IL TRIBUNALE

    Ha  pronunziato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta
al  n. 691/2000  R.G.,  avente  ad  oggetto:  opposizione  a  decreto
ingiuntivo, vertente:
    tra   Comerit   S.r.l.,  in  persona  del  rappresentante  legale
protempore,  rappresentato  e  difeso  dall'avv.  Antonio  Spadetta e
dall'avv.   Giovanni   Ambrosio,   presso   lo   studio  del  secondo
elettivamente  domiciliato in Salerno al corso Garibaldi n. 153, come
da mandato a margine dell'atto di citazione, opponente;
    e  B.F.T.  S.r.l.  -  Bianco Federico Trasporti -, in persona del
legale  rappresentante  pro-tempore  rappresentato e difeso dall'avv.
Domenico  Pio Reitano, unitamente al quale elettivamente domicilia in
Battipaglia,  alla  via P. Baratta n. 194, presso lo studio dell'avv.
Domenico  Forlano,  come  da  mandato  in calce alla copia notificata
dell'atto di citazione, opposto.
    Letti gli atti relativi al procedimento indicato in epigrafe;
    Esaminate  le  osservazioni  svolte  dalle  parti  negli  scritti
difensivi;
                          Premette in fatto
    Con  atto  di  citazione notificato il 10 maggio 2000, la Comerit
S.r.l.  in  persona  del rappresentante legale pro-tempore, conveniva
innanzi  a  questo  tribunale  la B.F.T. S.r.l. in persona del legale
rappresentante pro-tempore, proponendo opposizione avverso il decreto
ingiuntivo  n. 90/2000,  emesso  in suo favore dal Tribunale di Vallo
della Lucania il 27 marzo 2000 e notificato il giorno 1 aprile 2000.
    Nel  sostenere  la fondatezza dell'opposizione proposta, deduceva
che  i servizi di trasporto effettuati dalla societa' convenuta erano
avvenuti in violazione della legge n. 162/1993, la quale prescriveva,
a  pena di nullita', la forma scritta del contratto di trasporto, con
l'obbligo  di specificare a cura del vettore, nello stesso contratto,
il  numero e la data sia dell'iscrizione nell'albo dei trasportatori,
sia delle autorizzazioni al trasporto di cose per conto terzi.
    Osservava  l'opponente  che nel caso di specie tale contratto non
era  mai  stato  sottoscritto  dalle  parti  in  causa e la scrittura
privata  del 28 maggio 1996 non poteva essere considerata idonea allo
scopo,  atteso  che  risultava  essere stata sottoscritta da Giovanni
Siano,   legale   rappresentante  pro-tempore  della  COMMER  S.p.a.,
soggetto  giuridico  distinto  dalla  societa' odierna opponente, nei
confronti  della  quale  era stato emesso il decreto ingiuntivo nella
presente sede opposto.
    Inoltre  nella  scrittura  de  qua non erano stati indicati ne' i
dati  di  iscrizione  all'albo  dei trasportatori ne' quelli relativi
alle  autorizzazioni ministeriali di cui sopra e mancava qualsivoglia
riferimento al prezzo per l'esecuzione dei servizi di trasporto.
    Sulla  base di tali elementi la societa' opponente contestava che
il  credito  vantato  nei  sui  confronti  fosse  certo,  liquido  ed
esigibile, atteso che per i trasporti anteriori al 28 maggio 1996 non
vi  era  alcuna prova dell'avvenuta stipulazione del contratto de quo
per  iscritto  e,  tra  l'altro,  la  scrittura  medesima  era  stata
sottoscritta  da  un soggetto giuridico diverso rispetto alla Comerit
S.r.l..   Evidenziava,   inoltre,   che  la  BFT  aveva  allegato  il
certificato  di  iscrizione  all'albo,  richiesto  dalla legge per la
validita'  del  contratto di trasporto per conto terzi, solo all'atto
della   presentazione   del   ricorso   monitorio,   senza   peraltro
l'indicazione della data di iscrizione, mentre continuavano a mancare
le autorizzazioni in conto terzi.
    Sottolineava,  tra l'altro, che il riferimento ai listini gia' in
uso  era  dizione  generica  che  impediva  l'esatta determinazione e
determinabilita' del prezzo del corrispettivo. Precisava, infine, che
il  visto  dato  dal  Comitato  Provinciale  dell'albo di Salerno non
conferiva alcuna certezza ai conteggi effettuati dalla B.F.T. S.r.l.,
in quanto esso non era espresso in ragione di valutazioni nel merito,
cosi' come stabilito dalle circolari ministeriali in materia.
    Sulla  base  di tali contestazioni parte opponente concludeva per
l'accoglimento dell'opposizione spiegata con conseguente declaratoria
di  nullita'  del  contratto  di  trasporto,  invocato dalla societa'
opposta  a  fondamento della pretesa creditoria, e con condanna della
stessa al pagamento in favore della Comerit S.r.l. della somma pari a
L. 749.000.000, da essa pagata per trasporti effettuati in violazione
della  normativa  vigente in materia, vinte le spese e gli onorari di
giudizio.
    Si  costituiva  la  B.F.T.,  in persona del legale rappresentante
pro-tempore,  la  quale contestava la fondatezza delle difese avverse
ed evidenziava che le tariffe per i trasporti erano state allegate al
contratto de quo, come era evincibile dai documenti prodotti in altro
giudizio pendente sempre tra le stesse parti innanzi ad altro giudice
istruttore  presso  il tribunale di Vallo della Lucania. L'iscrizione
all'albo   dei   trasportatori   era  regolarmente  avvenuta  ed  era
evincibile  dalla  semplice  lettura  dell'albo  de  quo, liberamente
accessibile  a  tutti, sicche' la mancata indicazione di essa non era
in  grado di esplicare alcun effetto. Evidenziava che in sostituzione
delle   clausole  nulle  operava  il  meccanismo  della  sostituzione
automatica  previsto  dall'art. 1339 c.c., sicche' andavano applicate
al  rapporto intercorso tra le parti le tariffe minime normativamente
fissate dalla legge in sostituzione di quelle allegate al contratto.
    Sulla base di tali difese parte opposta concludeva per il rigetto
dell'opposizione  proposta  e  della  spiegata  riconvenzionale,  con
condanna  della  Comerit  S.r.l.  al  pagamento  del maggior danno ex
art. 1224  c.c., e di quello previsto dall'art. 96 c.p.c., nonche' al
pagamento delle spese di giudizio.
    La  causa  riceveva la trattazione e, all'esito di detta fase, la
causa  era rinviata per la precisazione delle conclusioni, al fine di
risolvere   la  questione  pregiudiziale  in  ordine  alla  validita'
dell'accordo  stipulato  dalle  parti  in  causa;  all'udienza del 5
ottobre  2001 erano precisate le conclusioni, indi, il g.i. assegnava
alle  parti  costituite  i  termini  di  legge  per il deposito delle
comparse  conclusionali  e  delle  memorie  di replica, riservando la
decisione dopo la loro scadenza ed ora,

                         Osserva in diritto

    La  decisione  in  merito  all'opposizione  proposta  avverso  il
decreto  ingiuntivo  n. 90/2000  investe necessariamente la questione
relativa  alla  validita'  del contratto di trasporto per conto terzi
stipulato dalle parti costituite nell'odierno giudizio.
    Invero  le  difese  spiegate  dall'opponente in atto di citazione
sono  mirate  essenzialmente e principalmente ad evidenziare come tra
la  Comerit  S.r.l.  e la B.F.T. Bianco Federico Trasporti S.r.l. non
sia mai intervenuta alcuna pattuizione scritta in ordine ai trasporti
di  cose  per  conto  terzi da effettuarsi su incarico della societa'
opponente,  ragion per cui nulla l'opposta potrebbe pretendere a tale
titolo.
    E' evidente che l'eventuale fondatezza dell'eccezione di nullita'
del  contratto de quo sarebbe in grado da una parte di paralizzare la
pretesa creditoria della societa' opposta (almeno nei termini da essa
prospettati),  dall'altra,  determinerebbe la necessita' di accertare
quali sarebbero le tariffe applicabili in mancanza di tale contratto,
attesa   la  domanda  di  ripetizione  dell'indebito  spiegata  dalla
societa'  opponente  in  relazione  alle  somme  gia'  pagate  per  i
trasporti  effettuati  dalla  B.F.T  S.r.l.  per  conto della Comerit
S.r.l. ed il disposto normativo di cui all'art. 56 legge n. 298/1974,
che  ricollega  l'applicazione del regime tariffario legislativamente
fissato alla obbligatoria compilazione dei documenti.
    La  norma  applicabile  al  caso  di  specie  e'  l'art. 26 legge
n. 298/1974,  cosi' come modificato dalla legge n. 162/1993, il testo
del  quale,  prima  dell'ultima  modifica  intervenuta  con  la legge
n. 334/2001  (successiva  all'instaurazione  del  presente giudizio),
disponeva:  "Ai  fini  di  cui al presente articolo, al momento della
conclusione del contratto di autotrasporto di cose per conto terzi, a
cura  di  chi  effettua  il  trasporto, sono annotati nella copia del
contratto di trasporto da consegnare al committente, pena la nullita'
del  contratto stesso, i dati relativi agli estremi dell'attestazione
di iscrizione all'albo e dell'autorizzazione al trasporto di cose per
conto  terzi rilasciati dai competenti comitati provinciali dell'albo
nazionale  degli  autotrasportatori di cui all presente legge, da cui
risulti il possesso dei prescritti requisiti di legge".
    Tale  norma,  fino alla modificazione legislativa sopra indicata,
era  stata pressoche' uniformemente interpretata dalla giurisprudenza
di  merito nel senso che erano da considerarsi insanabilmente nulli i
contratti  stipulati  solo  oralmente,  atteso che se la nullita' era
prevista  per  i contratti scritti non recanti in una delle copie gli
estremi dell'iscrizione all'albo dei trasportatori, a maggior ragione
doveva essere considerato nullo un contratto totalmente orale, per il
quale la detta annotazione era addirittura impossibile.
    La  ratio  della  disposizione  in esame, invero, era ravvisabile
nella    volonta'    legislativa   di   potenziare   la   repressione
dell'abusivismo  nei  trasporti  per conto terzi, sicche' la sanzione
era stata rivolta nei confronti non solo del trasportatore abusivo ma
anche   del   committente,  attraverso  la  previsione  di  una  pena
pecuniaria  amministrativa  e  la  possibile confisca del carico. Per
tutelare il mittente da possibili errori e per porlo in condizione di
provare  documentalmente  la propria buona fede, il legislatore aveva
inoltre  imposto  che  il  vettore  gli comunicasse per iscritto (con
inserzione  nel  contratto)  gli  estremi  della  propria  iscrizione
all'albo,  prevedendo  altresi',  anche all'ulteriore fine di evitare
comportamenti  ostruzionistici o elusivi del vettore, che la mancanza
di  tale inserzione determinasse la nullita' del contratto. (cfr., in
termini,  Trib.  Torino  nn. 4317/2001  e  5302/2001; Corte d'Appello
Torino  nn. 770/2001  e  565/2001;  Trib.  Ravenna n. 544/2001; Trib.
Vigevano  n. 176/2001;  Corte  d'Appello  Venezia  n. 256/2001; Trib.
Monza  22 gennaio  1999;  Trib.  Milano 3 luglio 1997 e Trib. Alba 30
novembre 1995).
    Con  la  legge  n. 334/2001  del 20 agosto 2001 il legislatore e'
intervenuto  sulla  disciplina normativa appena illustrata stabilendo
che  "l'ultimo  comma  dell'art. 26 della legge 6 giugno 1974 n. 298,
come  modificato  dall'art. 1  del decreto legge 29 marzo 1993 n. 82,
convertito  con  modificazioni  dalla legge 27 maggio 1993 n. 162, si
interpreta  nel  senso  che  la  prevista annotazione sulla copia del
contratto di trasporto dei dati relativi agli estremi dell'iscrizione
all'albo  e  dell'autorizzazione al trasporto di cose per conto terzi
possedute  dal vettore, nonche' la conseguente nullita' del contratto
priva  di  tali  annotazioni  non  comportano l'obbligatorieta' della
forma  scritta del contratto di trasporto previsto dall'art. 1678 del
codice civile, ma rilevano soltanto nel caso in cui per la stipula di
tale contratto le parti abbiano scelto la forma scritta".
    Rispetto  a  tale  norma  si  pone  la  questione di legittimita'
costituzionale,  rilevante  nell'ambito del presente giudizio secondo
quanto  sopra evidenziato, per l'efficacia retroattiva riconosciutale
dal  legislatore,  in relazione alla dichiarata natura interpretativa
della norma stessa.
    La  giurisprudenza  costituzionale ha piu' volte affermato che il
legislatore puo' adottare norme che precisino il significato di altre
disposizioni  legislative  non solo quando sussista una situazione di
incertezza   nell'applicazione  del  diritto  o  vi  siano  contrasti
giurisprudenziali,  ma  anche  in  presenza  di un indirizzo omogeneo
della  Corte  di  cassazione,  quando  la  scelta imposta dalla legge
rientri  tra le possibili varianti di senso del testo originario, con
cio'  vincolando  un  significato  ascrivibile  alla  norma anteriore
(cfr.,  in  termini,  Corte  cost.  n. 311/1995  e  n. 525/2000).  Il
problema  reale,  peraltro,  non e' quello relativo alla natura delle
leggi  interpretative,  ma  investe sostanzialmente i limiti che esse
incontrano quanto alla loro portata retroattiva.
    La  Corte  costituzionale  ha  individuato,  oltre  alla  materia
penale,  altri  limiti  che  attengono  alla  salvaguardia  di  norme
costituzionali  (cfr.,  in  termini,  Corte cost. n. 397/1994), tra i
quali  i principi generali di ragionevolezza e di uguaglianza, quello
della  tutela  dell'affidamento  legittimamente  posto sulla certezza
dell'ordinamento  giuridico  e  quello  del  rispetto  delle funzioni
costituzionalmente riservate al potere giudiziario (cio' che vieta di
intervenire  per  annullare  gli  effetti del giudicato o di incidere
intenzionalmente su concerete fattispecie sub iudice).
    Premesso  che  la  questione posta non investe l'efficacia futura
della  normativa  in  esame, il dubbio di legittimita' costituzionale
nasce in relazione alla efficacia retroattiva di essa.
    A  prescindere  dalla  denominazione  formale, infatti, la natura
effettivamente  interpretativa  di  una  legge,  che  si definisca di
interpretazione  autentica di norme precedenti, deve essere accertata
alla  stregua  del  suo  contenuto,  ovvero della struttura della sua
fattispecie normativa piuttosto che della sua denominazione formale.
    La peculiare struttura delle norme interpretative comporta che le
previsioni di interpretazione autentica non determinano l'abrogazione
della disposizione interpretata ma vanno a saldarsi con quest'ultima,
dando   origine  ad  un  precetto  normativo  unitario  (Corte  cost.
n. 39/1993). Perche' cio' avvenga e' necessario che l'interpretazione
indicata  dal  legislatore  sia  ricompresa  tra  quelle che potevano
effettivamente    ricavarsi    dall'interpretazione    del   precetto
previgente.  In  caso  contrario  la  norma interpretativa verrebbe a
mascherare  l'adozione  di  norme  innovative,  cosi'  da  tradire la
funzione  cui  e'  chiamata ad assolvere, risultando incostituzionale
nella  parte  in  cui produce effetti retroattivi. Pertanto, anche la
possibilita'    riconosciuta   al   legislatore   di   rimediare   ad
interpretazioni  giurisprudenziali  divergenti  con la linea politica
del  diritto  voluta  dallo  stesso legislatore incontra quale limite
invalicabile  la  ragionevole  ascrizione  alla legge anteriore della
scelta ermeneutica imposta con la legge interpretativa.
    Vero  e',  pertanto,  che il legislatore puo' fare legittimamente
ricorso  allo  strumento  normativa  della  legge  di interpretazione
autentica   anche  al  solo  fine  di  rimediare  ad  interpretazioni
giurisprudenziali  divergenti  con  la  linea di politica del diritto
perseguita   (cfr.,   in   termini,   Corte   cost.  n. 586/1990),  a
prescindere,  dunque,  da  incertezze interpretative in merito, ma e'
pur  vero che l'irretroattivita' della legge costituisce fondamentale
valore  di  civilta'  giuridica e principio generale dell'ordinamento
cui  il legislatore deve in linea di principio attenersi, astenendosi
dall'emanare   disposizioni  retroattive  che  non  trovino  adeguata
giustificazione  sul piano della ragionevolezza o che per altro verso
si  pongano  in  contrasto con valori ed interessi costituzionalmente
protetti (Corte cost. n. 229/1999).
    Nel  caso  di  specie l'intervento legislativo sull'art. 26 legge
n. 298/1974  dell'agosto 2001 ha chiarito, con efficacia retroattiva,
che  la  forma  scritta  prevista  dalla  norma  non  e' richiesta ad
substantiam per la validita' del contratto ed i requisiti, prescritti
dalla  norma  a  pena  di  nullita'  del  contratto  medesimo, devono
intendersi  come tali solo nel caso in cui le parti abbiano stabilito
di concludere il contratto per iscritto, essendo invece assolutamente
irrilevanti  nella diversa ipotesi in cui le parti abbiano scelto una
forma diversa.
    L'interpretazione  che  la  giurisprudenza  di  merito aveva dato
all'art. 26  legge  n. 298/1974  era  pressoche' unanime e trovava la
propria  ragione  di  fondo  nell'interpretazione  logico-sistematica
della  normativa  dettata  in  materia,  vale  a  dire nella volonta'
legislativa  di  combattere  l'abusivismo  e di evitare comportamenti
ostruzionistici   o   elusivi   del  vettore,  che  avrebbero  potuto
vanificare  la  tutela  del  mittente  dalla  sanzione prevista a suo
carico.
    Nel  caso  di  specie, pertanto, non sembra vi fosse uno stato di
obiettiva  e  non  altrimenti  superabile  incertezza  interpretativa
dell'art. 26  legge  n. 298/1974  nella formulazione introdotta dalla
legge  n. 162/1993, tale da necessitare l'intervento del legislatore,
atteso   che  la  giurisprudenza  di  merito  sopra  riportata  aveva
pacificamente  riconosciuto che la ratio della disposizione in esame,
nonche'  la  formulazione letterale della stessa, imponevano la forma
scritta  ad  substantiam del contratto di trasporto di cose per conto
terzi,  il  quale,  se  fosse  stato  stipulato oralmente, non poteva
proprio   contenere   l'annotazione   degli  estremi  dell'iscrizione
all'albo  dei  trasportatori, requisiti diretti anche a comprovare la
buona  fede  del  mittente  sulla  legittimazione  amministrativa del
vettore.
    Inoltre e' difficile negare efficacia innovativa ad una normativa
che  distingua  la  necessita',  a pena di nullita' del contratto, di
alcuni  requisiti  a secondo che le parti abbiano o meno stipulato il
contratto  per  iscritto.  La sanzione dell'invalidita' del contratto
(complessivamente  considerato  e non soltanto per una parte di esso)
e'  legata  non  piu'  alla  mancanza di alcuni requisiti in astratto
considerati   bensi'   alla  loro  omessa  inclusione  nel  contratto
stipulato  per  iscritto,  restando  del  tutta  priva di conseguenze
giuridiche  la  medesima  omissione  nel caso in cui le parti abbiano
concluso l'accordo solo oralmente.
    In  tal  modo  si  giunge  alla  paradossale  conclusione  che la
normativa  diretta  alla  repressione dell'abusivismo nell'ambito del
trasporto  di  cose  per  conto  terzi  prevede  la  necessita' della
indicazione  dei  requisiti  idonei  a  scoraggiare l'abusivismo solo
quando  le  parti  abbiano adottato la forma scritta, di per se' gia'
maggiormente  idonea  a  tutelare  gli interessi delle parti, mentre,
nella  diversa  ipotesi  in  cui il contratto sia stato concluso solo
oralmente,  nessun  requisito  e  nessuna  forma  devono considerarsi
previsti a pena di nullita' del contratto.
    E'  difficile, pertanto, ritenere che la normativa introdotta con
l'art. 3  legge  n. 334/2000 abbia optato (imponedola) per una scelta
ermeneutica    ragionevolmente    ascrivibile    all'art. 26    legge
n. 298/1974.
    Cio' consente di supporre che il legislatore, in violazione degli
artt. 3  e  24  Cost., ha dato una lettura della norma previgente che
non  era  mai  stata  accolta  in  sede  giudiziale,  in  pregiudizio
dell'affidamento   sulla   certezza   delle   situazioni  giuridiche,
adottando   una  soluzione  interpretativa  che  non  era  desumibile
dall'interpretazione del precetto previgente.
    Inoltre, agendo in tal modo, il legislatore ha inciso su numerose
fattispecie  sub  iudice,  circostanza questa ben nota al legislatore
come evidenziano i lavori preparatori e l'esplicito riferimento fatto
nel corso di essi a giudizi attualmente pendenti in materia innanzi a
diversi tribunali.
    La  funzione  legislativa  corre  cosi'  il rischio di perdere la
propria  natura e di assumere contenuto meramente provvedimentale, in
quanto   il   legislatore   usa  la  sua  prerogativa  di  interprete
d'autorita'  del  diritto,  precludendo  al  giudice  la decisione di
merito  in  ordine alla necessita' della forma scritta ad substantiam
ed  alla  validita'  dei  contratti  di  trasporto  per  conto  terzi
nell'ipotesi  in cui manchino i requisiti previsti dall'art. 26 legge
n. 298/1974 come modificato dalla legge n. 162/1993.
    Va  quindi  ritenuta,  oltre  che rilevante, non manifestatamente
infondata,  in  riferimento  agli  artt. 3,  24,  102 e 104 Cost., la
questione    di   legittimita'   costituzionale   dell'art. 3   legge
n. 334/2001,   nella   parte  in  cui  prevede  che  "l'ultimo  comma
dell'art. 26  della  legge  6  giugno  1974  n. 298,  come modificato
dall'art. 1,  del  decreto-legge  29 marzo 1993 n. 82, convertito con
modificazioni  dalla  legge  27 maggio 1993 n. 162, si interpreta nel
senso  che  la  prevista  annotazione  sulla  copia  del contratto di
trasporto  dei  dati relativi agli estremi dell'iscrizione all'albo e
dell'autorizzazione  al  trasporto  di cose per conto terzi possedute
dal  vettore,  nonche' la conseguente nullita' del contratto privo di
tali   annotazioni,  non  comportano  l'obbligatorieta'  della  forma
scritta del contratto di trasporto previsto dall'art. 1678 del codice
civile,  ma  rilevano soltanto nel caso in cui per la stipula di tale
contratto le parti abbiano scelto la forma scritta".