ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 453 del codice
di procedura penale, promosso, nell'ambito di un procedimento penale,
con  ordinanza  del  Tribunale  di  La  Spezia in data 8 giugno 2001,
iscritta  al  n. 694  del  registro ordinanze 2001 e pubblicata nella
Gazzetta   Ufficiale  della  Repubblica  n. 38,  1a  serie  speciale,
dell'anno 2001.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 10 aprile 2002 il giudice
relatore Guido Neppi Modona.
    Ritenuto  che  il  Tribunale  di  La  Spezia,  su eccezione della
difesa,  ha  sollevato,  in  riferimento  agli  artt. 3 e 24, secondo
comma,  della  Costituzione, questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 453  del codice di procedura penale, nella parte in cui non
prevede che la richiesta di giudizio immediato debba essere preceduta
dall'avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415-bis
cod. proc. pen;
        che il Tribunale, premesso che procede per i reati di usura e
di  estorsione a seguito di decreto di giudizio immediato, rileva che
l'avviso  di  conclusione  delle  indagini  preliminari  e'  previsto
soltanto  quando  il  pubblico ministero esercita l'azione penale con
richiesta  di  rinvio a giudizio o con citazione diretta, come emerge
dai richiami rispettivamente operati dall'art. 415-bis all'art. 405 e
dall'art. 550   all'art. 415-bis  cod.  proc.  pen.,  mentre  analogo
richiamo non e' contenuto nella disposizione censurata;
        che,   ad   avviso   del  Tribunale,  la  mancata  previsione
dell'avviso  di  conclusione  delle indagini prima della richiesta di
giudizio  immediato determina un'indebita compressione del diritto di
difesa  e  un'ingiustificata  disparita' di trattamento dell'imputato
nei   cui  confronti  si  procede  con  giudizio  immediato  rispetto
all'imputato  tratto  a giudizio con citazione diretta - prevista per
reati di minore gravita' - o a seguito di udienza preliminare;
        che  all'imputato  nei  cui confronti e' disposto il giudizio
immediato  risulta  infatti  inibito "di presentare memorie, produrre
documenti,  depositare  documentazione  relativa  alle investigazioni
difensive,  chiedere al p.m. il compimento di atti d'indagine nonche'
compiere ogni altra attivita' difensiva che l'art. 415-bis prevede al
fine  di  consentirgli,  laddove e' possibile, di non essere tratto a
giudizio rappresentando la propria posizione e fornendo ogni elemento
a discarico";
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  chiedendo  che  la  questione  sia  dichiarata manifestamente
infondata,  in  base  al  rilievo  che  la  disciplina  censurata non
pregiudica l'esercizio del diritto di difesa in vista della pronuncia
di merito;
        che,  inoltre,  l'istituto di cui all'art. 415-bis cod. proc.
pen. sarebbe  incompatibile  con la struttura del giudizio immediato,
"caratterizzato  dalla possibilita' connessa a specifiche contingenze
processuali   di   natura   probatoria  verificate  dal  giudice,  di
accelerare   oltre   modo   i  tempi  del  processo",  in  quanto  ne
determinerebbe una inevitabile dilatazione temporale;
        che,   infine,  ad  avviso  dell'Avvocatura  il  procedimento
disciplinato  dagli  artt. 453  e  seguenti  cod.  proc. pen. e' gia'
sufficientemente garantito dalla necessita' del previo interrogatorio
dell'imputato,   e   quindi   gli  adempimenti  processuali  previsti
dall'art. 415-bis  si  risolverebbero  in una inutile duplicazione di
tutela.
    Considerato che il rimettente dubita, in riferimento agli artt. 3
e   24,   secondo   comma,  della  Costituzione,  della  legittimita'
costituzionale  dell'art. 453  del  codice  di  procedura  penale, in
quanto   l'omessa  previsione  dell'avviso  della  conclusione  delle
indagini  preliminari  prima  della presentazione della richiesta del
pubblico  ministero  di giudizio immediato precluderebbe all'imputato
di  compiere le attivita' difensive menzionate dall'art. 415-bis cod.
proc.  pen. e  determinerebbe  cosi'  una  ingiustificata e deteriore
disparita' di trattamento rispetto all'imputato rinviato a giudizio a
seguito di udienza preliminare o con citazione diretta;
        che il confronto tra le opportunita' di esercizio del diritto
di  difesa  conseguenti  all'avviso  di  conclusione  delle  indagini
preliminari  e quelle offerte dalla disciplina del giudizio immediato
deve  essere condotto tenendo presenti gli specifici presupposti e la
peculiare  struttura  del rito alternativo regolato dagli artt. 453 e
seguenti cod. proc. pen;
        che,  in  primo  luogo, presupposto del giudizio immediato e'
l'evidenza  della  prova, la cui sussistenza, sottoposta al controllo
del  giudice  per  le indagini preliminari a norma dell'art. 455 cod.
proc.  pen., rende superflua la celebrazione dell'udienza preliminare
(v. ordinanze n. 276 del 1995 e n. 482 del 1992);
        che, inoltre, il pubblico ministero puo' presentare richiesta
di giudizio immediato solo se la persona sottoposta alle indagini sia
stata  interrogata  sui  fatti  da cui emerge l'evidenza della prova,
ovvero  se  -  a  seguito  di  invito  a  presentarsi  emesso a norma
dell'art. 375,   comma   3,   secondo   periodo,  cod.  proc.  pen. e
contenente, oltre la sommaria enunciazione del fatto risultante dalle
indagini  compiute, l'indicazione degli elementi e delle fonti da cui
risulta  l'evidenza  della  prova  e l'avvertimento che potra' essere
presentata  richiesta di giudizio immediato - la persona indagata non
sia comparsa, sempre che non abbia addotto un legittimo impedimento o
non sia irreperibile;
        che,  ai  fini  della  contestazione del fatto, tali garanzie
sono  sostanzialmente  analoghe  a quelle contenute nell'avviso della
conclusione  delle  indagini  preliminari, l'unica differenza essendo
riscontrabile   nel  deposito  della  documentazione  delle  indagini
espletate,  previsto  dall'art. 415-bis  comma 2, cod. proc. pen., al
quale peraltro fa riscontro, ove si ponga mente alla specificita' del
giudizio  immediato,  la contestazione verbale degli elementi e delle
fonti  su  cui  si  basa  l'evidenza  della  prova,  richiamata dagli
artt. 453 e 375, comma 3, cod. proc. pen;
        che, a seguito dell'interrogatorio svolto con l'osservanza di
tali   forme,  la  persona  sottoposta  alle  indagini,  al  fine  di
contestare  l'evidenza  della  prova  e, quindi, di evitare di essere
tratta  a  giudizio,  e'  posta  in  condizione di esercitare le piu'
opportune  iniziative defensionali previste in via generale nel corso
delle   indagini   preliminari,  dalla  presentazione  di  memorie  e
richieste   scritte   al   pubblico   ministero   alle  attivita'  di
sollecitazione probatoria e alle investigazioni difensive;
        che  l'art. 415-bis  comma  3,  cod. proc. pen., elencando le
attivita'  difensive  di  cui  deve essere fatta menzione nell'avviso
della  conclusione  delle  indagini  preliminari,  non riconosce alla
persona  sottoposta  alle  indagini  poteri  di  iniziativa diversi e
ulteriori  rispetto  a  quelli  esercitabili nel corso delle indagini
preliminari   prima   che  il  pubblico  ministero  abbia  presentato
richiesta di giudizio immediato;
        che  sotto  il  profilo dell'esercizio del diritto di difesa,
con particolare riferimento alle attivita' volte ad evitare il rinvio
a  giudizio, nella disciplina censurata non e' pertanto riscontrabile
alcuna violazione dell'art. 24 Cost;
        che,  per  quanto  concerne  le  censure  che  attengono alla
disparita'  di trattamento, tenuto conto della struttura del processo
penale,  caratterizzato  dalla  presenza  di  una  pluralita' di riti
alternativi  che mirano, attraverso la semplificazione dei meccanismi
e l'abbreviazione dei tempi del procedimento, a pervenire ad una piu'
rapida  conclusione  della vicenda processuale, e' ragionevole che le
forme  di  esercizio del diritto di difesa siano modulate in funzione
delle  caratteristiche  dei  singoli  procedimenti  speciali  (v., ex
plurimis sentenze n. 344 del 1991 e n. 16 del 1970, nonche' ordinanze
n. 326 del 1999 e n. 432 del 1998);
        che,  in  particolare,  in  tema  di  giudizio  immediato  la
brevita'  del  termine, giustificata dall'evidenza della prova, entro
cui il pubblico ministero deve presentare, ex art. 454, comma 1, cod.
proc.   pen.,  la  relativa  richiesta,  comporta  la  necessita'  di
anticipare  le  attivita'  difensive  volte  ad  evitare  il rinvio a
giudizio  prima  della  conclusione delle indagini, e cioe' a partire
dal   momento   in   cui,  grazie  all'interrogatorio,  alla  persona
sottoposta  alle  indagini  sono  stati  contestati i fatti dai quali
emerge l'evidenza della prova;
        che  l'estensione  al  giudizio  immediato delle modalita' di
esercizio del diritto di difesa previste dall'art. 415-bis cod. proc.
pen. si  porrebbe  in antinomia con i presupposti che giustificano la
costruzione  di  questo  rito  secondo criteri di massima celerita' e
semplificazione,    senza   il   filtro   dell'udienza   preliminare,
analogamente agli altri procedimenti speciali - giudizio direttissimo
e decreto penale di condanna - nei quali, per ragioni diverse, non e'
previsto l'avviso di conclusione delle indagini;
        che    la   questione   deve   pertanto   essere   dichiarata
manifestamente infondata anche in riferimento all'art. 3 Cost.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.