest'ultimo  e  con  la  connessa
responsabilita'  delle  attrezzature  scientifiche  e  didattiche, e'
stata poi inserita - a seguito degli inquadramenti di cui al d.P.C.m.
24 settembre  1981  (Declaratoria  delle  qualifiche funzionali e dei
profili  professionali  del  personale non docente delle universita),
adottato  in  applicazione  della legge 11 luglio 1980, n. 312 (Nuovo
assetto  retributivo-funzionale del personale civile e militare dello
Stato)     -    nella    VIII    qualifica    dell'area    funzionale
tecnico-scientifica, che non comprende alcuna funzione didattica o di
ricerca (assumendo i tecnici laureati la denominazione di "funzionari
tecnici"),   e  infine  e'  confluita  nell'area  tecnico-scientifica
secondo il sistema di classificazione stabilito dall'accordo 9 agosto
2000, recante il contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al
quadriennio  normativo 1998-2001 e al biennio economico 1998-1999 del
personale  del  comparto "universita'", restando assoggettata, quanto
agli  aspetti  di  status, alla disciplina del rapporto di lavoro dei
dipendenti   delle  amministrazioni  pubbliche  (ad  esempio,  quanto
all'orario di lavoro: art. 25 del sopra citato accordo);
        che la categoria dei ricercatori, invece, istituita con ruolo
accomunato,   nella   unitarieta'   della   funzione  della  "docenza
universitaria"  (sentenza  n. 990  del 1988), a quello dei professori
universitari  (art. 1  del  d.P.R.  n. 382  del  1980), e composta da
personale  reclutato  attraverso procedure concorsuali specificamente
rivolte  a  verificare  l'attitudine alla ricerca (art. 54 del d.P.R.
n. 382   del   1980  e  poi,  in  connessione  con  il  trasferimento
all'autonomia  universitaria  della  relativa competenza, artt. 1 e 2
della legge 3 luglio 1998, n. 210), e' assegnataria in via principale
di  compiti  di  ricerca  scientifica  universitaria  e  solo  in via
integrativa  di  compiti  didattici,  consistenti  essenzialmente  in
esercitazioni,  nella  collaborazione con gli studenti nelle ricerche
per  le tesi di laurea e nella partecipazione alla sperimentazione di
nuove  modalita'  didattiche  [artt. 7  della legge 21 febbraio 1980,
n. 28,   e   32  del  d.P.R.  n. 382  del  1980;  norma  quest'ultima
significativamente  esclusa  dall'abrogazione, nella nuova disciplina
in  materia  di  cui  alla  citata legge n. 210 del 1998 (art. 6)], e
conseguentemente e' destinataria di un trattamento giuridico coerente
con   la   funzione  primaria  di  ricerca,  quanto  a  modalita'  di
conformazione  del  rapporto (ad esempio, per la retribuzione: art. 2
del  d.l.  2 marzo  1987,  n. 57,  convertito con modificazioni dalla
legge  22 aprile  1987,  n. 158; per la possibilita' di optare tra il
regime  di  tempo  pieno  e il tempo definito: art. 1 del citato d.l.
n. 57 del 1987);
        che   nel   quadro   cosi'   delineato  -  che  il  Tribunale
amministrativo  regionale rimettente non prende in considerazione nel
suo  complesso -  ai  denunciati artt. 12 e 16 della legge n. 341 del
1990 non puo' in alcun modo riconoscersi il carattere di disposizioni
che  esauriscono, identificandola, la disciplina delle funzioni e dei
compiti  propri dei ricercatori e di quelli degli ex-tecnici laureati
(funzionari  tecnici,  classificati  da  ultimo nelle categorie "D" o
"EP"   di   cui   al  contratto  collettivo  di  settore),  giacche',
diversamente  da  quanto  prospetta  il  giudice a quo, alla parziale
coincidenza  di  compiti  per  quanto riguarda l'attivita' didattica,
alla  quale  esclusivamente  le norme impugnate fanno riferimento, si
contrappone  l'originaria  e  persistente differenziazione per quanto
riguarda  i  compiti  primariamente  assegnati  alle due categorie in
esame,  cioe'  la ricerca, propria ed esclusiva dei ricercatori, e la
direzione  e gestione di laboratori, propria ed esclusiva dei tecnici
laureati;
        che,  una  volta riconosciuto alle norme impugnate - come del
resto   testualmente   esse   si   autoqualificano:  v.  il  comma  1
dell'art. 12,  che  affida ulteriori compiti didattici ai ricercatori
"a  integrazione  di  quanto  previsto"  dagli  artt. 30, 31 e 32 del
d.P.R.  n. 382  del  1980;  e v. il comma 1 dell'art. 16, che include
bensi'  i  tecnici  laureati  nella  definizione  di  ricercatori, ma
"nella"  (cioe':  ai  soli  effetti  della)  stessa  legge  n. 341  -
carattere  integrativo  di  altre disposizioni che definiscono le due
figure  professionali,  viene  meno  la  premessa  della  sostanziale
sovrapposizione tra i compiti dell'una e dell'altra categoria, da cui
muove  il  rimettente nel sollevare la questione di costituzionalita'
in esame;
        che,  sotto  questo  profilo,  la  disciplina  denunciata  e'
riconducibile  alle  diverse disposizioni - di cui la legislazione in
materia universitaria offre abbondanti esempi, anche recenti, proprio
in  relazione  alle  figure  in discorso: legge n. 4 del 1999 citata,
nonche' art. 8 della legge 19 ottobre 1999, n. 370, e, specificamente
per   i   tecnici  laureati  dell'area  medica,  art. 6  del  decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 502; art. 73 del decreto legislativo
3 febbraio  1993,  n. 29;  art. 1,  comma  6, della legge 23 dicembre
1996,  n. 662  -  di  volta  in  volta  dettate  in vista di esigenze
contingenti   o   per  sanare  situazioni  di  fatto  determinate  da
necessita'  operative del settore o ancora finalizzate a riordinare e
sistemare un preesistente multiforme quadro di figure, precarie e non
precarie,  consolidando  posizioni  ed  effetti  prodottisi nel tempo
(sentenze  n. 412  del  1992, n. 367 del 1992, n. 359 del 1992, n. 31
del   1992,   n. 549  del  1990);  una  disciplina  che  spetta  alla
responsabilita'  del  legislatore  adottare,  nell'ambito  della  sua
discrezionalita'  e nel limite della ragionevolezza, ma che sul piano
costituzionale  e' inidonea, appunto per questa sua caratterizzazione
di  normazione  particolare,  alla  estensione  e generalizzazione in
ambiti  diversi  e  ulteriori  rispetto a quelli cui essa ha riguardo
(tra molte, ordinanza n. 398 del 2001; sentenza n. 14 del 1999);
        che  tanto e' sufficiente per escludere che, alla stregua dei
principi  di  uguaglianza  e  ragionevolezza  e,  in  connessione con
questi, alla stregua del principio di adeguatezza e proporzione della
retribuzione,   la   parziale   assimilazione  di  specifici  compiti
didattici   disposta  dalle  norme  impugnate  debba  necessariamente
comportare  la  piena  e indifferenziata equiparazione di status e di
trattamento  economico  delle  figure professionali dei ricercatori e
dei tecnici laureati, figure che presentavano e mantengono essenziali
differenziazioni,  nel  complesso  della  disciplina  legislativa che
riguarda ciascuna di esse;
        che,   ancora   in   relazione   all'invocato  art. 36  della
Costituzione,  all'accoglimento  della  prospettazione  del Tribunale
amministrativo   regionale   ostano  altresi'  (a)  in  generale,  la
considerazione  che  il  rapporto  di  proporzionalita',  secondo  il
parametro  costituzionale,  deve  essere effettuato con riguardo alla
complessiva   configurazione   normativa  dell'attivita'  lavorativa,
configurazione  che,  come  detto  sopra,  non  coincide nel caso dei
tecnici  laureati  e  dei  ricercatori,  e  (b)  in  particolare,  la
considerazione   che   la   garanzia  apprestata  dall'art. 36  della
Costituzione  non esclude di per se' la legittimita' della previsione
di prestazioni volontariamente rese senza corrispondente attribuzione
di un compenso (sentenza n. 22 del 1996);
        che,  infine,  il profilo della violazione dell'art. 97 della
Costituzione,  per l'asserita possibile vanificazione degli obiettivi
legislativi  di  efficienza  organizzativa,  derivante  dalla mancata
corresponsione   di   un  corrispettivo  rapportato  alle  incombenze
affidate  e  dunque  dalla  -  possibile  -  mancata  prestazione del
necessario consenso da parte degli interessati, e' anch'esso privo di
fondamento, poiche' e' sufficiente osservare che il principio di buon
andamento   dell'amministrazione   non  puo'  essere  richiamato  per
conseguire  automaticamente  miglioramenti economici e retributivi di
categoria  (sentenze  n. 273  del  1997,  n. 15  del 1995, n. 146 del
1994);
        che  la  questione  sollevata deve pertanto essere dichiarata
manifestamente infondata, sotto ogni profilo dedotto.