ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 21 della legge
6 dicembre  1971,  n. 1034  (Istituzione dei tribunali amministrativi
regionali),   come  novellato  dalla  legge  21 luglio  2000,  n. 205
(Disposizioni in materia di giustizia amministrativa) e dell'art. 700
del  codice  di  procedura  civile,  promosso con ordinanza emessa il
15 febbraio   2001   dal  tribunale  amministrativo  regionale  della
Lombardia  sul  ricorso  promosso  dalla Casa di cura "Villa Letizia"
s.r.l.  contro  la Regione Lombardia, iscritta al n. 268 del registro
ordinanze   2001,   e   pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 16, 1a serie speciale dell'anno 2001.
    Visto  l'atto  di costituzione della Casa di cura "Villa Letizia"
s.r.l., nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  26 febbraio  2002  il giudice
relatore Riccardo Chieppa;
    Uditi  gli  Avvocati  Aldo  Bozzi e Giuseppe Bozzi per la Casa di
cura  "Villa  Letizia"  s.r.l.  e  l'Avvocato  dello Stato Ignazio F.
Caramazza per il Presidente del Consiglio dei ministri.
    Ritenuto   che   il   tribunale  amministrativo  regionale  della
Lombardia,  con  ordinanza  del  Presidente della III Sezione in data
15 febbraio  2001,  ha  riproposto,  in considerazione della ritenuta
permanente  rilevanza,  la  questione gia' oggetto dell'ordinanza (di
restituzione atti a seguito della sopravvenuta legge n. 205 del 2000)
della  Corte n. 536 del 2000, relativa alla questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 21  della  legge  6 dicembre  1971, n. 1034
(Istituzione  dei tribunali amministrativi regionali), come novellato
dalla  legge  21 luglio  2000,  n. 205  (Disposizioni  in  materia di
giustizia amministrativa), "nella parte in cui esclude la tutela ante
causam   e   la  conseguente  applicabilita'  dell'art. 700  e  degli
artt. 669   e   seguenti   cod.   proc.   civ.   davanti  al  giudice
amministrativo";
        che  viene  proposta  una ulteriore questione di legittimita'
costituzionale,   in   riferimento  agli  artt. 3,  24  e  113  della
Costituzione,  dell'art.  700  cod. proc. civ. "laddove espressamente
prevede  che  la  tutela  cautelare  ante causam sia accordabile, nel
concorso  dei  presupposti di legge, solo ai diritti soggettivi e non
agli interessi legittimi";
        che, secondo il giudice a quo l'intervenuto art. 3, commi 1 e
2,  della  legge  n. 205 del 2000, con sostituzione del settimo comma
dell'art. 21   della   legge   n. 1034  del  1971,  ha  profondamente
modificato  il quadro della precedente disciplina di mera sospensione
dei provvedimenti impugnati con la introduzione della possibilita' di
adottare  misure  cautelari  innominate  piu'  idonee  ad  assicurare
interinalmente   gli  effetti  della  decisione  del  ricorso  ed  ha
abilitato  il  Presidente  del tribunale amministrativo regionale, in
caso  di  estrema  gravita'  ed  urgenza, a disporre misure cautelari
provvisorie con decreto motivato anche in assenza di contraddittorio;
        che  tuttavia  -  sempre  secondo  il giudice rimettente - le
predette  modifiche  presuppongono  sempre  l'avvenuta  redazione, la
notifica,  nonche'  il  deposito del ricorso in sede giurisdizionale,
affinche'  la  richiesta  misura  cautelare  provvisoria possa essere
reputata  ammissibile,  con  conseguente  persistenza della rilevanza
delle  questioni  in  mancanza  di  possibilita'  di  intervento ante
causam;
        che  il  giudice  rimettente  si  richiama  ad  una posizione
processuale  della pubblica amministrazione, che sarebbe privilegiata
dinanzi  al  giudice  amministrativo;  alla  sentenza di questa Corte
n. 190 del 1985, non adeguatamente letta e valorizzata dalla dottrina
e  dalla  giurisprudenza in modo da autorizzare la tutela ante causam
per   lo   meno  in  sede  di  giurisdizione  esclusiva  del  giudice
amministrativo;   alla   carenza  di  giustificazione  della  lettura
restrittiva  data dal Consiglio di Stato agli invocati articoli 6 e 1
della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e
delle  liberta'  fondamentali  ratificata  con  legge  4 agosto 1955,
n. 848;  alla  mancanza  di  garanzia  di  effettivita'  della tutela
giurisdizionale  della  corrente  prassi del processo amministrativo;
alla  direttiva  89/665/CEE  del  Consiglio  delle  comunita' europee
21 dicembre  1989  in  tema  di  procedure  del ricorso in materia di
aggiudicazione  degli appalti pubblici di forniture e di lavori; alla
possibilita' di procedimento di infrazione da parte della Commissione
europea; alle diversita' di previsioni di forme di tutela ante causam
avanti  al  giudice amministrativo in altri ordinamenti europei; alla
possibilita' che la Corte sollevi d'ufficio questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 3 della legge n. 205 del 2000, qualora "non
ravvisi  la  possibilita'  di  una  lettura  secondo  Costituzione di
entrambe  le  norme  sopra  indicate",  attingendo alla lata potesta'
attribuitale dall'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
        che  nel  giudizio  ha  spiegato intervento il Presidente del
Consiglio  dei ministri per il tramite dell'Avvocatura generale dello
Stato,  che  ha  concluso  per  la inammissibilita' o la infondatezza
della questione, sottolineando:
        a) la provenienza dell'ordinanza dal Presidente della Sezione
III  del  Tribunale  amministrativo  regionale,  al quale non sarebbe
riconosciuto alcun potere giurisdizionale in via monocratica;
        b)  l'intervenuta  adozione del provvedimento di sospensione,
facendosi  applicazione  della  norma  censurata  nel senso auspicato
dalla ordinanza di remissione;
        c)  la  instaurazione  da tempo del giudizio con ricorso, con
possibilita'  per  il  Tribunale  amministrativo  regionale nella sua
composizione  collegiale  di  fornire concreta tutela anche alla luce
dello ius novum;
        d)  la  prospettazione  di  questione  volta  ad  ottenere un
pronunciato generale ed astratto da valere in futuri giudizi;
        che  nel  giudizio  si  e'  costituita  la  parte privata del
procedimento  a quo la quale, dopo aver illustrato le ragioni per cui
si  imponeva  una  tutela cautelare immediata ante causam ha concluso
per    l'accoglimento    delle    questioni    sollevate,   svolgendo
argomentazioni   adesive   a  quelle  prospettate  nell'ordinanza  di
rimessione;
        che,  in  prossimita'  della  data  fissata  per  la pubblica
udienza,  la  parte  privata  ha  depositato  una  memoria, in cui si
controdeduce   ampiamente   sulla   rilevanza,  in  riferimento  alla
circostanza che tale questione nel procedimento cautelare ante causam
si  inserisce  come questione incidentale interna, con la conseguenza
che  il  giudice  monocratico adito non esaurisce la sua potesta'; si
insiste,  nel  merito,  nelle  conclusioni  gia'  rassegnate, ponendo
l'accento   sia   sulla   nuova   formulazione   dell'art. 111  della
Costituzione,  ove  viene  affermato  il  principio  del rispetto del
"giusto   processo",   sia   sul   primo  comma  dell'art. 117  della
Costituzione,  come  novellato con la legge costituzionale 18 ottobre
2001,   n. 3  (Modifiche  al  Titolo  V  della  parte  seconda  della
Costituzione),  che  imporrebbe una interpretazione conforme anche ai
vincoli ed obblighi internazionali;
        che anche l'Avvocatura generale dello Stato ha depositato una
memoria  in  cui  ribadisce  le  eccezioni  di  inammissibilita' gia'
eccepite,  aggiungendo  ulteriori  profili  di  inammissibilita'  sul
rilievo:
        a)  della omissione di pronuncia sulla rilevanza da parte del
giudice a quo;
        b)    della   sostanziale   esistenza   di   mero   contrasto
interpretativo  tra  il  giudice  di  primo  grado  ed  il giudice di
appello, impropriamente devoluto alla Corte costituzionale;
        c)  della  richiesta  di  una pronuncia di tipo additivo, che
introduca  nel  corpo  del processo amministrativo un istituto avente
carattere  di  sostanziale novita', compito riservato al legislatore,
indirizzato, peraltro, verso un sistema differente;
        d)  della  incertezza  se  la questione sollevata riguardi in
generale  la  tutela  di  interessi  legittimi ovvero la tutela delle
posizioni soggettive lese nell'ambito della giurisdizione esclusiva;
        e)  dell'irrilevanza della questione dell'art. 700 cod. proc.
civ.  nel  processo a quo trattandosi di strumento cautelare previsto
solo per il giudice civile.
    Considerato   che,   a  prescindere  -  per  motivi  di  economia
processuale - dai molteplici profili di inammissibilita' eccepiti, le
questioni   prospettate   possono   essere   agevolmente   dichiarate
manifestamente  infondate  sulla  base di una serie di considerazioni
concorrenti;
        che  il legislatore, nella sua discrezionalita' - con il solo
limite   della   non   manifesta   irragionevolezza   o   non  palese
arbitrarieta'  -  puo' adottare norme processuali differenziate tra i
diversi  tipi  di giurisdizioni e di riti procedimentali, non essendo
tenuto,  sul  piano  costituzionale,  ad  osservare  regole  uniformi
rispetto  al  processo  civile,  proprio  per  le ragioni che possono
giustificare   la   pluralita'   di   giurisdizioni,   le  diversita'
processuali e le differenze delle tipologie dei riti speciali (v., da
ultimo, ordinanza n. 343 del 2001 e, per l'autonomia e particolarita'
dei  diversi  sistemi  processuali, ordinanze n. 30 del 2000 e n. 359
del 1998; sentenza n. 53 del 1998);
        che   nel  processo  amministrativo  la  tempestivita'  e  la
effettivita'  della  tutela  anche cautelare sono ormai completamente
assicurate  -  per  i  profili  prospettati  -  dal  complesso  delle
disposizioni processuali, che prevedono:
        a)   la   massima   semplicita'  e  flessibilita'  del  mezzo
introduttivo   dei   giudizi   amministrativi,  anche  attraverso  il
meccanismo  dei motivi aggiunti e l'impugnazione di atti sopravvenuti
o  conosciuti  dopo  la  proposizione del ricorso (art. 1 della legge
n. 205  del  2000, sostitutivo dell'art. 21, primo comma, della legge
6 dicembre 1971, n. 1034; combinato disposto dell'art. 19 della legge
n. 1034  del  1971  e art. 6 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642
recante    "Regolamento    di    procedura   dinanzi   alle   sezioni
giurisdizionali del Consiglio di Stato");
        b)  la  possibilita'  di  abbreviazione dei termini, anche ai
fini  della  instaurazione  del  contraddittorio  (combinato disposto
dell'art. 19  della  legge n. 1034 del 1971 e degli artt. 20 e 36 del
regio decreto n. 642 del 1907);
        c)  la  non  tassativita' dei mezzi per l'effettuazione delle
notifiche  dell'atto introduttivo, compresi quelli in tempo reale per
via  telematica  o  telefax (art. 12 della legge n. 205 del 2000, con
richiamo anche all'art. 151 cod. proc. civ.);
        d)  una  ampiezza  di  contenuto delle misure cautelari, piu'
idonee  -  secondo  le circostanze - ad assicurare interinalmente gli
effetti  della  decisione  del  ricorso (art. 3, comma 1, della legge
n. 205 del 2000, sostitutivo dell'art. 21, settimo comma, della legge
n. 1034 del 1971);
        e)  l'emanabilita', "in caso di estrema gravita' ed urgenza",
di  misure  cautelari  interinali  con  decreto  del  Presidente  del
Tribunale  amministrativo  regionale  o  della Sezione, con efficacia
fino  alla  pronuncia collegiale (art. 3, comma 1, della legge n. 205
del  2000,  con introduzione del comma settimo-bis dell'art. 21 della
legge n. 1034 del 1971);
        f)  la possibilita', anche in sede di camera di consiglio per
l'esame  della  domanda cautelare, di definire il giudizio nel merito
con  decisioni  in  forma  semplificata (art. 3, comma 1, della legge
n. 205  del 2000, con introduzione del comma settimo-bis dell'art. 21
della legge n. 1034 del 1971; art. 9, comma 1, della legge n. 205 del
2000,  con  sostituzione  dell'ultimo  comma dell'art. 26 della legge
n. 1034 del 1971);
        g)  la  possibilita'  di  dichiarare  i ricorsi urgenti (c.d.
istanza   di   prelazione)   anche  di  ufficio  (combinato  disposto
dell'art. 19  della  legge n. 1034 del 1971 e artt. 51 e 53 del regio
decreto n. 642 del 1907);
        che  l'anzidetto completo sistema di tutela, anche di urgenza
e  cautelare,  che  riguarda tutte le posizioni azionabili davanti al
giudice  amministrativo,  senza distinzione tra interessi legittimi o
diritti  soggettivi  tutelabili,  esclude  l'applicabilita'  di altri
istituti   propri  del  processo  civile  e,  quindi,  che  si  possa
configurare  una  esigenza  (rilevante  sul  piano costituzionale) di
intervento  additivo  sulle norme relative ai procedimenti di urgenza
della procedura civile;
        che  il sistema di tutela cautelare provvisoria, previsto per
la   giustizia   amministrativa,   consente   l'immediata   pronuncia
interinale  del  Presidente  del Tribunale amministrativo regionale o
della   sezione  cui  il  ricorso  e'  assegnato,  su  richiesta  del
ricorrente  "contestualmente  alla  domanda  cautelare o con separata
istanza  notificata  alle  controparti"  (anche con utilizzazione dei
nuovi  mezzi  di  notifica  in  tempo  reale),  presupponendosi  solo
l'esistenza   di   un   ricorso   giurisdizionale  anche  contestuale
(integrabile  successivamente  attraverso  motivi aggiunti), comunque
depositato,  ed  anche se non sia completato con la prova di tutte le
notifiche,   come   e'   confermato   indirettamente  dalla  espressa
previsione   di  decreto  motivato,  anche  con  contraddittorio  non
completo (art. 3 della legge n. 205 del 2000);
        che  deve  escludersi  una  mancanza  di  effettivita'  della
tutela,  quando  il  ricorrente  si  puo'  avvalere  dei  nuovi mezzi
rapidissimi  di notifica (al di fuori di quelli tradizionali mediante
consegna  materiale  a  mezzo  ufficiale giudiziario e suoi aiutanti)
anche  a  mezzo  telefax  o  per  via  telematica  (uno dei due mezzi
certamente    esistenti    ed    utilizzabili    per   le   pubbliche
amministrazioni),  accompagnati  da  eventuale riduzione di termini e
contestuale decreto di fissazione sia di possibile convocazione delle
parti  avanti  al  Presidente  (ove questi la ritenga opportuna), sia
della successiva prima camera di consiglio collegiale utile;
        che la sentenza n. 190 del 1985 non ha affatto introdotto nel
giudizio  amministrativo  una  procedura  autonoma  del  ricorso  per
provvedimenti  di  urgenza  ante  causam  ma ha ampliato i poteri del
giudice amministrativo "nelle controversie patrimoniali in materia di
pubblico  impiego,  sottoposte  alla  sua  giurisdizione  esclusiva",
incidendo   solo   sul   contenuto   del   provvedimento   cautelare,
identificabile  non piu' con la sola "sospensione", ma comprensivo di
ogni  misura cautelare (c.d. tutela cautelare innominata), che appaia
piu'   idonea   ad  assicurare  provvisoriamente  gli  effetti  della
decisione sul merito;
        che,   del   resto,   un   ampliamento  interpretativo  della
sospensione  dell'atto  impugnato  si e' verificato, nel tempo, anche
prima della invocata sentenza di questa Corte e, progressivamente, in
tutti  i  campi  del  processo amministrativo ad opera della graduale
evoluzione   della   giurisprudenza   dei   Tribunale  amministrativo
regionale  e  del  Consiglio  di Stato, consentendosi l'impiego delle
piu'  varie  misure  cautelari  per  quanto  attiene al contenuto del
provvedimento,   indirizzo   consolidatosi  legislativamente  con  le
surrichiamate disposizioni della legge n. 205 del 2000;
        che    deve    escludersi,    sulla   base   delle   predette
considerazioni,  che  la pubblica amministrazione si trovi, in ordine
al sistema delle misure cautelari del processo amministrativo, in una
posizione   privilegiata,   che  non  contempli  la  possibilita'  di
intervento,   anche  immediato,  del  giudice  con  misure  cautelari
provvisorie  o  che  comunque  limiti  la  effettivita' della tutela,
sempre  prevista  per  il  sistema  italiano,  avanti  ad  un  organo
giurisdizionale;
        che  non  pertinente all'ambito della controversia, in cui e'
sorta la questione di legittimita' costituzionale (sospensione per 30
giorni dell'esercizio di attivita' sanitaria di casa di cura privata)
e'   il   richiamo   alla  direttiva  89/665/CEE  del  Consiglio  del
21 dicembre  1989, riguardante le procedure del ricorso in materia di
aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, anche
se  la  direttiva  prescrive  che  gli  organi del ricorso competenti
(giurisdizionali o indipendenti dalle autorita' aggiudicatrici) siano
abilitati  a  prendere,  nell'ambito  del  ricorso efficace e rapido,
misure  provvisorie  per  riparare  la  violazione  o  impedire danni
ulteriori,  compresi  provvedimenti di sospensione della procedura di
aggiudicazione    dell'appalto   o   dell'esecuzione   di   decisioni
dell'autorita' aggiudicatrice (casi al di fuori della rilevanza della
questione);
        che  in  ordine  agli  ulteriori aspetti invocati dalla parte
privata in memoria e' sufficiente osservare che l'ambito del giudizio
incidentale  di legittimita' costituzionale non puo' estendersi oltre
i  limiti  e  i profili fissati dalle questioni sollevate dal giudice
nell'ordinanza  di  rimessione,  per  comprenderne  altri,  anche  se
indicati  dalle  parti,  ma  non  fatti propri dal giudice rimettente
(sentenza n. 49 del 1999);
        che   ininfluente   e',   altresi',   il  richiamo  contenuto
nell'ordinanza  di  rimessione all'art. 27 della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  che  riguarda, invece, le pronunce che la Corte puo' emettere
in  caso di accoglimento di questione di legittimita' costituzionale,
dichiarando "nei limiti dell'impugnazione, quali sono le disposizioni
legislative illegittime" e "altresi' quali sono le altre disposizioni
legislative,  la  cui  illegittimita'  deriva  come conseguenza dalla
decisione    adottata"    (c.d.   dichiarazione   di   illegittimita'
consequenziale),   ipotesi  del  tutto  estranee  alla  richiesta  di
sollevare d'ufficio questione di legittimita' costituzionale e per di
piu' in fattispecie in cui la decisione e' di manifesta infondatezza;
        che  sulla base delle predette considerazioni le questioni di
legittimita' costituzionale sollevate sono manifestamente infondate.