ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 8,
della  legge  27 marzo  1992,  n. 257 (Norme relative alla cessazione
dell'impiego dell'amianto), come modificato dall'art. 1, comma 1, del
decreto-legge  5 giugno  1993,  n. 169  (Disposizioni  urgenti  per i
lavoratori  del settore dell'amianto), convertito, con modificazioni,
nella  legge  4 agosto 1993, n. 271, promosso con ordinanza emessa il
10 novembre  2000  dal  Tribunale  di Treviso nel procedimento civile
vertente  tra  Andreazza Giancarlo ed altri e le Ferrovie dello Stato
S.p.a.  ed  altro,  iscritta  al n. 828 del registro ordinanze 2000 e
pubblicata  nella  Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, 1a serie
speciale, dell'anno 2001.
    Visti  gli  atti di costituzione di Andreazza Giancarlo ed altri,
delle  Ferrovie  dello Stato S.p.a. e dell'I.N.P.S. nonche' l'atto di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  18 dicembre  2001  il giudice
relatore Massimo Vari;
    Uditi  gli  avvocati  Michele Miscione per Andreazza Giancarlo ed
altri,  Roberto  Pessi  per  le Ferrovie dello Stato S.p.a., Carlo De
Angelis per l'I.N.P.S. e l'avvocato dello Stato Giuseppe Stipo per il
Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1. -   Nel  corso  di  un  giudizio promosso da taluni dipendenti
delle Ferrovie dello Stato S.p.a., al fine di ottenere, nei confronti
del  proprio  datore  di  lavoro  e dell'I.N.P.S., l'accertamento del
diritto  al  beneficio  previdenziale previsto dall'art. 13, comma 8,
della  legge  27 marzo  1992,  n. 257 (Norme relative alla cessazione
dell'impiego  dell'amianto),  il  Tribunale di Treviso, con ordinanza
del  10 novembre  2000, ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale del menzionato
art. 13,  comma  8,  della  legge  n. 257  del  1992, come modificato
dall'art. 1,  comma  1,  del d.l. 5 giugno 1993, n. 169 (Disposizioni
urgenti  per  i lavoratori del settore dell'amianto), convertito, con
modificazioni, nella legge 4 agosto 1993, n. 271.
    La  norma  censurata stabilisce, in favore dei lavoratori esposti
all'amianto  per  un  periodo  superiore  a dieci anni, che "l'intero
periodo  lavorativo soggetto all'assicurazione obbligatoria contro le
malattie  professionali derivanti da esposizione all'amianto, gestita
dall'I.N.A.I.L.,   e'   moltiplicato,   ai   fini  delle  prestazioni
pensionistiche, per il coefficiente 1,5".
    Secondo  il  rimettente,  la  "interpretazione  letterale"  della
disposizione  induce a ritenere che detto beneficio sia riservato "ai
lavoratori  dipendenti  da aziende private" e "non sia estensibile ai
dipendenti  delle  FF.SS.  S.p.A." e cio' "quanto meno per il periodo
antecedente   al   primo gennaio   1996,  data  in  cui  la  gestione
dell'assicurazione  contro  le malattie per i dipendenti delle FF.SS.
passo' all'I.N.A.I.L.".
    In  tal  senso  depone,  ad  avviso del giudice a quo non solo il
riferimento   al   periodo   di   lavoro  soggetto  all'assicurazione
obbligatoria  contro  le malattie da amianto gestita dall'I.N.A.I.L.,
"ma  anche l'intero contesto dell'articolo in esame", considerato, in
particolare,   che  il  successivo  comma  10  "impone  alle  imprese
(private)   l'obbligo   di  versare  all'I.N.P.S.  (gestione  di  cui
all'art. 37  della  legge  9 marzo 1989, n. 88 ...) un contributo per
ogni dipendente che abbia fruito del pensionamento anticipato".
    E'  da ritenere, pertanto, che la disposizione censurata riguardi
esclusivamente   i  lavoratori  iscritti  all'assicurazione  generale
obbligatoria  per  l'invalidita', la vecchiaia e i superstiti gestita
dall'I.N.P.S.  "e  non  anche  i  lavoratori  iscritti ad altri fondi
pensione  e,  in  particolare,  al fondo pensione istituito con legge
n. 418 del 1908 per i ferrovieri cui i ricorrenti erano iscritti alla
data di entrata in vigore della legge n. 257 del 1992".
    In virtu' di "tale necessaria interpretazione dell'art. 13, comma
8",  il  giudice  a quo reputa vulnerato l'art. 3 della Costituzione,
per  la  "irragionevole  disparita'  di  trattamento  tra  lavoratori
dipendenti  di imprese private e lavoratori dipendenti di imprese non
private a fronte di una identica situazione di prolungata esposizione
all'amianto".
    Quanto  alla  rilevanza  della  questione,  essa  emerge, secondo
l'ordinanza,   "dal   fatto   che   la  interpretazione  letterale  e
sistematica"  della  disposizione  denunciata "comporta la esclusione
dei  ricorrenti  dal godimento dei benefici contributivi ivi previsti
per  l'intero periodo lavorativo soggetto all'esposizione all'amianto
o, quanto meno, per la gran parte di esso".
    2. - Si  sono  costituiti,  fuori termine, Andreazza Giancarlo ed
altri, ricorrenti del giudizio a quo.
    3. - Si  sono,  inoltre,  costituite  le altre parti del giudizio
principale  e  cioe'  le  Ferrovie  dello  Stato S.p.a. - Societa' di
trasporti e Servizi per Azioni, nonche' l'I.N.P.S..
    3.1.  -  Le  Ferrovie  dello  Stato S.p.a. hanno concluso, in via
pregiudiziale,  per "la restituzione degli atti al giudice rimettente
perche'   verifichi   nuovamente   e  motivi  sulla  rilevanza  della
questione",   e,   in  via  subordinata,  per  "la  dichiarazione  di
inammissibilita'   o   di  manifesta  infondatezza  della  questione"
medesima.
    Quanto al merito, la memoria sostiene l'inapplicabilita', gia' in
base  al  dato  letterale,  della  disposizione  ai  dipendenti delle
Ferrovie dello Stato S.p.a., essendo (come, peraltro, ritenuto in una
nota del Ministro del tesoro del 23 gennaio 1996) i benefici previsti
dalla  legge n. 257 del 1992 riservati ai lavoratori dell'amianto del
settore  privato,  iscritti  all'assicurazione  generale obbligatoria
gestita dall'I.N.P.S..
    Ad  avviso della parte, si tratta di una interpretazione coerente
con   la   ratio   della   disposizione   denunciata,  da  ravvisarsi
nell'intenzione   del   legislatore   di   beneficiare   il   settore
privatistico,  "maggiormente  esposto al problema amianto proprio per
la  soppressione  di molteplici lavorazioni con gravi conseguenze sui
lavoratori";  rischio  estraneo al "personale appartenente al settore
pubblico,  o  comunque  ad  esso  connesso  in qualche modo", come il
personale delle Ferrovie dello Stato, godendo questo di una "maggiore
tutela  di  ricollocazione  nel caso di soppressione dell'attivita' a
cui era addetto".
    Nel  rammentare, poi, che il personale dipendente dalle FF.SS. e'
assicurato  all'I.N.A.I.L. soltanto dal 1 gennaio 1996 ed iscritto al
Fondo speciale gestito dall'I.N.P.S. a decorrere dall'aprile 2000, la
parte  costituita ribadisce l'inapplicabilita' dell'art. 13, comma 8,
della  legge  n. 257 del 1992 al predetto personale anche in forza di
una  "esegesi sistematica e complessiva" della medesima norma, il cui
comma   10   "fa   riferimento   ad   un   meccanismo  che  coinvolge
esclusivamente  le  imprese  del  settore privatistico"; sicche', per
l'"inequivocabile ed espresso il richiamo all'I.N.P.S. quale soggetto
passivo  delle  prestazioni  pensionistiche erogate ai lavoratori che
siano  ammessi  al pensionamento anticipato", e' giocoforza "ritenere
che  la  disciplina  non  si applichi ai dipendenti delle FF.SS. (e a
tutti  quelli all'epoca iscritti ad altri fondi di previdenza diversi
dall'I.N.P.S.)".
    Cio',  peraltro,  in  armonia con la gia' evidenziata ratio della
legge  n. 257  del  1992, confortata, altresi', dalla circostanza che
gli  effettivi destinatari del beneficio "erano stati quantificati in
circa  1200 in fase di discussione parlamentare e per tale numero era
stata  reperita  la  copertura finanziaria ex art. 81 Cost.", laddove
una diversa ed estensiva interpretazione "consentirebbe di attribuire
il beneficio ad una platea anche centinaia di volte piu' grande".
    Nel  sostenere,  poi,  che  "nessun argomento in senso contrario"
alle  precedenti  considerazioni  puo' trarsi dalla sentenza n. 5 del
2000  della  Corte  costituzionale,  la  parte costituita esclude, in
definitiva,   che  possa  ravvisarsi  il  prospettato  contrasto  con
l'art. 3  della  Costituzione,  in  quanto  la disposizione censurata
individua   "una  precisa  e  definita  categoria  di  imprese  e  di
lavoratori  addetti  alle medesime", secondo la finalita' di favorire
detta   categoria   di  lavoratori,  "in  ragione  della  particolare
situazione  occupazionale  determinata  dal  divieto di utilizzazione
dell'amianto  che  ha  interessato  le  imprese  cui  appartenevano i
lavoratori stessi".
    3.2.  -  L'I.N.P.S.,  nel concludere per l'inammissibilita' o, in
subordine,  per  l'infondatezza della questione, sostiene, anzitutto,
che l'ordinanza di rimessione e' generica, giacche' "non precisa, per
ogni  lavoratore, il periodo di esposizione all'amianto ... ne' se il
lavoratore  era  pensionato  o meno all'entrata in vigore della legge
n. 257 del 1992".
    Nel  merito,  la  memoria  rileva, da un lato, che, nel censurato
art. 13,  sussiste  "una  stretta correlazione tra lavoratori esposti
all'amianto   e  l'assoggettamento  per  il  periodo  di  esposizione
all'assicurazione  gestita  dall'I.N.A.I.L.  di  cui  al comma 8", e,
dall'altro,   che   lo  stesso  I.N.A.I.L.  gestisce  l'assicurazione
obbligatoria  contro  gli  infortuni  e le malattie professionali dei
dipendenti delle Ferrovie dello Stato soltanto dal 1 gennaio 1996.
    Non   puo',   dunque,   ritenersi,   ad   avviso   della   parte,
costituzionalmente  illegittima la disposizione denunciata "per detto
collegamento     operato    dal    legislatore,    essendo    rimessa
l'individuazione   dei   beneficiari   della   normativa   alla   sua
discrezionalita'".  Peraltro,  la  circostanza  che  il beneficio sia
stato  limitato  "soltanto  a particolari categorie" si giustifica in
quanto trattasi di norma eccezionale, che comporta oneri a carico del
bilancio  dello  Stato  (come  si  evince  dal  comma 12 dello stesso
art. 13).
    4. - E'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,   il   quale  ha  chiesto  che  la  questione  sia  dichiarata
inammissibile,   come   da   ordinanza  n. 7  del  2000  della  Corte
costituzionale, e, comunque, infondata.
    5. - In   prossimita'   dell'udienza   hanno  depositato  memorie
illustrative  le  Ferrovie  dello  Stato S.p.a. e l'I.N.P.S., nonche'
l'intervenuto Presidente del Consiglio dei ministri.
    5.1.   -  Le  Ferrovie  dello  Stato  S.p.a.,  a  conferma  delle
conclusioni  gia'  rassegnate, ribadiscono che il denunciato art. 13,
comma  8,  "ben puo' essere interpretato come una norma che partecipa
della  medesima  ratio  del  provvedimento  che la contiene: ossia il
massimo   contenimento   del  c.d.  danno  occupazionale  discendente
dall'eliminazione  dal ciclo produttivo dell'amianto e, dunque, dalla
chiusura  ovvero  riconversione  delle aziende che lo estraevano e lo
trattavano direttamente".
    Ove,   invece,  si  volesse  individuare  la  ratio  della  norma
censurata e dell'intera legge n. 257 del 1992 non gia' nella volonta'
di impedire un danno occupazionale correlato alla imposta dismissione
dell'amianto,   bensi'  "nell'intento  di  risarcire  un  danno  alla
salute", la memoria sostiene che "si delineerebbero scenari piuttosto
vasti  di  irrazionalita'  del  complessivo  impianto normativo della
stessa  legge  n. 257  del  1992". Peraltro, nel supporre l'immanenza
nella   legge   in   parola   di   una   finalita'  risarcitoria,  si
"accrediterebbe  un  singolare  schema  di assicurazione sociale, che
interverrebbe non gia' a copertura di un danno, bensi' della sua mera
potenzialita'".
    Ed   ancora,  si  rileva  nella  memoria,  detta  interpretazione
creerebbe  una intollerabile disparita' di trattamento "in materia di
salute"  in danno di coloro che, pur esposti all'amianto per oltre un
decennio, siano andati in pensione con il massimo della contribuzione
e,  quindi, "impossibilitati a fruire della supervalutazione prevista
dal  comma 8 dell'art. 13"; non senza tacere, poi, che l'attribuzione
di   una   finalita'   risarcitoria   alla   disposizione  denunciata
"comporterebbe   gravi   implicazioni  in  punto  di  (insufficiente)
copertura finanziaria" per l'attuazione della norma medesima.
    Ad  avviso della parte costituita, il censurato art. 13, comma 8,
appartiene,   dunque,   "al  campo  della  previdenza",  avendo  come
presupposto  l'art. 38, secondo comma, della Costituzione, e non puo'
ad  esso  attribuirsi  un  contenuto  "risarcitorio  (del  danno alla
salute)";  la norma tutela, infatti, il "danno all'occupazione" ed il
suo  destinatario  puo' essere considerato "solo chi e' stato espulso
dal mercato del lavoro a causa della dismissione dell'amianto".
    Sotto   diverso   profilo,  la  memoria  assume  che  il  tertium
comparationis   individuato   dal  rimettente  appare  "assolutamente
inidoneo"  a  fondare la prospettata incostituzionalita', giacche' "i
settori lavorativi "privato" e "non privato" costituiscono situazioni
soggettivamente ed oggettivamente diversificate".
    5.2.  -  L'I.N.P.S.,  reiterando, preliminarmente, l'eccezione di
inammissibilita'  della  questione e, in ogni caso, insistendo per la
sua infondatezza, sostiene che le disposizioni contenute nell'art. 13
della  legge  n. 257 del 1992, e successive modificazioni, rispondono
"allo  scopo  precipuo  di accelerare il pensionamento dei lavoratori
esposti  al rischio" dell'amianto e che, segnatamente, il comma 8 del
citato  art. 13  e'  finalizzato  "al  piu'  rapido conseguimento del
trattamento  economico previdenziale sostitutivo della retribuzione",
la  quale  "difficilmente  potrebbe essere mantenuta attraverso utile
reimpiego" dei lavoratori esposti all'amianto.
    Tanto premesso, la parte costituita assume che i lavoratori delle
Ferrovie  dello  Stato,  "fintanto che erano tutelati con rapporto di
pubblico  impiego,  avevano la garanzia della stabilita' del posto di
lavoro  in quanto sostanzialmente pubblici dipendenti" e cio' "spiega
perche'  i  benefici di cui al citato art. 13 riguardano i lavoratori
del   settore   privato   ed   iscritti   all'assicurazione  generale
obbligatoria  per  l'invalidita',  la  vecchiaia ed i superstiti, che
avrebbero   potuto  subire  conseguenze  negative  sotto  il  profilo
occupazionale  dall'entrata  in  vigore  della  legislazione  che  ha
vietato l'uso dell'amianto".
    Peraltro, anche se si intendesse applicare la norma denunciata al
dipendenti   delle   Ferrovie   dello   Stato   "con   retroattivita'
dall'avvenuta  privatizzazione,  nessun lavoratore potrebbe rientrare
nell'esposizione  ultradecennale",  giacche'  il  divieto di utilizzo
dell'amianto  e'  reso operativo, a mente dell'art. 1, comma 2, della
legge  n. 257  del  1992,  a  decorrere  da  365 giorni dalla data di
entrata in vigore della legge medesima.
    5.3.  -  Il Presidente del Consiglio dei ministri, nel concludere
per  la  manifesta infondatezza della sollevata questione, rileva che
"il differente regime previdenziale dei ferrovieri (iscritti al fondo
pensioni  con  onere  a  carico  delle  FF.SS.  e  dello Stato) e dei
dipendenti privati (iscritti all'I.N.P.S.) non legittima il dubbio di
costituzionalita'",  non  potendo ravvisarsi violazione del principio
di  eguaglianza  nel  raffronto tra regimi previdenziali diversi, ne'
potendosi  estendere  "a  favore  dell'una le provvidenze dettate per
l'altra" categoria.
    Sostiene,  ancora,  la  difesa  erariale  che  in  presenza di un
tertium comparationis che ha natura di norma eccezionale, derogatoria
alla  regola generale desumibile dal complesso sistema normativo, non
puo'  utilmente  invocarsi  il  principio  di eguaglianza, risultando
cosi'  "inammissibile la estensione ad altre ipotesi", ove, peraltro,
"la mancata estensione di un beneficio non puo' di per se' costituire
offesa al dettato costituzionale".

                       Considerato in diritto

    1. -    Il   Tribunale  di  Treviso  ha  sollevato  questione  di
legittimita'   costituzionale  dell'art. 13,  comma  8,  della  legge
27 marzo  1992,  n. 257  (Norme relative alla cessazione dell'impiego
dell'amianto),  come  modificato  dall'art. 1,  comma  1,  del  d.-l.
5 giugno  1993,  n. 169  (Disposizioni  urgenti  per i lavoratori del
settore  dell'amianto),  convertito,  con  modificazioni, nella legge
4 agosto 1993, n. 271.
    La disposizione stabilisce che, "per i lavoratori che siano stati
esposti  all'amianto  per un periodo superiore a dieci anni, l'intero
periodo  lavorativo soggetto all'assicurazione obbligatoria contro le
malattie  professionali  derivanti da esposizione all'amianto gestita
dall'I.N.A.I.L.,   e'   moltiplicato,   ai   fini  delle  prestazioni
pensionistiche, per il coefficiente 1,5".
    Ad avviso del rimettente, la norma censurata, "nella parte in cui
non   prevede   l'applicabilita'   del  beneficio  pensionistico  ivi
contemplato ai lavoratori dipendenti delle FF.SS. S.p.a.", violerebbe
l'art. 3   della   Costituzione,   introducendo   "una  irragionevole
disparita'  di  trattamento  tra  lavoratori  dipendenti  di  imprese
private  e  lavoratori  dipendenti di imprese non private a fronte di
una identica situazione di prolungata esposizione all'amianto".
    2. - In  via  preliminare  deve  essere rilevata la tardivita' e,
percio', l'inammissibilita' della costituzione di Andreazza Giancarlo
ed  altri,  ricorrenti  del  giudizio  a  quo  effettuata con memoria
depositata  oltre il termine stabilito dagli artt. 25, secondo comma,
della legge n. 87 del 1953, e 3 delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
    3. - Sempre  in  via preliminare, vanno esaminate le eccezioni di
inammissibilita'  sollevate dalle parti costituite, le quali adducono
un  difetto  di  motivazione dell'ordinanza di rimessione in punto di
rilevanza:   mentre,   secondo   l'I.N.P.S.,   sarebbe  assente  ogni
riferimento   specifico   alle   singole   posizioni  dei  lavoratori
interessati  al  beneficio  previsto dalla disposizione censurata, ad
avviso  delle  Ferrovie dello Stato non sarebbe possibile la verifica
sulla  "necessaria  pregiudizialita' logico-giuridica della questione
sollevata  rispetto  alle domande svolte dai lavoratori" nel giudizio
principale.
    Le eccezioni non possono trovare accoglimento.
    Infatti,  come si rileva dall'ordinanza di rimessione, il giudice
a  quo  non  solo  ha  fornito,  sia pure sinteticamente, i necessari
elementi   di  descrizione  della  fattispecie  sottoposta  alla  sua
cognizione,  precisando  che i ricorrenti sono tutti dipendenti delle
Ferrovie dello Stato S.p.a., assegnati a vari impianti e mansioni, ma
ha  anche  plausibilmente  motivato sull'applicabilita', nel giudizio
principale, della norma denunciata, che ha per oggetto l'accertamento
del  diritto  dei ricorrenti stessi al beneficio previsto dalla norma
medesima.  Il  che  consente, percio', di apprezzare adeguatamente la
sussistenza  del  nesso di pregiudizialita' tra il proposto incidente
di costituzionalita' e il giudizio a quo.
    4. - Nel merito la questione non e' fondata.
    Questa  Corte,  con la sentenza n. 5 del 2000, ha gia' avuto modo
di  affrontare,  sebbene  sotto profili diversi da quello attualmente
all'esame,  lo  scrutinio di costituzionalita' dell'art. 13, comma 8,
anche  ora  denunciato,  dichiarando  non  fondate  le censure allora
sollevate,  le  quali  prospettavano  il  contrasto  della menzionata
disposizione  con gli artt. 3 e 81, quarto comma, della Costituzione,
a  motivo  della  asserita  indeterminatezza, oggettiva e soggettiva,
della    fattispecie   legale   attributiva   del   beneficio   della
rivalutazione dei periodi assicurativi.
    In  quell'occasione  si  e' evidenziato, che la norma censurata -
nel   testo   risultante  dalla  soppressione  (operata  in  sede  di
conversione  in  legge  del  decreto-legge  n. 169  del  1993)  della
locuzione   "dipendenti   dalle  imprese  che  estraggono  amianto  o
utilizzano   amianto  come  materia  prima,  anche  se  in  corso  di
dismissione  o  sottoposte  a  procedure  fallimentari  o  fallite  o
dismesse" - conferisce essenziale rilievo, "ai fini dell'applicazione
del   beneficio  previdenziale,  all'assoggettamento  dei  lavoratori
all'assicurazione   obbligatoria  contro  le  malattie  professionali
derivanti  dall'amianto,  escludendo, al tempo stesso, ogni selezione
che  possa  derivare  dal  riferimento  alla tipologia dell'attivita'
produttiva del datore di lavoro".
    Coerentemente  con  tale  conclusione, che trova conferma proprio
nelle  vicende normative che hanno preceduto l'approvazione del testo
attuale  del  comma  8  dell'art. 13,  lo  scopo  della  disposizione
medesima   e'   stato  rinvenuto  "nella  finalita'  di  offrire,  ai
lavoratori  esposti  all'amianto per un apprezzabile periodo di tempo
(almeno  10  anni),  un  beneficio correlato alla possibile incidenza
invalidante   di   lavorazioni   che,  in  qualche  modo,  presentano
potenzialita' morbigene".
    E   cio'   attraverso   un  precetto  ritenuto  da  questa  Corte
"adeguatamente  definito negli elementi costitutivi della fattispecie
che  ne  e'  oggetto  e  congruamente  correlato  allo  scopo  che il
legislatore  si  e'  prefisso",  ove  si  consideri  il rapporto che,
nell'ambito  della stessa disposizione, e' dato rinvenire tra il dato
di   riferimento   temporale  e  la  nozione  di  rischio  morbigeno,
caratterizzante  il  sistema della assicurazione obbligatoria gestita
dall'I.N.A.I.L..
    Un   rischio  che,  in  materia  di  prevenzione  da  esposizione
all'amianto, il legislatore ha individuato in forza dei criteri posti
dal   decreto   legislativo  15 agosto  1991,  n. 277  (e  successive
modificazioni).
    5. - Cosi'  definite  portata e finalita' del precetto sospettato
di incostituzionalita', va osservato che il rimettente, nel sollevare
la  questione,  muove dal presupposto che la norma denunciata riservi
il   beneficio   pensionistico   della   rivalutazione   dei  periodi
assicurativi  "ai  lavoratori  dipendenti  da aziende private", senza
possibilita'  di estensione ai dipendenti delle Ferrovie dello Stato;
e  cio'  "quanto  meno  per  il  periodo antecedente al primo gennaio
1996",  data  in  cui  la  gestione dell'assicurazione infortuni, per
detti dipendenti, passo' all'I.N.A.I.L..
    In  tal  senso  deporrebbe,  secondo il giudice a quo non solo il
riferimento   al   periodo   di   lavoro  soggetto  all'assicurazione
obbligatoria  contro  le malattie da amianto gestita dall'I.N.A.I.L.,
"ma anche l'intero contesto dell'articolo in esame", e, segnatamente,
il  successivo  comma 10 che "impone alle imprese (private) l'obbligo
di  versare  all'I.N.P.S.  (gestione  di  cui all'art. 37 della legge
9 marzo  1989, n. 88 ...) un contributo per ogni dipendente che abbia
fruito  del pensionamento anticipato". Donde la conclusione, trattane
dal   giudice   a   quo   dell'esclusiva   pertinenza  del  beneficio
previdenziale  in  esame  ai  lavoratori  iscritti  all'assicurazione
generale  obbligatoria  gestita  dall'I.N.P.S.  e non gia', anche, ai
"lavoratori  iscritti  ad  altri fondi pensione e, in particolare, al
fondo pensione istituito con legge n. 418 del 1908 per i ferrovieri",
soppresso  soltanto  dal  1  aprile 2000, in forza dell'art. 43 della
legge n. 488 del 1999.
    Detto  assunto  va  considerato,  pero', tutt'altro che pacifico,
essendo  frutto  di  una  non  adeguata  indagine  sulla  ratio della
disposizione denunciata.
    Indagine   tanto  piu'  necessaria  ove  si  consideri  non  solo
l'assenza,   nel   caso  specifico,  di  diritto  vivente,  ma  anche
l'esigenza,  evidenziata  dalla  costante  giurisprudenza  di  questa
Corte,  di  una  doverosa  ricerca, tra piu' soluzioni interpretative
possibili,   di   quella   costituzionalmente   adeguata,  posto  che
l'incostituzionalita'  di  una disposizione puo' dichiararsi soltanto
ove  sia  impossibile  darne una interpretazione costituzionale e non
gia' perche' e' possibile darne interpretazioni incostituzionali.
    6. - In     questa     prospettiva,    occorre    rilevare    che
l'interpretazione  adottata  dal  giudice  a  quo  non risulta essere
l'unica   possibile,   militando   per   una  diversa  lettura  della
disposizione  censurata plurimi elementi esegetici, i quali portano a
ritenere  che  essa  sia volta a tutelare, in linea generale, tutti i
lavoratori   esposti   all'amianto,   in   presenza,  beninteso,  dei
presupposti   fissati   dalla  disposizione  stessa,  secondo  quanto
evidenziato  dalla  gia'  ricordata sentenza di questa Corte n. 5 del
2000.  Presupposti richiesti proprio perche' la legge n. 271 del 1993
ha  voluto tener conto della capacita' dell'amianto di produrre danni
sull'organismo   in   relazione  al  tempo  di  esposizione,  si'  da
attribuire    il    beneficio   della maggiorazione   dell'anzianita'
contributiva  in  funzione  compensativa dell'obiettiva pericolosita'
dell'attivita' lavorativa svolta.
    Obiettiva   pericolosita'   che  indubbiamente  non  manca  anche
nell'ambito   del  servizio  ferroviario,  ove  l'eliminazione  e  lo
smaltimento   del   materiale   rotabile   contenente  amianto,  gia'
esplicitamente   incluso   tra   i   prodotti  la  cui  produzione  e
commercializzazione erano destinate, sia pure gradualmente, a cessare
(lettera  d)  della  tabella allegata alla legge n. 257 del 1992), si
pone,  tuttora,  come  problema di non secondaria importanza (cfr. il
"Secondo   addendum  al  contratto  di  programma  tra  Ministro  dei
trasporti  e  le  Ferrovie dello Stato S.p.a. 1994-2000", di cui alla
deliberazione 22 giugno 2000 del CIPE).
    7. - Cosi'   individuata  la  causa  giustificativa  della  norma
denunciata,  non  corretta  appare,  anzitutto, la qualificazione, da
parte  del  giudice  a  quo dei lavoratori delle Ferrovie dello Stato
come  dipendenti di "imprese non private", senza, con cio', avvedersi
che,  alla  data  di  entrata in vigore della disposizione denunciata
(frutto  della  modifica apportata, all'art. 13, comma 8, della legge
n. 257  del  1992,  dalla legge 4 agosto 1993, n. 271, di conversione
del  d.l.  n. 169 del 1993), l'Ente cui essi appartenevano (istituito
dalla  legge  n. 210  del  1985, in luogo della gia' Azienda autonoma
delle  Ferrovie  dello  Stato)  era stato trasformato in societa' per
azioni,   in   virtu'   della   delibera  CIPE  del  12 agosto  1992:
trasformazione  che,  come  anche  rilevato da questa Corte (sentenza
n. 179   del  1996),  ha  dato  luogo  ad  un  "organismo  societario
privatistico (sia pure a configurazione speciale)".
    Inoltre,  anche  se,  come  ricorda  il  rimettente, il personale
ferroviario  e'  stato  assicurato presso l'I.N.A.I.L. soltanto dal 1
gennaio  1996,  in  forza  dell'art. 2,  comma  13, del decreto-legge
n. 510  del  1996,  convertito  nella legge n. 608 del 1996, non puo'
ignorarsi   che   la   stessa   disposizione   ha   posto   a  carico
dell'I.N.A.I.L.,  a  decorrere  sempre  dal  1 gennaio 1996, tutte le
prestazioni,  comprese  quelle  relative agli eventi infortunistici e
alle  manifestazioni  di malattie professionali verificatisi entro il
31 dicembre 1995 e non ancora definiti, essendo all'uopo contemplato,
dal  successivo comma 15, l'obbligo delle Ferrovie dello Stato S.p.a.
di  versare all'I.N.A.I.L. una riserva matematica per il pagamento di
tutte le predette prestazioni.
    Un'ipotesi,  questa, di rapporto successorio ex lege che ha avuto
come  esito, da un lato, il venir meno della posizione delle Ferrovie
dello Stato quale ente assicuratore contro gli infortuni sul lavoro e
le malattie professionali del personale dipendente, e, dall'altro, la
concentrazione   in   capo  all'I.N.A.I.L.  della  relativa  gestione
assicurativa, essendo a suo carico, a partire dal 1 gennaio 1996, non
soltanto  le  prestazioni  dovute  per  gli eventi insorti dopo detta
data,  ma  anche quelle relative ad eventi pregressi, se non definiti
entro il 31 dicembre 1995.
    E  cio'  senza  trascurare  che  anche in precedenza il personale
ferroviario,  benche'  escluso,  per effetto dell'art. 127 del d.P.R.
n. 1124  del  1965  (ora  abrogato dall'art. 53, comma 7, della legge
n. 449 del 1997), dalla gestione assicurativa I.N.A.I.L., fruiva, con
erogazione a diretto carico delle Ferrovie dello Stato, di una tutela
assicurativa contro gli infortuni corrispondente a quella contemplata
dallo stesso decreto.
    Non  puo', infine, convenirsi sul peso che il rimettente tende ad
annettere,   sul   piano   sistematico,  al  disposto  del  comma  10
dell'art. 13 della legge in esame, che imponendo l'obbligo di versare
all'I.N.P.S.  uno  specifico contributo per ogni dipendente che abbia
fruito  del  pensionamento  anticipato,  conforterebbe la tesi che il
beneficio di cui al comma 8 denunciato riguardi i lavoratori iscritti
all'assicurazione generale obbligatoria gestita dall'I.N.P.S..
    A   tacer   del  fatto  che,  dal  1  aprile  2000,  la  gestione
pensionistica  del  personale  delle  Ferrovie  dello  Stato e' stata
affidata  all'I.N.P.S., presso il quale ente e' istituito un apposito
Fondo,  con  contestuale  soppressione  di quello istituito con legge
n. 418  del  1908  (art. 43 della legge n. 488 del 1999), l'argomento
addotto dal giudice a quo pretermettendo, ancora una volta, la dovuta
considerazione   della   ratio   della  norma  censurata,  non  tiene
adeguatamente  conto  del  fatto  che come rilevato, del resto, dalla
stessa  giurisprudenza  ordinaria non puo' essere certo la diversita'
dell'onere contributivo per le imprese e finanziario per gli istituti
previdenziali,  risultante  dal  menzionato  comma 10 dell'art. 13, a
costituire,  di  per se', un elemento interpretativo per escludere la
spettanza del beneficio stesso anche in favore di lavoratori iscritti
a gestioni previdenziali diverse dall'I.N.P.S..
    8. - Alla  luce  delle motivazioni che precedono, la disposizione
denunciata  si presta, dunque, ad essere interpretata in modo diverso
da  quello  prospettato dal rimettente, consentendo in particolare di
ricomprendere nel previsto beneficio previdenziale anche i lavoratori
delle  Ferrovie  dello  Stato,  beninteso,  in presenza dei richiesti
presupposti,  attinenti, segnatamente, all'esposizione ultradecennale
all'amianto, alla soggezione all'assicurazione obbligatoria contro le
malattie  professionali  derivanti  dall'esposizione all'amianto e al
rischio morbigeno, secondo quanto innanzi gia' evidenziato.
    Donde  l'insussistenza  del  prospettato  vulnus all'art. 3 della
Costituzione.