Nell'interesse della regione del Veneto, in persona del suo Presidente, legale rappresentante pro-tempore, on. dott. Giancarlo Galan, autorizzato con deliberazione della giunta regionale n. 561 del 15 marzo 2002, rappresentata e difesa, come da mandato a margine al presente atto, dagli avv.ti Romano Morra della Direzione Affari Legali e Guido Viola del Foro di Roma e con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, via Piccolomini n. 34. Contro provincia autonoma di Bolzano, in persona del Presidente, legale rappresentante pro-tempore e nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri pro-tempore per la dichiarazione che non spetta alla Provincia Autonoma di Bolzano la determinazione delle modalita' di riscossione e di ripartizione dei sovracanoni annui per derivazioni d'acqua a scopo idroelettrico, per invasione della sfera di competenza costituzionalmente garantita alla Regione Veneto in violazione degli artt. 3, 5, 117, 118, 119 e 120 della Costituzione, della legge 27 dicembre 1953, n. 959, del decreto legislativo 11 novembre 1999, n. 463, del decreto legislativo n. 112 del 31 marzo 1998 e del decreto legislativo n. 79 del 16 marzo 1999 e per il conseguente annullamento, previa sospensione incidentale della deliberazione della Giunta Provinciale di Bolzano del 14 gennaio 2002, n. 46, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Autonoma del Trentino - Alto Adige n. 5/I-II del 29 gennaio 2002, n. 2, recante "Revoca della deliberazione n. 2286 del 16 luglio 2001". F a t t o L'odierna controversia e' nota a codesta ecc.ma Corte Costituzionale in quanto rappresenta l'ennesimo passaggio di una complessa questione gia' radicata, oltre che avanti al Tribunale Superiore delle Acque pubbliche, anche avanti a codesto ecc.mo Collegio. La Regione Veneto ha infatti gia' proposto ricorso sia per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale di una norma di legge della Provincia Autonoma di Bolzano, che per conflitto di attribuzioni avverso un precedente provvedimento provinciale di cui la deliberazione oggetto del presente giudizio costituisce attuazione. L'articolazione della vicenda e della relativa disciplina normativa impone quindi di chiarire preliminarmente alcuni aspetti in fatto e in diritto. La controversia verte in materia di grandi derivazioni di acque pubbliche a, scopo idroelettrico ed in particolare di c.d. sovracanoni idroelettrici. La normativa di riferimento e' rappresentata, pertanto, dal Testo unico delle leggi sulle acque ed impianti elettrici, approvato con r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, come successivamente modificato dalla legge 27 dicembre 1953, n. 959. La normativa dettata dal T.U. prevede innanzitutto che "Le utenze di acqua pubblica sono sottoposte al pagamento di un annuo canone governativo" di natura demaniale, quale corrispettivo per l'utilizzo del bene pubblico (art. 35). L'art. 52 sancisce, inoltre, che "... nelle concessioni di grandi derivazioni per produzione di energia puo' essere riservata... a favore dei comuni rivieraschi..., una quantita' di energia non superiore ad un decimo di quella ricavata dalla portata minima continua"; mentre all'art. 53 si prevede che: "Il Ministero delle finanze..., puo' stabilire con proprio decreto, a favore dei comuni rivieraschi e delle Provincie, un ulteriore canone annuo, a carico del concessionario...". Con questa disciplina, quindi, e' stato introdotto un complesso sistema con finalita' perequative, volto ad indennizzare i comuni rivieraschi per il prelievo delle acque dovute alle grandi derivazioni per uso idroelettrico o di produzione di forza motrice. La legge n. 959 del 1953 ha completato il predetto sistema e ha previsto l'istituzione da parte del Ministero per i lavori pubblici dei B.I.M. (bacini imbriferi montani) di cui determina il perimetro. Scopo della legge era quello di distribuire le misure indennitarie dovute dal concessionario di grandi derivazioni non solo fra i comuni rivieraschi ma anche fra gli altri comuni che facevano parte del Bacino Imbrifero. La medesima legge, inoltre, prevede che la riserva di energia prevista originariamente dall'art. 52 a carico del concessionario venga sostituita dal pagamento di un sovracanone annuo. Il sistema che si puo' quindi ricostruire dal coordinamento del T.U. delle acque e della legge n. 959 del 1953 prevede che il concessionario di grandi derivazioni sia tenuto, in primo luogo, al pagamento del canone concessionario per l'uso dell'acqua ex art. 35 del T.U. sulle acque di natura demaniale, in secondo luogo, al pagamento di un sovracanone annuo a favore dei comuni ricompresi nel bacino imbrifero montano ed in terzo luogo al sovracanone per comuni rivieraschi di cui all'art. 53 del T.U. delle acque. I comuni compresi nei B.I.M. possono istituire dei consorzi, obbligatori se i tre quinti del comune ne fanno espressa richiesta. Qualora il bacino imbrifero sia compreso in piu' province, deve costituirsi un consorzio per ogni Provincia. Secondo le previsioni di tale legge i sovracanoni devono essere corrisposti ad un fondo comune a disposizione dei consorzi compresi nel perimetro interessato (ex art. 14 della legge n. 959 del 1953), e in questo caso il riparto del sovracanone e' stabilito di comune accordo tra tutti i consorzi del bacino o in mancanza dal Ministero dei lavori pubblici (ex art. 1, tredicesimo comma della legge n. 959 del 1953). Il Bacino Imbrifero dell'Adige fu costituito con decreto del Ministero dei lavori pubblici n. 703 del 14 dicembre 1994, con successiva riperimetrazione con decreto ministeriale del 18 luglio 1969. I comuni inclusi in tale Bacino, in attuazione del disposto legislativo sopra riportato, istituirono dei consorzi per ogni provincia compresa nel Bacino Imbrifero, dando cosi' vita ai seguenti consorzi: Consorzio B.I.M. di Verona, Consorzio B.I.M. di Trento, Consorzio B.I.M. di Belluno, Consorzio B.I.M di Vicenza, nonche' Consorzio B.I.M. di Bolzano. Questi stessi consorzi, ai sensi della legge n. 99 del 1953 costituirono per la riscossione e la distribuzione dei sovracanoni loro spettanti un fondo, comune, le cui ultime modalita' di riparto furono stabilite con un accordo risalente al 18 marzo 1997. In questo quadro normativo e' intervenuta dapprima la legge provinciale di Bolzano n. 13 del 29 agosto 2000 (relativa all'assestamento del bilancio per l'anno 2000), la quale, introducendo la disposizione di cui all'art. 1, comma 2-bis della legge provinciale 29 marzo 1983, n. 10, ha attribuito alla giunta provinciale il compito di determinare le modalita' di riscossione e di destinazione dei sovracanoni posti a carico dei concessionari di grandi derivazioni di acque pubbliche a scopo idroelettrico e spettanti, ai sensi della legge n. 959 del 27 dicembre 1953 ai comuni e ai loro consorzi, compresi nei bacini imbriferi montani, appunto i cosiddetti consorzi B.I.M. Quest'ultima norma regionale e' stata emanata a seguito dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 463 dell'11 novembre 1999, di modifica delle norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Trentino Alto-Adige, con cui il legislatore aveva delegato alle Province Autonome di Trento e Bolzano l'esercizio delle funzioni statali in materia di grandi derivazioni a scopo idroelettrico per il rispettivo territorio a decorrere dal 1 gennaio 2000. Tuttavia, il legislatore statale, all'art. 1-bis del suddetto decreto, aveva dettato i criteri e i limiti della delega, stabilendo che spettassero alla Provincia competente per territorio i proventi derivanti dall'utilizzo delle acque pubbliche, compresi i canoni demaniali di concessione, e che la materia delle concessioni di grandi derivazioni a scopo idroelettrico, con relativi canoni demaniali, venisse disciplinata con legge provinciale, nel rispetto dei principi della legislazione statale e degli obblighi comunitari. Con successiva deliberazione di giunta provinciale del 18 settembre 2000, n. 3470, oggetto di autonomo ricorso avanti al Tribunale superiore delle acque pubbliche da parte dei consorzi imbriferi montani dell'Adige, con intervento della Regione del Veneto, la Giunta provinciale aveva dato attuazione all'art. 3 della legge provinciale n. 13 del 2000, prevedendo che la Provincia Autonoma di Bolzano introitasse, oltre ai canoni di concessione, anche i sovracanoni dovuti ai consorzi B.I.M. dell'Adige, e cio' in aperta violazione con quanto previsto dalla legge n. 959 del 1953. In sede di impugnazione di tale deliberazione, tanto i ricorrenti quanto l'interveniente avevano in via preliminare sollevato la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 2-bis della legge provinciale n. 10 del 1983, cosi' come introdotto dall'art. 3, comma 3 della legge provinciale n. 13 del 2000, per la violazione degli artt. 3, 5 e 128 della Costituzione in relazione coa all'art. 1, sedicesimo comma del d.P.R. 26 marzo 1977, n. 235, come modificato dal d.lgs. n. 463 del 1999, sostenendo che la disposizione di modifica delle norme attuative dello Statuto della Regione Trentino-Alto Adige consentiva alle Province Autonome l'introito dei soli canoni demaniali dovuti dal concessionario a titolo di corrispettivo per lo sfruttamento di un bene pubblico, e non gia' dei sovracanoni ex lege n. 959 del 1953, totalmente differenti per funzione e natura. Si tratta, infatti, di distinte tipologie di imposizioni patrimoniali: l'una, il canone concessorio ha carattere demaniale, l'altra, il sovracanone, non ha carattere demaniale, bensi' natura di indennizzo a fronte del mancato utilizzo dell'acqua, nonche' delle conseguenze sopportate dall'ente locale in dipendenza della costruzione e dell'esercizio degli impianti idroelettrici. Con ordinanza in data 20-23 luglio 2001, ad esito dell'udienza fissata per la discussione della sospensione dell'efficacia della deliberazione provinciale n. 3470 del 18 settembre 2000, il giudice delegato ha sospeso le disposizioni in essa contenute ritenendo di dover interpretare secondo Costituzione l'art. 1, comma 2-bis della legge provinciale n. 10/1983. Quest'ultima ordinanza infatti afferma che "... la predetta delega, da un lato dispone in ordine ai canoni demaniali di concessione e non anche ai sovracanoni di cui all'art. 9 della legge n. 959 del 1953, affermando cosi' la non assimilabilita' dei secondi ai primi; dall'altro impone alla legge provinciale il rispetto dei principi della legislazione statale". Ed il "sistema organizzatorio consortile - con la connessa attribuzione del predetto sovracanone ad un apposito fondo comune da ripartirsi in base ad un accordo fra i consorzi medesimi, per essere impiegato esclusivamente a favore del progresso economico e sociale delle popolazioni, nonche' ad opere di sistemazione montana (art. 1 della legge 27 dicembre 1953, n. 959) - investite l'autonomia comunale e costituisce espressione di un principio della legislazione statale". In data 16 luglio 2001 e quindi nell'imminenza dell'udienza per la discussione della sospensione dell'efficacia del provvedimento impugnato, tenutasi il 20 luglio 2001, la Giunta Provinciale di Bolzano adottava una nuova deliberazione in materia di sovracanoni (deliberazione n. 2286, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Autonoma n. 31 del 31 luglio 2001) che, pur revocando la precedente deliberazione n. 3470 del 18 settembre 2000, ne manteneva inalterato il contenuto sostanziale. Quest'ultima deliberazione infatti ribadiva il principio secondo il quale i sovracanoni di cui alla legge n. 959 del 1953 posti a carico dei concessionari degli impianti idroelettrici siti in Provincia Autonoma di Bolzano sono introitati direttamente dalla Provincia stessa. In particolare il complesso sistema di ripartizione dei sovracanoni descritto dalla delibera prevede che siano versati al Consorzio B.I.M. di Bolzano sia i sovracanoni spettanti ai comuni o ai consorzi B.I.M. ai sensi della legge n. 959 del 1953, sia i sovracanoni spettanti ai comuni rivieraschi di cui all'art. 53 del r.d. 11 dicembre 1993, n. 1775 e successive modifiche. Mentre pero' questi ultimi, una volta sottratta la quota spettante alla Provincia, vengono distribuiti tra i comuni rivieraschi, i sovracanoni dovuti ai Consorzi B.I.M. vengono in parte destinati alla medesima Provincia e, per la restante parte, al Consorzio B.I.M. di Bolzano, attraverso modalita' da stabilirsi tramite accordo fra il medesimo Consorzio e la Provincia. In tal modo, la deliberazione ribadisce che i sovracanoni di cui alla legge n. 959 del 1953 spettano alla Provincia Autonoma, in violazione dei principi previsti dalla legislazione statale secondo cui tali proventi, destinati ad alimentare un fondo comune, sono a beneficio dei comuni o dei loro consorzi compresi nel bacino imbrifero montano che, in accordo fra loro, stabiliscono le rispettive quote di ripartizione. Con una successiva nota del Presidente della Provincia Autonoma di Bolzano in data 9 ottobre 2001, prot. n. 5.3/14.02.02/BB/17399, recante, "Canoni e sovracanoni sulle concessioni di derivazioni di acque pubbliche a scopo idroelettrico - articolo 2-bis - legge provinciale 29 marzo 1983, n. 10 e secc. mod.", la Provincia di Bolzano ha dettato altresi' disposizioni interpretative del provvedimento impugnato. Entrambe questi provvedimenti sono stati impugnati avanti al Tribunale Superiore delle Acque pubbliche con ricorso in data 9 novembre 2001, con riproposizione, in via preliminare, della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 2-bis della legge provinciale n. 10 del 1983, come introdotto dall'art. 3, comma 3 della legge provinciale n. 13 del 2000. Insistendo sulla propria pretesa volta ad introitare i sovracanoni idroelettrici, la Giunta Provinciale, con deliberazione n. 4324 del 10 dicembre 2001 avente ad oggetto: "Revisione della misura dei sovracanoni per impianti idroelettrici", ha provveduto alla determinazione degli importi dei sovracanoni annui per derivazioni d'acqua a scopo idroelettrico per il periodo dal 1 gennaio 2002 al 31 dicembre 2002. Avverso questo provvedimento, palesemente lesivo delle competenze costituzionalmente attribuite alla Regione Veneto, l'amministrazione regionale ha proposto ricorso in data 4 marzo 2002 per conflitto di attribuzioni avanti codesta Ecc.ma Corte. Da ultimo, con l'art. 44 della legge provinciale di Bolzano n. 19 del 28 dicembre 2001 avente ad oggetto: "Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione per l'anno finanziario 2002 e per il triennio 2002-2004 e norme legislative collegate (legge finanziaria 2002)", il legislatore provinciale, sul presupposto della propria competenza ad introitare i sovracanoni di cui alla legge n. 959 del 1953, prevede che questi ultimi "sono versati alla Provincia contestualmente al pagamento dei canoni demaniali". Con atto in data 4 marzo 2002 e' stato proposto ricorso in via principale, avanti codesta ecc.ma Corte, da parte della Regione Veneto, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale di questa disposizione di legge. In questo contesto si inserisce l'ennesimo provvedimento provinciale oggetto dell'odierna impugnazione, adottato con deliberazione della Giunta Provinciale di Bolzano del 14 gennaio 2002, n. 46, con il quale si revoca la precedente deliberazione n. 2286 del 16 luglio 2001, disponendo espressamente che restino validi i provvedimenti assunti in esecuzione della stessa. Anche quest'ultimo provvedimento, adottato, al pari del precedente, gia' censurato per conflitto di attribuzioni, in attuazione dell'art. 1, comma 2-bis della legge provinciale n. 19 del 1983, nonche' in attuazione dell'art. 44 della legge provinciale n. 19 del 2001, risulta palesemente lesivo delle competenze della Regione del Veneto per i seguenti motivi di D i r i t t o Come gia' anticipato in fatto, il provvedimento che con il presente ricorso si impugna costituisce (per il momento) l'ultimo atto di una lunga vicenda che ha comportato una grave lesione della sfera delle competenze della Regione del Veneto. Con quest'ultimo provvedimento, in particolare, la Provincia Autonoma di Bolzano ha realizzato un'inammissibile ingerenza nelle competenze, costituzionalmente attribuite alla Regione Veneto in materia di grandi derivazioni d'acque pubblica a scopo idroelettrico nonche' nella sfera territoriale della stessa, in quanto ha ribadito l'efficacia degli atti adottati in base alla deliberazione n. 2286 del 16 luglio 2001, con cio' riconfermando la propria competenza a determinare le modalita' di riscossione e di ripartizione dei sovracanoni idroelettrici e cio' anche per quei proventi che devono essere riscossi nel territorio del Veneto. Tale ingerenza si accompagna altresi' alla distrazione dei proventi derivanti dai sovracanoni dalla loro destinazione ai comuni del territorio del Veneto e quindi alla popolazione della regione, della quale l'amministrazione ricorrente e' soggetto esponenziale. 1. - Violazione degli artt. 117 e 118 della costituzione; violazione del decreto legislativo n. 463 del 1999; violazione del decreto legislativo n. 463 del 1999; violazione del decreto legislativo n. 112 del 1998; violazione del decreto legislativo n. 79 del 1999; violazione della legge n. 959 del 1953. Con il decreto legislativo 11 novembre 1999, n. 463, di modifica delle norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Trentino Alto-Adige di cui al d.P.R. n. 235 del 1977 in materia di demanio idrico, di opere idrauliche e di concessioni di grandi derivazioni a scopo idroelettrico, produzione e distribuzione di energia elettrica, il legislatore ha delegato alle Province Autonome l'esercizio delle funzioni statali in materia di grandi derivazioni a scopo idroelettrico per il rispettivo territorio a decorrere dal 1 gennaio 2000 (art. 1-bis), circoscrivendo l'oggetto della delega di funzioni e, dettando limiti alla potesta' legislativa provinciale nella materia delegata. Stabilisce infatti il legislatore statale che spettano alla Provincia, competente per territorio i proventi derivanti dall'utilizzo delle acque pubbliche, compresi i canoni demaniali di concessione, e che la materia delle concessioni di grandi derivazioni a scopo idroelettrico, con relativi canoni demaniali, viene disciplinata con legge provinciale, nel rispetto dei principi della legislazione statale e degli obblighi comunitari. Il legislatore sembra, quindi, aver configurato in capo alla Provincia Autonoma un'ipotesi di potesta' legislativa concorrente soggetta, come tale, al limite derivante dal rispetto dei principi contenuti nella legislazione statale di settore e nella fattispecie del T.U. delle leggi sulle acque pubbliche di cui r.d. n. 1775 del 1933, come, modificato, in materia di sovracanoni, dalla legge n. 959 del 1953. Ma oggetto della suddetta delega, che, e' anche, la materia oggetto della potesta' legislativa provinciale di tipo concorrente, e' la funzione concessoria relativamente alle grandi derivazioni di acque pubbliche e non gia' la determinazione delle modalita' di riscossione e ripartizione dei proventi derivanti dai sovracanoni spettanti ai comuni ed ai loro consorzi ricompresi nel bacino imbrifero montano. Rientra infatti nell'ambito della competenza provinciale la potesta' di disciplinare modalita' di determinazione e riscossione dei canoni demaniali, in quanto corrispettivo della concessione, restando invece sottratta ad essa ogni determinazione in ordine ai sovracanoni. Cio' in quanto canoni demaniali e sovracanoni B.I.M., come gia' ritenuto anche dal giudice delegato del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche con ordinanza 20-23 luglio 2001 resa nella controversia de qua, non sono in alcun modo assimilabili, essendo proventi del tutto diversi per natura giuridica e funzione. Mentre, infatti, i primi costituiscono il corrispettivo per l'utilizzo dell'acqua come bene pubblico, i sovracanoni non hanno invece carattere di provento di natura demaniale perche' e' completamente differente il loro presupposto in quanto non sono il corrispettivo dell'uso di un bene pubblico bensi' una misura indennitaria posta a carico del concessionario a fronte del mancato utilizzo dell'acqua, nonche' delle conseguenze sopportate dall'ente locale in dipendenza della costruzione e dell'esercizio degli impianti elettrici. In tema di sovracanoni B.I.M. la giurisprudenza ha infatti chiarito che gli stessi rispondono alla funzione di reintegrazione delle risorse degli enti territoriali interessati, nell'ambito degli interventi a sostegno dell'autonomia locale (in tal senso Tribunale Sup.re Acque n. 44 del 10 dicembre 1985 e n. 97 del 14 ottobre 1993) e che ciascun comune o consorzio "e' titolare, per la quota di sovracanone ad esso attribuita ed indipendentemente dalla effettiva utilizzazione della concessione, di un diritto soggettivo di credito nei confronti del concessionario tenuto alla contribuzione" (Tribunale Sup.re 10 luglio 1985, n. 44). Inoltre, che nella fattispecie lo Stato abbia inteso delegare alle province autonome l'esercizio della sola funzione concessoria, con conseguente introito dei soli canoni demaniali, risulta ancor piu' evidente se si considera che l'opposta conclusione finirebbe per confliggere con il principio generalissimo in virtu' del quale "nemo plus iuris transferre potest quam ipse habet". Pertanto, in base alla delega statale, la provincia autonoma puo' legittimamente introitare i soli canoni concessori e non gia' i sovracanoni che gia' in precedenza non riscuoteva lo Stato, essendo essi proventi spettanti ai comuni ricompresi nei bacini imbriferi montani. Nel quadro normativo cosi' delineato, la Provincia Autonoma di Bolzano, ha disposto non solo in materia di canoni demaniali, ma anche di sovracanoni, facendosene destinataria, e cio' in attuazione della sua legge provinciale n. 13 del 29 agosto 2000, ed in particolare dell'art. 3 avente ad oggetto "Modifiche alla legge provinciale 29 marzo 1983, n. 10 recante "Adeguamento della misura dei canoni per le utenze di acqua pubblica", nonche' in attuazione dell'art. 44 della successiva legge provinciale n. 19 del 28 dicembre 2001. Cio' ha fatto dapprima con la deliberazione n. 3470/2900, poi con la successiva deliberazione n. 2286 del 16 luglio 2001 di revoca della precedente e riproduttiva del suo contenuto, indi con il provvedimento del 10 dicembre 2001 n. 4524 inerente la determinazione dell'importo dei sovracanoni e, da ultimo, con la deliberazione 14 gennaio 2002, n. 46 che con il presente ricorso si impugna. Tali provvedimenti sono stati adottati in aperta violazione dei principi contenuti nel T.U. delle leggi sulle acque pubbliche, principi che sono rinvenibili nel complesso sistema con finalita' perequative, introdotto con la disciplina di modifica del testo unico operata con la legge n. 959 del 1953. Infatti questa legge, in omaggio alla ratio secondo cui gli effetti negativi conseguenti alla portata d'acqua connessa alle opere di derivazione sono necessariamente sopportati da tutti i comuni siti all'interno del perimetro del bacino imbrifero montano, ha dato vita ad un'organizzazione consortile costituita dai comuni compresi nei bacini imbriferi montani con lo scopo di amministrare e gestire, attraverso accordi fra i soggetti consorziati, un fondo comune. Tale fondo e' alimentato unicamente dai proventi derivanti dai sovracanoni ed e' costituito come patrimonio di scopo, normativamente vincolato a favore del progresso economico e sociale delle popolazioni, nonche' ad opere di sistemazione montana non di competenza dello Stato. Questi principi sono senza dubbio da ritenere principi fondamentali della legislazione statale e, come tali, vincolo e limite alla legislazione provinciale concorrente. In tal senso si e', peraltro, chiaramente espresso anche il giudice delegato del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche nella citata ordinanza 20-23 luglio 2001, ritenendo che "il sistema organizzatorio consortile - con la connessa attribuzione del predetto sovracanone ad un apposito fondo comune da ripartirsi in base ad accordo fra i consorzi medesimi, per essere impiegato esclusivamente a favore del progresso economico e sociale delle popolazioni, nonche' ad opere di sistemazione montana - investe l'autonomia comunale e costituisce espressione di un principio della legislazione statale". Risulta quindi quantomai evidente l'illegittimita' costituzionale per invasione delle competenze della Regione del Veneto tanto delle citate norme provinciali gia' oggetto di eccezione di incostituzionalita', quanto delle deliberazioni attuative n. 3470 del 2000, n. 2286 del 2001, n. 4524 del 10 dicembre 2001 gia' oggetto di autonome impugnazioni avanti al Tribunale Superiore delle Acque pubbliche e, relativamente a quest'ultima, oggetto altresi' di precedente ricorso per conflitto di attribuzioni avanti questa ecc.ma Corte, ma anche della successiva deliberazione n. 46 del 14 gennaio 2002 che qui si impugna. Quest'ultimo provvedimento, infatti, al pari dei precedenti, ha violato i criteri ed i limiti imposti dal legislatore all'esercizio della delega in materia di grandi derivazioni idroelettriche, nonche' i limiti imposti dal d.lgs. n. 463 del 1999 alla, potesta' legislativa provinciale, sovvertendo l'intero assetto normativo previsto dalla legge n.959 del 1953. E nell'incorrere in tali violazioni, il provvedimento impugnato ha invaso la sfera di competenza in materia di grandi derivazioni di acque pubbliche attribuita alla Regione Veneto dagli artt. 117 e 118 Cost. per il tramite della norma legislativa interposta di cui all'art. 89 del decreto legislativo n. 112 del 1998. Tutte le funzioni amministrative relative alle derivazioni di acque pubbliche, nonche' alla determinazione dei canoni di concessione ed all'introito dei relativi proventi, sono state trasferite alle regioni dal decreto legislativo n. 112 del 1998, fatta eccezione per le grandi derivazioni a scopo idroelettrico, disciplinate dal successivo d.lgs. 16 marzo 1999, n. 79 di recepimento della direttiva CE 96/92. Con questo decreto viene completato il trasferimento delle funzioni alle regioni ed alle province autonome in materia di concessioni di grandi derivazioni, con espressa esclusione di quelle che interessano piu' regioni o, province autonome, le quali devono essere rilasciate d'intesa dalle regioni, o province autonome interessate o, in mancanza, dallo Stato. L'intera disciplina ha trovato attuazione nella Regione Veneto con la legge regionale 13 aprile 2001, n. 11. Anche in materia di concessioni di grandi derivazioni, dunque, il legislatore, qualora la derivazione interessi il territorio di piu' regioni e/o province autonome, ha necessariamente escluso che la relativa funzione possa essere unilateralmente esercitata da una sola regione e/o provincia autonoma. E sul punto recentemente anche questa ecc.ma Corte, con sentenza n. 353 del 2001, nel dichiarare l'illegittimita' dell'art. 2, comma 1, lett. d) del d.lgs. n. 463 del 1999 per lesione dell'autonomia della Regione Veneto, ha ritenuto che il necessario coordinamento fra Stato, Regioni e Province autonome previsto dalla legge ai fini della definizione del piano generale per l'utilizzazione delle acque pubbliche, debba assicurare l'effettiva partecipazione paritaria di tutte le regioni e province autonome. Orbene, se in materia di utilizzazione di acque pubbliche che interessino il territorio di piu' regioni e/o province autonome vale il principio teste' richiamato relativamente alla parita' di intervento delle stesse, sia ai fini dell'attivita' di pianificazione, sia ai fini dell'esercizio della funzione concessoria, cio' non puo' non valere, a maggior ragione, per l'attivita' di gestione dei sovracanoni; attivita' che, in assenza di accordo fra le regioni e/o province autonome interessate, non puo' certamente essere esercitata unilateralmente da una sola regione e/o provincia autonoma, e deve essere necessariamente riservata al coordinamento statale. E cio' e' ancor piu' vero se si ha riguardo alla recente modifica del titolo V della Costituzione ad opera della legge Costituzionale n. 3 del 2001 che, da un lato amplia la potesta' normativa regionale, dall'altro riserva allo Stato le materie che richiedono una indispensabile uniformita' di disciplina, all'interno del territorio nazionale. Altro profilo di illegittimita' derivata della deliberazione provinciale, impugnata e' dato dalla violazione dell'art. 8 del d.P.R. 26 marzo 1977, n. 235 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Trentino Alto-Adige in materia di energia) che prevede la possibilita' di attribuire i compiti dei consorzi dei comuni di cui alla legge n. 959/1953 alle comunita' montane od ad altri enti di diritto pubblico "qualora esprima il consenso la maggioranza dei comuni consorziati". La medesima norma prosegue prevedendo che i consorzi B.I.M. o gli enti che li sostituiscono "possano cedere alle province il diritto alla fornitura di energia elettrica ai sensi dell'art. 3 d.P.R. 22 marzo 1974, n. 279 verso il pagamento di un corrispettivo equivalente al sovracanone di cui all'art. 1 della legge n. 959/1953". Nel caso di specie, come gia' ampiamente rilevato, la provincia Autonoma di Bolzano ha unilateralmente deciso in ordine alla riscossione e ripartizione dei sovracanoni, privando, di fatto, i consorzi B.I.M. Adige veneti delle loro competenze in ordine alla gestione ed alle modalita' di ripartizione del fondo comune. E cio' in aperta violazione di una legge con natura di legge rinforzata, quale il decreto legislativo contenente le norme attuative dello statuto speciale, approvato con d.P.R. n. 235/1977. In definitiva, cio' che emerge con chiarezza dalla norma di cui al citato art. 8 e' l'intento del legislatore statale di mantenere la titolarita' del diritto derivante dai sovracanoni idroelettrici in capo ai comuni del B.I.M., principio, questo, che non potrebbe trovare smentita nel medesimo testo di legge, come vorrebbe la Provincia Autonoma di Bolzano, laddove si prevede la delega alle province dell'esercizio delle funzioni statali in materia di grandi derivazioni. Invero, quest'ultimo provvedimento, che pure dispone la revoca della precedente deliberazione n. 2286 del 16 luglio 2001, tradisce una presa di coscienza da parte dell'amministrazione provinciale dell'illegittimita' della suddetta delibera ed un intento di procedere al ritiro della medesima attraverso un provvedimento di annullamento d'ufficio, impropriamente definito come revoca. Tuttavia la Provincia Autonoma voleva comunque assicurarsi la piena validita' ed efficacia degli atti adottati sulla base della deliberazione "revocata", tant'e' che lo ha espressamente previsto nel provvedimento impugnato nonostante l'istituto della revoca abbia gia' di per se' efficacia non retroattiva. Cio' peraltro conferma come in realta' non di revoca si tratti, bensi' di un annullamento d'ufficio disposto per vizi di legittimita' originari dell'atto, provvedimento del quale si e' inteso escludere la naturale efficacia retroattiva. 2. - Violazione degli artt. 5, 117, 118 e 120 della Costituzione. Ma anche ad esito della riforma costituzionale del titolo V della Carta fondamentale si deve ritenere che il provvedimento impugnato integri una violazione dell'art. 17 Cost. Va infatti rilevato che, sotto il profilo contenutistico, il provvedimento provinciale, attuativo della normativa provinciale di cui alle leggi n. 13 del 2000 e n. 19 del 2001, detta una disciplina che non tiene in adeguata considerazione l'esigenza di tutela dell'unita' giuridica ed economica dell'ordinamento dettata dagli artt. 5 e 120 della Costituzione e si rivela gravemente contrastante con il principio di sussidiarieta' costituzionalizzato nella norma di cui al novellato art. 118. Non appare discutibile infatti che la provincia autonoma di Bolzano abbia obliterato nel modo piu' assoluto la funzione di coordinamento dello Stato in presenza di potesta' che siano fra loro concorrenti, ponendosi in aperto contrasto con l'art. 120 della Costituzione che, nel richiamare l'esigenza di tutela dell'unita' giuridica ed economica dello Stato, si riferisce precisamente a questa esigenza di coordinamento ed armonizzazione necessariamente spettante allo Stato. Ma la provincia autonoma, nel definire le modalita' di riscossione e ripartizione dei proventi derivanti dai sovracanoni, funzione che invece, in base ad una corretta applicazione del principio di legge, spetterebbe allo Stato, e' incorsa altresi nella violazione del principio di sussidiarieta' verticale. Il significato del principio di sussidiarieta' e' infatti quello di avvicinare il piu' possibile, in un processo ascendente il livello decisionale alla comunita' interessata. Tuttavia e' altrettanto vero che, in base al medesimo principio, le funzioni sussidiarie devono necessariamente far capo all'ente del livello superiore proprio perche' l'ente inferiore o non dispone delle capacita' per esercitarle oppure le stesse funzioni esigono un esercizio unitario da parte del livello di governo superiore. Tale e' infatti il caso di specie. Le funzioni di coordinamento fra i vari Consorzi che la legge n. 959 del 1953 assegnava al Ministero dei lavori pubblici non possono ritenersi trasferibili alla regione o ad una provincia autonoma perche' esse, in base al principio di sussidiarieta', non possono essere esercitate da quest'ultimo ente ma esigono, sul piano logico prima ancora che giuridico, che il loro esercizio, che presuppone una posizione di superiorita' rispetto agli altri enti, debba necessariamente far capo allo Stato. 3. - Violazione del limite del territorio. E' inoltre altrettanto evidente la violazione del principio generale di territorialita' ad opera del provvedimento impugnato. Il limite del territorio quale ambito spaziale di validita' del proprio ordinamento, com'e' noto, vale per ogni regione - sia a statuto ordinario, che a statuto speciale - e/o provincia autonoma e costituisce il limite inderogabile all'espandersi di ogni potere regionale/provinciale. Peraltro, l'esistenza stessa del limite territoriale e' una logica conseguenza, dello stesso carattere di ente territoriale della regione/provincia autonoma e' della struttura regionalista dello Stato Italiano. Appare quindi chiaro che un provvedimento provinciale, seppure adottato in attuazione di una norma provinciale, non puo' in nessun caso pretendere di dettare una disciplina relativa a situazioni o a rapporti radicati al di fuori del proprio territorio, dovendo invece perseguire interessi propri della comunita' provinciale, collegati al territorio della provincia, inteso come misura della loro dimensione" (vedi Corte cost., sent. n. 68 del 1990). Nella fattispecie oggetto della presente controversia la provincia autonoma, introitando i sovracanoni B.I.M. dovuti dai concessionari siti nel proprio territorio, sottrae tali proventi dal fondo comune con il risultato di espropriare illegittimamente i consorzi B.I.M. siti in territorio veneto di gran parte delle loro entrate e quindi compromettendone seriamente la sopravvivenza. Giova, da ultimo, ricordare che, in base alle argomentazioni sopra esposte, il giudice delegato del Tribunale superiore delle acque pubbliche, nella controversia de qua, ha ritenuto di non rimettere gli atti alla Corte costituzionale per l'incidente di costituzionalita' relativamente all'art. 3 della legge provinciale di Bolzano n. 13 del 2000, legge di cui il provvedimento impugnato costituisce attuazione limitandosi ad indicare l'unica interpretazione conforme a costituzione della norma in oggetto. La soluzione prescelta da parte del tribunale superiore delle acque pubbliche quindi, nel ritenere superfluo investire codesta ecc.ma Corte della questione, dimostra l'assoluta infondatezza e pretestuosita' dell'interpretazione della normativa statale operata da parte della provincia e che questa ha cercato di trasfondere nella norma di legge provinciale. Va tuttavia richiamata l'attenzione sulla pervicace ed ostinata volonta' della provincia di Bolzano di affermare tale erronea interpretazione emanando la nuova norma di legge, l'art. 44 della legge provinciale n. 19 del 2001, anch'essa costituente presupposto normativo del provvedimento censurato. 4. - Violazione degli artt. 5 e 119 della costituzione. Il chiaro intento della provincia autonoma di Bolzano con il provvedimento impugnato di gestire i sovracanoni B.I.M., determinandone modalita' di riscossione e di riparto, con conseguente introito dei relativi proventi, si traduce in una violazione dell'art. 5 della Costituzione anche sotto il profilo della lesione del principio dell'autonomia e del decentramento delle funzioni a favore degli enti locali siti in territorio veneto rispetto ai quali l'amministrazione ricorrente e' soggetto esponenziale. La legge statale, come gia' evidenziato, attribuisce infatti ai comuni ed ai loro consorzi compresi nel bacino imbrifero montano, in accordo fra loro, le finzioni di gestione del fondo comune all'interno del quale devono confluire i proventi derivanti dai sovracanoni. Ma il contrasto si estende altresi' all'art. 119 Cost. nel testo novellato dalla riforma introdotta dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Questa norma prevede che i comuni, le province, le citta' metropolitane e le regioni abbiano autonomia finanziaria sia di entrata che di spesa e che per questo dispongano di risorse autonome. Nel modellare un sistema di "federalismo solidaristico", il terzo comma della norma prevede espressamente che la legge dello Stato debba istituire un "fondo perequativo", per quei territori che dispongano di una minore capacita' fiscale per abitante. In questo rinnovato scenario, il provvedimento che con il presente ricorso e' censurato, appare gravemente contrastante con i nuovi principi della materia. Non e' in dubbio infatti che esso sia in grado di cagionare una gravissima compressione all'autonomia finanziaria dei comuni interessati, le cui finanze, gia' rigidamente vincolate dall'esigenza del rispetto del patto di stabilita' e crescita, si trovano a perdere un rilevante cespite da impiegare, come prescritto dalla legge 27 dicembre 1953, n. 959, per il progresso economico e sociale delle popolazioni e per opere di sistemazione montana. L'iniziativa assunta dalla provincia autonoma di Bolzano si rivela infatti quanto mai sprezzante e noncurante dei principi normativi in tema di "federalismo fiscale". Il corretto funzionamento del sistema finanziario in un sistema federalista, sia in senso pieno che, come nel nostro ordinamento, in senso tendenziale e con connotazioni di carattere solidaristico, non puo' che poggiare sulla previsione di meccanismi perequativi, ma, ancor piu', presuppone l'esistenza di un rapporto di leale e corretta collaborazione con le varie entita' che compongono l'ordinamento, che devono in ogni caso rispettare le prerogative degli altri protagonisti della vita istituzionale. Non e' chi non veda come la provincia di Bolzano, nella presente vicenda, abbia dimostrato di voler scientemente e deliberatamente conculare azzerare le legittime spettanze finanziarie delle altre amministrazioni; comunali rientranti nel territorio della Regione del Veneto arrogandosene indebitamente il diritto, realizzando una azione di tale gravita', sul piano dei rapporti fra enti da non evocare precedenti. Va da ultimo ulteriormente precisato che l'interesse della regione a denunciare tale violazione discende de plano dalla sua natura di ente esponenziale degli interessi della popolazione insediata nel suo territorio, ivi compreso quello di godere delle positive ricadute derivanti dalla introitazione degli importi dovuti a titolo di sovracanoni. 5. - Violazione degli artt. 97 e 3 della Costituzione in relazione alla legge 27 dicembre 1953, n. 959. Infine il provvedimento provinciale censurato contrasta con il principio di imparzialita' e buon andamento di cui all'art. 97 della Costituzione in relazione alla legge n. 959 del 1953. La provincia autonoma, infatti, disponendo unilateralmente l'introito dei proventi derivanti dai sovracanoni da ripartire con il Consorzio B.I.M. di Bolzano, ha, da un lato illegittimamente espropriato i comuni veneti di un'entrata patrimoniale loro attribuita dalla legge con vincolo di destinazione al perseguimento di un pubblico interesse, dall'alto ha operato un indebito trattamento di favore a vantaggio del solo Consorzio B.I.M. della provincia di Bolzano. Inoltre la provincia autonoma, nell'arrogarsi la potesta' di stabilire le modalita' di riscossione e di riparto dei sovracanoni B.I.M., e' incorsa nella violazione della legge n. 959 del 1953 per la parte in cui essa prevede un principio di parita' fra i consorzi B.I.M. ai fini del riparto del sovracanone, cosicche' tale ripartizione deve avvenire mediante accordo fra gli stessi o, in mancanza, per l'effetto di un provvedimento del Ministero dei lavori pubblici. Nel caso di specie, invece, la provincia autonoma di Bolzano, con la norma censurata, vorrebbe unilateralmente modificare le modalita' di riscossione e di riparto dei sovracanoni, stravolgendo gli assetti economici all'interno del B.I.M. Adige. Sotto questo profilo il contrasto si estende anche all'art. 3 (Cost. in relazione ai principi di cui alla legge n. 959 del 1953, in quanto la norma provinciale ha determinato un'indebita disparita' di trattamento fra i comuni compresi nel bacino imbrifero montano dell'Adige ed in particolare fra comuni appartenenti alla provincia di Bolzano e comuni non situati all'interno di questo territorio, fra cui i comuni siti in territorio veneto, che dalla disciplina provinciale subiscono un grave pregiudizio. Sull'istanza di sospensione: la fondatezza del ricorso risulta da quanto precede; ricorrono inoltre quelle "gravi ragioni" che consentono di ottenere anche la sospensione, in pendenza di giudizio, dell'efficacia dell'atto che ha determinato il conflitto di attribuzioni. L'illegittima determinazione delle modalita' di riscossione e di riparto dei sovracanoni determinata dal provvedimento che qui si censura risulta infatti idonea a determinare un gravissimo pregiudizio tanto ai Consorzi dei Bacini imbriferi, la cui stessa sopravvivenza e' messa in discussione dalla distrazione delle risorse da parte del provvedimento della provincia autonoma, quanto anche dei comuni che si trovano ad essere privati di un cespite di sicuro rilievo negli scarni bilanci comunali. Non va dimenticato infine l'interesse a riaffermare la certezza dell'interpretazione della normativa in materia a fronte del gravissimo comportamento della provincia autonoma di Bolzano. Da ultimo, sulla base di quanto sopra argomentato ed in considerazione dell'atteggiamento della provincia autonoma di Bolzano volto ad insistere, con il provvedimento che qui si impugna, in modo arrogante e temerario su un'interpretazione erronea e capziosa della normativa statale, anche in spregio di quanto gia' statuito dal tribunale superiore delle acque pubbliche, questo patrocinio chiede che codesta ecc.ma Corte voglia disporre la condanna alla rifusione delle spese di giudizio.