IL GIUDICE DI PACE

    A   scioglimento   delle  riserve  sulla  proposta  questione  di
costituzionalita';

                            O s s e r v a

    1. - Bruno  Nicolo'  Antonio  e' imputato del delitto di cui agli
art. 81  c.p.v.  348 c.p., perche' in tempi diversi e con piu' azioni
esecutive  del  medesimo  disegno criminoso, pur non essendo iscritto
all'Albo  degli Odontoiatri, effettuava reiterate prestazioni mediche
di   esclusiva   pertinenza   dell'odontoiatria,  esercitando  quindi
abusivamente  una  professione per la quale e' richiesta una speciale
abilitazione dello Stato. In Pietra Ligure fino al 27 marzo 2001.
    Il   processo   trae  origine  dall'ispezione  igienico-sanitaria
eseguita il 27 marzo 2001 dal NAS dei Carabinieri di Genova presso lo
studio del dott. Bruno, in Pietra Ligure.
    Con  articolata  e  documentata memoria, depositata il 23 ottobre
2001  la difesa dell'imputato ha proposto eccezione di illegittimita'
costituzionale   del  combinato  disposto  degli  art. 348  c.p.  con
riferimento  all'art. 1,  comma 4 del decreto legislativo n. 386/1998
per violazione dell'art. 3 della Costituzione, premettendo, in fatto,
che:
        il dott. Bruno, iscritto all'Universita' nell'anno 1982/1983,
ha  sostenuto  l'esame  di  laurea  in  medicina  e  chirurgia presso
l'Universita'  di  Genova  in  data  10 aprile  1992,  conseguendo la
relativa qualifica;
        ha  sostenuto  con  esito  favorevole l'esame di abilitazione
all'esercizio professionale;
        e' iscritto all'Albo dei medici chirurghi;
        non  e'  iscritto all'Albo degli Odontaiatri, essendone stata
respinta la relativa domanda;
    Assumendo  in  diritto  che:  la contestazione mossa trova il suo
fondamento   nella  mancata  osservanza,  da  parte  del  Bruno,  del
contenuto precettivo dell'art. 1, comma 2 della legge 31 ottobre 1998
n. 471,  come  richiamato  dall'art. 1,  comma 4, decreto legislativo
13 ottobre 1998, n. 386, poiche', essendosi laureato nel 1992, non ha
potuto  esercitare,  entro  il temine del 31 dicembre 1991, l'opzione
per   l'iscrizione   all'Albo   degli   odontoiatri  per  l'esercizio
dell'attivita' di cui all'art. 2 della legge 24 luglio 1985, n. 409;
        tale   legge   stabilisce,  all'art. 1,  che  la  professione
sanitaria  di  odontoiatra viene esercitata (a) da coloro che sono in
possesso  del  diploma di laurea in odontoiatria e protesi dentaria e
della  relativa abilitazione all'esercizio professionale, nonche' (b)
dai  laureati  in  medicina  e  chirurgia  che sono in possesso della
relativa  abilitazione all'esercizio professionale e di un diploma di
specializzazione in campo odontoiatrico;
        la  stessa  legge prevede, all'art. 4, l'istituzione - presso
l'ordine dei medici chirurghi - di un albo per l'iscrizione di coloro
che  sono in possesso del diploma di laurea in odontoiatria e protesi
dentaria,  cui possono iscriversi anche i laureati in medicina di cui
al  punto  b  del  capoverso  che  precede  e, all'art. 20, che hanno
facolta'  di  optare  per  l'iscrizione  all'albo degli odontoiatri i
laureati in medicina e chirurgia iscritti al relativo corso di laurea
prima del 28 gennaio 1980;
        la successiva legge n. 471/1988, articolo unico - modificando
l'art.  20  teste'  citato  -  estende  tale  facolta' ai laureati in
medicina  e chirurgia immatricolati al relativo corso di laurea negli
anni   accademici   1980-81,   1981-82,  1982-83,  1983-84,  1984-85,
abilitati all'esercizio professionale e stabilisce che "tale facolta'
va esercitata entro il 31 dicembre 1991";
        il  decreto legislativo n. 386/1998 - articolo unico - infine
introduce  una  discriminazione  nell'ambito  dei  soggetti di cui al
capoverso che precede, in quanto, dopo avere stabilito - al comma 1 -
che  i  laureati  in  medicina  e chirurgia immatricolati al relativo
corso  di  laurea  negli  anni  accademici 1980-81, 1981-82, 1982-83,
1983-84,  1984-85  e  abilitati  all'esercizio professionale, possano
iscriversi  all'albo degli odontoiatri previo superamento della prova
attitudinale  di  cui al comma 2, consente ai beneficiari della legge
31 ottobre  1988,  n. 471  (cioe'  a  coloro  che hanno esercitato la
facolta' di optare), che abbiano fatto domanda di partecipazione alla
detta  prova  -  di  mantenere  la  loro  iscrizione  all'albo  degli
odontoiatri,  vietandolo conseguentemente a quei medici che - come il
dott.  Bruno  -  non  hanno esercitato l'opzione entro il 31 dicembre
1991,  ai  quali  l'iscrizione e' consentita solo dopo il superamento
della  prova  (peraltro non tenuta entro i termini di legge e oggetto
di continui rinvii);
        cio'   comporta   un  differente  trattamento  di  situazioni
identiche, entrambe in ugual misura non conformi alla normativa C.E.,
sicche',  ove  si  ritenga di dover procedere, ai sensi dell'art. 348
c.p.,  soltanto  nei  confronti  di  questi ultimi, la disparita' del
trattamento  riservato a costoro rispetto a quello riservato ai primi
sarebbe  del  tutto  irragionevole,  donde  il  contrasto della norma
impugnata con l'art. 3 della Costituzione.
    2. - La questione non e' manifestamente infondata ed e' rilevante
ai  fini del decidere per la diretta e immediata efficacia che ha sul
giudicato finale.
    Come  spiega,  in  modo ampio, dettagliato e coerente, la memoria
difensiva,  vi e' contrasto tra la normativa nazionale e la normativa
comunitaria.
    Regolatrici   della  materia  sono  le  direttive  del  Consiglio
78/686/CEE del 25 luglio 1978 concernente il reciproco riconoscimento
dei  diplomi, certificati e altri titoli di dentista e 78/687/CEE, in
pari   data,   concernente   il   coordinamento   delle  disposizioni
legislative,  regolamentari  e  amministrative  per  le  attivita' di
dentista.
    Le direttive di cui trattasi (notificate alla Repubblica italiana
il 28 luglio 1978) avrebbero dovuto essere attuate dagli Stati membri
entro 18 mesi dalla notifica.
    L'art. 19  della  direttiva  686  dispone  che  "gli Stati membri
riconosceranno,  ai fini dell'esercizio dell'attivita' di dentista, i
diplomi,  certificati e altri titoli di medico rilasciati in Italia a
persone che hanno iniziato la loro formazione universitaria di medico
al  piu'  tardi dopo 18 mesi dalla notifica della presente direttiva,
insieme   a  un  attestato,  rilasciato  dalle  competenti  autorita'
italiane  che certifichi che queste persone si siano effettivamente e
lecitamente  dedicate,  in Italia, a titolo principale alle attivita'
di cui all'art. 5 della direttiva 78/687 CEE per un periodo di almeno
tre  anni  consecutivi  nel  corso  dei  cinque anni che precedono il
rilascio dell'attestato ...".
    L'Italia  vi  ha  provveduto,  in ritardo, con la legge 24 luglio
1985,  n. 409  e,  prorogando, fino all'anno accademico 1984-1985, il
termine  che  l'art. 19  della  direttiva 78/686/ /CEE aveva posto al
28 gennaio  1980,  e'  venuta  meno agli obblighi incombenti in forza
delle  direttive  stesse  (nello  stesso  senso,  il  parere motivato
28 novembre   1991   della   Commissione   della  Comunita'  europea,
indirizzato  alla  Repubblica  italiana  ai  sensi  dell'art. 169 del
Trattato  CEE,  relativo  al recepimento non corretto delle direttive
sopra  indicate  -  all.  4  alla memoria difensiva - e la Sentenza 1
giugno 1995 della Corte di Giustizia - all. 7 ibidem).
    Il confronto tra le disposizioni delle direttive e le norme della
legge  n. 409/1985  evidenzia  la trasgressione delle stesse da parte
del  nostro  Paese,  avendo la legge italiana creato una categoria di
dentisti  che  non  corrisponde  a  nessuna  di quelle previste dalle
citate  direttive  e  i  cui membri sono autorizzati ad esercitare la
professione soltanto nel territorio nazionale.
    Ratio  delle  legge n. 471 del 1988 e' stata - come risulta dagli
atti parlamentari ad essa relativi - quella di "sanare una disparita'
di trattamento, di salvaguardare i diritti quesiti di soggetti che si
erano  iscritti  alla  facolta'  di  medicina prima dell'approvazione
della nuova legge sugli odontoiatri - la legge n. 409 del 1985 - e di
riparare  ad  una  "evidente  ingiustizia"  per avere la legge n. 409
"cambiato  le  regole  del  gioco  anche per coloro che si erano gia'
iscritti  ai  corsi  di  laurea  e  si  erano  iscritti sulla base di
aspettative garantite dalle leggi vigenti".
    Vero  e'  che  -  come  osserva  giustamente il Tribunale di Roma
nell'ordinanza  22 luglio 1994 (all. 9 alla memoria difensiva) - tale
ratio  e'  viziata ed erronea nei presupposti, poiche' l'Italia aveva
l'obbligo,  conosciuto  fin  dal 1978, in forza delle direttive sopra
richiamate  e quindi in forza di limitazioni alla sovranita' statuale
consentite  dall'art. 11  Cost.,  di provvedere all'adeguamento della
propria  normativa  a quella comunitaria, senza violare l'esplicita e
incondizionata  prescrizione  transitoria  (posta  dall'art. 19 della
direttiva  n. 686/1978  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della
Comunita'   europea   n. 233   del   24 agosto  1978)  che  riconosce
l'efficacia  del  titolo  di  medico,  ai  fini  dell'esercizio della
professione  di  dentista, soltanto per coloro che "hanno iniziato la
loro  formazione  universitaria di medico al piu' tardi dopo diciotto
mesi dalla notifica della presente direttiva ...".
    Non  e'  pero' consentito discriminare, tra quelli che si trovano
nella  stessa  condizione  di  illegittimita' rispetto alla normativa
comunitaria,  sulla  base di un termine per l'esercizio dell'opzione,
che   e'   illogico  rispetto  alle  premesse  del  ragionamento  del
legislatore  perche'  praticabile  soltanto  da  coloro che avrebbero
conseguito,  in  tempo  utile, il diploma di laurea. Se infatti ratio
della normativa era la tutela dei diritti quesiti, questi competevano
a tutti gli iscritti alla facolta' di medicina negli anni considerati
o  a  nessuno  di  essi,  senza  che  possa avere significato, se non
puramente  casuale,  l'avere  essi  conseguito  o  non conseguito, il
diploma di laurea.
    Tanto  piu' che, per quanto altrettanto incongruo con riferimento
alla  descritta  ratio,  neppure puo' rinvenirsi nella fissazione del
suddetto  termine  un  criterio  di  merito  connesso  a  una maggior
capacita'  o  competenza  da  riconoscersi  a coloro che si sarebbero
laureati  in  tempo  utile  rispetto  a  quelli  che non vi sarebbero
riusciti,  in  quanto  agli  iscritti  all'anno  accademico 1980/1981
venivano  concessi  11  anni  di  tempo  e  agli  iscritti  agli anni
successivi un margine di anno in anno inferiore.
    Sembra  dunque che sussista la lamentata irragionevole disparita'
di  trattamento  e pertanto il contrasto del combinato disposto degli
art. 348 c.p. e l'art. 1, comma 4 del decreto legislativo n. 386/1998
e legge n. 471/1988, articolo unico, con l'art. 3 della Costituzione.