ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 81, comma 1,
lettera  b),  del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre
1986,   n. 917  (Approvazione  del  testo  unico  delle  imposte  sui
redditi),  come  modificato  dall'art. 11, comma 1, lettera f), della
legge  30 dicembre  1991,  n. 413  (Disposizioni per ampliare le basi
imponibili,  per  razionalizzare, facilitare e potenziare l'attivita'
di  accertamento;  disposizioni per la rivalutazione obbligatoria dei
beni  immobili  delle imprese, nonche' per riformare il contenzioso e
per  la definizione agevolata dei rapporti tributari pendenti; delega
al  Presidente  della  Repubblica  per la concessione di amnistia per
reati  tributari;  istituzione dei centri di assistenza fiscale e del
conto  fiscale)  e  dell'art. 11,  commi  5  e 9, della stessa legge,
promosso  con ordinanza emessa il 21 settembre 2000 dalla Commissione
tributaria  provinciale  di  Terni,  sul  ricorso proposto da Galassi
Vittorio  contro  la  Direzione regionale delle entrate per l'Umbria,
sezione  di  Terni,  iscritta al n. 299 del registro ordinanze 2001 e
pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 17, 1a serie
speciale, dell'anno 2001.
    Udito  nella  camera  di consiglio del 30 gennaio 2002 il giudice
relatore Massimo Vari.
    Ritenuto  che,  con  ordinanza del 21 settembre 2000 (r.o. n. 299
del   2001),   la  Commissione  tributaria  provinciale  di  Terni  -
nell'ambito   di   un   giudizio   avente   ad  oggetto  il  rimborso
dell'I.R.P.E.F.  su  somme  percepite  dal ricorrente a seguito della
cessione   volontaria,   avvenuta   nel   corso  di  un  procedimento
espropriativo,  di  terreni agricoli con potenzialita' edificatorie -
ha  sollevato  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 81,
comma  1,  lettera  f) [recte, lettera b], del decreto del Presidente
della  Repubblica  22 dicembre  1986,  n. 917 (Approvazione del testo
unico delle imposte sui redditi), come modificato dall'art. 11, comma
1, lettera f), della legge 30 dicembre 1991, n. 413 (Disposizioni per
ampliare   le  basi  imponibili,  per  razionalizzare,  facilitare  e
potenziare   l'attivita'   di   accertamento;   disposizioni  per  la
rivalutazione  obbligatoria  dei beni immobili delle imprese, nonche'
per  riformare  il  contenzioso  e  per  la definizione agevolata dei
rapporti  tributari  pendenti;  delega al Presidente della Repubblica
per  la  concessione di amnistia per reati tributari; istituzione dei
centri   di   assistenza   fiscale  e  del  conto  fiscale),  nonche'
dell'art. 11,  commi  5 e 9, della medesima legge n. 413 del 1991, in
quanto ritenuti in contrasto con gli artt. 3 e 53 della Costituzione,
"nel  loro combinato disposto (oltre che nelle singole statuizioni di
tali articoli)";
        che,  nel merito, il rimettente ritiene che la fattispecie di
cui  all'art. 11  della  legge  n. 413  del  1991,  che ha modificato
l'art. 81,  comma  1,  lettera  b),  del  d.P.R. n. 917 del 1986, con
l'introduzione  della disposizione sulla tassazione delle plusvalenze
realizzate  a  seguito  della  cessione  di  terreni  suscettibili di
utilizzazione  edificatoria,  non  sia  "caratterizzata da sintomi di
arricchimento   parassitario   e  non  fisiologico",  come  le  altre
considerate dal medesimo art. 81;
        che,   in   conseguenza,  le  relative  somme  non  sarebbero
significative  di  rendite speculative e di capacita' contributiva ex
se;
        che  tale censura, secondo il rimettente, investirebbe, ancor
piu',  l'art. 11,  comma 5, della legge n. 413 del 1991, poiche' esso
assoggetterebbe   ad   un   pari   trattamento   fiscale   situazioni
ontologicamente  diverse,  "discriminando  tra quanti alienano i loro
immobili   volontariamente   e   liberamente  e  quanti  li  alienano
coattivamente", contrastando, altresi', con il principio di capacita'
contributiva,  in  quanto  l'indennita'  di  esproprio  non  potrebbe
qualificarsi quale forma di arricchimento, bensi' in termini di "mero
controvalore  della  proprieta'  sottratta", in assenza dei caratteri
della  plusvalenza "speculativa", che connoterebbero le altre ipotesi
indicate dall'art. 81 del d.P.R. n. 917 del 1986;
        che,   secondo   la   prospettazione  del  rimettente,  anche
l'art. 11,  comma  9,  della legge n. 413 del 1991 contrasterebbe con
gli  artt. 3  e  53  della Costituzione, in quanto assumerebbe, quale
indice  di  ricchezza,  situazioni  gia'  avveratesi e definitesi nel
tempo,  a  prescindere  da  ogni  indagine  circa la attualita' della
capacita'  contributiva  del  soggetto,  con  un discrimine temporale
(31 dicembre   1988),   del   quale   "non   e'  dato  apprezzare  la
razionalita'";
        che,  come  rammenta  l'ordinanza  di  rimessione,  questioni
analoghe  erano  state  sollevate dal medesimo rimettente e decise da
questa Corte con ordinanza n. 171 del 2000, nel senso della manifesta
inammissibilita',  atteso  che  il  giudice  a  quo  aveva  omesso di
indicare   puntualmente   gli  elementi  che  lo  avevano  portato  a
ricondurre  la  fattispecie  sotto  la  disciplina delle disposizioni
denunciate.
    Considerato,  in  via  preliminare,  che,  diversamente da quanto
rilevato a suo tempo con l'ordinanza innanzi ricordata, il rimettente
motiva,  ora,  in  modo  non  implausibile  circa  la rilevanza delle
questioni prospettate;
        che,  nel  merito  -  per quanto riguarda le censure relative
agli  artt. 81,  comma 1, lettera b) del decreto del Presidente della
Repubblica  22 dicembre  1986,  n. 917,  e  11,  comma 5, della legge
30 dicembre 1991, n. 413 - occorre ribadire quanto gia' in precedenza
affermato  da  questa Corte (sentenza n. 410 del 1995), nel senso che
il   criterio  del  fine  speculativo  delle  plusvalenze,  ancorche'
recepito  in  un  primo  momento dal d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597
(art. 76), e' stato successivamente abbandonato proprio con l'art. 81
del  d.P.R.  n. 917  del  1986,  che  segue, ora, un criterio di tipo
descrittivo  e  classificatorio delle fattispecie, piuttosto che fare
riferimento  ad  una  nozione  generale  e  teorica di reddito a fini
fiscali   (basata   sulle  impostazioni  seguite  dalle  due  diverse
prospettazioni del reddito-prodotto e del reddito-entrata);
        che,  ai  fini  della  nozione  di  diritto  positivo  e  non
meramente  teorica  di reddito, occorre, pertanto, fare riferimento a
cio' che viene, nei limiti della ragionevolezza, qualificato per tale
dal legislatore;
        che,  in  relazione  all'invocata  lesione degli artt. 3 e 53
della  Costituzione,  non  e'  irragionevole  o discriminatorio, come
questa  Corte  ha  gia'  affermato,  il  fatto  che  la  legge  abbia
sottoposto  a  tassazione le plusvalenze realizzate per effetto della
cessione  di terreni a destinazione edificatoria, stante la oggettiva
lievitazione  del  prezzo  degli stessi, a seguito, per l'appunto, di
siffatta destinazione (da ultimo, sentenza n. 171 del 2001);
        che,  inoltre,  come  questa  Corte  ha  avuto  occasione  di
chiarire,  l'assoggettamento ad imposizione fiscale della fattispecie
delle  plusvalenze  derivanti dalla cessione di detti terreni, giusta
la nuova ipotesi di cui all'art. 11, comma 1, lettera f), della legge
n. 413  del 1991, come pure di quella, sicuramente connessa, sotto il
profilo  concettuale,  alla  prima,  delle  plusvalenze  derivanti da
indennita' di esproprio o da corrispettivi da cessione volontaria nel
corso  di  procedimenti  ablatori,  ulteriormente addotta dal comma 5
dell'art. 11  della  predetta  legge,  vale  a  determinare  una piu'
compiuta,  piu' rigorosa, disciplina della materia, con la previsione
di  nuove  ipotesi, sostanzialmente riconducibili alla medesima ratio
di quelle gia' disciplinate (sentenza n. 315 del 1994);
        che,   pertanto,   le  questioni  predette  devono  reputarsi
manifestamente infondate;
        che,  del  pari,  e'  manifestamente infondata l'ultima delle
questioni  prospettate,  concernente  l'art. 11, comma 9, della legge
n. 413 del 1991, in quanto, come la Corte ha piu' volte avuto modo di
ritenere,  la  limitata  retroattivita'  conferita  all'imposta sulla
tassazione  delle  plusvalenze derivanti da corrispettivi di cessioni
volontarie  nel corso di procedimenti espropriativi non appare lesiva
del  principio  della  capacita'  contributiva  e non urta, comunque,
contro i parametri evocati.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.