IL TRIBUNALE

    Nel   procedimento   promosso  con  ricorso  depositato  in  data
25 novembre 1999 ed iscritto al n. 1420/1999 di R.G. da Rossella Rigo
in Vanon, attrice, rappresentata e difesa dagli avvocati F. Berti, C.
Berti e P. Longo;
    Contro   Regione   Autonoma   Friuli-Venezia  Giulia,  convenuta,
rappresentata  e  difesa  dall'avv.  E. Volpe, ed avente per oggetto:
Fruizione  dei periodi di riposo giornaliero di cui all'art. 10 della
legge  n. 10/1971  a  favore  della  madre  adottiva o affidataria in
preadozione.
    Il   giudice   del  lavoro  di  Trieste  dottor  Mauro  Sonego  a
scioglimento  della  riserva  formulata  all'udienza del 28 settembre
2001, ha emesso la seguente ordinanza.

                              In fatto

    Con  ricorso  depositato  il 25 novembre 1999 la signora Rossella
Rigo  in  Vanon,  dipendente  della  Regione  Autonoma Friuli-Venezia
Giulia,  a  cui  sono  stati  assegnati  unitamente al marito, signor
Walter  Vanon,  in  affidamento  preadottivo  i  minori  A.,  nato il
6 maggio  1991 e A., nata il 1 novembre 1994, dopo che la sua domanda
era stata accolta in sede cautelare con ordinanza del 26 ottobre 1999
ha  chiesto  anche  nel  successivo  giudizio  di merito che le fosse
riconosciuto  il  diritto di fruire dei periodi di riposo giornaliero
previsti dall'art. 10 della legge n. 1204/1971.
    Secondo  la ricorrente il diritto a fruire dei cosiddetti "riposi
di  allattamento"  deriverebbe,  da una parte, dall'equiparazione del
rapporto  di  adozione a quello di filiazione naturale e, dall'altra,
dall'aver  individuato  nel  minore il centro della tutela apprestata
dalla  normativa  in  materia. Lo spostamento del fulcro della tutela
dalla  madre  lavoratrice al bambino - a detta della signora Rossella
Rigo in Vanon - si ricaverebbe da una serie di interventi legislativi
e  della  Corte  Costituzionale  che  hanno  esteso  anche  al  padre
lavoratore  e  ai  genitori adottivi la facolta' di beneficiare delle
misure  di  protezione  originariamente  poste  a  tutela della madre
naturale.
    Si  e'  costituita  la Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia con
l'evidenziare  che il Tribunale Ordinario di Trieste aveva accolto il
reclamo  proposto  contro  l'ordinanza  del  giudice  del  lavoro del
26 ottobre 1999.
    Nel riprodurre le difese gia' svolte in sede cautelare la Regione
convenuta  ha  evidenziato che il giudice del reclamo aveva condiviso
il  rilievo  che  allo  stato attuale della legislazione i periodi di
riposo  giornaliero potevano riconoscersi esclusivamente alla madre e
al padre naturali e entro il primo anno di vita del bambino.
    Alla  luce  delle  difese  svolte  nelle  note  autorizzate dalla
ricorrente,  all'udienza  del  28 settembre  2001  al  termine  della
discussione  dei  procuratori  delle  parti  il giudice del lavoro ha
sollevato per le ragioni di seguito esposte questione di legittimita'
Costituzionale   della   norma   risultante  dal  combinato  disposto
dell'art. 10  della  legge n. 1204 del 30 dicembre 1971 e dell'art. 6
della  legge  n. 903  del  9 dicembre  1977 ritenute applicabili alla
fattispecie in esame.

                             In diritto

    In  sede  di procedura d'urgenza questo giudice con ordinanza del
26 ottobre  1999  aveva  ritenuto  che, pur in assenza di un'espressa
previsione normativa, si dovesse riconoscere il diritto di fruire dei
periodi   di  riposo  giornaliero  di  cui  all'art. 10  della  legge
n. 1204/1971  anche  ai  genitori  adottivi o che avevano ricevuto in
affidamento  preadottivo  un  minore nell'ambito temporale di un anno
dall'ingresso   effettivo   di   questi  nella  famiglia  adottiva  o
affidataria  e  fino  al  compimento  del  sesto  anno di eta' (cfr.,
art. 39-quater   della  legge  n. 184/1983,  introdotto  dalla  legge
n. 476/1998).
    A  questa conclusione aveva portato una lettura sistematica delle
leggi  n. 1204/1971  "tutela  delle  lavoratrici  madri", n. 903/1977
"parita'  di  trattamento  tra uomini e donne in materia di lavoro" e
n. 184/1983  "disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori"
e  delle sentenze della Corte Costituzionale numeri 1/1987, 332/1988,
341/1991  e  179/1993  che  hanno  modificato  significativamente  la
portata originaria di alcune disposizioni di queste leggi.
    In   particolare   da  questa  lettura  sistematica  emergeva  il
recepimento   nel   nostro   Ordinamento   Giuridico   di   due  dati
fondamentali.
    Il  primo  inteso ad assimilare all'evento naturale della nascita
"l'effettivo   ingresso   del   bambino  nella  famiglia  adottiva  o
affidataria"  ai  fini  dell'estensione  ai  genitori  adottivi delle
misure   originariamente  poste  a  tutela  della  lavoratrice  madre
naturale  cfr.,  in  particolare  art. 6  della  legge  n. 903/1977 e
sentenze numeri 332/1988 e 341/1991 della Corte costituzionale.
    Il secondo preordinato a consentire al padre lavoratore, anche se
adottivo  o  affidatario,  di  fruire in alternativa alla madre delle
misure  protettive  previste  dalla  legge n. 1204/1971 (cfr., art. 7
della  legge  n. 903/1977,  art. 39-quarter della legge n. 184/1983 e
sentenze   della  Corte  costituzionale  numeri  1/1987,  341/1991  e
179/1993).
    Di  diverso  avviso  si  e'  dimostrato il Tribunale Ordinario di
Trieste quale giudice del reclamo. Questo con ordinanza del 3 gennaio
2000   aveva   negato  che  alla  madre  adottiva  o  affidataria  in
preadozione si potesse riconoscere, anche dando al testo dell'art. 10
della  legge n. 1204/1971 la massima estensione possibile, il diritto
di fruire dei cosiddetti "riposi di allattamento"
    Secondo il giudice del reclamo l'attribuzione alle madri adottive
e  affidatarie  in preadozione del diritto di beneficiare dei periodi
di   riposo   giornaliero   richiedeva  un  espresso  intervento  del
Legislatore o della Corte costituzionale.
    Durante  lo svolgimento del giudizio di merito, pero', sono stati
emanati  la  legge  n. 53/2000  "disposizioni  per  il sostegno della
maternita'  e  della  paternita',  per  il  diritto  alla cura e alla
formazione  e  per  il  coordinamento  dei  tempi  e  delle citta'" e
soprattutto  il  d.lgs.  n. 151 /2001 "testo unico delle disposizioni
legislative  in materia di tutela e sostegno della maternita' e della
paternita', a norma dell'art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53".
    In  particolare,  l'art. 45  del  d.lgs. n. 151/2001 ha esteso il
diritto  di  fruire  dei  periodi  di  riposo  giornaliero  di cui al
precedente  art. 40  anche ai genitori adottivi e affidatari entro il
primo anno di vita del bambino.
    Il  fatto che i principi e i criteri direttivi posti dall'art. 15
della  legge  n. 53/2000  non abilitassero il Legislatore Delegato ad
apportare modifiche al contenuto della legislazione se non al fine di
"garantire  la  coerenza logica e sistematica della normativa" (cfr.,
in   particolare   lettera  c)  della  legge  n. 53/2000)  radica  il
convincimento  che  gia'  la  normativa  previgente  al  testo  unico
riconoscesse  anche  alla  madre e, in alternativa a questa al padre,
adottivi  o affidatari il diritto ai periodi di riposo giornaliero di
cui all'art. 10 della legge n. 1204/1971 nel limite del primo anno di
vita del minore.
    In  questo  senso  e' anche la circolare dell'I.N.P.S. n. 109 del
6 giugno  2000.  Quest'atto, emanato dall'Istituto Previdenziale dopo
circa  tre  mesi dalla pubblicazione della legge n. 53/2000 che nulla
diceva in materia di periodi di riposo giornaliero, nel richiamare le
precedenti circolari n. 228 del 4 novembre 1988 e n. 182 del 4 agosto
1997 prevede espressamente che i genitori adottivi o affidatari hanno
diritto  ai  riposi  orari  fino al compimento di un anno di vita del
bambino.
    E'  proprio  questa  limitazione collegata al dato anagrafico del
bambino che con il portare al rigetto della domanda attorea avendo la
minore  A.  superato  l'anno  di  eta'  al  momento di ingresso nella
famiglia   affidataria,   fa   sorgere   dubbi   sulla   legittimita'
costituzionale  del  combinato  disposto  degli  artt. 10 della legge
n. 1204/1971 e 6 della legge n. 903/1977.
    Infatti,  la  circostanza  che  nella  quasi totalita' dei casi i
minori  dati  in  adozione  o  in  affidamento preadottivo abbiano al
momento  dell'ingresso  nella  nuova famiglia superato l'anno di eta'
impedisce  di  fatto  ai genitori adottivi e affidatari di fruire dei
periodi   di  riposo  giornaliero  di  cui  all'art. 10  della  legge
n. 1204/1971.
    In  particolare  la  limitazione  della  fruizione dei periodi di
riposo giornaliero nell'indicato limite di eta' del minore si pone in
contrasto  con il principio di eguaglianza di cui all'art. 3, primo e
secondo  comma,  della Costituzione. Le madri adottive o affidatarie,
nonostante l'affermazione del principio di equiparazione del rapporto
di  adozione  o  di  affidamento  preadottivo  a quello di filiazione
naturale   (cfr.,   art. 27   della   legge   n. 184/1987   e   Cass.
numeri 6087/1983,  2816/1989  e  4638/1990),  di  fatto  non  sono in
condizione  di  beneficiare dei periodi di riposo giornaliero. Questa
misura protettiva rimane nella pratica prerogativa esclusiva dei soli
genitori naturali.
    La  limitazione del diritto a fruire dei "riposi di allattamento"
entro l'anno di eta' del bambino in caso di adozione o di affidamento
preadottivo   si   pone   anche  in  contrasto  con  l'art. 37  della
Costituzione  secondo  cui  le condizioni di lavoro devono consentire
alla madre lavoratrice e al bambino una speciale adeguata protezione.
    Infatti,  il  circoscrivere  il  diritto  ai  periodi  di  riposo
giornaliero  entro  l'anno  di vita del bambino in pratica spoglia di
qualsiasi  tutela il minore e la madre adottiva o affidataria che non
possa   per   motivi   economici,   o   non   ritenga   di  avvalersi
dell'astensione   facoltativa  trascorso  il  periodo  di  astensione
obbligatoria  (cfr.,  artt. 4, lett. c), 7 e 15, secondo comma, della
legge n. 1204/1971 e 6 della legge n. 903/1977).
    Il  contenere  il  beneficio dei periodi di riposo giornaliero in
ogni  caso  entro  il  limite  anagrafico indicato vuoi dire porre la
madre  adottiva  o  affidataria  nella  necessita'  di effettuare una
difficile  scelta. O fruire dell'astensione facoltativa (cfr., art. 7
della   legge   n. 1204/1971,   art. 6,   secondo comma  della  legge
n. 903/1977  e  Corte costituzionale n. 332/1988) per favorire con il
prolungato  contatto con il minore il corretto sviluppo relazionale e
affettivo  di  questo e, correlativamente, rinunciare al settanta per
cento,  della  retribuzione e agli altri aspetti vantaggiosi, come ad
esempio la maggior esperienza, la piu' qualificata professionalita' e
le  prospettive  di  carriera,  connessi alla presenza quotidiana sul
posto  di  lavoro.  Ovvero  insistere  sul  posto  di  lavoro  con il
correlativo   pericolo   di   incidere   negativamente  sul  regolare
inserimento del minore nella famiglia adottiva o affidataria.
    Lasciare  la lavoratrice madre adottiva o affidataria di fronte a
una  simile  alternativa  conduce  a  ritenere  che  il  contenere il
beneficio  in parola entro l'anno di vita del minore anche in caso di
adozione  o  di  affidamento  non costituisca un'adeguata tutela alla
madre lavoratrice e al bambino.
    Tutela,  invece,  che  sembrerebbe  adeguatamente  apprestata ove
l'anno  entro  cui  fruire  dei  "riposi  di allattamento" si facesse
decorrere  dall'ingresso effettivo del minore nella famiglia adottiva
o affidataria..