IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la seguente ordinanza sui ricorsi n. 5497/2001 e
n. 6488/2001 proposti dal dott. Gianpiero Luca rappresentato e difeso
dagli   avv.  proff.  Francesco  Volpe  e  Franco  Gaetano  Scoca  ed
elettivamente  domiciliato  presso  lo studio dell'ultimo in Roma via
Paisiello n. 53;
      Contro  il  Ministero  della  giustizia  rappresentato e difeso
dall'Avvocatura  generale  dello Stato e domiciliata presso la stessa
in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
    Contro  la  Direzione generale degli affari civili e delle libere
professioni presso il Ministero della giustizia;
    Per  l'annullamento  (ric.  5497/2001)  del  provvedimento  della
Direzione  generale  degli  affari  e  delle  libere  professioni del
Ministero  della  giustizia,  16  febbraio 2001 con il quale e' stata
rigettata l'istanza del ricorrente diretta ad ottenere il certificato
di idoneita' per la funzione di coadiutore notarile;
    Per  il risarcimento del danno ingiusto patito dal ricorrente per
l'illegittimo diniego del certificato di idoneita' per la funzione di
coadiutore notarile;
    Per  l'annullamento  (ric.  n. 6488/2001) del provvedimento della
Direzione  generale  degli  affari  e  delle  libere  professioni del
Ministero  della giustizia, 9 aprile 2001 di nomina dei vincitori del
concorso  notarile nelle residenze per ciascuno indicate, nella parte
in  cui dispone che "nei confronti del dott. Luca Gianpiero collocato
nella  graduatoria di cui al decreto dirigenziale 30 gennaio 2001 con
posizione  n. 59, deve mantenersi salvo il disposto dell'art. 3 della
legge n. 89/1913 come modificato dall'art. 1, comma 1, della legge 26
luglio  1995  n. 328  e  che,  pertanto,  il medesimo non puo' ancora
essere considerato titolare del diritto di scelta della sede";
    Per  il risarcimento del danno ingiusto patito dal ricorrente per
l'illegittima esclusione dalla nomina a notaio;
    Visti i ricorsi con i relativi allegati;
    Visti  gli  atti di costituzione in giudizio dell'Amministrazione
della giustizia;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Uditi  alla  pubblica  udienza del 21 novembre 2001 - relatore il
consigliere Alberto Novarese, l'avv. prof. F. Gaetano Scoca;

                           Fatto e diritto

    1. - Il dott. Gianpiero Luca, essendosi collocato utilmente nella
graduatoria  di  merito  del  concorso notarile approvata con d.d. 30
gennaio  2001,  ha  presentato istanza per ottenere il certificato di
idoneita'  per  l'esercizio  delle  funzioni  di coadiutore di notaio
assumendone  gli  obblighi, come previsto dall'art. 45 della legge 16
febbraio 1913 n. 89.
    A  tale istanza l'amministrazione della giustizia ha opposto, con
provvedimento   16   febbraio   2001   un  diniego,  in  applicazione
dell'art. 5  della  legge  n. 89  del 1913 per pendenza nei confronti
dell'interessato di un procedimento penale.
    L'art. 5,  n. 3,  della  legge  16  febbraio  1913  n. 89  - come
modificato  dall'art. 1, comma 1, della legge 26 luglio 1995 n. 328 -
prevede, infatti, che l'esercizio dell'azione penale per un reato non
colposo,  punito  con  pena  non  inferiore  nel  minimo  a sei mesi,
"comporta la sospensione dell'iscrizione nel ruolo dei notai, sino al
definitivo proscioglimento o sino alla declaratoria di estinzione del
reato".
    Il  ricorrente,  come  e'  pacifico tra le parti, con decreto del
Tribunale  di Catania 13 marzo 1996, adottato nel procedimento penale
n. 3429/1994  N.R.  della  Procura  distrettuale  della Repubblica di
Catania,  e'  stato  rinviato  a  giudizio per piu' reato di cui agli
artt. 110 c.p. e 12-quinquies legge n. 356 del 1992, reato punito con
la pena da due a sei anni.
    L'amministrazione   della   giustizia,  in  sede  di  nomina  dei
vincitori  del  concorso  a notaio e di assegnazione delle rispettive
residenze  (decreto  dirigenziale  9  aprile  2001),  si  e'  - poi -
determinata  nel  senso  che  "nei confronti del dott. Luca Gianpiero
collocato nella graduatoria di cui al decreto dirigenziale 30 gennaio
2002   con   posizione  n. 59,  deve  mantenersi  salvo  il  disposto
dell'art. 5  n. 3 della legge n. 89/1923 come modificato dall'art. 2,
comma  1,  della  legge  26  luglio  2995  n. 328 e che, pertanto, il
medesimo  non  puo' ancora essere considerato titolare del diritto di
scelta della sede".
    Con il primo dei ricorsi in esame (n. 5497/2001) il dott. Luca ha
impugnato il diniego del rilascio del certificato di idoneita' per la
funzione   di   coadiutore   notarile;   con   il   secondo   ricorso
(n. 6488/2001)  ha impugnato il provvedimento di nomina dei vincitori
del  concorso  notarile  nella  parte  in  cui  lo ha temporaneamente
escluso dall'assegnazione della sede.
    A sostegno del primo gravame l'interessato ha dedotto:
        1) Violazione di legge, per violazione della norma di risulta
in  seguito  alla  dichiarazione  di incostituzionalita' dell'art. 5,
numero 3), della legge 16 febbraio 1913, n. 89, per contrasto con gli
artt. 3, 24, 27, 41 e 97 Costituzione.
        2)  Violazione  di  legge  per  violazione dell'art. 5, n. 3,
della  legge  16  febbraio  1913  n. 89.  Eccesso  di potere sotto il
profilo  di  sviamento  dello stesso. Eccesso di potere per manifesta
irragionevolezza e insufficienza di motivazione.
        3) Violazione di legge (art. 45 legge 16 febbraio 1913 n. 89,
in  relazione  all'art. 5,  comma  1,  n. 3  stessa  legge, nel testo
novellato  dall'art. 1  legge  26  luglio  1995 n. 328). - Eccesso di
potere  (sviamento  -  carenza assoluta del presupposto - illogicita'
ingiustizia manifesta - sproporzione - straripamento di potere).
    Violazione degli artt. 27 e 97 Cost.: principio di equita'.
    Violazione delle disposizioni sulla legge in generale.
    A  sostegno  del  secondo  gravame il ricorrente ha riproposto le
censure di illegittimita' costituzionale dell'art. 5, numero 3) della
legge n. 89 del 1913.
    Il  ricorrente,  oltre  a  chiedere l'annullamento degli indicati
provvedimenti, ha anche azionato la pretesa al risarcimento dei danni
per   l'impedimento   all'esercizio  delle  mansioni  notarili  nella
qualita'  di  coadiutore  a  pieno  titolo  a  seguito della nomina e
assegnazione della sede.
    Si e' costituita l'amministrazione della giustizia per resistere.
    2.  -  I  due  ricorsi  sono  stati  chiamati  all'udienza del 21
novembre 2001 e sono stati trattenuti dal collegio in decisione.
    3.  -  I  due  ricorsi possono essere riuniti ai fini di un'unica
decisione essendo diretti avverso provvedimenti che si inseriscono in
una vicenda amministrativa unitaria, costituita dalla preclusione per
il  ricorrente  - vincitore del concorso a posti di notaio ma nei cui
confronti  pende  procedimento penale per un reato (art. 12-quinquies
legge  8  giungo 1992 n. 306) che comporta una pena da due a sei anni
di  reclusione  -  alla  nomina  a notaio o a svolgere le mansioni di
coadiutore notarile.
    4.  -  Come  si  e'  gia'  sottolineato,  l'art. 5 della legge 16
febbraio  1913  n. 89,  come  modificato  dall'art. 1  della legge 26
luglio  1995,  n. 328,  stabilisce  al  comma  1 che "per ottenere la
nomina a notaio e' necessario: ... 3o non aver subito condanna per un
reato  non  colposo  punito  con  pena non inferiore nel minimo a sei
mesi,  ancorche'  sia  stata  inflitta  una  pena  di  durata minore;
l'esercizio dell'azione penale per uno dei predetti reati comporta la
sospensione  della  iscrizione nel ruolo dei notai sino al definitivo
proscioglimento o sino alla declaratoria di estinzione del reato".
    Il successivo art. 45, comma 1, stabilisce (per quanto interessa)
che  al  notaio,  che si trovi in determinate condizioni, puo' essere
nominato  "un coadiutore tra le persone che abbiano tutti i requisiti
per la nomina a notaro".
    Il  testo  delle  due norme appare assolutamente chiaro nel senso
che  la  pendenza  di un procedimento penale per un reato non colposo
punito con pena non inferiore nel minimo a sei mesi, preclude de jure
la  nomina  a  notaio  e  preclude,  conseguentemente,  la  nomina  a
coadiutore notarile.
    Non   vi   sono,   quindi,  margini  di  incertezza  che  possano
giustificare  la  ricerca  di interpretazioni diverse da quella fatta
palese  dalle  espressioni  usate dal legislatore, con la conseguenza
che  ambedue  le  determinazioni  impugnate  risultano  conformi alla
previsione  legislativa,  e  le doglianze del ricorrente si risolvono
tutte  nella  dedotta  questione di legittimita' costituzionale della
disposizione applicata (art. 5, comma 1, n. 3, secondo periodo, della
legge 16 febbraio 1913 n. 89, come modificato dall'art. 1 della legge
26  luglio  1995  n. 328),  questione che - per le indicate ragioni -
assume  rilevanza  nei  due  ricorsi  in esame e che appare anche non
manifestamente  infondata  per  i  profili  che  in  parte sono stati
dedotti dal ricorrente e in parte vanno sollevati d'ufficio.
    5.  -  Con  la disposizione in esame (art. 5, comma n. 3 legge 89
del 1913, come modificato dall'art. 1 della legge n. 328 del 1995) il
legislatore  ha  introdotto una misura cautelare interdittiva de jure
all'ingresso  nella professione di notaio per colui nei cui confronti
sia  stata esercitata l'azione penale per un reato non colposo punito
con  una pena non inferiore nel minimo a sei mesi, sino al definitivo
proscioglimento o sino alla declaratoria di estinzione del reato.
    Detta   misura   trova   corrispondenza  nella  misura  cautelare
sospensiva,  a  carattere  facoltativo,  discrezionale  e revocabile,
prevista  dall'art. 140 della stessa legge, secondo cui " puo' essere
inabilitato  all'esercizio  delle  sue  funzioni  il notaro contro il
quale  sia  iniziato  procedimento  ... per alcuno dei reati indicati
nell'art. 5  n. 3  ...  "  e nelle misure sospensive e destitutive de
jure  previste  dagli  artt. 139 e 142 secondo cui "e' inabilitato di
diritto  all'esercizio  delle  sue  funzioni  il notaio che sia stato
condannato  per  alcuno  dei  reati  indicati  nell'art.  5, n. 3 con
sentenza   non  ancora  passata  in  giudicato  e  quando  sia  stata
pronunciata  la  destituzione  con  sentenza  o con provvedimento non
ancora  definitivi"  ed  "e'  destituito  di diritto il notaro che ha
riportato una delle condanne indicate nell'art. 5 n. 3 ... ".
    Di  queste  ultime due disposizioni la Corte costituzionale si e'
gia'  occupata  e  -  nel  solco dell'indirizzo giurisprudenziale che
ravvisa  l'illegittimita'  costituzionale  delle  norme che prevedono
misure  destitutive o sospensive a carico di dipendenti pubblici o di
professionisti,  applicabili  automaticamente  a  seguito di condanna
penale  o  per la semplice pendenza di un procedimento penale (sentt.
n. 971  del  1988,  n. 158 del 1990, n. 16 del 1991, n. 197 del 1993,
n. 363  del  1996,  n. 2  del 1999, n. 766 del 1988, n. 595 del 1990,
n. 239  del 1996) - con sentenza 2 febbraio 1990 n. 40, ha dichiarato
l'illegittimita'  costituzionale,  per contrasto con gli artt. 3 e 27
della  Costituzione,  anche  degli artt. 139 e 142 nella parte in cui
prevedevano  che  il giudice penale inabiliti de jure, anziche' sulla
base di valutazioni discrezionali, il notaio che sia stato condannato
con  sentenza non ancora passata in giudicato e che sia destituito di
diritto  il  notaio  che  abbia  riportato condanna per uno dei reati
indicati nell'art. 5, n. 3 nella formulazione anteriore alla modifica
disposta  dalla  legge  n. 328 del 1995) della legge stessa, anziche'
riservare  ogni  provvedimento  al procedimento disciplinare camerale
del  tribunale  civile  (a  cui  spetta l'applicazione delle sanzioni
disciplinari piu' gravi a carico dei notai: art. 151).
    La  Corte  ha  dichiarato,  invece,  non  fondata la questione di
legittimita'   costituzionale   dell'art. 140  in  quanto  la  misura
cautelare  sospensiva  ha carattere facoltativo e discrezionale ed e'
sempre  revocabile,  e  in  tanto  puo'  essere  adottata  in  quanto
l'autorita'  competente  riscontri  in  concreto la sussistenza delle
esigenze  cautelari che la motivano, e puo essere mantenuta solo fino
a quando tali esigenze permangono.
    Con  quest'ultima  sentenza la Corte costituzionale ha richiamato
anche  i  principi  gia' enunciati nella sentenza n. 206 del 3 giugno
1999  in  cui  (in sede di verifica di costituzionalita' delle misure
cautelari  sospensive  introdotte  dall'art. 15 della legge n. 55 del
1990  come  modificato  dalla  legge  n. 16 del 1992) ha riconosciuto
costituzionalmente   legittima   la   misura   cautelare   sospensiva
obbligatoria  del  dipendente  pubblico  al  verificarsi del semplice
rinvio  a  giudizio  (ora tale previsione e' stata pero' abrogata) in
quanto  il  legislatore  l'ha  prevista per un numero circoscritto di
reati, dei quali ha apprezzato in via generale la gravita'.
    In  tale  occasione la Corte ha, anche, precisato che "una misura
cautelare,  proprio  perche'  tale,  e cioe' tendente a proteggere un
interesse  nell'attesa  di  un  successivo  accertamento nella specie
giudiziale  deve per sua natura essere contenuta nei limiti di durata
strettamente  indispensabili  per la protezione di quell'interesse, e
non  deve  essere tale da gravare eccessivamente sui diritti che essa
provvisoriamente  comprime. Se eccede da tali limiti, e' suscettibile
di  una  valutazione  di illegittimita' costituzionale per l'ingiusto
sacrificio, che essa comporta, dei diritti del singolo.
    La   disposizione   denunciata   non   contiene  alcuna  espressa
previsione   circa  la  durata  della  sospensione  contemplata.  Se,
pertanto, essa dovesse intendersi nel senso che la sospensione dura a
tempo indeterminato, fino al definitivo giudicato sull'accusa penale,
le  censure  di illegittimita' costituzionale, sotto il profilo della
violazione del principio di proporzionalita', sarebbero fondate".
    Nella  specie  la  Corte  ha  superato  tali  rilievi  sul  piano
interpretativo,   ritenendo  applicabile  il  comma  2  dello  stesso
articolo  secondo  cui  la  sospensione  viene meno quando sia emessa
sentenza,  anche  se  non  definitiva,  di non luogo a procedere o di
proscioglimento e in quanto in forza dell'art. 9, comma 2 della legge
7 febbraio 1990 n. 19, la sospensione cautelare obbligatoria conserva
efficacia per un periodo di tempo non superiore ai cinque anni, fatta
salva  la  possibilita'  per l'amministrazione - ove sussistano gravi
motivi  -  e  sulla base di una sommaria cognizione dei fatti e di un
apprezzamento   delle   esigenze   cautelari  -  di  avvalersi  della
sospensione facoltativa non soggetta a limite di durata.
    6.  - Il collegio ritiene che, per quanto non siano perfettamente
equiparabili   la  posizione  del  professionista  o  del  dipendente
pubblico e di chi ancora non abbia acquisito tale posizione e ad essa
aspiri  per  aver  superato  le prove idoneative o concorsuali, anche
l'interesse   di   quest'ultimo,   che   si   ricollega   ai   valori
costituzionali  di tutela del lavoro, delle professioni, e di accesso
ai  pubblici  uffici  (artt. 35,  41,  51 e 97), non sia comprimibile
senza  limiti  a  fronte  delle esigenze cautelari dell'ordinamento e
dell'amministrazione,  ma  presupponga  un  ragionevole bilanciamento
degli   interessi   contrapposti,   sicche'   una   misura  cautelare
interdittiva  all'accesso  alla  professione  di  notaio possa essere
adottata  de  jure  sulla  base  del  semplice rinvio a giudizio solo
quando  essa  si  riferisca  ad un numero debitamente circoscritto di
reati   la   cui   particolare  gravita'  sia  stata  apprezzata  dal
legislatore  e sia previsto, per la misura interdittiva, un limite di
durata.
    Non  sembra - quindi - manifestamente infondata con riguardo alle
indicazioni    contenute    nelle   citate   sentenze   della   Corte
costituzionale  e  per  il contrasto con gli artt. 3, 35, 41, 51 e 97
della  Costituzione,  la  disposizione  in  esame  in  quanto prevede
l'adozione  di  una  misura  interdittiva  de  jure all'accesso della
professione  di  notaio  in base al semplice rinvio a giudizio per un
numero  di reati definiti solo in ragione della pena edittale e senza
prestabilire  un limite certo di durata della sua efficacia se non il
"definitivo" proscioglimento o l'estinzione del reato.
    Tale   previsione   non   sembra  rispondere  ad  un  ragionevole
bilanciamento degli interessi contrapposti, che tenga conto - cioe' -
delle   esigenze   di   cautela  che  possono  rendere  opportuna  la
preclusione,  a  prescindere  da  una  valutazione  in concreto della
posizione  dell'interessato,  all'accesso alla professione di chi sia
stato  rinviato  a  giudizio,  ma  anche  dell'interesse del soggetto
sottoposto  a  giudizio,  e  di cui non sia stata ancora accertata la
colpevolezza,  a  che  tale  preclusione  sia  contenuta  nei  limiti
strettamente  necessari  e  cioe'  riguardi solo reati di particolare
gravita'  in  relazione alle funzioni del notaio e, per un periodo di
tempo non eccessivo.
    Nel  caso  in esame il rinvio a giudizio del ricorrente risale al
1996.  Quanto  poi a una possibile tipizzazione dei reati da ritenere
ostativi  alla  nomina  a  notaio e a coadiutore notarile, non spetta
ovviamente  a  questo  Tribunale  amministrativo  regionale formulare
previsioni   sulle   possibili  modifiche  legislative  sia  pure  in
raffronto  alle  norme  applicabili  a  dipendenti  e  amministratori
pubblici,  per  cui  appare  sufficiente - ai fini della rilevanza in
concreto   della   questione   -   la  notazione  sopra  fatta  circa
l'insuperabilita',  allo  stato  della  normativa  in  materia, della
disposizione  di  legge  applicata nei confronti del ricorrente e che
nella  sua  formulazione  attuale  appare in contrasto con i principi
costituzionali indicati.
    Ritiene pertanto il collegio che non sia manifestamente infondato
il  sospetto  di  illegittimita'  costituzionale delle norma in esame
nella  parte  in  cui  dispone  che l'amministrazione della giustizia
sospenda  "de  jure"  dall'iscrizione  nel  ruolo  dei notai, sino al
definitivo proscioglimento o sino alla declaratoria di estinzione del
reato,  colui  nei cui confronti sia stata esercitata l'azione penale
per  un  reato  non colposo punito con pena non inferiore al minimo a
sei    mesi,   osservando   che   l'eventuale   eliminazione   totale
dall'ordinamento  di tale norma non priverebbe comunque di tutela gli
interesse  pubblici  a cui e' preordinata la norma in esame, trovando
in  tal  caso applicazione, dopo la nomina dell'interessato a notaio,
l'art. 140   della   della   legge   n. 89  del  1913,  che  consente
all'Autorita'   competente,   qualora   riscontri   in   concreto  la
sussistenza  delle esigenze cautelari e fino a che queste sussistano,
l'inabilitazione del notaio all'esercizio delle sue funzioni.
    7.  -  In  conclusione,  nei  sensi  e  limiti sopra indicati, va
sollevata  la  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 5,
comma  1,  n. 3,  della legge 16 febbraio 1913 n. 89, come modificato
dall'art. 1, legge 26 luglio 1995 n. 328.