Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura Generale dello Stato, negli uffici della quale in Roma, via dei Portoghesi n. 12, domicilia per legge (delibera del Consiglio dei ministri 28 marzo 2002). Contro la Regione Sardegna, in persona del Presidente pro tempore, per la declaratoria di illegittimita' costituzionale della legge regionale 5 febbraio 2002, n. 5 - pubblicata in B.U.R. Sardegna n. 4 dell'8 febbraio 2002, recante "Modifiche dell'art. 49 della l.r. 29 luglio 1998, n. 23 "Norme per la protezione della fauna selvatica e per l'esercizio della caccia in Sardegna" concernente il periodo di caccia. 1. - L'art. 1 della l.r. 7 febbraio 2002, n. 5 dispone: "1. Il comma 1 dell'art. 49 della legge regionale, n. 23 del 1998 e' sostituito dal seguente: 1. Ai fini dell'attivita' venatoria nel territorio della Sardegna e' consentito abbattere esemplari di fauna selvatica di cui all'art. 48 nel periodo compreso tra la terza domenica di settembre ed il 28 febbraio dell'anno successivo, a condizione che le specie non siano cacciate durante il periodo della nidificazione, ne' durante le varie fasi della riproduzione e della dipendenza e, qualora si tratti di specie migratorie, non vengano cacciate durante il periodo della riproduzione e durante il ritorno al luogo di nidificazione, con le seguenti eccezioni: a) Cinghiale (Sus scrofa), dal 1 novembre al 31 gennaio dell'anno successivo; b) Tortora selvatica (Streptopedia turtur), dal primo giorno di settembre per un massimo di due giornate". Con la legge in esame la Regione Sardegna modifica una norma contenuta nella propria legge organica sulla caccia, nel senso di consentire che la stagione venatoria abbia termine il 28 febbraio di ogni anno. Va in primo luogo rappresentato che la formulazione originaria della norma che viene oggi modificata era stata oggetto di impugnativa di fronte alla Corte costituzionale in quanto essa introduceva, nel territorio della Sardegna, una estensione del periodo di esercizio della caccia rispetto a quello fissato per il territorio nazionale dall'art. 18 della legge quadro n. 157/1992. La Corte costituzionale aveva accolto, con sentenza n. 323/1998, il predetto ricorso dichiarando l'illegittimita' dell'articolo della legge regionale proprio in ragione dell'accertata violazione della norma nazionale ritenuta dalla Corte stessa vincolante. 2. - La Regione, essendo intervenuta la riforma del titolo V della Costituzionale, ha ritenuto che il nuovo assetto di competenze delineato dal novellato art. 117 vada letto nel senso di riconoscere la competenza esclusiva regionale sulla materia caccia, legittimando pertanto la possibilita' di portare il termine di chiusura della stagione venatoria ad una data diversa da quella stabilita dalla normativa quadro statale. La tesi non e' condivisibile. La giurisprudenza costituzionale ha sempre ritenuto vincolanti, anche per le regioni a statuto speciale, dotate di competenza primaria sulla materia caccia, le disposizioni della legge quadro n. 157/1992 riguardanti le specie cacciabili e i periodi di caccia. Tuttavia, indubbiamente, le norme della disciplina quadro statale sul prelievo venatorio vanno oggi lette alla luce della riforma costituzionale che, peraltro, riscrivendo la norma relativa al riparto della competenza legislativa tra Stato e regioni, ha disposto (art. 10 legge Cost. n. 3/2001) che, fino all'adeguamento dei rispettivi statuti, le nuove norme sono applicabili anche alle regioni a statuto speciale per le parti in cui prevedono forme di autonomia piu' ampie rispetto a quelle gia' attribuite. Cio' premesso occorre quindi stabilire se la disciplina della caccia possa o meno ritenersi attribuita alla potesta' legislativa esclusiva delle regioni, ovvero se essa assurga ad autonomia rispetto alle materie mantenute alla competenza legislativa statale o attribuite in via concorrente alle regioni. Se puo' ritenersi che gli aspetti piu' strettamente connessi alla regolamentazione dell'esercizio venatorio rientrino nella competenza esclusiva regionale, da esercitarsi comunque in osservanza dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali, e' fuor di dubbio che la competenza attribuita allo Stato sulla tutela dell'ambiente e l'ecosistema costituisce limite alla potesta' legislativa regionale sulla matena. La stessa Corte costituzionale, infatti, ha elaborato il concetto giuridico di ambiente, nella cui protezione rientra appieno la tutela della fauna selvatica, affermando che l'ambiente e' protetto come elemento determinativo della qualita' della vita, e (sent. n. 1002/1988 e n. 169/1999) che "il fine pubblico primario e prevalente perseguito dalla legge n. 157/1992 consiste nella protezione della fauna, obiettivo prioritario cui deve subordinarsi e aderire la regolamentazione dell'attivita' venatoria". In particolare, quindi, procrastinare la chiusura della stagione venatoria al 28 febbraio di ogni anno allunga l'arco temporale in cui e' consentito, ai sensi dell'art. 18 della legge n. 157/1992, l'esercizio della caccia a varie specie di fauna selvatica e cio' non e' giustificato da alcun elemento peculiare del territorio sardo, considerato che l'Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, organismo tecnico scientifico cui lo Stato italiano ha affidato compiti di ricerca e consulenza sulla materia, ha espresso in proposito una valutazione negativa. Detta circostanza, pertanto, poiche' comporterebbe un pregiudizio alle azioni di conservazione della specie di fauna selvatica, in contrasto con la disposizione di cui all'art. 18, comma 2, della legge n. 157/1992, che si configura come legge posta a tutela dell'ambiente, invade la competenza esclusiva statale sulla materia, di all'art. 117, comma 1, lettera s) della Costituzione.