ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 8, secondo
comma,  del  regio  d.l. 27 novembre 1933, n. 1578 (Ordinamento delle
professioni   di   avvocato   e   di  procuratore),  convertito,  con
modificazioni,  nella  legge  22 gennaio  1934,  n. 36,  promosso con
ordinanza  emessa  il  21 dicembre  2000  dal  Tribunale  di Trento -
sezione  distaccata  di  Borgo  Valsugana  -  nel procedimento civile
vertente tra l'albergo "Al Bivio" S.a.s. e Doff Sotta Maria ed altre,
iscritta  al  n. 283  del  registro ordinanze 2001 e pubblicata nella
Gazzetta   Ufficiale  della  Repubblica  n. 17,  1a  serie  speciale,
dell'anno 2001.
    Visti  l'atto  di  costituzione di Gadenz Luca, nonche' quello di
intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 30 gennaio 2002 il giudice
relatore Riccardo Chieppa.
    Ritenuto che, nel corso di un giudizio di usucapione - instaurato
da una societa' con atto di citazione sottoscritto come difensore dal
dott.  Luca  Gadenz,  praticante  avvocato abilitato al patrocinio ed
iscritto  nel  registro  speciale dei praticanti tenuto dal Consiglio
dell'Ordine  degli  Avvocati  di  Venezia  -, il Tribunale di Trento,
sezione  distaccata  di  Borgo Valsugana, ha sollevato, con ordinanza
decisa   il  21 dicembre  2000  e  depositata  il  20 febbraio  2001,
questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 8, secondo comma,
del   regio   d.l.   27 novembre  1933,  n. 1578  (Ordinamento  delle
professioni   di   avvocato   e   di  procuratore),  convertito,  con
modificazioni, nella legge 22 gennaio 1934, n. 36;
        che,  secondo  l'anzidetta  ordinanza,  la  norma denunciata,
stabilendo   che   i   praticanti  abilitati  al  patrocinio  possono
esercitare  la  loro  attivita'  soltanto  davanti  ai  tribunali del
distretto,  nel  quale  e'  compreso l'ordine circondariale che ha la
tenuta  del  registro,  si  porrebbe  in contrasto con l'art. 3 della
Costituzione  per  la ingiustificata disparita' di trattamento creata
tra  avvocati e praticanti abilitati; la differenza tra le due figure
professionali  se  puo',  secondo il giudice rimettente, giustificare
che  l'attivita'  di questi ultimi sia qualitativamente limitata alla
trattazione   delle   cause   c.d.   ex   pretorili  e  temporalmente
circoscritta  alla  durata di sei anni, non sarebbe, invece, idonea a
giustificare  la  limitazione  territoriale della medesima attivita';
cio'  soprattutto  a  seguito  dell'entrata  in  vigore  della  legge
24 febbraio  1997,  n. 27  (Soppressione  dell'albo  dei  procuratori
legali e norme in materia di esercizio della professione forense) che
ha  parificato  la  figura  dei  procuratori  legali  a  quella degli
avvocati,  eliminando il preesistente vincolo territoriale previsto a
carico  dei primi, nonche' dell'art. 16 della legge 21 dicembre 1999,
n. 526   (Disposizioni   per   l'adempimento  di  obblighi  derivanti
dall'appartenenza   dell'Italia   alle   Comunita'   europee -  legge
comunitaria 1999) che ha abrogato l'obbligo di residenza nella citta'
ove ha sede l'ordine di appartenenza;
        che la predetta restrizione territoriale non potrebbe neanche
essere  spiegata,  continua  il  giudice  rimettente, alla luce della
necessita'  di  consentire  un controllo da parte del professionista,
presso  il quale viene svolta la pratica forense, ovvero da parte del
Consiglio dell'ordine di appartenenza;
        che  la possibilita' di ottenere l'abilitazione al patrocinio
dimostra  che  il  controllo  dell'avvocato non costituirebbe un dato
indefettibile,  potendo,  in  ogni modo, essere, di fatto, esercitato
anche  rispetto  all'attivita'  svolta dal praticante al di fuori del
distretto;  la vigilanza del Consiglio dell'ordine, sempre secondo il
giudice a quo, potrebbe anch'essa estendersi alla predetta attivita',
servendosi di eventuali segnalazioni provenienti dagli altri Consigli
o direttamente dalle autorita' giurisdizionali interessate;
        che    la   rilevanza   della   questione   di   legittimita'
costituzionale  sollevata  deriverebbe, osserva il giudice a quo, dal
fatto che:
            a)  il  praticante  avvocato  e'  iscritto  nel  registro
speciale  tenuto  dal  Consiglio  dell'ordine  presso il Tribunale di
Venezia, mentre il Tribunale adito fa parte del distretto della Corte
d'appello di Trento;
            b)  gli  atti  processuali  sottoscritti  da  procuratore
esercitante   extra   districtum   sarebbero,   secondo  un  costante
orientamento giurisprudenziale, insanabilmente nulli;
        che  e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
chiedendo che la questione sollevata venga dichiarata infondata;
        che  si e' costituito il dott. Luca Gadenz, patrocinatore nel
giudizio  a  quo,  il  quale, in via preliminare, afferma di avere un
interesse  personale  all'esito  del  giudizio  di costituzionalita',
destinato  ad  incidere  sulla  sua posizione professionale, sotto il
profilo disciplinare e penale; nel merito chiede l'accoglimento della
questione   sollevata,  riportandosi  alle  argomentazioni  contenute
nell'ordinanza di rimessione, rilevando, inoltre, la incompatibilita'
con  il  c.d.  diritto  di  stabilimento,  che  regola  le  attivita'
economiche nell'ambito della Unione europea, di qualunque sbarramento
territoriale,   il  quale,  tra  l'altro,  creerebbe  situazioni  "di
disparita' casuale legata alla confinazione territoriale";
        che  il  dott.  Gadenz  ha  depositato, nella imminenza della
camera di consiglio, una memoria integrativa, nella quale si sostiene
la  propria  legittimazione  e si insiste per la irragionevolezza del
vincolo territoriale, che, peraltro, sarebbe stato eliminato.
    Considerato   che   preliminarmente  deve  essere  dichiarata  la
inammissibilita'  della  costituzione  del  dott. Gadenz, che non era
parte nel giudizio a quo ma semplice difensore della societa' attrice
in  base  a  procura  con  conferimento  di  ius postulandi avanti al
Tribunale di Trento;
        che   l'ordinanza   di   rimessione  e'  basata  sull'erroneo
presupposto  della esigenza - sul piano costituzionale - di identita'
di   trattamento,   per   quanto   riguarda   l'ambito   territoriale
dell'attivita'   avanti  ad  organi  giurisdizionali  (tribunali  del
distretto  nel  quale  e'  compreso l'ordine circondariale, che ha la
tenuta del registro in cui e' iscritto il praticante), tra praticante
avvocato e avvocato;
        che  la  scelta  limitativa  per  i  praticanti rientra nella
discrezionalita'  del  legislatore,  che si basa su una valutazione -
ne'   manifestamente   irragionevole  ne'  palesemente  arbitraria  -
collegata alla differenza di status del praticante, semplice laureato
in  giurisprudenza,  iscritto  in  un  registro  speciale,  svolgente
temporaneamente  la  pratica  prevista dall'ordinamento professionale
(r.d.l.  27 novembre  1933, n. 1578), ed ammesso, con limitazioni, ad
esercitare il patrocinio, in attesa di sostenere e superare gli esami
per   l'abilitazione  all'esercizio  professionale  (art. 33,  quinto
comma, della Costituzione);
        che   il   conseguimento   dell'abilitazione   professionale,
collegato  all'iscrizione  nell'albo  professionale,  attribuisce  la
qualificazione piena e permanente per l'attivita' di avvocato, mentre
il periodo di pratica forense e', per quanto riguarda l'esercizio del
patrocinio,  limitato  nell'attivita' professionale e nel tempo (dopo
un anno di iscrizione nel registro e per non piu' di sei anni: art. 8
del  r.d.l.  n. 1578  del  1933;  art. 10 della legge 27 giugno 1988,
n. 242, recante "Modifiche alla disciplina degli esami di procuratore
legale")  ed e' sottoposto ad una particolare vigilanza del Consiglio
dell'ordine  di  appartenenza (art. 14, lettera c, del r.d.l. n. 1578
del  1933) e a speciali adempimenti - attinenti alla frequenza di uno
studio di avvocato e all'esercizio del patrocinio (art. 17, numero 5,
del  r.d.l.  n. 1578 del 1933; artt. 8 e 10 del r.d. 22 gennaio 1934,
n. 37   recante   "Norme  integrative  e  di  attuazione  del  r.d.l.
27 novembre  1933,  n. 1578  sull'ordinamento  della  professione  di
avvocato  e  di  procuratore"; d.P.R. 10 aprile 1990, n. 101, recante
"Regolamento relativo alla pratica forense per l'ammissione all'esame
di   procuratore   legale")   -  collegati  a  poteri  del  Consiglio
dell'ordine  presso  il  quale  sono  iscritti  per  la  pratica e il
patrocinio provvisorio (art. 4 del d.P.R. n. 101 del 1990);
        che e' opportuno sottolineare che non si afferma - sempre sul
piano  costituzionale  - che la scelta effettuata dal legislatore sia
obbligata,  potendo  il tirocinio e l'abilitazione provvisoria (anche
per gli effetti sui procedimenti giurisdizionali) essere diversamente
modulati  dal  legislatore  stesso, per quanto riguarda l'attivita' e
l'ambito territoriale in cui operano i praticanti avvocati ammessi al
patrocinio,  sempre  nei  limiti  della ragionevolezza e del rispetto
delle  esigenze  del  tirocinio  e  della  tutela  degli utenti della
professione;
        che,  inoltre,  il  legislatore  ha  continuato (art. 7 della
legge  16 dicembre  1999, n. 479 recante "Modifiche alle disposizioni
sul  procedimento  davanti al tribunale in composizione monocratica e
altre  modifiche  al  codice di procedura penale. Modifiche al codice
penale  e  all'ordinamento  giudiziario.  Disposizioni  in materia di
contenzioso  civile  pendente,  di indennita' spettanti al giudice di
pace  e di esercizio della professione forense" e art. 246 del d.lgs.
19 febbraio  1998, n. 51 recante "Norme in materia di istituzione del
giudice  unico  di  primo  grado", con affermazione dell'applicazione
"fino  a  quando  non  sara'  attuata  la  complessiva  riforma della
professione  forense")  a fare riferimento - pur con variazione della
tipologia  degli  affari  in cui e' ammessa l'attivita' professionale
dei  praticanti  -  alla  norma denunciata, anche dopo la intervenuta
unificazione  delle professioni e degli albi dei procuratori legali e
degli avvocati (legge 24 febbraio 1997, n. 27);
        che  detta legge del 1997 non ha innovato sulla posizione dei
praticanti  ammessi  al  patrocinio,  se  non  nel  senso che la loro
attivita'  resta  di  tirocinio propedeutico e di formazione rispetto
all'unica   professione  ormai  esistente,  sono,  cioe',  praticanti
avvocati,  titolari di uno status abilitativo provvisorio, limitato e
temporaneo,  giustificato  (cfr.  sentenze  n. 5 del 1999; n. 127 del
1985;   ordinanza   n. 75  del  1999)  da  apprezzabili  esigenze  di
tirocinio;   status   ben  differente  rispetto  a  chi  ha  ottenuto
"l'abilitazione all'esercizio professionale" all'esito di un esame di
Stato e all'iscrizione nell'albo di avvocato;
        che  di  conseguenza  il  praticante  avvocato, che in Italia
esercita  provvisoriamente  il  limitato  patrocinio  (in vista degli
esami   da   affrontare)  in  base  all'ordinamento  nazionale  della
professione  di  avvocato,  non  puo'  essere, neppure, comparato con
l'avvocato   proveniente  da  altro  Stato  comunitario  ed  invocare
l'incompatibilita' di sbarramenti territoriali con il c.d. diritto di
stabilimento;
        che,  pertanto, la questione risulta manifestamente infondata
in relazione all'indicato parametro dell'art. 3 della Costituzione.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n.87,  e  9,  secondo  comma,  delle  norme integrative per i giudizi
avanti alla Corte costituzionale.