IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha pronunciato la seguente ordinanza sui ricorsi:
        1)  n. 9404  del  2001  Reg.  Gen., proposto dalla Fondazione
Cassa  di  Risparmio di Trieste e dalla Fondazione Cassa di Risparmio
di  Jesi, in persona dei rispettivi rappresentanti legali protempore,
rappresentate   e  difese  dagli  avvocati  Paolo  Vitucci,  Giovanni
Gabrielli e Luigi Medugno, ed elettivamente domidiiate in Roma, nello
studio di quest'ultimo, via Panama n. 12;
        2) n. 9405 del 2001 Reg. Gen., proposto dall'Associazione fra
le  Casse  di  Risparmio  Italiane  (ACRI), dalla fondazione Cassa di
Risparmio  di  Ascoli  Piceno, dalla Fondazione Cassa di Risparmio di
Biella,  dalla  Fondazione  Cassa  di  Risparmio  di  Bolzano,  dalla
Fondazione  Cassa  di  Risparmio  della  Provincia  di  Chieti, dalla
Fondazione  Cassa  di  Risparmio  di Cuneo, dalla Fondazione Cassa di
Risparmio di Foligno, dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Fossano,
dalla  Fondazione  Cassa  di  Risparmio  di  Genova  e Imperia, dalla
Fondazione  Cassa  di  Risparmio di Loreto, dalla Fondazione Cassa di
Risparmio di Pesaro, dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Pescara e
Loreto Apruntino, dalla Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia
di  Macerata,  dalla  Fondazione  Cassa di Risparmio di Puglia, dalla
Fondazione  Cassa  di Risparmio di Saluzzo, dalla Fondazione Cassa di
Risparmio  di  Savigliano,  dall'istituto Banco di Napoli Fondazione,
dalla  Fondazione  Cassa  di  Risparmio  di  Asti,  dalla  Fondazione
Cassamarca,  dalla  Fondazione  Cassa  di  Risparmio  di  Calabria  e
Lucania,   dalla   Fondazione   Cassa  di  Risparmio  di  Fabriano  e
Cupramontana,  dalla  Fondazione  Cassa di Risparmio di Forli', dalla
Fondazione   Cassa  di  Risparmio  delle  Provincie  Lombarde,  dalla
Fondazione  Banca  del  Monte  di  Lucca,  dalla  Fondazione Cassa di
Risparmio  di  Lucca,  dalla  Fondazione Cassa di Risparmio di Parma,
dalla  Fondazione Monte di Parma, dalla Fondazione Cassa di Risparmio
di   Piacenza   e  Vigevano,  dalla  Fondazione  Cassa  di  Risparmio
Salernitana,  dalla  Fondazione  Banco  di Sardegna, dalla Fondazione
Cassa  di Risparmio della Provincia di Teramo, dalla Fondazione Cassa
di Risparmio di Terni e Narni, dalla Fondazione Cassa di Risparmio di
Vercelli,  dalla  Fondazione  Cassa  di Risparmio di Verona, Vicenza,
Belluno  e  Ancona,  dalla  Fondazione  Banca del Monte di Lombardia,
dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini, dalla Fondazione Cassa
di  Risparmio  di  Venezia,  dalla  Fondazione  Cassa di Risparmio di
Cesena,   dalla   Fondazione  Cassa  di  Risparmio  di  Fermo,  dalla
Fondazione  Cassa  di  Risparmio  di  Imola e dalla Fondazione "A. De
Mari"  Cassa  di  Risparmio  di  Savona,  in  persona  dei rispettivi
rappresentanti  legali  pro-tempore,  rappresentate  e  difese  dagli
avvocati  Paolo  Vitucci,  Giovanni  Gabrielli  e  Luigi  Medugno, ed
elettivamente  domiciliate in Roma, nello studio di quest'ultimo, via
Panama n. 12;
        3)  n. 9807  del  2001  Reg.  Gen., proposto dalla Fondazione
Cassa  di  Risparmio di Orvieto, in persona del rappresentante legale
pro-tempore,  rappresentata  e  difesa dall'avv. Aurelio Gentili, nel
cui studio, sito in Roma, via Po n. 24, elettivamente domicilia;
        4)  n. 9808  del  2001  Reg.  Gen., proposto dalla Fondazione
Cassa  di  Risparmio di Trieste, in persona del rappresentante legale
pro-tempore,  rappresentata e difesa dagli avvocati Aurelio Gentili e
Adolfo  Ciardiello,  nel  cui  studio,  sito  in  Roma, via Po n. 24,
elettivamente domicilia;
        5)  n. 9811  del  2001  Reg.  Gen., proposto dalla Fondazione
Cassa  di  Risparmio  di  Alessandria,  in persona del rappresentante
legale  pro-tempore,  rappresentata  e  difesa dagli avvocati Aurelio
Gentili  e  Adolfo  Ciardiello,  nel cui studio, sito in Roma, via Po
n. 24, elettivamente domicilia;
        6)  n. 9208  del  2001  Reg.  Gen., proposto dalla Fondazione
Cassa   di   Risparmio  di  Pistoia  e  di  Pescia,  in  persona  del
rappresentante  legale  pro-tempore,  rappresentata  e  difesa  dagli
avvocati  Francesco  e  Fabrizio  Carbonetti, nel cui studio, sito in
Roma, via G. Antonelli n. 47, elettivamente domicilia;
        7)  n. 9151  del  2001  Reg.  Gen., proposto dalla Fondazione
Cassa di Risparmio della Spezia, in persona del rappresentante legale
pro-tempore,  rappresentata  e  difesa dall'avv. Giuseppe Morbidelli,
nel  cui  studio,  sito  in  Roma,  via  Carducci n. 4, elettivamente
domicilia;
        8)  n. 9365  del  2001  Reg.  Gen., proposto dalla Fondazione
Cassa  di  Risparmio di Firenze, in persona del rappresentante legale
pro-tempore,  rappresentata  e  difesa dall'avv. Giuseppe Morbidelli,
nel  cui  studio,  sito  in  Roma,  via  Carducci n. 4, elettivamente
domicilia;
        9)  n. 9367  del  2001  Reg.  Gen., proposto dalla Fondazione
Cassa  di  Risparmio di Reggio Emilia Pietro Manodori, in persona del
rappresentante  legale  pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avv.
Giuseppe Morbidelli, nel cui studio, sito in Roma, via Carducci n. 4,
elettivamente domicilia;
        10)  n. 9369  del  2001  Reg. Gen., proposto dalla Fondazione
Cassa  di  Risparmio in Bologna, in persona del rappresentante legale
pro-tempore,  rappresentata  e  difesa dall'avv. Giuseppe Morbidelli,
nel  cui  studio,  sito  in  Roma,  via  Carducci n. 4, elettivamente
domicilia;
        11)  n. 8964  del  2001  Reg. Gen., proposto dalla Fondazione
Cassa  di  Risparmio  di Torino, in persona del rappresentante legale
pro-tempore,  rappresentata  e  difesa  dagli  avvocati  Paolo Emilio
Ferreri  e  Paolo  Vaiano ed elettivamente domiciliata in Roma, nello
studio di quest'ultimo, Lungotevere Marzio n. 3;
        12)  n. 9357  del  2001  Reg. Gen., proposto dalla Fondazione
Cassa   di   Risparmio   di   Udine   e  Pordenone,  in  persona  del
rappresentante  legale  pro-tempore,  rappresentata  e  difesa  dagli
avvocati  Pietro  Anello  e Silvio Rizzini Bisinelli ed elettivamente
domiciliata in Roma, nello studio degli stessi, via Isonzo n. 34;
        13)  n. 9360  del  2001  Reg. Gen., proposto dalla Fondazione
Cassa  di  Risparmio  di  Roma,  in persona del rappresentante legale
pro-tempore,  rappresentata  e  difesa  dagli avvocati Pietro Anello,
Silvio   Rizzini   Bisinelli  e  Angelo  Clarizia,  ed  elettivamente
domiciliata in Roma, nello studio Anello, via Isonzo n. 34;
        14)  n. 9487  del  2001  Reg. Gen., proposto dalla Fondazione
Cassa  di  Risparmio di Ferrara, in persona del rappresentante legale
pro-tempore,  rappresentata e difesa dagli avvocati Antonio Carullo e
Angelo  Clarizia,  ed elettivamente domiciliata in Roma, nello studio
di quest'ultimo, via Principessa Clotilde n. 2;
    Contro il Ministero dell'economia e delle finanze, in persona del
Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale
dello  Stato,  presso  la quale domicilia in Roma, via dei Portoghesi
n. 12;
    Per l'annullamento:
        a)  dell'Atto  di  indirizzo  del  Ministro  del  tesoro, del
bilancio  e  della  programmazione  economica  datato 22 maggio 2001,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 23 maggio 2001, n. 118;
        b)  della  successiva  nota  24  maggio 2001, con la quale il
medesimo ministro ha fornito indicazioni per la corretta applicazione
dell'atto di indirizzo indicato sub-a);
        c) di ogni altro atto comunque connesso al precedente atto di
indirizzo  e,  in particolare, della nota datata 7 giugno 2001, prot.
610441,  a firma del Direttore generale del dipartimento del Tesoro -
Dir. IV del ministero intestato;
    Visti i ricorsi con i relativi allegati;
    Visto   l'atto   di   costituzione   in  giudizio  del  Ministero
dell'economia e delle finanze;
    Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
difese;
    Visti gli atti tutti di causa;
    Nominato  relatore  il  consigliere Antonino Savo Amodio e uditi,
alla  pubblica  udienza  del  19 dicembre 2001, gli avvocati Vitucci,
Medugno,  Gabrielli,  Carbonetti,  Anello,  Clarizia,  Di  Paolo, per
delega  dell'avv.  Vaiano,  Morbidelli,  Gentili, Ciardiello e l'avv.
dello Stato Fiorilli;
    Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:

                              F a t t o

    Con  i  ricorsi  in epigrafe indicati, tutti depositati nell'anno
2001,  numerose  fondazioni  impugnano  l'atto di indirizzo 22 maggio
2001,  adottato  dal Ministro del tesoro, e le determinazioni ad esso
conseguenti. In particolare:
        A) Con  le  impugnative  n. 9404  e n. 9405 vengono dedotti i
seguenti motivi di doglianza:
          1)  Violazione e falsa applicazione della legge 23 dicembre
1998,  n. 461  e  del  decreto  legislativo  17  maggio 1999, n. 153.
Eccesso  di  potere,  in  quanto  il  Ministro  emanante  non avrebbe
esercitato il proprio potere di indirizzo in conformita' e nei limiti
di  cui  all'art. 10,  comma  3,  lettera  e) del decreto legislativo
epigrafato,  che  ne  prevederebbe l'utilizzazione solo nella fase di
adeguamento   degli   statuti   delle  fondazioni  alle  disposizioni
contenute nella normativa primaria.
          2)  Illegittimita'  costituzionale dell'art. 10 del decreto
legislativo  n. 153/1999  per  contrasto con gli artt. 3, 18, 41 e 76
della  Costituzione.  Invalidita'  derivata  degli  atti  emanati  in
applicazione,  dello stesso in quanto l'attribuzione di un potere del
tipo  esercitato  nella  specie  si  porrebbe in contrasto: a) con il
principio  della piena autonomia statutaria delle fondazioni, sancito
dall'art. 2,   primo   comma,  lettera  l)  del  decreto  legislativo
n. 153/1999;  b) con il principio di eguaglianza, riferito alle altre
persone giuridiche di diritto privato, che non subirebbero tale forma
di ingerenza; c) con il principio che vieta di introdurre limitazioni
alla  capacita' delle persone (art. 1 cod. civ.) con un provvedimento
amministrativo, anziche' con un atto di normazione primaria.
          3)  Violazione,  e falsa applicazione delle disposizioni di
cui  al citato decreto legislativo n. 153/1999. Eccesso di potere per
errore  nei  presupposti di diritto, difetto assoluto di istruttoria,
carenza   di   motivazione,  illogicita'  e  contraddittorieta'  vizi
riferiti    espressamente   alla   previsione   di   incompatibilita'
disciplinata al punto 2.2 del provvedimento impugnato.
        B)  Con  i ricorsi n. 9807, 9808 e n. 9811 vengono denunciate
le seguenti illegittimita':
          1)  Incompetenza  ed  eccesso  di potere non sussistendo il
potere di indirizzo esercitato dal Ministro, che sarebbe utilizzabile
solo  nella  fase  di adeguamento degli statuti delle fondazioni alle
disposizioni  contenute  nella  normativa  primaria. Inoltre, a voler
considerare  l'atto  impugnato  per quello che realmente esso e' - un
regolamento  -  non risulterebbero rispettate le regole di produzione
normativa contenute nell'art. 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400.
          2) Eccesso, di potere, e violazione di legge, vizi riferiti
espressamente alle singole statuizioni del provvedimento impugnato.
          3)  Illegittimita'  costituzionale dell'art. 10 del decreto
legislativo  n. 153/1999  per  contrasto con gli artt. 3, 18, 41 e 76
della  Costituzione.  Invalidita'  derivata  degli  atti  emanati  in
applicazione  dello  stesso in quanto l'attribuzione di un potere del
tipo  esercitato  nella  specie  si  porrebbe in contrasto: a) con il
principio  della  piena autonomia statutaria delle fondazioni sancito
dall'art. 2,   primo   comma,  lettera  l)  del  decreto  legislativo
n. 153/1999;  b) con il principio di eguaglianza, riferito alle altre
persone giuridiche di diritto privato, che non subirebbero tale forma
di ingerenza; c) con il principio che vieta di introdurre limitazioni
alla  capacita' delle persone (art. 1 cod. civ.) con un provvedimento
amministrativo, anziche' con un atto di normazione primaria.
        C) Con il ricorso n. 9208 si deducono:
          1)  Violazione falsa applicazione degli artt. 2 primo comma
e  4  primo comma, lettera l) del decreto legislativo 17 maggio 1999,
n. 153,   non   riscontrandosi  un  fondamento  normativo  al  potere
esercitato nella specie dal Ministro del tesoro.
          2)  Eccesso  di  potere  risultando  carente la motivazione
addotta dall'autorita' a sostegno delle proprie determinazioni.
          3)  Illegittimita'  costituzionale dell'art. 10 del decreto
legislativo   n. 153/1999   per   contrasto   con   l'art. 76   della
Costituzione  in  quanto  l'attribuzione  di  un potere all'autorita'
amministrativa  del  tipo  esercitato  nella  specie  si  porrebbe in
contrasto con le disposizioni contenute nella legge di delega.
        D)  Con  l'impugnativa  n. 9151  vengono  dedotti  i seguenti
motivi di doglianza:
          1)  Violazione,  e  falsa  applicazione  dell'art. 2, primo
comma della legge 23 dicembre 1998, n. 461, dell'art. 2, primo comma,
lettera   f)  del  decreto  legislativo  17  maggio  1999,  n. 153  e
dell'art. 2 del codice civile. Eccesso di potere risultando del tutto
inammissibile  un  ordine  di  adeguamento  dello  statuto  rivolto a
soggetti  che  la  normativa  primaria  configurerebbe  come  persone
giuridiche di diritto privato, con il riconoscimento della loro piena
autonomia  statutaria. In ogni caso, tale potere di indirizzo avrebbe
potuto  essere  utilizzato solo nella fase di primo adeguamento degli
statuti.
          2)  Violazione dell'art. 97 della Costituzione, del decreto
legislativo  3  febbraio  1993,  n. 29  e  dei principi in materia di
trasparenza.  Eccesso  di poter per contraddittorieta', vizi riferiti
alla  sequenza  temporale  fra  approvazione  dei  singoli statuti ed
emanazione  di  un  atto  di  indirizzo  che immediatamente impone il
rimaneggiamento degli stessi.
          3)   Violazione  e  falsa  applicazione  dell'art. 2  della
Costituzione e dei principi in tema capacita' delle persone in quanto
si   sarebbe  provveduto  con  atto  amministrativo  in  una  materia
riservata alla legge.
        E)  Con i ricorsi n. 9365, n. 9367 e n. 9369 vengono proposti
i seguenti motivi di doglianza:
          1) Violazione dell'art. 17 terzo e quarto comma della legge
23 agosto  1988, n. 400, e dei principi generali in tema di fonti del
diritto,  in  quanto, nelle forme dell'atto di indirizzo, il Ministro
del   tesoro   avrebbe   emanato  un  regolamento  senza  seguire  il
procedimento prescritto dalla normativa epigrafata.
          2)  Violazione  dei  principi  generali  in tema di atti di
governo  (artt. 94 e 95, della Costituzione in quanto il Governo, pur
essendo  ancora  in  carica,  avrebbe  dovuto tenere conto dell'esito
della  tornata  elettorale del 13 maggio 2001, che aveva ribaltato la
maggioranza     parlamentare,     determinando    un    deficit    di
rappresentativita' nell'esecutivo.
          3)  Violazione  del  decreto  legislativo  17  maggio 1999,
n. 153.  Eccesso di potere per travisamento, illogicita' e carenza di
motivazione  difettando  nell'autorita' emanante il potere di dettare
prescrizioni  vincolanti  per  persone  giuridiche  private, quali le
fondazioni,   per   giunta  su  materie  espressamente  demandate  ai
rispettivi statuti.
          4)  Violazione di legge e del principio di irretroattivita'
delle  fonti secondarie degli atti amministrativi, vizi riferiti alle
singole statuizioni di cui l'atto di indirizzo si compone.
          5) Violazione dell'art 10, secondo comma del citato decreto
legislativo  n. 153/1999.  Eccesso  di  potere  non  essendo  dato di
conoscere  l'avviso  dell'associazione  fra  le  casse  di  risparmio
italiane,  quale organizzazione rappresentativa delle fondazioni, che
pure sarebbe stata sentita.
          6)  Violazione  di legge ed eccesso di potere riferiti agli
atti applicativi, viziati per illegittimita' derivata.
        F)  Con  il  ricorso  n. 8964  si censura, in primo luogo, lo
scorretto   -  e  percio'  illegittimo  -  esercizio  del  potere  di
indirizzo,   contenendo   l'atto  de  quo  statuizioni  specifiche  e
concrete.
    In  secondo luogo, si denuncia il contrasto tra legge di delega e
decreto  delegato,  sicche',  nella  specie,  vi  sarebbe  una palese
violazione dell'art. 76 della Costituzione.
    Si  nega la sussistenza, inoltre, di un potere di indirizzo nella
materia  de  qua.  In  via  subordinata,  si  solleva la questione di
costituzionalita'  di norme che andrebbero ad incidere sulla liberta'
statutaria  di  cui  godono le persone giuridiche di diritto privato,
quali quelle in questione.
    Vengono, infine, contestate una delle ipotesi di incompatibilita'
fissate  dall'atto  impugnato  e l'efficacia retroattiva attribuita a
quest'ultimo.
        G)  Con  i  ricorsi  n. 9357  e  n. 9360  vengono  proposti i
seguenti motivi di doglianza:
          1)  Violazione  di legge ed eccesso di potere in quanto non
sussisterebbe  nella  specie  il  potere  del  Ministro del tesoro di
emanare  un  provvedimento  vincolante  per  le  fondazioni; inoltre,
quello  assunto  nella  specie  non  conterrebbe  i  caratteri tipici
dell'atto di indirizzo.
          2)Violazione  di  principi  generali  in  tema  di  atti di
Governo  (art. 17,  terzo  e quarto comma della legge 23 agosto 1988,
n. 400)  ascrivendosi l'atto de quo nella categoria dei regolamenti e
risultando  illegittimo  per non aver seguito l'autorita' emanante il
procedimento all'uopo prescritto dalla normativa epigrafata.
          3)  Illegittimita'  del decreto legislativo 17 maggio 1999,
n. 153,  per violazione dell'art. 76 della Costituzione, in quanto il
decreto  legislativo  epigrafato  non  avrebbe  rispettato i principi
direttivi dettati dalla legge n. 461/1998.
        H)  Con il ricorso n. 9487 vengono proposti i seguenti motivi
di doglianza:
          1)  Eccesso  di  potere sotto il profilo dell'illogicita' e
dell'irragionevolezza  in  quanto  il  provvedimento  de  quo sarebbe
ineseguibile, non essendo stati neppure formati gli organi di governo
delle fondazioni.
          2)   Violazione   della   legge  23  agosto  1988,  n. 400,
ascrivendosi   l'atto  de  quo  nella  categoria  dei  regolamenti  e
risultando  illegittimo  per non aver seguito l'autorita' emanante il
procedimento aIl'uopo prescritto dalla normativa epigrafata.
          3)  Illegittimita' per violazione degli artt. 4 e 10, terzo
comma,  lettera  e) del decreto legislativo 17 maggio 1999 n. 153, in
quanto  l'atto  assunto  nella  specie  risulterebbe un provvedimento
specifico  e  concreto  ed,  in  quanto  tale,  non  ascrivibile alla
categoria   degli   atti   di   indirizzo,   quale   delineata  dalla
giurisprudenza amministrativa.
    Inoltre,  esso giammai avrebbe potuto intervenire in una materia,
quale   quella   delle   incompatibilita',   riservata  all'autonomia
statutaria.
          4)  Eccesso  di  potere  per  sviamento,  e  per carenza di
motivazione vizio riferito alla prevista retroattivita' degli effetti
dell'atto  impugnato  e all'assenza di un'esplicita indicazione delle
ragioni delle incompatibilita' in esso previste.
          5)  Illegittimita'  per  violazione dell'art. 4 del decreto
legislativo  17 maggio 1999, n. 153, in quanto il Ministro del tesoro
non  possiederebbe  il  potere  di indirizzo esercitato nella specie,
utilizzabile  solo  nella  fase  di  adeguamento  degli statuti delle
fondazioni alla normativa primaria.
          6)  lllegittimita'  per  violazione  del  T.U.  sulla legge
bancaria  riferita  alla  definizione  dei concetti rilevanti ai fini
dell'applicazione dell'atto di indirizzo.
          7) Eccesso di potere per contraddittorieta'. Illegittimita'
per  violazione  dell'art. 10 del decreto legislativo 17 maggio 1999,
n. 153  per  essere  intervenuto  l'atto  de  quo immediatamente dopo
l'approvazione  da parte dell'Autorita' ministeriale dello statuto (a
seguito dell'adeguamento di quest'ultimo alla normativa primaria).
          8)  Illegittimita' costituzionale degli artt. 4 primo comma
e 10 primo, secondo e terzo comma, lettera e) del decreto legislativo
17 maggio  1999,  n. 153  per  violazione  degli artt. 2, 3, 18, 4 76
della  Costituzione,  prospettata  in via subordinata, atteso che gli
artt. 4 e 10 epigrafati violerebbero i principi contenuti nella legge
delega,  il  principio  di  parita' di trattamento, nonche' quello di
tutela dell'autonomia privata e di liberta' di associazione.
    Si  e' costituito in tutti i giudizi il Ministero dell'economia e
delle  finanze,  il  quale  controdeduce  specificamente alle censure
mosse  ai  provvedimenti  impugnati  e  conclude  per  il rigetto dei
ricorsi.

                            D i r i t t o

    1)  In  via  preliminare,  va  disposta  la  riunione di tutte le
impugnative   proposte,   che   hanno  ad  oggetto  i  medesimi  atti
amministrativi e presentano doglianze in larga parte coincidenti.
    2)  Torna  all'esame  del  tribunale  la  questione riguardante i
limiti  e  la  legittimita'  stessa  del  potere  di indirizzo che il
decreto  legislativo  17  maggio 1999, n. 153 riserva al Ministro del
tesoro nei confronti delle fondazioni bancarie.
    In precedenza la sezione si e' occupata dell'"Atto di indirizzo a
carattere  generale  in  materia  di  adeguamento degli statuti delle
fondazioni  alle  disposizioni della legge 23 dicembre 1998, n. 461 e
del  decreto  legislativo  17  maggio  1999,  n. 153",  adottato  dal
Ministro  del  tesoro  e  pubblicato  nella Gazzetta Ufficiale del 10
agosto 1999, n. 186; la decisione assunta in quella sede e' stata che
l'atto  impugnato  non arrecasse un immediato nocumento alle numerose
fondazioni   ricorrenti,   in   quanto   esso   non   costituiva  una
determinazione immediatamente vincolante per le fondazioni in sede di
redazione dei rispettivi statuti".
    Tale  conclusione  si  e'  fondata  sulla  natura  degli  atti di
indirizzo  previsti  dall'art. 10,  comma  3,  lettera  e) del citato
decreto   legislativo   n. 153/1999,  che  consentono  "all'autorita'
emanante  la facolta' di modulare il proprio intervento, con riguardo
tanto  al  contenuto,  quanto  ai destinatari, nella maniera ritenuta
piu'  consona agli interessi da realizzare": poiche' il provvedimento
assunto  nella  specie  si  sostanziava  "non  in  singole  e precise
statuizioni, caratteristiche dell'esercizio della funzione normativa,
ma,   piuttosto,   nell'illustrazione  delle  problematiche  connesse
all'interpretazione  della  legge, con puntualizzazioni degli aspetti
piu'  rilevanti  nonche'  con  esemplificazioni",  esso aveva l'unico
scopo    di   "orientare   la   successiva   attivita'   applicativa"
dell'amministrazione del tesoro in sede di approvazione degli statuti
ad essa sottoposti.
    Con  i  propri  precedenti (cfr., per tutte, la sentenza 1 giugno
2000,  n. 4537),  la  sezione  ha altresi' precisato "che i poteri di
indirizzo   vanno  esercitati  in  conformita'  e  nei  limiti  delle
disposizioni    primarie,    espressione   che   potrebbe   risultare
pleonastica,  in  presenza  del  principio  di  legalita' dell'azione
amministrativa,  se non sottintendesse la volonta' del legislatore di
espressamente  escludere qualsivoglia ampliamento, sia pur sub specie
di  integrazione,  del  tessuto  ordinamentale  da parte degli organi
amministrativi.  Ne  discende  che  la normativa primaria costituisce
l'unico parametro di riferimento per l'attivita' di verifica prevista
dalla  lettera  c)  del  medesimo  articolo,  con  la conseguenza che
giammai   l'autorita'   amministrativa,  preposta  a  tale  forma  di
controllo,  potrebbe riferirsi ad un suo provvedimento per supportare
la  mancata approvazione di uno statuto, che risulti rispettoso della
fonte legislativa".
    La  precedente esposizione serve, in primo luogo, a puntualizzare
la  natura  ed  i limiti normativi che incontra il potere contemplato
dal  piu'  volte  citato  art. 10,  comma  3,  lettera  e). Consente,
inoltre,  di  marcare le differenze con il provvedimento ministeriale
attualmente   in   esame,   che,   sin  dalle  espressioni  letterali
utilizzate,  non  lascia  margini  di  dubbio  circa la sua immediata
vincolativita' (circostanza della quale, peraltro, non dubita neppure
parte resistente).
    L'Atto  di  indirizzo  22  maggio 2001 contiene, infatti, precise
prescrizioni e non semplici suggerimenti o indicazioni. Inoltre, come
si legge nell'ultimo "Considerato", esso e' diretto ad assicurare "la
sana  e prudente gestione delle fondazioni e l'effettiva tutela degli
interessi  contemplati  negli  statuti"  e  ad  "evitare conflitti di
interessi   ed  assicurare  l'indipendenza  e  la  trasparenza  delle
decisioni  delle fondazioni"; in tal modo si collega strettamente con
il  potere  di  vigilanza che l'art. 10, comma 2 del medesimo decreto
legislativo  n. 153/1999  riconosce  al  Ministro del tesoro, diretto
proprio  a  verificare,  fra'  l'altro,  "la sana e prudente gestione
delle fondazioni ... e l'effettiva tutela degli interessi contemplati
negli  statuti",  potere  che  puo' comportare anche l'adozione delle
misure sanzionatorie contemplate dal successivo art. 11.
    Del  resto,  la  migliore  riprova  di  quanto  teste'  affermato
proviene  dalla  stessa  autorita'  amministrativa, la quale, con gli
atti  applicativi, anch'essi impugnati, ha imposto alle fondazioni di
attenersi  immediatamente  alle  prescrizioni  dettate  dall'atto  di
indirizzo  in  questione,  a prescindere dal recepimento delle stesse
nei singoli statuti delle fondazioni.
    Per  completezza  di  trattazione,  deve aggiungersi che, seppure
fossero  riconosciuti illegittimi i soli atti applicativi, negandosi,
quindi,   l'immediata   precettivita'  delle  disposizioni  contenute
nell'atto  di  indirizzo,  non verrebbe comunque meno la lesivita' di
quest'ultimo, atteso che le fondazioni non potrebbero por mano ad una
modificazione del proprio statuto se non uniformandosi puntualmente a
quanto prescritto nell'atto in questione.
    Fatta tale premessa, occorre passare all'esame dei singoli motivi
di doglianza.
    Il  primo,  comune  a tutte le ricorrenti, concerne la violazione
delle  disposizioni  contenute  nella legge n. 461/1998 e nel decreto
legislativo  n. 153/1999, che sarebbero di ostacolo all'emanazione di
un  atto  della  portata di quello adottato nella specie dal Ministro
del tesoro.
    In   via   gradata,   buona   parte   delle   fondazioni  solleva
espressamente la questione di costituzionalita', sotto una pluralita'
di aspetti, della fonte normativa attributiva del potere.
    In via ulteriormente subordinata, vengono mosse censure attinenti
al  procedimento seguito o, specificamente, alle singole prescrizioni
dettate con l'atto in questione.
    La   suddetta  modulazione  riflette  l'interesse  che  muove  le
ricorrenti  nella  specie: il principale risultato che esse intendono
perseguire     e',     infatti,     l'accertamento    giurisdizionale
dell'insussistenza  del potere di indirizzo di cui all'art. 10, comma
3, lettera e), piu' volte citato, da intendersi come insussistenza in
senso  assoluto  o,  quanto  meno,  nella  particolare  materia delle
incompatibilita'  e  dei  requisiti  di  onorabilita' degli organi di
governo.   La   ragione   e'   intuitiva:  una  siffatta  conclusione
garantirebbe  le fondazioni dal possibile riesercizio del potere, con
la conseguente affermazione di un (correlato) potere statutario delle
stesse senza limiti derivanti da atti dell'amministrazione vigilante.
Per  converso,  l'eventuale  annullamento  delle  singole statuizioni
dell'atto  di  indirizzo 22 maggio 2001, tanto piu' se per ragioni di
carattere  formale  o  procedurale,  non  impedirebbe al Ministro del
tesoro di rideterminarsi, adottando le medesime prescrizioni (sia pur
depurate  dai vizi riscontrati dal Tribunale amministrativo regionale
)   o,   comunque,  di  portata  equivalente  costringendo  cosi'  le
fondazioni ad una defatigante attivita' difensiva nei confronti dello
specifico potere autoritativo.
    Pertanto,  il  collegio, conformandosi alle legittime aspettative
di  giustizia  fatte valere dalle attuali ricorrenti, intende seguire
il seguente percorso decisionale:
        1)   verifica   della   sussistenza   in  capo  all'autorita'
ministeriale del potere di indirizzo citato nella specie;
        2)  riscontro  di  conformita' costituzionale della normativa
primaria applicata dal Ministro del tesoro;
        3)  esame delle censure che denunciano l'illegittimita' dello
specifico   atto   adottato  nella  specie,  per  vizi  attinenti  al
procedimento seguito o alle singole statuizioni, nel solo caso in cui
fossero  superate  favorevolmente (per la p.a.) le indagini di cui ai
punti 1) e 2).
    Solo  per  completezza  di  trattazione,  deve  ricordarsi che le
questioni di costituzionalita' possono essere sollevate d'ufficio dal
giudice  chiamato ad applicare una determinata norma; pertanto, nella
specie, non costituisce ostacolo la circostanza che alcune fondazioni
non  prospettino  al  collegio, in maniera espressa, i possibili vizi
della legge primaria, che, pure, si desumono dalla formulazione della
doglianza  principale  di  tutte  le  impugnative,  atteso  che  essa
contesta in radice la sussistenza del potere esercitato nella specie.
    Andando  per  ordine,  deve  affermarsi,  in  primo luogo, che il
Ministro  del tesoro si e' mosso nell'ambito dei poteri attribuitigli
dall'ordinamento.   Tale   conclusione   emerge,   senza  margini  di
opinabilita', dalla lettura dell'art. 10 comma 3 lett. e) del decreto
legislativo  n. 153/1999,  che  assegna all'autorita' di vigilanza la
competenza  ad  emanare  "atti  di  indirizzo  di carattere generale"
aventi  ad  oggetto,  tra  l'altro,  "i requisiti di onorabilita', le
ipotesi di incompatibilita' e le cause che determinano la sospensione
temporanea  dalla  carica  dei  soggetti  che  svolgono  funzioni  di
indirizzo,   amministrazione,   direzione   e   controllo  presso  le
fondazioni e la disciplina del conflitto di interessi".
    Tale  potere  e'  univocamente  attribuito "a regime" e non nella
sola  fase  di  adeguamento  degli  statuti  alle  norme dello stesso
decreto   legislativo   n. 153/1999.  La  tesi  opposta  e'  smentita
dall'art. 28 di quest'ultimo (rubricato: "Disposizioni transitorie"),
che, disciplinando proprio l'attivita' di adeguamento, attribuisce al
Ministro del tesoro il potere di emanare gli atti necessari "ai sensi
dell'articolo 10, comma 3, lettera e)".
    Risulta  decisiva,  infine, la previsione dell'art. 4 primo comma
del   medesimo   decreto   legislativo,   che  riserva  agli  statuti
l'individuazione  dei requisiti di professionalita', delle ipotesi di
incompatibilita',  ecc.,  ma impone che la relativa regolamentazione,
avvenga  "nel  rispetto  degli  indirizzi  generali  fissati ai sensi
dell'articolo 10, com-ma 3, lettera e)".
    3) La conclusione teste' raggiunta impone al collegio l'immediata
valutazione  della legittimita' costituzionale, per contrasto con gli
articoli 2, 3, 18, 41 e 76 della Costituzione, degli articoli 4 primo
comma  lett.  g)  e  10  com-ma 3  lett.  e)  del decreto legislativo
n. 153/1999,  alla  stregua  tanto dell'assetto complessivo dato alle
fondazioni  dallo  stesso  legislatore  delegato, quanto dei principi
dettati  dal  Parlamento  nella  legge  n. 461/1998,  denunciando  le
ricorrenti  un'intrinseca  contraddittorieta' del decreto legislativo
n. 153/1999,  prima  ancora  che  il contrasto di quest'ultimo con le
disposizioni ad esso sovraordinate.
    In  punto  di  rilevanza,  va  richiamato quanto esposto circa lo
scopo prioritariamente perseguito dalle ricorrenti, rispetto al quale
gli  ulteriori  motivi  di doglianza - attinenti ad aspetti del tutto
contingenti  alla  particolare  fattispecie  -  riflettono  solo  uno
scrupolo difensivo, che ha portato ad esporre, in via dichiaratamente
subordinata,  tutte  le  possibili  censure  suscettibili comunque di
determinare l'annullamento, dell'atto di indirizzo in questione.
    Rispondono a questa logica di "difesa avanzata":
        1)  la  censura riguardante il contenuto dell'atto impugnato,
che  esulerebbe  dalla  semplice  funzione di indirizzo, appunto, per
sfociare in una determinazione specifica e concreta.
    Solo  per completezza e del tutto incidentalmente, non puo' farsi
a  meno  di  osservare che gli atti di indirizzo sono tra quelli che,
per dottrina e giurisprudenza prevalenti, non possono essere sussunti
in uno schema predeterminato, potendo essere modellati a seconda e in
funzione  dello specifico obiettivo che l'amministrazione e' chiamata
a  perseguire. Valga, in proposito, quanto affermato nelle precedenti
sentenze  della  sezione,  nelle  quali  non a caso si e' indicata la
normativa  primaria  quale  punto di riferimento e, insieme, limite a
siffatta forma di esercizio del potere autoritativo;
        2)  la  prospettata  necessita'  di  seguire  il procedimento
dettato  dalla  legge  23  agosto 1988 n. 400, sul presupposto che il
contenuto dell'atto impugnato facesse ascendere quest'ultimo al rango
di norma regolamentare.
    Tale  censura,  oltre  a  non  essere risolutrice, non e' neppure
fondata,  solo  che  si  osservi  che,  nella specie, il Ministro del
tesoro ha esercitato un potere vincolante - e di natura non normativa
-  che  gli proveniva dalla legge, senza, pertanto, dover attivare il
particolare   procedimento  predisposto  per  introdurre  innovazioni
all'ordinamento giuridico;
        3) la denuncia che l'atto di indirizzo, essendo stato emanato
in  data  successiva all'esito delle elezioni politiche del 13 maggio
2001,  avrebbe dovuto tenere conto del ribaltamento della maggioranza
parlamentare, che avrebbe inibito l'ulteriore azione governativa;
        4)  le  doglianze  strettamente  attinenti  alla legittimita'
delle  singole  prescrizioni dettate in tema di incompatibilita' e di
requisiti di onorabilita' dei membri di governo delle fondazioni.
    Tutt'e  quattro  le  tipologie  di  vizi denunciati presentano il
comune  carattere  di  non  essere  dirimenti,  nel senso che la loro
eventuale  condivisione  lascerebbe  comunque  sopravvivere il potere
ministeriale di indirizzo nella materia.
    In  conclusione,  ragioni  di  giustizia  sostanziale  portano ad
affrontare  direttamente  le  questioni di costituzionalita' proposte
dalle  ricorrenti,  seguendo,  peraltro, un'impostazione metodologica
che  trova  numerosi  precedenti nella giurisprudenza amministrativa,
anche  di  questa  sezione  (cfr., per tutte, l'ordinanza 10 novembre
1997  n. 2655,  sul  problema  della  legittimita'  del numero chiuso
universitario,   che   ha   portato   alla   sentenza   della   Corte
costituzionale 27 novembre 1998 n. 383).
    Nel   merito,   i  dubbi  mossi  dalle  ricorrenti  non  appaiono
manifestamente  infondati  e meritano, pertanto, di essere sottoposti
alla valutazione della Corte costituzionale.
    Punto  di  partenza  e'  la configurazione e la natura che sia la
legge  n. 461/1993 che il conseguente decreto legislativo n. 153/1999
attribuiscono  alle  fondazioni, nell'ambito del complessivo riordino
degli   enti   conferenti   di   cui   all'art. 11  primo  comma  del
decreto-legislativo 20 novembre 1990 n. 356.
    Viene in evidenza l'art. 2 lett. l) della legge n. 461/1998, che,
sotto  la  rubrica  "Regime civilistico", ne fornisce una definizione
chiara  ed  inequivocabile:  "persone  giuridiche  private  con piena
autonomia statutaria e gestionale".
    Tale  configurazione  e' il punto di arrivo di un procedimento di
conformazione dello statuto alla disciplina primaria ("... provvedono
ad  adeguare  gli  statuti  alle  disposizioni  dettate  dai  decreti
legislativi  previsti  dalla  presente legge entro centottanta giorni
dalla  data  di  entrata in vigore dei decreti stessi"), procedimento
che si conclude con l'approvazione ministeriale dello statuto, che ha
l'effetto   di  far  mutare  natura  giuridica  ai  soggetti  stessi.
(Incidentalmente,  e' incontroverso, in fatto, che detto procedimento
si sia concluso nei riguardi di tutte le attuali ricorrenti).
    All'uopo,  il  medesimo art. 2, prima di formulare la conclusione
di  cui alla lett. l), detta i principi direttivi ai quali il Governo
deve  attenersi  in sede di legislazione delegata. Fra essi, assumono
rilievo decisivo nella specie:
        1)  il  "principio  di  economicita' della gestione" - di cui
alla lett. c) -, che riguarda specificamente l'impiego del patrimonio
"in  modo  da  ottenerne  un'adeguata  redditivita'", sicche' anche i
documenti contabili (libri, scritture e bilanci) vanno tenuti secondo
le disposizioni del codice civile (lett. d);
        2)  quello  -  di  cui  alla lett. g) -, in forza del quale i
singoli   enti   prevedono  nei  loro  statuti  "distinti  organi  di
indirizzo,  di amministrazione e di controllo, ... fissando specifici
requisiti  di  professionalita'  e  ipotesi  di  incompatibilita' per
coloro  che ricoprono i rispettivi, incarichi" e quello, strettamente
connesso - enunciato alla lett. h) --, riguardante l'incompatibilita'
tra  la carica di consigliere di amministrazione dell'ente conferente
e quella corrispondente della societa' conferitaria;
        3)   infine,   quello  di  cui  alla  lett.  i),  che  regola
l'attivita'  di  verifica  del rispetto della legge e dello statuto e
della   regolarita'   ed  economicita'  della  gestione,  prevedendo,
all'uopo,  in  capo  all'autorita'  di vigilanza, una serie di poteri
autorizzatori e sanzionatori.
    In  conclusione,  il  modello  dettato  dalla  legge  n. 461/1998
sancisce  la  autonomia  statutaria delle fondazioni, in linea con la
disciplina  che  il  Codice civile detta al Capo II del Titolo II per
tale  tipologia  di  persone giuridiche. In perfetta analogia con gli
articoli 25  e seguenti del Codice civile, il legislatore del 1998 ha
previsto  poi  un  potere  di  controllo  dell'autorita'  governativa
sull'attivita'  delle  stesse  con  l'ovvia  conseguenza - scaturente
anche  dal principio di legalita' dell'azione amministrativa - che le
forme   di  ingerenza  consentite  sono  solo  quelle  tassativamente
indicate (e disciplinate) dalla normativa - primaria.
    Restringendo  il  campo di azione alla particolare materia su cui
e' intervenuto l'atto di indirizzo impugnato, per evidenti ragioni di
rilevanza  della  questione,  puo' affermarsi, in conclusione, che il
piu'  volte  citato  art. 2  assegna  la  stessa  (sub  specie  della
composizione  degli  organi  e  delle cause di incompatibilita' e dei
requisiti  di  onorabilita)  all'esclusiva disciplina statutaria, con
un'unica eccezione contemplata, specificamente, alla lett. h).
    Passando  al decreto legislativo n. 153/1999, deve osservarsi, in
primo  luogo,  che  esso, all'art. 2, riafferma solennemente la piena
autonomia statutaria delle fondazioni.
    Quando, pero', al successivo art. 3, passa ad elencare i principi
ai  quali  gli  statuti,  "nel definire l'assetto organizzativo delle
fondazioni",   devono  conformarsi,  in  relazione  ai  requisiti  di
onorabilita'  e  alle ipotesi di incompatibilita' che gli stessi sono
chiamati  a  fissare  (lett. g) pur riproducendo, sostanzialmente, la
dizione  contenuta  nella  legge  di  delega,  aggiunge l'inciso "nel
rispetto degli indirizzi generali fissati ai sensi dell'art. 10 terzo
comma  lettera  e)",  che,  a sua volta, attribuisce all'autorita' di
vigilanza  il  compito  di  emanare  "atti  di indirizzo di carattere
generale", tra l'altro nella materia di cui ci si occupa.
    Da  quanto  teste'  esposto,  emerge  che  il decreto legislativo
n. 153/1999 si pone in contrasto con i principi contenuti nella legge
di delega e che, inoltre, risulta intimamente contraddittorio.
    Anzitutto,  il  potere di indirizzo introdotto dall'art. 10 comma
3,  lett.  e)  e  l'effetto  vincolante sancito dal precedente art. 3
primo comma lett. g) non trovano un espresso addentellato nella legge
n. 461/1998.
    Inoltre,   la   funzione   ministeriale  di  indirizzo  non  puo'
ricavarsi,   per   implicito,   da  compiti  di  controllo  riservati
all'Autorita'  amministrativa.  In primo luogo, perche' questi ultimi
sono espressamente (e tassativamente) elencati dall'art. 2 lett. i) e
si   risolvono   in   provvedimenti  di  autorizzazione  (riferiti  a
operazioni  di  trasformazione  e  concentrazione),  di  approvazione
(delle modifiche statutarie), di determinazione (di limiti di reddito
in  relazione  al  patrimonio) e, infine, di applicazione di sanzioni
agli  organi  e  di liquidazione dell'ente. In secondo luogo, perche'
tali  poteri  sono  preordinati al compito assegnato all'autorita' di
vigilanza,  "la  quale  verifica  il  rispetto  della  legge  e dello
statuto,  la sana e prudente gestione, la redditivita' del patrimonio
e l'effettiva tutela degli interessi contemplati negli statuti".
    La  formula  appena  riportata  porta  ad affermare che gli unici
parametri  normativi,  cui  l'autorita'  e'  tenuta  a  conformare il
riscontro  commissionatole dall'ordinamento, sono rappresentati dalla
legge  e  dallo  statuto,  quali, rispettivamente, fonte eteronoma ed
autonoma   di   disciplina  dell'attivita'  delle  ordinarie  persone
giuridiche  di  diritto  privato, come quelle di cui ci si occupa. Ne
discende  che  il  silenzio  del  legislatore  sul punto non puo' che
essere   interpretato   come   negazione  di  ogni  possibilita'  per
l'autorita'  amministrativa  di  introdurre,  con  proprio  atto (non
rileva  se di natura normativa), prescrizioni comunque vincolanti per
soggetti operanti su un piano dichiaratamente privatistico.
    La  riprova  di  quanto  teste' affermato viene, sia pur ex post,
dall'art. 11   quattordicesimo   comma   della   recentissima   legge
finanziaria  28  dicembre  2001 n. 448, il quale, coerentemente con i
principi  generali  dell'ordinamento,  attribuisce un espresso potere
normativo   all'autorita'   di   vigilanza   per  l'emanazione  delle
disposizioni  attuative  delle  norme  da esso stesso introdotte, ma,
anche   qui   non  senza,  un  preciso  significato,  imponendo  alle
fondazioni di adeguare i propri statuti "alle" - sole - "disposizioni
del presente articolo".
    Ma, pur a voler prescindere dal dato testuale, la conclusione non
cambia:  l'attribuzione  di  un  potere  di  controllo,  infatti, non
comporta,  quale  implicito  corollario,  l'affidamento  di quello di
indirizzo,   che   e'  nozione  ontologicamente  diversa,  in  quanto
finalizzata   non   a   consentire  la  verifica  della  legittimita'
dell'azione  o, comunque, dei risultati da perseguire, ma, piuttosto,
ad  orientare  l'attivita'  del  soggetto  che  ne  e'  destinatario,
fissando   a  quest'ultimo  tanto  regole  di  comportamento  quanto,
soprattutto,  obiettivi  da raggiungere, determinandone una correlata
compressione  della  sfera di autonomia operativa, che, nella specie,
finisce   con  l'incidere  sulla  libera  formazione  della  volonta'
statutaria della persona giuridica.
    Da  quanto  esposto,  puo'  enuclearsi  una  prima  questione  di
costituzionalita',  per  violazione  dell'art. 76 della Costituzione,
riferita agli articoli 3, primo comma, lett. g), e 10, comma 3, lett.
e), del decreto legislativo n. 153/1999, nella parte in cui prevedono
atti   di  indirizzo  nella  materia  delle  incompatibilita'  e  dei
requisiti di onorabilita' degli organi delle fondazioni, ponendosi in
contrasto con la legge di delega n. 461/1998, la quale:
        1)  alla  lett.  i)  non contempla espressamente il potere di
indirizzo  dell'autorita'  di  vigilanza  (e,  transitoriamente,  del
Ministro del tesoro) sulle fondazioni bancarie;
        2)  alla lett. g) attribuisce alla competenza esclusiva degli
statuti  la  determinazione  dei  requisiti  di  onorabilita' e delle
incompatibilita' degli organi delle fondazioni stesse;
        3) alla lett. l) garantisce a queste ultime "piena" autonomia
statutaria e gestionale.
    L'affermazione,  in  linea  con  la  legge di delega della "piena
autonomia  statutaria  delle  fondazioni",  da  parte dell'art. 2 del
decreto  legislativo n. 153/1999, comporta l'emersione di una seconda
questione di costituzionalita' tutta interna a quest'ultimo: non puo'
non  evidenziarsi il contrasto logico tra la formula appena riportata
e  la  configurazione del potere di indirizzo di cui agli articoli 3,
primo  comma, lett. g), e 10, comma 3, lett. e), del medesimo decreto
legislativo, che ha l'effetto di comprimere proprio quella "pienezza"
precedentemente   sancita;   quello  che  appare,  all'evidenza,  una
discrasia   del   legislatore   delegato   rifluisce  in  termini  di
irragionevolezza  sulla  fonte  normativa,  sospettata,  pertanto, di
violare l'art. 3 della Costituzione.
    Un  ulteriore  profilo  di  incostituzionalita', questa volta per
violazione degli articoli 2, 18 e 41 della Carta, risulta rinvenibile
nella specie.
    Il  legislatore  -  tanto  il  delegante  che  il  delegato  - ha
configurato   un   modello   di   persona  giuridica  sostanzialmente
sovrapponibile  a  quello  privatistico: in tal senso depone non solo
l'inequivocabile definizione, piu' volte ricordata, di cui all'art. 2
del  decreto  legislativo  n. 153/1999,  ma anche l'intera disciplina
dettata  da  quest'ultimo,  che  esalta  la piena autodeterminazione,
volontaristica  e  gestionale,  delle  fondazioni  stesse.  A  titolo
meramente esemplificativo, possono citarsi:
        a)  lo stesso art. 2, che (insieme con il successivo art. 8),
altribuisce  proprio allo statuto il compito di individuare gli scopi
da  perseguire,  con  l'unico  vincolo che si operi in almeno uno dei
settori rilevanti indicati dal precedente art. 1;
        b)   l'art. 3,  primo  comma,  il  quale  stabilisce  che  le
fondazioni, per il raggiungimento dei propri scopi, operino con tutte
le  modalita'  consentite dalla natura giuridica (privatistica), come
definita, appunto, dal precedente art. 2;
        c)  lo  stesso  art. 3,  comma 4, che demanda allo statuto la
determinazione   delle   modalita'   di   svolgimento  dell'attivita'
istituzionale;
        d)  l'art.  5,  che vincola il patrimonio della fondazione al
perseguimento degli scopi statutari.
    Su  tale premessa, appare evidente che una coartazione (o, quanto
meno,  un condizionamento) ab externo e di natura autoritativa, oltre
a   male  inserirsi  nel  contesto  delineato  dallo  stesso  decreto
legislativo   n. 153/1999   (corroborando,  cosi',  ulteriormente  il
sospetto  di  irrazionalita' gia' in precedenza evidenziato), si pone
in  palese  contrasto  con  l'art. 41  della Costituzione, che tutela
l'autonomia  privata,  sottoponendola  a  forme  di  controllo  e  di
coordinamento  solo  a  fini  sociali,  che, se, da un lato, non sono
quelli   perseguiti   con   la   nomina  degli  amministratori  delle
fondazioni,   dall'altro   portano   allo  snaturamento  del  modello
privatistico,  pure affermato dal legislatore nella specie, impedendo
la  libera - e soprattutto autonoma - formazione della volonta' della
persona  giuridica  (sui limiti che incontra la tutela dell'autonomia
privata  assicurata  dall'art. 41 Cost., cfr. Corte costituzionale 30
giugno 1994, n. 268, e 6 marzo 2000, n. 70).
    Il  vizio assume una maggiore consistenza in relazione anche agli
articoli 18 e 2 della Costituzione, che tutelano, rispettivamente, il
diritto  di  associazione  dei  cittadini e i diritti dell'uomo nelle
formazioni    sociali    ammesse    dall'ordinamento   (cfr.,   Corte
costituzionale  18  luglio  1997, n. 248, e 29 dicembre 1993, n. 500,
quest'ultima riferita proprio ai conferimenti degli enti creditizi di
cui  alla  legge  30  luglio  1990, n. 218, ed al decreto delegato 20
novembre  1990, n. 356, soffermandosi specificamente sui rapporti fra
le originarie fondazioni bancarie e la relativa liberta' statutaria).
    Al  riguardo  e'  importante ricordare che l'art. 3, primo comma,
lett.  d),  consente  alle fondazioni (in relazione alla loro origine
associativa)  di  conservare  l'assemblea  dei soci, alla quale, i pu
restando  sottratti i compiti gestionali, viene comunque riservato il
diritto di concorrere a formare l'organo di indirizzo.
    Da   ultimo,  e'  possibile  ipotizzare  un'ulteriore  violazione
dell'art. 3   della   Costituzione,   derivante  dal  fatto  che  gli
articoli 4,  primo  comma,  lett.  g),  e  10, comma 3, lett. e), del
decreto    legislativo    n. 153/1999,    configurando   ipotesi   di
incompatibilita' rispetto ad un ufficio di diritto privato, finiscono
con  il limitare la capacita' giuridica delle persone, che, ex art. 1
del  codice civile, assurge a principio cardine dell'ordinamento. Non
lo fanno, pero', direttamente, a cio' legittimate come norme di rango
legislativo,  ma  delegando  tale  compito ad un atto amministrativo,
che, per sua natura, e' inabilitato ad innovare a livello primario.
    Occorre darsi carico di un ulteriore problema, che potrebbe avere
effetti in punto di rilevanza della questione di costituzionalita'.
    Successivamente alla celebrazione dell'udienza di discussione, e'
stata  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  del  29 dicembre 2001,
n. 301, la legge 28 dicembre 2001, n. 448, recante: "Disposizioni per
la  formazione  del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge
finanziaria  2002)",  che,  all'art.  11, ha proceduto alla modifica,
integrazione  o  soppressione  di numerose disposizioni contenute nel
decreto legislativo n. 153/1999.
    In  particolare,  va  posta l'attenzione su quelle introdotte dai
primi quattro commi del citato art. 11, che hanno l'effetto:
        a) di limitare la liberta' di azione delle sole fondazioni in
rapporto  prevalente  con  il territorio ad operare nei soli "settori
ammessi";
        b)  di  modificare  la composizione dell'organo di indirizzo,
nel  quale  l'originaria  necessita'  della  presenza di "un'adeguata
rappresentanza  del  territorio,  con  particolare riguardo agli enti
locali"  si  trasforma  in  quella  "di  una prevalente e qualificata
rappresentanza  degli  enti, diversi dallo Stato, di cui all'art. 114
della Costituzione".
    Trattasi di innovazioni che sono insuscettibili di incidere sulla
rilevanza   della   questione  che  si  va  a  rimettere  alla  Corte
costituzionale.
    Esse,  infatti,  pur  incidendo,  sulla  liberta' di scelta delle
fondazioni,  non  fanno  venire  meno  la  autonomia statutaria delle
singole  persone  giuridiche  a  determinare  le incompatibilita' e i
requisiti  di  professionalita'  e  di  onorabilita' dei soggetti che
svolgono   funzioni   di   indirizzo,  amministrazione,  direzione  e
controllo  presso  le  fondazioni stesse; tantomeno, la normativa del
2001 legittima, per converso, il potere di indirizzo esercitato nella
specie.
        4)  Per  le  considerazioni che precedono va conseguentemente
sollevata   la   questione   di   legittimita'  costituzionale  degli
articoli 4, primo comma, lett. g), e dell'art. 10, comma 3, lett. e),
del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, per contrasto con gli
articoli 2, 3, 18, 41 e 76 della Costituzione.
    Deve  disporsi,  pertanto,  la trasmissione degli atti alla Corte
costituzionale,  con  conseguente  sospensione  del giudizio ai sensi
dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, per la pronuncia sulla
legittimita' costituzionale delle suindicate norme.