ha pronunciato la seguente Ordinanza nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 22-bis della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), promossi con ordinanze emesse il 16 novembre 2000 dal giudice di pace di Milano e il 10 aprile 2001 dal giudice di pace di Mesagne, iscritte ai numeri 236 e 506 del registro ordinanze 2001 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 14 e 26, 1a serie speciale, dell'anno 2001. Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri, Udito nella camera di consiglio del 13 febbraio 2002 il giudice relatore Franco Bile. Ritenuto che con ordinanza in data 16 novembre 2000 (n. 236 r.o. del 2001) il giudice di pace di Milano ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 22-bis della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), "nella parte in cui non prevede la competenza del tribunale in caso di superamento del limite di valore di trenta milioni per ragioni di connessione soggettiva ed oggettiva"; che l'ordinanza e' stata resa nel corso di un giudizio di opposizione di cui non sono indicate le parti e che si assume proposto con unico ricorso sul - presupposto di una non precisata connessione soggettiva e oggettiva - contro centoquattordici distinte ordinanze-ingiunzioni emesse nei confronti della medesima parte per il pagamento di sanzioni amministrative per complessive lire quarantacinquemilioni; che il giudice rimettente - premesso che la norma impugnata prevede la competenza del giudice di pace sulle opposizioni ad ordinanza-ingiunzione "allorche' ogni singola sanzione amministrativa comminata e' inferiore nel massimo edittale a lire trenta milioni, salvo i casi di competenza per materia" - ritiene che la mancata attribuzione della competenza al tribunale in caso di connessione soggettiva e oggettiva integrerebbe un'ingiustificata disparita' di trattamento tra il soggetto al quale con unica ordinanza-ingiunzione venga irrogata una sola sanzione amministrativa superiore a trenta milioni ed il soggetto al quale, "per il medesimo fatto", venga irrogata una sanzione di pari importo, ma con piu' ordinanze-ingiunzioni, che singolarmente rientrano nella competenza del giudice di pace; che e' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, tramite l'Avvocatura generale dello Stato, che ha depositato memoria, nella quale ha sostenuto l'inammissibilita' e comunque l'infondatezza della questione; che con ordinanza in data 10 aprile 2001 ( n. 506 r.o. del 2001) il giudice di pace di Mesagne ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 76 Cost., questione di legittimita' costituzionale dell'art. 22-bis, comma 2, della legge n. 689 del 1981, "nella parte in cui non devolve alla cognizione del tribunale, in composizione monocratica, l'ipotesi in cui il trasgressore con piu' azioni (come nella specie) od omissioni della stessa o di diverse disposizioni di legge, venga condannato a pagare una sanzione pecuniaria complessiva superiore a lire trenta milioni"; che l'ordinanza e' stata resa nel corso di un giudizio di opposizione proposto contro l'ordinanza-ingiunzione con la quale il Prefetto di Brindisi aveva comminato all'opponente la sanzione amministrativa pecuniaria di lire 68.110.000 e quella accessoria del divieto di emissione di assegni bancari o postali per sessanta mesi, in relazione a "reiterate violazioni" degli artt. 1 e 2 della legge 15 dicembre 1990, n. 386 (Nuova disciplina sanzionatoria degli assegni bancari), "come modificati" dagli artt. 28 e 29 del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 (Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio, ai sensi dell'art. 1 della legge 25 giugno 1999, n. 205) "e tenuto conto" dell'art. 8-bis della legge n. 689 del 1981, introdotto dall'art. 94 dello stesso decreto legislativo; che il rimettente (accogliendo la tesi dell'opponente che aveva prospettato la questione di legittimita' costituzionale) rileva che - mentre la competenza sulle opposizioni a sanzione amministrativa spetta al giudice di pace, salvo che su alcune materie tassativamente previste, la cui cognizione e' attribuita al tribunale in composizione monocratica, in ragione di rilevanti interessi collettivi coinvolti (art. 22-bis comma 2), o in dipendenza dell'ammontare pecuniario di alcune sanzioni (art. 22-bis, comma 3, lettere a) e b)), oppure in ragione della natura della sanzione irrogata (art. 22-bis comma 3, lettera c) - fra tali eccezioni non e' ricompresa l'ipotesi, ricorrente nel giudizio a quo, della reiterazione dell'emissione di assegni bancari, in violazione degli indicati parametri costituzionali; che in particolare tale mancata previsione violerebbe l'art. 3 Cost. per la diversita' di trattamento rispetto alle situazioni affini contemplate dall'art. 22-bis, comma 3, cit. e dall'art. 7, comma 2, del codice di procedura civile; l'art. 24 Cost. "con riferimento alla tutela delle situazioni soggettive comportanti particolari difficolta' di accertamento, anche in relazione alla notevole entita' della sanzione irrogata"; e l'art. 76 Cost., per l'eccesso rispetto ai criteri di delega indicati dall'art. 2 della legge 25 giugno 1999, n. 205 (Delega al Governo per la depenalizzazione dei reati minori e modifiche al sistema penale e tributario); che anche in tale giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, tramite l'Avvocatura generale dello Stato, che ha depositato memoria, nella quale, assumendo che la questione sarebbe analoga a quella sollevata dal giudice di pace di Milano, si e' riportata al contenuto della memoria depositata nel relativo giudizio. Considerato che i giudizi introdotti dalle ordinanze in epigrafe, concernendo questioni relative alla stessa norma di legge, possono essere riuniti; che l'ordinanza n. 236 r.o. del 2001 non fornisce alcun elemento ai fini di una precisa individuazione degli elementi di fatto del giudizio a quo, sia con riferimento alla natura delle violazioni sanzionate, sia con riguardo all'asserita "connessione" fra di esse; che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la mancata indicazione nell'ordinanza di rimessione degli elementi di fatto del giudizio a quo comporta un difetto di motivazione sulla rilevanza della questione, che ne determina la manifesta inammissibilita' (cfr. sentenza n. 178 del 2000 e ordinanza n. 193 del 2000); che l'ordinanza n. 506 r.o. del 2001 non motiva in ordine alla non manifesta infondatezza, limitandosi a rinviare alle allegazioni di una delle parti, senza tenere conto che esse, per come il rimettente le riferisce, non specificano le ragioni della pretesa lesione dei parametri costituzionali invocati, laddove il giudice rimettente non puo' esimersi da un'autonoma e specifica prospettazione dei profili di conflitto fra la norma censurata e quella costituzionale (cfr. ordinanza n. 432 del 2000). Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi avanti alla Corte costituzionale.