IL TRIBUNALE Decidendo sulla richiesta di riesame avanzata nell'interesse di Cauteruccio Michelina, nata il 14 luglio 1949 a Buovicino, avverso l'ordinanza emessa il 20 luglio 2001, con la quale il g.i.p. del Tribunale di Paola gli applicava la misura cautelare della custodia in carcere, in ordine al reato concorsuale di illecita detenzione e spaccio di sostanza stupefacente, ai sensi degli artt. 110, 81 comma 2 c.p. e 73 commi 1 e 2 del d.P.R. n. 309/1990; Vagliate le ragioni della difesa; Letti gli atti e udito il giudice relatore, all'esito dell'udienza Camerale del 15 novembre 2001; ha pronunciato la seguente ordinanza. Rilevato che, all'udienza del 15 novembre 2001, la Difesa, in via preliminare, ha eccepito l'inutilizzabilita' delle registrazioni (nastri) trasmesse dall'Autorita' Giudiziaria tedesca, perche' pervenute al di fuori della procedura di rogatoria e, altresi', l'inutilizzabilita' delle trascrizioni (delle intercettazioni telefoniche eseguite in Germania) inviate dalla stessa Autorita', per mancanza della richiesta attestazione di conformita' all'originale; Considerato che le eccezioni sollevate dalla Difesa impongano, con ogni evidenza, l'interpretazione e la conseguente applicabilita' dell'art. 729 comma 1 c.p.p., come modificato dall'art. 13 legge 5 ottobre 2001, n. 367; Ritenuto di dover sollevare, d'ufficio, questione di legittimita' costituzionale del surriferito articolo del codice di rito; Ritenuto, quanto alla rilevanza, che l'ipotesi accusatoria si fonda, esclusivamente, su atti pervenuti in copia dalla Germania, in esecuzione di rogatoria internazionale, e sprovvisti di specifica attestazione di conformita' all'originale; Ritenuto che la questione non e' manifestamente infondata, in relazione agli artt. 10 comma 1 e 111 commi 1 e 2 Cost., per le considerazioni che seguono; Osserva e rileva Con riferimento al primo profilo di illegittimita', va osservato che l'art. 3 comma 3 della Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale (Convenzione di Strasburgo del 20 aprile 1959) - secondo cui lo Stato destinatario della rogatoria e' tenuto a trasmettere "semplici copie o fotocopie dei fascicoli o documenti richiesti, munite di certificazioni di conformita'" (e gli originali, se richiesto, solo se cio' sia possibile) - e' stato interpretato, nel corso degli anni, in modo difforme dall'enunciato testuale, giacche' sia per l'affermarsi di nuovi mezzi di trasmissione sempre piu' affidabili e veloci, sia per la continua ed inarrestabile trasformazione della criminalita', che si e' evoluta tecnologicamente e ramificata a livello internazionale, i Paesi aderenti alla Convenzione hanno dovuto aggiornare gli strumenti di cui disponevano all'epoca della stessa, adottandone altri che assicurano veloci e riservati scambi di informazioni (si pensi alla e-mail e al fax). E' evidente, dunque, come i predetti Stati siano stati indotti a disattendere talune formalita' previste dall'art. 3 cit., che ha pertanto subito, attraverso il costante comportamento consapevolmente osservato nell'esecuzione delle rogatorie, un'evoluzione interpretativa in tali sensi. In particolare, con specifico riferimento all'acquisizione e alla trasmissione di documenti, si e' instaurata fra gli Stati firmatari una prassi in base alla quale l'obbligo di cooperazione sancito dalla disposizione, secondo un principio cosi' generalmente ricevuto, viene ormai ritenuto adempiuto mediante l'invio degli atti con una formale nota di trasmissione da parte dell'Autorita' giudiziaria remittente, la quale ha per consuetudine sostituito l'attestato di conformita' dei singoli atti. Venendo all'esame delle singole disposizioni della legge n. 367/2001, va sottolineato che l'art. 9, modificando solo su questo punto l'originaria formulazione dell'art. 696, comma 1, c.p.p., enuncia esplicitamente la Convenzione di Strasburgo tra le fonti di diritto internazionale che disciplinano gli atti di cooperazione internazionale, tra i quali rientrano le rogatorie, ed impone, quindi, l'osservanza, anche, dell'art. 3, comma 3, in conformita' al suo enunciato testuale; questo precetto e' specificamente reiterato nel successivo art. 13 legge n. 367/2001, che introduce, per qualsiasi "violazione delle norme di cui all'art. 696, comma 1, riguardanti l'acquisizione o la trasmissione di documenti o di altri mezzi di prova a seguito di rogatoria all'estero"; la grave sanzione dell'inutilizzabilita', la quale e' assoluta, in quanto rilevabile anche di ufficio in ogni stato e grado del procedimento, e sanabile solo mediante rinnovazione dell'atto (laddove possibile), stabilendo la norma che non si puo' tener conto delle dichiarazioni, da chiunque rese, che riguardino il contenuto degli atti considerati inutilizzabili (vedi art. 729, comma 1-ter c.p.p, cosi' come modificato dall'art. 13 legge n. 367/2001). Sembra evidente che questo sistema, ripristinando un'interpretazione restrittiva dell'art. 3 cit., superata da quella consuetudinaria, si ponga in contrasto con l'art. 10, comma 1, Cost., che sancisce il fondamentale principio secondo cui l'ordinamento giuridico italiano deve conformarsi alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute. Non v'e' dubbio, invero, che tra queste ultime debbano comprendersi le consuetudini internazionali, che si formano in presenza di un comportamento costante ed uniforme tenuto dagli Stati, accompagnato dalla convinzione dell'obbligatorieta' del comportamento stesso (diuturnitas e opinio iuris sive necessitatis) e che assurgono al rango di norme giuridiche sovraordinate, nella gerarchia delle fonti, alle disposizioni contenute nelle leggi ordinarie dei singoli Stati. Ed invero, allorche' il diritto non scritto - che puo' formarsi a modifica o abrogazione delle regole poste da un determinato trattato - si trasforma in consuetudine internazionale (a seguito di un comportamento che, con le caratteristiche anzidette, si e' diffuso tra gli Stati che aderiscono al Trattato), si consacra una prassi modificatrice delle norme a suo tempo pattuite che si sostituisce ad esse, ancorche' queste restino formalmente vigenti. Ebbene, in relazione all'attuazione della norma contenuta nell'art. 3, comma 3, della Convenzione di Strasburgo, si deve prendere atto che: nella prassi consolidata di tutti gli Stati che aderiscono alla convenzione, sovente le domande di rogatoria vengono inviate via fax; gli atti conseguenti all'esecuzione, quando non sono formati dall'Autorita' che ha eseguito la rogatoria, vengono sempre restituiti in fotocopia senza autentificazione e con la sola attestazione da parte dell'Autorita' richiesta, contenuta nella nota di accompagnamento, che la rogatoria viene restituita "evasa" (cosi' garantendosi la corrispondenza del materiale trasmesso alla richiesta); che, frequentemente, copia degli atti viene consegnata alle persone autorizzate ad assistere o partecipare alla rogatoria all'estero. In definitiva, oramai, gli Stati firmatari, uniformemente e costantemente, ritengono sufficiente l'atto formale di trasmissione per conferire agli atti e documenti inviati il crisma dell'autenticita' e, di conseguenza, considerano tali atti e documenti pienamente utilizzabili, anche se non muniti dei singoli attestati di conformita' all'originale. Questi consolidati principi sono stati, altresi', implicitamente recepiti da tutti i piu' recenti trattati internazionali, tra i quali la Convenzione sul riciclaggio del 1990 e la c.d. Joint Action del 29 giugno 1998, che, non a caso, sotto il profilo che qui si considera, omettono qualsiasi indicazione in ordine a specifiche modalita' certificative, non precisando neppure se gli atti richiesti debbano essere restituiti in originale o in copia. Peraltro, non va sottaciuto che una delle funzioni che si riconoscono agli accordi internazionali e' costituita dall'eliminazione della "legalizzazione di atti e documenti", nel senso che gli Stati contraenti riconoscono, reciprocamente, la regolarita' della provenienza di un atto o documento, senza pretendere "formalita' di legalizzazione". In conclusione, dunque, l'art. 13 della legge in esame, sancendo l'inutilizzabilita' assoluta degli atti acquisiti o trasmessi in violazione dell'art. 696, comma 1, c.p.p., si pone in netto contrasto con la consuetudine internazionale invalsa nell'applicazione del citato art. 3 della Convenzione di Strasburgo e, altresi', con le convenzioni internazionali successive alla Convenzione del 1959, sicche' indirettamente viola l'art. 10 della Carta costituzionale. In ordine, poi, al secondo profilo di illegittimita', l'art. 13 della legge n. 367/2001 contrasta con l'art. 111 Cost., laddove e' sancito il principio del giusto processo e del contraddittorio in condizioni di parita' tra le parti. Appare evidente, infatti, la disparita' che si determina tra i poteri riconosciuti alla difesa, che puo' - anche innanzi al Tribunale della Liberta' - introdurre in giudizio, senza alcuna formalita', atti e documenti, ed i poteri del p.m., che per acquisire prove e documenti formati all'estero deve, necessariamente, avvalersi degli strumenti previsti dalla legge per la collaborazione giudiziaria tra Stati. L'art. 237 c.p.p. dispone che "e' consentita l'acquisizione, anche di ufficio di qualsiasi documento proveniente dall'imputato, anche se sequestrato presso altri o da altri prodotto", ancorche' privi di autentica o non certificati conformi; e cio' comporta che gli atti per i quali opera l'art. 13 cit., mentre sono pienamente utilizzabili se prodotti direttamente dall'imputato, non lo sono se acquisiti per rogatoria dal p.m. senza le certificazioni in questione. Il regime delle inutilizzabilita' introdotto dalla nuova normativa rende, dunque, notevolmente piu' gravosa, rispetto a quella dell'imputato, la posizione del p.m. e finisce, cosi', per ostacolare l'esercizio della giurisdizione, fino a compromettere, in alcuni casi, la possibilita' stessa dell'accertamento giudiziale. Cio' assume, all'evidenza, un particolare rilievo nell'ambito del procedimento incidentale de libertate, che, essendo improntato a principi di snellezza e celerita' (sin dal momento in cui sorge la necessita' di avanzare una richiesta di misura cautelare al giudice procedente), mal si concilia con una macchinosa e lenta procedura di rogatoria, per i prevedibili e paralizzanti effetti che essa determina sotto il cennato profilo.