ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi  di legittimita' costituzionale degli artt. 3 e 5, commi
da   1   a  11  del  decreto  legislativo  21 dicembre  1999,  n. 517
(Disciplina   dei   rapporti  fra  Servizio  sanitario  nazionale  ed
universita',  a  norma  dell'articolo 6 della legge 30 novembre 1998,
n. 419),  promossi  con  n. 35  ordinanze emesse il 5 luglio 2000 dal
Tribunale   amministrativo   regionale   del  Lazio,  rispettivamente
iscritte  ai  nn. da  817  a  827,  da  832  a 841 e da 843 a 856 del
registro  ordinanze  2001 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica nn. 41 e 42, 1a serie speciale, dell'anno 2001.
    Visti  gli atti di costituzione di G. P. P. P. ed altri, di C. M.
ed altro e A. C. ed altri e della Regione Toscana nonche' gli atti di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 13 marzo 2002 il giudice
relatore Piero Alberto Capotosti.
    Ritenuto  che  il  Tribunale  amministrativo regionale del Lazio,
sezione  III,  solleva,  con trentacinque ordinanze del 5 luglio 2000
(pervenute   alla  Corte  il  26 settembre  ed  il  2 ottobre  2001),
questione  di legittimita' costituzionale delle seguenti disposizioni
del  decreto  legislativo  21 dicembre  1999,  n. 517 (Disciplina dei
rapporti  fra  Servizio  sanitario  nazionale ed universita', a norma
dell'articolo  6 della l. 30 novembre 1998, n. 419): art. 5, comma 8,
in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione; art. 5, comma 7,
in  riferimento  agli artt. 33 e 76 della Costituzione; art. 5, commi
da  1 a 6 e da 8 a 11, nonche' art. 3 quest'ultimo nella parte in cui
non  prevede  una  partecipazione  diretta  degli organi universitari
nelle  scelte  delle  aziende ospedaliero-universitarie in materia di
collegamento  tra  le attivita' di assistenza, didattica e ricerca in
riferimento agli artt. 33 e 76 della Costituzione;
        che   le   ordinanze,  con  argomentazioni  in  larga  misura
coincidente, impugnano l'art. 5, comma 8, del d.lgs. n. 517 del 1999,
il quale stabilisce un termine perentorio entro il quale i professori
ed  i ricercatori universitari delle facolta' di medicina e chirurgia
(infra:  medici  universitari)  esercitano  o  rinnovano  l'opzione -
prevista  dal  comma  7  - per l'esercizio di attivita' assistenziale
intramuraria  (c.d.  attivita'  assistenziale  esclusiva),  ovvero di
attivita'   libero-professionale  extramuraria,  disponendo  che,  in
mancanza  di  comunicazione,  si  intende  effettuata  l'opzione  per
l'attivita' assistenziale esclusiva;
        che,  secondo il Tar, la norma, fissando il succitato termine
indipendentemente dalla individuazione delle strutture destinate allo
svolgimento dell'attivita' assistenziale intramuraria, violerebbe gli
artt. 3  e  97  della  Costituzione,  in  quanto  la  loro preventiva
identificazione configurerebbe un presupposto dell'opzione e, proprio
per   questo,   la   disposizione   inciderebbe  negativamente  sulla
compenetrazione    tra    attivita'    assistenziale   ed   attivita'
didattico-scientifica,  in  violazione  dei  principi  di  coerenza e
ragionevolezza    dell'ordinamento,   nonche'   di   buon   andamento
dell'amministrazione;
        che,  ad avviso dei rimettenti, l'art. 5, comma 7, del d.lgs.
n. 517  del 1999 e le disposizioni ad esso sottese e connesse - ossia
i  commi  da  1  a  6  e  da  8 ad 11 - nonche' l'art. 3, nella parte
riguardante      l'organizzazione      interna      delle     aziende
ospedaliero-universitarie,  recherebbero  vulnus  agli  artt. 33 e 76
della Costituzione;
        che,  in  particolare,  la  configurazione  dell'opzione  per
l'attivita'    assistenziale    esclusiva    quale    requisito   per
l'attribuzione  degli  incarichi di direzione dei programmi di cui al
comma   4   della   norma   impugnata   violerebbe  il  principio  di
compenetrazione  tra  attivita'  sanitaria assistenziale ed attivita'
didattica   e   di  ricerca  scientifica,  assoggettando  l'attivita'
assistenziale  svolta  dal  medico  universitario alle determinazioni
organizzative      del      direttore      generale      dell'azienda
ospedaliero-universitaria, in violazione del principio dell'autonomia
universitaria;
        che,   ad   avviso  del  Tar,  agli  organi  dell'universita'
sarebbero  stati attribuiti compiti marginali nel coordinamento degli
interessi  concernenti  l'insegnamento  e  la ricerca scientifica, in
considerazione   sia   dei   poteri   attribuiti   al  direttore  del
dipartimento,   sia  della  circostanza  che  questi  risponde  della
programmazione e della gestione delle risorse al direttore generale e
sarebbe    tenuto   a   privilegiare   le   esigenze   dell'attivita'
assistenziale   rispetto   a   quelle   dell'attivita'   didattica  e
scientifica,  cosi'  da  non garantire lo svolgimento delle attivita'
assistenziali  "funzionali  alle  esigenze  della  didattica  e della
ricerca"  in  violazione dell'art. 6, comma 1, lettera b) della legge
30 novembre 1998, n. 419;
        che,  secondo i rimettenti, "la normativa delegata in materia
di  opzione"  (ossia  l'art. 5,  commi  da 1 a 6 e da 8 a 11, nonche'
l'art. 3  del  d.lgs. n. 517 del 1999 "in parte qua"), si porrebbe in
contrasto  con  gli  artt. 33  e  76 della Costituzione, in quanto il
divieto  di  attribuire  al  medico  universitario il quale non abbia
scelto   l'attivita'   assistenziale  esclusiva  la  direzione  delle
strutture  e  dei  programmi  finalizzati alla integrazione di queste
attivita' non garantirebbe "la coerenza fra l'attivita' assistenziale
e  le  esigenze  della  formazione e della ricerca" (art. 6, comma 1,
lettere  b)  e  c) della legge n. 419 del 1998), modificando lo stato
giuridico  del  personale universitario, in violazione dei principi e
dei criteri direttivi della legge-delega;
        che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura generale dello Stato, e' intervenuto in tutti
i giudizi con separati atti di contenuto sostanzialmente coincidente,
chiedendo  che le questioni siano dichiarate inammissibili e comunque
infondate;
        che,  ad  avviso  della  difesa erariale, il d.lgs. 28 luglio
2000,  n. 254,  attribuendo  ai  medici  universitari  la facolta' di
esercitare  l'attivita'  libero-professionale  intramuraria in regime
ambulatoriale presso i propri studi, nei casi di carenza di strutture
e      di      spazi     idonei     all'interno     delle     aziende
ospedaliero-universitarie, inciderebbe sulla fondatezza delle censure
riferite all'art. 5, comma 8, del d.lgs. n. 517 del 1999;
        che,   secondo  l'interveniente,  detta  norma,  fissando  un
termine perentorio per l'esercizio dell'opzione in esame, non sarebbe
legata  da  alcun  nesso  con  il  comma  7,  e,  comunque,  i medici
universitari,  allorquando  effettuano  la  scelta,  sono consapevoli
degli effetti che ne derivano;
        che,   ad   avviso   dell'Avvocatura,   le  censure  riferite
all'art. 5,  comma  7,  cit.,  ed  alle disposizioni ad esso sottese,
sarebbero  infondate,  in  quanto  gli  incarichi  di  direzione  dei
programmi  del comma 4 sono stati ragionevolmente riservati ai medici
universitari  i  quali,  scegliendo il rapporto esclusivo, assicurano
piena disponibilita' per la loro realizzazione;
        che,  secondo  la  difesa  erariale,  le  norme censurate non
violerebbero   il   principio   di   compenetrazione   tra  attivita'
assistenziale  ed  attivita' didattica e di ricerca in riferimento ai
medici universitari che scelgono il rapporto non esclusivo, in quanto
essi  continuano  a  svolgere  l'attivita'  di  ricerca  e  didattica
strumentale rispetto a quella assistenziale e, inoltre, sarebbe stata
ragionevolmente  realizzata una convergenza delle strutture sanitarie
ed  universitarie, attribuendo priorita' all'assistenza sanitaria, in
vista della tutela della salute del singolo e della collettivita';
        che,  a  suo  avviso,  le  censure riferite all'art. 76 della
Costituzione  sarebbero infondate, dato che la legge-delega ha inteso
rafforzare  la  collaborazione  tra  universita' e Servizio sanitario
nazionale;
        che  nei  giudizi  instaurati  con le ordinanze di rimessione
iscritte  ai  numeri  838, 843 e 851 del registro ordinanze dell'anno
2001,  si  sono  costituiti  i  ricorrenti  nei  processi principali,
facendo sostanzialmente proprie le conclusioni del Tar;
        che  nei  giudizi promossi dalle ordinanze iscritte ai numeri
832  ed  851  del  registro  ordinanze  dell'anno 2001 si e' altresi'
costituita  la  Regione  Toscana  -  parte  nei  processi a quibus -,
chiedendo  che le questioni siano dichiarate inammissibili e comunque
infondate.
    Considerato  che l'identita' delle norme impugnate, delle censure
proposte   e   dei  parametri  costituzionali  invocati,  nonche'  la
coincidenza delle argomentazioni svolte nelle ordinanze di rimessione
rendono opportuna la riunione dei giudizi;
        che,  nel decidere identiche questioni sollevate dallo stesso
Tar  del  Lazio,  questa  Corte,  con  ordinanza  n. 394 del 2001, ha
affermato  che  gli  atti  legislativi  e  regolamentari,  nonche' la
sentenza  n. 71  del  2001, sopravvenuti alle ordinanze di rimessione
hanno  influito  sul  complessivo quadro normativo di riferimento nel
quale   si   inscrivono  i  molteplici  profili  delle  questioni  di
legittimita'  costituzionale, richiedendo, conseguentemente, un nuovo
esame  da  parte  dei  giudici a quibus dei termini delle questioni e
della loro perdurante rilevanza;
        che  le  argomentazioni  svolte in detta ordinanza conservano
validita'  anche  in relazione ai provvedimenti di rimessione oggetto
del presente giudizio;
        che,  alla  luce delle modificazioni sopra indicate, gli atti
devono  essere  restituiti  ai  rimettenti, affinche' procedano ad un
nuovo esame della perdurante rilevanza delle questioni.