ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale dell'art. 458, comma 1,
del  codice  di  procedura  penale,  promossi  nell'ambito di diversi
procedimenti  penali  con  ordinanze  emesse  il  1 dicembre 2000 dal
Tribunale  di  Busto  Arsizio,  il  14 febbraio 2001 dal Tribunale di
Latina, il 16 maggio 2001 dal Tribunale di Savona e il 17 luglio 2001
dal  Tribunale  di  Bergamo, rispettivamente iscritte ai nn. 98, 310,
655  e  793  del  registro ordinanze 2001 e pubblicate nella Gazzetta
Ufficiale  della  Repubblica  nn.  7, 18, 36 e 40, 1a serie speciale,
dell'anno 2001;
    Visto  l'atto  di  costituzione  degli  imputati nel procedimento
relativo  al giudizio promosso con l'ordinanza iscritta al n. 310 del
registro   ordinanze   2001,  nonche'  gli  atti  di  intervento  del
Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica del 26 febbraio 2002 e nella camera
di  consiglio  del  27  febbraio 2002 il giudice relatore Guido Neppi
Modona;
    Uditi   l'avvocato   Pasquale  Ciampa  per  le  parti  private  e
l'Avvocato dello Stato per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1. - Con ordinanza del 14 febbraio 2001 (r.o. n. 310 del 2001) il
Tribunale  di  Latina ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24,
secondo   comma,   della   Costituzione,  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art.  458,  comma  1,  del  codice  di procedura
penale,  nella  parte  in  cui  prevede,  ai  fini della richiesta di
giudizio  abbreviato,  che  il  termine di sette giorni decorre dalla
notificazione  del  decreto  di giudizio immediato all'imputato e non
invece  anche dalla notificazione al difensore dell'avviso della data
fissata  per  il  giudizio,  nonche'  nella  parte  in cui prevede il
medesimo termine per l'imputato detenuto e per l'imputato libero.
    Il  Tribunale  rimettente  premette  che  gli  imputati, entrambi
detenuti,  hanno  proposto  richiesta di giudizio abbreviato oltre il
termine  di  sette  giorni  dalla  notifica  del  decreto di giudizio
immediato,   e   che   soltanto  l'accoglimento  della  questione  di
costituzionalita'   consentirebbe   loro   di   godere  dei  benefici
sostanziali scaturenti dal rito richiesto.
    Nel merito, il rimettente rileva che, nonostante con la ordinanza
n. 36  del  1994  la  Corte costituzionale abbia dichiarato infondata
un'analoga  questione, la norma censurata deve ritenersi in contrasto
con  gli  artt.  3  e  24  della Costituzione, in quanto, pur essendo
quella di richiedere il giudizio abbreviato "una scelta in gran parte
tecnica  che  non  puo'  essere  adottata  senza la consultazione del
difensore",  essa  e'  di fatto affidata esclusivamente all'imputato,
atteso  che  la  possibilita' che l'imputato ha di consultarsi con il
suo  difensore  e'  "ristretta  in un termine decisamente breve [...]
ulteriormente  ridotto  se  si  considera  che  con la richiesta deve
essere data la prova della avvenuta notifica al pubblico ministero".
    L'imputato  detenuto,  che neppure e' in condizione di verificare
se   i   suoi  messaggi  siano  stati  tempestivamente  ricevuti  dal
difensore,  subisce  inoltre  un  trattamento  sicuramente  deteriore
rispetto   all'imputato  libero  che  ha  invece  ampia  facolta'  di
contattare   il   difensore   e  maggiori  possibilita',  dunque,  di
rispettare il termine fissato dalla norma.
    1.1. - E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.
    Ad  avviso  dell'Avvocatura,  infatti,  da  un  canto  il termine
assegnato  all'imputato  -  unico titolare del diritto di chiedere il
giudizio  abbreviato  -  puo'  ritenersi  "ampio  a  sufficienza  per
consentire   al   destinatario,   sia  esso  libero  o  detenuto,  di
consultarsi   con   il   proprio  difensore  prima  della  scadenza",
dall'altro  una  regolamentazione e una delimitazione delle modalita'
dell'esercizio  del  diritto di difesa non possono reputarsi idonee a
menomare  l'esistenza  stessa del diritto, "allorche' di esso vengano
assicurati  lo  scopo e la funzione di effettiva assistenza tecnica e
professionale (sentenze n. 46 del 1957 e n. 16 del 1970)".
    1.2.  -  Si  sono  costituiti gli imputati nel procedimento a quo
rappresentati  e  difesi dall'avvocato Pasquale Ciampa, chiedendo che
sia  dichiarata  l'illegittimita' costituzionale dell'art. 458, comma
1,  cod.  proc. pen., nella parte in cui prevede che il termine entro
il  quale  puo'  chiedersi  il giudizio abbreviato decorre dalla sola
data di notificazione del decreto di giudizio immediato all'imputato.
    Il difensore premette che: i suoi assistiti erano stati arrestati
l'11  dicembre  2000; interrogati e convalidato l'arresto nei termini
di legge, era stata loro applicata la misura cautelare della custodia
in  carcere;  successivamente,  a  seguito  di richiesta del pubblico
ministero,  il  giudice per le indagini preliminari aveva disposto il
giudizio immediato con decreto notificato agli imputati il 10 gennaio
2001,  mentre  l'avviso  della data fissata per il giudizio era stato
notificato  al  difensore  il 22 gennaio. Il 24 gennaio, dopo essersi
consultati  con  il difensore, gli imputati presentavano richiesta di
giudizio  abbreviato,  che  veniva  dichiarata inammissibile, perche'
tardiva, dal giudice per le indagini preliminari con ordinanza del 26
gennaio 2001.
    Con  riferimento  al  quadro  normativo precedente alle modifiche
recate  dalla  legge  n. 63  del  2001,  il  difensore rileva come il
presupposto  interpretativo  da cui muove il rimettente - e cioe' che
il  termine  di  cui al comma 1 dell'art. 458 cod. proc. pen. decorre
dalla  sola  data  della  notificazione del decreto all'imputato - e'
assolutamente  pacifico,  sulla base del diritto vivente: puo' dunque
accadere che il difensore riceva la notifica dell'avviso del giudizio
immediato  -  in relazione al quale non e' neppure previsto l'obbligo
di   preventiva  notifica  dell'avviso  di  chiusura  delle  indagini
preliminari  ex  art.  415-bis cod. proc. pen. - quando il termine di
sette giorni e' gia' scaduto.
    La  parte  privata  sottolinea  inoltre  che,  a differenza della
situazione presa in esame dalla Corte con l'ordinanza n. 588 del 1990
e  con  le  successive  che a quella si richiamavano, la questione di
costituzionalita'   prospettata  dal  Tribunale  di  Latina  concerne
imputati   detenuti,  per  i  quali  le  possibilita'  di  comunicare
tempestivamente  conil  difensore  non sono agevoli. Inoltre, dovendo
indubitabilmente  ritenersi che "fra le condizioni necessarie al fine
di   individuare   quale   rito  processuale  scegliere  -  attivita'
sicuramente rientranti nell'accezione "preparare la propria difesa" -
vi  siano  quelle  di potere consultare il fascicolo processuale e di
consultare  il  proprio  difensore",  la  norma  censurata priverebbe
l'imputato  detenuto  del  diritto  di  disporre  "del  tempo e delle
condizioni necessari per preparare la difesa".
    Il termine per chiedere il giudizio abbreviato non sarebbe dunque
adeguato  all'effettivo esercizio del diritto di difesa e si porrebbe
in  contrasto  non  solo  con  i parametri evocati dal rimettente, ma
anche  con  gli  artt.  2 e 10 della Costituzione - perche' menoma il
diritto  inviolabile  all'equo  processo assicurato dall'art. 6 della
Convenzione  per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e  delle
liberta' fondamentali - nonche' con l'art. 111 della Costituzione.
    Con  memoria  depositata  il 27 settembre 2001 il difensore degli
imputati, in replica alle deduzioni dell'Avvocatura, ha sviluppato le
argomentazioni  gia'  illustrate  nell'atto  di  costituzione,  ed ha
sottoposto  ad  esame critico le argomentazioni svolte nella sentenza
di questa Corte n. 122 del 1997.
    1.3.  - Nella discussione in pubblica udienza le parti costituite
hanno  ribadito  le  argomentazioni  gia'  svolte  nelle  memorie; in
particolare,  la  difesa  degli  imputati  ha  messo  in  rilievo  le
importanti modifiche intervenute nel quadro normativo di riferimento,
sia  processuale  che  costituzionale, successivamente alle decisioni
della  Corte  su  analoghe  questioni e segnatamente dopo la sentenza
n. 122  del  1997,  sottolineando  il  valore precettivo dei principi
enunciati  nel  nuovo  art.  111  della  Costituzione  e  l'aumentato
tecnicismo  della  scelta  del  rito  conseguente  al mutamento della
disciplina  del  giudizio  abbreviato  per  effetto  della  legge  16
dicembre 1999, n. 479.
    2.  -  Con ordinanza del 1 dicembre 2000 (r.o. n. 98 del 2001) il
Tribunale   di  Busto  Arsizio  ha  sollevato  analoga  questione  di
legittimita'   costituzionale  dell'art.  458  cod.  proc.  pen.,  in
riferimento  agli  artt.  3,  24,  secondo comma, e 111, terzo comma,
della Costituzione.
    Il  tribunale  ritiene  che la questione sia rilevante atteso che
l'imputato,  a seguito del decreto di giudizio immediato, ha avanzato
al  giudice  per  le  indagini  preliminari  istanza di ammissione al
giudizio abbreviato, respinta proprio perche' tardiva.
    Ad  avviso  del  rimettente  la  norma  censurata  si porrebbe in
contrasto  con  l'art.  3  della  Costituzione,  in  quanto determina
un'irragionevole  disparita'  di  trattamento  dell'imputato  nei cui
confronti  si  procede  con giudizio immediato, rispetto all'imputato
citato  a  giudizio  a seguito di udienza preliminare o con citazione
diretta ovvero tratto a giudizio direttissimo, situazioni nelle quali
sono  previsti  termini  ben  piu'  ampi per la richiesta di giudizio
abbreviato  e  l'esercizio  della relativa facolta' e' garantita fino
alla comparizione davanti all'organo giudicante.
    Sarebbero  inoltre  violati gli art. 24 e 111, terzo comma, della
Costituzione,  in quanto la scelta di chiedere il giudizio abbreviato
presuppone  specifiche  cognizioni tecnico-giuridiche e una capacita'
di  analisi  del materiale probatorio raccolto dal pubblico ministero
tali  da  rendere  indispensabile  l'apporto  del  difensore,  mentre
questi,  anche  quando sia munito di procura speciale preventiva, non
puo',  di  fatto, presentare richiesta di rito abbreviato se l'avviso
della  data  fissata per il giudizio immediato gli e' notificato dopo
lo spirare del termine. La brevita' del termine concesso all'imputato
per  chiedere  il  giudizio  abbreviato  da'  pertanto  luogo  ad una
"ingiustificata  compressione del diritto di difesa, inteso nella sua
completezza ovvero quale possibilita' di operare consapevoli e mirate
scelte processuali, di rito oltre che di merito".
    3. - Questione   di   costituzionalita'   affatto   analoga  alle
precedenti  e' stata sollevata con ordinanza del 16 maggio 2001 (r.o.
n. 655 del 2001) dal Tribunale di Savona.
    Il  tribunale premette che il 6 novembre 2000 era stato emesso il
decreto   di  giudizio  immediato  per  l'udienza  del  13  dicembre,
notificato all'imputato il 9 novembre 2000; il relativo avviso veniva
notificato  al  difensore  il  15 novembre. Il 18 novembre l'imputato
avanzava  richiesta  di rito abbreviato, dichiarata inammissibile dal
giudice  per  le  indagini  preliminari  perche'  proposta  oltre  il
termine,  previsto  a  pena  di decadenza, di sette giorni decorrenti
dalla  notificazione  del decreto di giudizio immediato all'imputato.
Poiche'  il provvedimento del giudice per le indagini preliminari era
stato  preso  in  data  successiva  a  quella fissata per il giudizio
immediato,  questo  subi'  dei  ritardi, di talche' intervenne, nelle
more, la legge n. 63 del 2001, ampliando a quindici giorni il termine
previsto   dalla   disposizione   impugnata:  peraltro  il  tribunale
rimettente  osserva  che,  in applicazione del principio tempus regit
actum  tale  modifica  normativa  non  rileva  nella  fattispecie del
giudizio a quo.
    L'art.  458,  comma 1, cod. proc. pen., nel testo precedente alle
modifiche  recate  dall'art. 14, comma 2, della legge n. 63 del 2001,
sarebbe dunque, ad avviso del rimettente, in contrasto con l'art. 24,
secondo  comma, della Costituzione: la scelta del giudizio abbreviato
presupporrebbe   infatti   adeguate  conoscenze  tecniche  anche  con
riferimento  alla  particolare disciplina "del materiale utilizzabile
ai  fini  probatori,  del  trattamento  sanzionatorio  e  dei  limiti
all'appello",  mentre  la  decorrenza del termine dalla sola notifica
del   decreto   all'imputato  non  consente  un'effettiva  assistenza
difensiva.
    3.1  - E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  chiedendo  che  la  questione  sia dichiarata inammissibile o
infondata.
    Desta  perplessita', a parere dell'Avvocatura, la "qualificazione
del   carattere   esclusivamente   tecnico   della  scelta  del  rito
abbreviato",  in  quanto se "e' vero che occorre professionalita' per
valutare  gli effetti della scelta di rito speciale", e' comunque "di
primaria  importanza  la  decisione  finale  dell'imputato".  Inoltre
l'Avvocatura  ritiene  che  sarebbe  improprio  ed  inverosimile  far
decorrere  il termine per effettuare una scelta dalla comunicazione a
"persona  diversa  da  quella  che la scelta deve operare", anche nel
caso   in  cui  la  persona  diversa  sia  il  difensore  di  fiducia
dell'imputato.
    4.  -  Il  Tribunale di Bergamo, con ordinanza del 17 luglio 2001
(r.o. n. 793 del 2001), solleva infine, in riferimento agli artt. 24,
secondo  comma,  e 111, terzo comma, della Costituzione, questione di
costituzionalita'  concernente  la  decorrenza  del  termine previsto
dall'art.  458,  comma  1,  cod.  proc.  pen.,  nel  testo modificato
dall'art. 14, comma 2, della legge 1 marzo 2001, n. 63.
    Il  tribunale  premette  che  procede  nei  confronti di imputato
tratto  in arresto il 15 marzo 2001 per il delitto di importazione di
stupefacenti;  che il 17 marzo l'arresto era stato convalidato ed era
stata  applicata  all'imputato  la misura cautelare della custodia in
carcere.  Il  13  aprile il giudice per le indagini preliminari aveva
disposto  il  giudizio immediato per l'udienza del 26 giugno 2001; il
decreto  era  stato  notificato  all'imputato  detenuto il 14 aprile,
mentre  l'avviso  al difensore di fiducia era stato dato il 26 aprile
2001. Il 9 maggio il difensore aveva depositato richiesta di giudizio
abbreviato,   condizionato  all'esame  di  due  testimoni,  richiesta
dichiarata,  in  pari  data, inammissibile perche' formulata oltre la
scadenza   del   termine   di   quindici   giorni,  decorrente  dalla
notificazione  all'imputato  del  decreto  che  dispone  il  giudizio
immediato.
    Ad avviso del rimettente, la norma censurata, non prevedendo "che
il  termine di quindici giorni per la proposizione della richiesta di
giudizio  abbreviato  decorra  dall'ultima  delle  notificazioni: del
decreto,  ex  art.  456,  comma  3,  cod.  proc.  pen. all'imputato o
dell'avviso,  ex  art.  456,  comma  5, al difensore", violerebbe gli
artt.  24,  secondo  comma,  e  111, terzo comma, della Costituzione,
perche',  in  un  sistema improntato ad elevato tecnicismo, determina
"un   vuoto  nella  difesa  tecnica",  proprio  nel  momento  in  cui
l'imputato  deve,  a  pena  di  decadenza,  esercitare  la  scelta di
chiedere  un  rito  alternativo  cui  conseguono benefici sostanziali
rilevanti  e  non  gli assicura quindi di disporre "del tempo e delle
condizioni necessarie per preparare la sua difesa".
    Ne'  il  preventivo rilascio di una procura speciale al difensore
sarebbe  sufficiente  a  risolvere  il  problema  quando e' lo stesso
difensore  che  riceve  in  ritardo  la  notificazione dell'avviso di
giudizio immediato.
    4.1  -  E'  intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
riportandosi alla memoria depositata nel giudizio avente a oggetto la
questione sollevata con l'ordinanza n. 655 del 2001.

                       Considerato in diritto

    1. - Con  quattro  ordinanze emesse dai Tribunali di Latina (r.o.
n. 310  del  2001), Busto Arsizio (r.o. n. 98 del 2001), Savona (r.o.
n. 655 del 2001) e Bergamo (r.o. n. 793 del 2001) e' stata sollevata,
in  riferimento  agli artt. 3, 24, secondo comma, e 111, terzo comma,
della   Costituzione,   questione   di   legittimita'  costituzionale
dell'art.  458,  comma 1, del codice di procedura penale, nella parte
in  cui non prevede che il termine per proporre richiesta di giudizio
abbreviato  decorra,  anziche'  dalla  notificazione  del  decreto di
giudizio  immediato  all'imputato,  dall'ultima  delle notificazioni,
all'imputato  o  al  difensore,  rispettivamente  del  decreto ovvero
dell'avviso della data fissata per il giudizio.
    Poiche'  le  ordinanze hanno per oggetto la medesima disposizione
ed  hanno  contenuti  analoghi,  va disposta la riunione dei relativi
giudizi.
    2. - La   questione   e'  sostanzialmente  nuova,  in  quanto  si
inserisce   su  di  un  contesto  normativo  segnato  dalle  profonde
modifiche  apportate  alla  disciplina  del giudizio abbreviato dalla
legge  16 dicembre 1999, n. 479 (v., al riguardo, sentenza n. 115 del
2001). Non soccorrono pertanto le precedenti pronunce di questa Corte
sul  medesimo  comma 1 dell'art. 458 cod. proc. pen. (sentenza n. 122
del 1997, ordinanze n. 36 del 1994, n. 335 e n. 225 del 1991 e n. 588
del 1990), che si collocavano in un quadro normativo affatto diverso,
nel  quale  le scelte dell'imputato non erano connotate dalla attuale
rilevante  complessita' delle valutazioni connesse alla richiesta del
giudizio abbreviato.
    3.  -  L'art.  458,  comma  1,  cod.  proc.  pen.  stabilisce che
l'imputato puo' chiedere il giudizio abbreviato, a pena di decadenza,
entro  quindici  giorni  dalla  notificazione del decreto di giudizio
immediato (tale termine e' stato cosi' modificato dall'art. 14, comma
2,  della  legge  1 marzo 2001, n. 63, che ha sostituito l'originario
termine di sette giorni: tre delle quattro ordinanze si riferiscono a
situazioni  in  cui  era ancora operante il termine di sette giorni).
Dal  canto  suo, il comma 3 dell'art. 456 cod. proc. pen. prevede che
il  decreto  che  dispone  il  giudizio  immediato  venga  notificato
all'imputato  almeno  trenta  giorni  prima della data fissata per il
giudizio  e il comma 2 precisa che il decreto contiene anche l'avviso
che  l'imputato puo' chiedere il giudizio abbreviato o l'applicazione
della  pena.  Il  comma  5  dispone,  infine,  che  al  difensore  e'
notificato  l'avviso  della  data  fissata  per  il giudizio entro il
medesimo termine previsto per l'imputato.
    Da tale disciplina emerge che all'imputato e al difensore vengono
notificati  due  atti  distinti  e  che  la scansione temporale delle
relative    notifiche   e'   lasciata   all'iniziativa   dell'ufficio
giudiziario  che procede. Puo' quindi avvenire - come e' accaduto nei
giudizi  a  quibus  -  che  il  difensore  riceva l'avviso della data
fissata per il giudizio immediato in un momento in cui il termine per
presentare la richiesta di giudizio abbreviato sia gia' scaduto o sia
prossimo alla scadenza.
    4.   -   Il  nucleo  centrale  della  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art.  458,  comma  1,  cod.  proc.  pen. attiene
appunto alla violazione del diritto alla difesa tecnica, in quanto la
disciplina  censurata  e'  congegnata  in maniera tale che il termine
stabilito  a  pena  di decadenza per presentare richiesta di giudizio
abbreviato   puo'   scadere  senza  che  il  difensore  abbia  potuto
illustrare  al proprio assistito le opzioni difensive rispettivamente
collegate   al   giudizio   abbreviato   e   alla   celebrazione  del
dibattimento.
    In  effetti, l'essenziale funzione della difesa tecnica (sentenze
n. 80   del   1984  e  n. 125  del  1979),  che  postula  il  diritto
dell'imputato  di  conferire con il difensore per predisporre le piu'
opportune strategie difensive (cfr. sentenze n. 212 del 1997 e n. 216
del  1996), assume particolare incidenza in relazione ad una scelta -
quale  quella  di  percorrere  la  via  del giudizio abbreviato - che
implica,  specie  dopo le modifiche introdotte dalla legge n. 479 del
1999,  cognizioni  e  valutazioni  squisitamente  tecnico-giuridiche,
estranee al patrimonio di conoscenze dell'imputato.
    In  primo  luogo,  la  decisione  se  accedere  o  meno  al  rito
abbreviato  presuppone  la  conoscenza  del  fascicolo delle indagini
preliminari,  di  cui,  a  norma  dell'art. 139 disp. att. cod. proc.
pen.,  le  parti e i difensori hanno facolta' di prendere visione, ed
eventualmente  estrarre  copia, durante il breve termine previsto per
presentare la relativa richiesta.
    Tali  attivita'  richiedono  necessariamente  l'intervento  della
difesa  tecnica,  perche' solo il difensore puo' valutare, dopo avere
esaminato il fascicolo, se sia conveniente per l'imputato prestare il
consenso,  mediante  la  richiesta  di giudizio abbreviato, a che gli
atti  delle  indagini  vengano utilizzati come prova. Tanto piu' che,
rispetto  alla  disciplina vigente prima della legge n. 479 del 1999,
l'imputato  e'  ora posto di fronte all'alternativa tra una richiesta
di  definizione del processo allo stato degli atti ex art. 438, comma
1,  cod.  proc.  pen. e una richiesta subordinata ad una integrazione
probatoria  a norma del comma 5, destinata ad essere accolta solo ove
il  giudice  ritenga  che l'integrazione probatoria sia necessaria ai
fini  della  decisione  e  compatibile  con  le finalita' di economia
processuale  proprie  del  procedimento, tenuto conto degli atti gia'
acquisiti ed utilizzabili.
    Inoltre,   nel   decidere  se  optare  per  il  rito  abbreviato,
l'imputato dovra' in ogni caso valutare l'eventualita' che il giudice
assuma  anche  d'ufficio,  a norma dell'art. 441, comma 5, cod. proc.
pen.,  gli  elementi  necessari  ai  fini  della  decisione, e tenere
presente,  ove  la  richiesta  sia  subordinata  ad  una integrazione
probatoria,  che  il pubblico ministero puo' chiedere l'ammissione di
prova contraria ex art. 438, comma 5, cod. proc. pen.
    L'imputato  viene  cioe'  chiamato  a  compiere  valutazioni che,
coinvolgendo  i  poteri  dispositivi  sulla  prova  e  implicando una
peculiare  esperienza  professionale e processuale, esigono l'apporto
della  difesa  tecnica (cfr., di recente, ordinanza n. 182 del 2001),
in  quanto  solo il difensore, sulla base della conoscenza degli atti
del  fascicolo  del pubblico ministero, puo' a ragion veduta valutare
la  completezza  delle  indagini  e gli effetti dell'utilizzazione in
giudizio degli atti gia' acquisiti.
    5.  - Il diritto di difesa, inteso come effettiva possibilita' di
ricorrere all'assistenza tecnica del difensore, risulta violato, come
questa  Corte  ha avuto ripetutamente occasione di affermare, in ogni
caso  in  cui,  ai  fini  dell'esercizio  di facolta' processuali che
comportano  "la  cognizione  di  elementi  tecnici  rientranti  nelle
specifiche  competenze  professionali  del  difensore", venga posto a
pena   di   decadenza   un  termine  decorrente  dalla  notificazione
all'imputato,  anziche'  al difensore, dell'atto da cui tali facolta'
conseguono  (v.,  con riferimento al termine per dedurre eccezioni di
nullita',  sentenza n. 162 del 1975, nonche', in relazione al termine
per  proporre  richiesta  di riesame, decorrente dalla conoscenza del
provvedimento   da   parte  dell'imputato,  anziche'  dalla  notifica
dell'atto al difensore, la gia' menzionata sentenza n. 80 del 1984).
    Va   pertanto   dichiarata,  in  riferimento  all'art.  24  della
Costituzione, l'illegittimita' costituzionale dell'art. 458, comma 1,
cod.  proc. pen., nella parte in cui prevede che il termine entro cui
l'imputato   puo'  chiedere  il  giudizio  abbreviato  decorre  dalla
notificazione del decreto di giudizio immediato, anziche' dall'ultima
notificazione,  all'imputato  o  al  difensore,  rispettivamente  del
decreto  ovvero  dell'avviso  della  data  fissata  per  il  giudizio
immediato.
    Rimangono   cosi'   assorbite  le  censure  riferite  agli  altri
parametri costituzionali evocati dai rimettenti.
    6.  -  Nell'ordinanza  r.o. n. 310 del 2001 il rimettente solleva
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 458, comma 1, cod.
proc.  pen.  anche nella parte in cui non prevede un termine maggiore
per l'imputato in stato di detenzione.
    La  censura  risulta  superata  dall'accoglimento della questione
principale   di   legittimita'   costituzionale   nei  termini  sopra
precisati,  in quanto il difensore e' comunque posto in condizione di
conferire   tempestivamente   con  il  proprio  assistito,  anche  se
detenuto,   al   fine  di  fornirgli  l'assistenza  tecnico-giuridica
necessaria  per adottare la strategia difensiva piu' consona alla sua
posizione processuale.