IL TRIBUNALE

    Ha emesso la seguente ordinanza di sospensione del procedimento e
di  rimessione  degli  atti  alla Corte costituzionale (art. 23 legge
n. 87/1953).
    Il  giudice  dell'udienza preliminare, vista la richiesta dell'11
aprile  2001  con  la  quale  il  p.m. in sede ha chiesto il rinvio a
giudizio  Modoni  Maria  Vincenza  contestandole il reato di cui agli
artt. 110 e 640 cpv. n. 1 c.p.;
    Esaminati   gli  atti  del  procedimento  allegati  all'anzidetta
richiesta;
    Sentite  le  parti  nell'odierna  udienza  preliminare fissata ai
sensi degli artt. 419 e segg. c.p.p.,

                        Osserva quanto segue
    Nei  confronti  di  Modoni  Maria  Vincenza il p.m. esercito' una
prima  volta l'azione penale presentando, il 15 marzo 2000, richiesta
di  rinvio  a giudizio con cui le venne contestato il reato di truffa
aggravata  per  avere, quale bibliotecaria della scuola elementare di
Cavallino  - in concorso con Cappilli Francesco, bidello della stessa
scuola   -   con  artifizi  e  raggiri  consistiti  nell'allontanarsi
arbitrariamente   dal   posto   di   lavoro  senza  il  permesso  dei
responsabili   dell'istituto,   indotto   in   errore   la   pubblica
amministrazione  sull'effettivita'  del  servizio e cosi' procurato a
se'  l'ingiusto  profitto dell'intera retribuzione, non decurtata per
le ore di servizio non prestate.
    Nell'udienza  preliminare  del  9  gennaio 2001 venne ordinata la
separazione   della   posizione   dell'imputato   Cappilli,   il  cui
procedimento  fu definito con una sentenza di applicazione di pena su
richiesta.  All'esito della medesima udienza, proseguita nei riguardi
della  sola  Modoni,  rilevato  che  il  pubblico ministero non aveva
ritenuto  di  modificare  l'imputazione sensi dell'art. 423 c.p.p., e
riconosciuta l'esistenza a carico della prevenuta di un fatto diverso
da quello alla stessa formalmente ascritto (risultando dagli atti che
il  solo  Cappilli  si  era  arbitrariamente allontanato dal posto di
lavoro  e  che  la  Modoni, invece, aveva concorso nella condotta del
primo   beneficiando   di   una   serie  di  "favori"  del  Cappilli,
assicuratile  durante quei periodi di allontanamento), questo giudice
dispose  la  restituzione degli atti al rappresentante della pubblica
accusa.
    Il   pubblico   ministero   ha,   dunque,   modificato   il  capo
d'imputazione  notificando  alla  Modoni  un  nuovo  avviso  ai sensi
dell'art. 415-bis  c.p.p. e formulando la seconda richiesta di rinvio
a giudizio, depositata l'11 aprile 2001, cui sopra si e' fatto cenno.
    Cio'   premesso,  ritiene  questo  giudice  di  dovere  sollevare
d'ufficio  questione  di  legittimita' costituzionale con riferimento
alle  disposizioni  dettate dall'art. 34 commi 2 e 2-bis c.p.p. nella
parte  in  cui  esse  non  prevedono l'incompatibilita' all'esercizio
delle  funzioni di giudice dell'udienza preliminare per il magistrato
che,  all'esito di una precedente udienza preliminare, riguardante lo
stesso  imputato  e  il  medesimo  fatto  storico,  abbia disposto la
restituzione  degli  atti  al  pubblico ministero avendo ravvisato un
fatto   diverso  da  quello  formalmente  descritto  nell'imputazione
contestata.
    Al  riguardo  va  preliminarmente  considerato  che nessun dubbio
sussiste  circa  il  potere  del  giudice dell'udienza preliminare di
restituire  gli  atti al pubblico ministero laddove, come e' accaduto
nel  caso di specie, abbia ritenuto che il fatto e' diverso da quello
iscritto  nel  capo  d'imputazione  (dopo  aver  preso  atto  che  il
rappresentante  della  accusa, presente in udienza, non ha esercitato
il  potere  di  modifica  dell'accusa,  riconosciutogli dall'art. 423
c.p.p).  In  siffatta  ipotesi il giudice dell'udienza preliminare si
viene  a  trovare  in una situazione analoga a quella del giudice del
dibattimento cui l'art. 521 comma 2 c.p.p. riconosce espressamente il
potere  di  trasmissione degli atti al pubblico ministero nel caso in
cui  abbia  accertato  che  il fatto e' diverso da quello formalmente
contestato:  e, nonostante qualche pronuncia di segno contrario, tale
soluzione   esegetica  risulta  essere  quella  fatta  propria  dalla
prevalente e piu' recente giurisprudenza di legittimita' in base alla
quale  "dove  ritenersi  - in conformita' ai principi enunciati dalla
Corte  costituzionale  nella sentenza n. 88 del 1994 - che l'esigenza
di  correlazione  dell'imputazione  alle  risultanze  degli  atti sia
presente  in ogni fase processuale e pertanto debba essere garantita,
ai  fini  del  rispetto  del  diritto  di  difesa, anche nell'udienza
preliminare"   (v.   Cass.,   sez.   I,   5   maggio  2000,  p.m.  in
proc. Ferrentino;  Cass.,  sez.  V,  3  ottobre  1997,  p.m. in proc.
Casaglieri; Cass., 13 dicembre 1995, Pilotto; e, sia pure con qualche
puntualizzazione, Cass., 2 marzo 1998, Romano).
    Alla  luce  di  questa  premessa,  va  detto  che la questione di
legittimita'  che  qui  si  intende  sollevare investe tanto la norma
dettata  dal  comma 2 dell'art. 34 c.p.p., quanto quella prevista dal
successivo comma 2-bis.
    Con  riferimento  alla  prima  disposizione  sarebbe  sufficiente
richiamare  la  sentenza con la quale la Corte costituzionale ha gia'
dichiarato  la  illegittimita'  di quella stessa norma nella parte in
cui  non  prevede  l'incompatibilita'  alla  funzione di giudizio del
giudice  che,  all'esito  di  precedente dibattimento, riguardante il
medesimo fatto storico a carico del medesimo imputato, abbia ordinato
la   trasmissione   degli   atti   al   pubblico  ministero  a  norma
dell'art. 521  comma  2  c.p.p.  (sent.  15 dicembre 1994 n. 455). In
quella  occasione  la  Consulta,  richiamata  la  propria  precedente
giurisprudenza  secondo cui deve riconoscersi l'incompatibilita' alla
funzione  di  giudizio  in  capo  al giudice che abbia, in uno stadio
anteriore del procedimento, espresso una valutazione nel merito della
stessa  materia processuale riguardante il medesimo incolpato, ebbe a
sottolineare   come   "il   giudice,  quando  accerta  all'esito  del
dibattimento  che  "il fatto e' diverso da come descritto nel decreto
che  dispone  il  giudizio  , (compie) una penetrante delibazione del
merito  della  regiudicanda, non dissimile da quella che, in mancanza
di   una   valutazione  della  diversita'  del  fatto,  conduce  alla
definizione con sentenza del giudizio di merito".
    In  tale  ottica non vi e' chi non veda le analogie esistenti tra
la  situazione  valutata  dalla  Corte  costituzionale nella predetta
sentenza e quella rilevante in questa sede: perche' se e' vero che le
funzioni   esercitate   dal   giudice  dell'udienza  preliminare  non
riguardano  propriamente  il  merito  delle regiudicanda, e cioe' una
valutazione  conclusiva  sulla  responsabilita' dell'imputato, non si
puo'  non  tenere conto degli ampliati poteri decisionali allo stesso
giudice  assegnati  dalla  disciplina  codicistica riguardante quella
udienza,   cosi'   come   recentemente   "ridisegnata"   dalla  legge
16 dicembre 1999 n. 479.
    E'  percio' palese la violazione del principio di uguaglianza per
il  differente  trattamento  che  riceve l'imputato in due situazioni
sostanzialmente  assimilabili:  l'imputato  che,  rinviato a giudizio
dopo  che, in altro precedente giudizio, un magistrato aveva ordinato
la  trasmissione  degli  atti al pubblico ministero per la diversita'
del  fatto  ai  sensi  dell'art. 521  comma  2  c.p.p.,  deve  essere
necessariamente  giudicato da altro magistrato, rispetto all'imputato
il  quale  -  destinatario di una richiesta di rinvio a giudizio dopo
che,  in  una  precedente  udienza  preliminare,  un magistrato aveva
ugualmente ordinato la trasmissione degli atti al rappresentate della
pubblica accusa per la diversita' del fatto - puo' vedere il medesimo
magistrato decidere sulla richiesta nella nuova udienza preliminare.
    Ed  invero,  in entrambi i casi il giudice chiamato a svolgere le
sue  funzioni  valutative  e'  "pregiudicato"  dall'avere adottato il
provvedimento  di  restituzione degli atti al pubblico ministero, per
essersi   precedentemente   formato   un   convincimento  sul  merito
dell'azione   penale:   "evenienza   idonea  a  configurare  una  sua
incompatibilita'  a  nuovamente  giudicare sul medesimo fatto" (cosi'
nella citata sent. n. 455/1994). Ne risultano, conseguentemente, lesi
il  diritto di difesa costituzionalmente garantito dall'art. 24 Cost.
ed  il  correlato  principio  di  imparzialita'  del  giudice  di cui
all'art. 111 comma 2 Cost.
    Sotto  altro,  e  verosimilmente  piu' pregnante, punto di vista,
appare  con  tutta  evidenza  la  illegittimita'  della  disposizione
prevista  dall'art. 34  comma  2-bis  c.p.p.,  per  la  quale  vi  e'
incompatibilita' all'esercizio delle funzioni di giudice dell'udienza
preliminare  per  il  magistrato  che,  nello stesso procedimento, ha
esercitato  le  funzioni  di  giudice  per  le  indagini preliminari.
Disposizione  che,  ispirata  -  secondo  quanto  osservato dai primi
commentatori  -  ad  un principio di opportunita' costituzionale piu'
che  di  doverosita'  costituzionale,  ha  finito  per  comportare un
definitivo  superamento  dell'orientamento  esegetico con il quale la
Consulta  aveva  escluso  che  il  giudice  dell'udienza preliminare,
chiamato  a  formulare un giudizio di mero rito, potesse considerarsi
pregiudicato   dalla   precedente   emissione   di   altra  decisione
comportante  una  valutazione  del  merito dell'imputazione (v. Corte
cost.  5 febbraio  1996  n. 24;  Id.,  3  luglio  1996  n. 232; e Id.
11 aprile 1997 n. 97).
    Con   riferimento   ai   gia'   considerati  canoni  della  Carta
fondamentale,  e' agevolmente riconoscibile la irragionevolezza della
norma  di  cui  al comma 2-bis dell'art. 34 c.p.p. nella parte in cui
stabilisce  la  innanzi indicata incompatibilita' all'esercizio delle
funzioni  di  giudice dell'udienza preliminare, e nella parte in cui,
al  contrario,  ai fini dello svolgimento della medesima udienza, non
preveda   analoga   incompatibilita'  per  il  giudice  che,  in  una
precedente  udienza  preliminare,  abbia  rilevato  la diversita' del
fatto  rispetto a quello contestato ed abbia ordinato la restituzione
degli atti al pubblico ministero.
    Ed  infatti,  la  incompatibilita'  del  giudice  per le indagini
preliminari  e'  fissata  indipendentemente  dal  tipo  e  natura del
provvedimento  o  dei  provvedimenti  adottati  dal magistrato che ha
esercitato quelle funzioni: ad esempio, e' sufficiente che il giudice
per le indagini preliminari abbia deciso una richiesta di proroga del
termine  di durata delle indagini, con l'adozione di un provvedimento
che   non   presuppone  alcuna  "invasiva"  valutazione  sul  merito;
viceversa,  non e' prevista alcuna incompatibilita' per il magistrato
che  -  come  si  e'  verificato  nel caso di specie - nella veste di
giudice  dell'udienza  preliminare  si  e'  trovato  ad  esprimere un
approfondito  giudizio  di merito tanto da riconoscere una diversita'
tra   il   fatto  contestato  e  quello  emergente  dalle  carte  del
procedimento.
    Anche  in  tale  contesto, dunque, e' prospettabile la violazione
dei gia' menzionati principi dettati dagli artt. 3, 24 e 111 Cost.
    La  questione  di  legittimita'  costituzionale  sollevata non e'
manifestamente  infondata  e,  condizionando  la  individuazione  del
giudice   legittimato   all'esercizio   delle   funzioni  di  giudice
dell'udienza  preliminare,  e'  certamente  rilevante  nel processo a
carico  della Modoni di cui va, percio', disposta la sospensione, con
trasmissione degli atti al giudice delle leggi.