ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 13, numero 2
(recte:  comma  2),  della legge 22 luglio 1997, n. 276 (Disposizioni
per la definizione del contenzioso civile pendente: nomina di giudici
onorari  aggregati e istituzione delle sezioni stralcio nei tribunali
ordinari),  in relazione all'art. 292 del codice di procedura civile,
promosso  con  ordinanza  emessa il 21 novembre 2000 dal Tribunale di
Roma  nel  procedimento  civile  D'Ortenzi  Giuseppe  contro Artipoli
Andrea,  iscritta  al n. 317 del registro ordinanze 2001 e pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale della Repubblica n. 18, 1a serie speciale,
dell'anno 2001.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 13 marzo 2002 il giudice
relatore Annibale Marini.
    Ritenuto  che il Tribunale di Roma, con ordinanza del 21 novembre
2000, ha sollevato, in riferimento agli artt. 24, secondo comma, 101,
secondo  comma,  e 111, primo comma, della Costituzione, questione di
legittimita'  costituzionale dell'art. 13, numero 2 (recte: comma 2),
della  legge  22 luglio 1997, n. 276 (Disposizioni per la definizione
del  contenzioso civile pendente: nomina di giudici onorari aggregati
e  istituzione  delle  sezioni stralcio nei tribunali ordinari), - in
relazione  al disposto dell'art. 292 del codice di procedura civile -
nella   parte   in   cui   non   prevede   la  notificazione  (recte:
comunicazione)  al  convenuto contumace del provvedimento che dispone
la  convocazione  delle  parti  per  l'esperimento  del  tentativo di
conciliazione;
        che,  secondo  il giudice a quo stante la mancata previsione,
nella  elencazione  tassativa  degli atti da comunicare al contumace,
contenuta   nell'art. 292   del   codice  di  procedura  civile,  del
provvedimento  di  cui  alla  norma  censurata, quest'ultima dovrebbe
essere interpretata come riguardante le sole "parti costituite";
        che,  cosi'  interpretata,  la  norma risulterebbe, tuttavia,
lesiva  sia  del  principio del giusto processo sancito dall'art. 111
della  Costituzione  che di quello, ad esso connesso, di legalita' di
cui  all'art. 101,  secondo comma, della Costituzione, non potendo il
giudice esperire il previsto tentativo di conciliazione a causa della
mancata  comunicazione al contumace del provvedimento di convocazione
delle parti;
        che  sarebbe,  altresi',  violato  l'art. 24,  secondo comma,
della  Costituzione  essendo  il contumace privato, per effetto della
mancata  comunicazione  di  cui  sopra, del potere di avvalersi di un
mezzo   processuale   il  cui  esperimento  potrebbe  consentire  una
definizione immediata del contenzioso;
        che  e'  intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello
Stato, il quale ha concluso per la declaratoria di infondatezza della
questione;
        che,   in   particolare,   la  difesa  pubblica  osserva  che
correttamente  l'art. 292  del codice di procedura civile non prevede
l'obbligo  di notificare (recte: comunicare) al contumace l'ordinanza
con  cui  e'  disposto  il  tentativo  di  conciliazione, dato che le
garanzie   apprestate   al  contumace  concernono  solamente  o  atti
suscettibili  di  mutare l'ambito del processo, quali domande nuove o
riconvenzionali,  ovvero  atti  istruttori  che possano concretamente
influire  sul convincimento del giudice o sulla decisione della causa
(interrogatorio o giuramento);
        che,  secondo  l'interveniente,  il  contumace  (tale per sua
scelta) potrebbe comunque, attraverso un accesso alla Cancelleria del
giudice  procedente,  conoscere la data fissata per l'esperimento del
tentativo  di conciliazione, obbligatoriamente previsto dall'art. 13,
comma 2, della legge n. 279 del 1997;
        che,  comunque,  il tentativo di conciliazione non sarebbe un
mezzo di difesa della parte processuale, essendo, invece, finalizzato
alla  soddisfazione  del  generale  interesse alla composizione delle
liti ed allo smaltimento del contenzioso arretrato.
    Considerato  che  la questione di costituzionalita' sollevata dal
Tribunale  di Roma riguarda l'art. 13, comma 2, della legge 22 luglio
1997,  n. 276 (Disposizioni per la definizione del contenzioso civile
pendente:  nomina  di  giudici  onorari aggregati e istituzione delle
sezioni  stralcio  nei  tribunali ordinari), nella parte in cui - nei
giudizi  civili di competenza delle sezioni stralcio, gia' rimessi al
collegio  ai  sensi dell'art. 189 del codice di procedura civile alla
data  di entrata in funzione delle medesime, ma non ancora assunti in
decisione - non consentirebbe la notificazione (recte: comunicazione)
al  convenuto  contumace  del  provvedimento  con il quale il giudice
istruttore  designato  per  la  prosecuzione  del giudizio convoca le
parti dinanzi a se' per l'esperimento del tentativo di conciliazione;
        che  il  giudice  a  quo  ritiene  che la norma censurata sia
ostativa  della  possibilita'  di  procedere  alla  comunicazione  al
contumace   del   provvedimento   di  convocazione  delle  parti  per
l'esperimento del tentativo di conciliazione;
        che,  secondo  la  giurisprudenza di questa Corte, dinanzi ad
una  scelta  interpretativa  suscettibile di determinare un contrasto
fra  la norma censurata e la Costituzione, l'interprete deve cercarne
una diversa che eviti il supposto conflitto (cfr. sentenza n. 242 del
1999;  ordinanze  n. 3 del 2002 e n. 158 del 2000), dato che le leggi
non si dichiarano costituzionalmente illegittime perche' e' possibile
darne  interpretazioni  incostituzionali,  ma  perche' e' impossibile
darne  di  costituzionali  (cfr.,  fra  le molte, sentenza n. 200 del
1999);
        che,  ad  avviso  del  rimettente,  una interpretazione della
norma  censurata  nel  senso  che  la  convocazione  delle  parti per
l'esperimento  del tentativo di conciliazione debba essere comunicata
anche  al  contumace,  pur  conforme  a  Costituzione  oltre che alla
lettera   della   norma,  sarebbe  tuttavia  preclusa  dalla  mancata
inclusione  di  tale atto nell'elencazione tassativa di quelli che, a
norma  dell'art. 292  del  codice  di procedura civile, devono essere
comunicati al contumace;
        che il supposto impedimento alla suddetta interpretazione e',
invece,  inesistente  in  quanto  l'art. 292  del codice di procedura
civile,  attesa la sua anteriorita' alla norma censurata, non avrebbe
potuto evidentemente riferirsi a quest'ultima;
        che  risulta,  invece,  del  tutto  conforme  ai principi che
regolano  la  successione  delle  leggi nel tempo ritenere l'art. 292
cod.  proc.  civ. tacitamente modificato dalla norma impugnata con la
previsione   di   un  ulteriore  atto  da  comunicare  al  contumace,
rappresentato  dal  provvedimento  di  convocazione  delle  parti per
l'esperimento del tentativo di conciliazione;
        che,  pertanto,  la  questione  va  dichiarata manifestamente
infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 89,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.