IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza sul ricorso n. 7939/2001,
proposto da Altieri Vincenzo, Amato Bruno, Auricchio Salvatore, Ayala
Fabio,  Battagliese  Guido,  Bonaduce  Domenico, Bonavolonta' Giulio,
Bracale  Giancarlo,  Buccelli  Claudio,  Bucci  Eduardo,  Bucci Luigi
Antonio,  Bucci  Paolo,  Chiosi Ettore, D'Armiento Massimino, De Rosa
Gaetano,  Delfino  Mario,  De  Rosa Michele Davide, Fenzi Gianfranco,
Greco  Giovanni  Maria,  Ingenito  Aniello, Lavorgna Giovanni, Lupoli
Giovanni,  Magli  Adriano,  Manfredi  Claudio,  Martinelli  Pasquale,
Matarasso  Sergio, Merola Bartolomeo, Mignogna Michele Davide, Mirone
Vincenzo,  Molea  Guido,  Monfrecola  Giuseppe,  Muscettola Giovanni,
Nappi  Carmine,  Palombini  Lucio, Persico Giovanni, Piazza Marcello,
Regno  Sandro,  Rocco  Pasquale,  Romano  Giovanni,  Rossi  Riccardo,
Salvatore  Francesco,  Valletta  Alessandra,  Vetrani Antonio, Zarone
Fernando,   rappresentati   e   difesi   dall'avv. Mario   Racco   ed
elettivamente  domiciliati  nel  suo  studio  in Roma, viale Mazzini,
114/B;
    Contro  l'Universita'  degli  studi  di  Napoli "Federico II", in
persona del rettore pro tempore, nonche':
        Azienda   universitaria  policlinico  dell'Universita'  degli
studi  di Napoli "Federico II", in persona del direttore generale pro
tempore;
        Ministero della sanita', in persona del Ministro pro tempore;
        Ministero universita' e ricerca scientifica e tecnologica, in
persona del Ministro pro tempore;
    Per   l'accertamento   del  diritto  dei  ricorrenti,  in  quanto
professori   universitari  della  facolta'  di  medicina,  a  vedersi
garantita  l'applicazione  della  normativa  vigente sull'ordinamento
universitario,  quale  risulta  dal  d.P.R.  n. 382/1980 e successive
modificazioni   e   integrazioni   e   dalle  ulteriori  disposizioni
legislative   intervenute   in   materia,   in   tema   di  esercizio
dell'attivita'  istituzionale  di  didattica  e  ricerca  e regime di
impegno  a tempo pieno o definito; nonche' per l'annullamento, previa
sospensione,    delle   note   a   firma   del   decano   indirizzate
individualmente  a  ciascuno  dei ricorrenti in data e con protocolli
diversi, ma tutte con l'identico contenuto riportato in fatto recanti
in  oggetto:  "Opzione  ex art. 5, commi 7-8 d.lgs. n. 517/1999, e di
ogni  altro  atto ad esse presupposto, connesso e/o conseguenziale, e
in  particolare  delle note, anch'esse di identico contenuto, recanti
in oggetto "Opzione ex art. 5, commi 7 e 8 d.lgs. n. 517/1999" con le
quali  il  commissario  straordinario  dell'Azienda  universitaria ha
riscontrato la comunicazione di opzione da ciascuno prodotta, nonche'
la  nota  circolare  del  medesimo  commissario straordinario n. 4587
dell'8 febbraio 2001 e relativo modulo allegato.
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Nominato  relatore,  per  la  camera  di consiglio dell'11 luglio
2001, il consigliere Bruno Mollica;
    Uditi, altresi', i difensori delle parti, come da verbale;
    Vista  l'ordinanza cautelare della sezione n. 4477 dell'11 luglio
2001;
    Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto:

                           Fatto e diritto

    1.  -  I ricorrenti, docenti universitari afferenti alla facolta'
di medicina e chirurgia, in servizio presso l'Universita' degli studi
di  Napoli  "Federico  II",  impugnano  i provvedimenti con cui viene
disposta  la  applicazione del regime di impegno a tempo definito, in
quanto   sanitari   optanti   per   l'attivita'  libero-professionale
extramuraria,  a norma dell'art. 5, comma 12, d.lgs. 21 dicembre 1999
n. 517, di cui deducono la illegittimita' costituzionale.
    2.  - Il ricorso investe vari profili della legislazione delegata
di  riforma  del  settore  sanitario  per  farne  discendere,  in via
derivata,  l'incostituzionalita'  della  norma  precitata:  va allora
definito  e circoscritto l'oggetto del giudizio, in quanto l'esame di
questo  giudice  deve incentrarsi esclusivamente sull'oggetto diretto
ed  immediato  della  contestazione  giudiziale, e cioe' l'automatica
correlazione   tra   opzione   per  l'attivita'  libero-professionale
intramuraria  ed  il  regime  di  tempo  pieno  nonche' fra attivita'
libero-professionale  extramuraria  ed  il  regime  di tempo definito
imposto dal detto art. 5, comma 12.
    3.  -  Rileva  preliminarmente  il  collegio  che, con precedenti
ricorsi giurisdizionali nn. 3851, 3854, 3803, 4681, 6036, 4916 e 4923
del  2000,  i  ricorrenti  hanno  gia' impugnato, unitamente ad altri
sanitari,   l'intimazione  di  opzione  tra  attivita'  assistenziale
intramuraria    (definita   anche   come   "attivita'   assistenziale
esclusiva")  e  attivita'  libero-professionale extramuraria ai sensi
dell'art. 5,  commi  7  e  8,  d.lgs.  n. 517/1999  cit.;  e che, con
ordinanze nn. 19903/00, 19904/00, 9029/00, 4370/00, 39/01, 10905/00 e
10906/00,  la  sezione  ha sollevato, in relazione a tali ricorsi, la
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 5  comma 8 del
d.lgs.  n. 517  cit.  per  contrasto  con  gli  artt. 3  e  97 Cost.,
dell'art. 5  comma  7  per  contrasto  con  gli  artt. 33 e 76 Cost.,
dell'art. 5 commi da 1 a 6 e da 8 a 11 e dell'art. 3 in parte qua per
contrasto con gli artt. 33 e 76 Cost.
    4.  -  In sede di delibazione dell'istanza cautelare odiernamente
proposta  dai  ricorrenti,  la  sezione  ha meditatamente ritenuto di
accordare,  sia  pure  interinalmente,  il  chiesto  provvedimento di
sospensione,   rinviando   a   separata   contestuale   ordinanza  la
proposizione   della   questione  di  costituzionalita'  del  sistema
normativo posto a base dell'impugnata applicazione del tempo definito
per  possibile  contrasto,  quantomeno,  con gli artt. 3, 97, 33 e 76
Cost.,  anche  in  riferimento  all'art. 11  d.P.R. n. 382/1980, come
modificato  dall'art. 3  legge  n. 705/1985 e dagli artt. 3 e 4 legge
n. 118/1989.
    In   questa   sede,   in  punto  di  rilevanza,  basti  ricordare
l'orientamento   della  Corte  costituzionale  secondo  il  quale  il
requisito  della rilevanza non viene meno nel caso in cui il giudice,
contemporaneamente  all'ordinanza  di rimessione, abbia disposto, con
separato  provvedimento,  la sospensione stessa, in via provvisoria e
temporanea,  sino  alla  ripresa  del giudizio cautelare (cfr. sentt.
nn. 444  del  1990,  367  del 1991 e 4 del 2000); e cio' anche per il
caso   che  la  dedotta  incostituzionalita'  di  una  o  piu'  norme
legislative costituisca l'unico motivo del ricorso innanzi al giudice
a  quo,  essendo  comunque  individuabile  nel giudizio principale un
petitum   separato   e   distinto  dalle  questioni  di  legittimita'
costituzionale,  sul  quale questo giudice e' chiamato a pronunciarsi
(cfr. sentt. nn. 263 del 1994, 128 del 1998 e 4 del 2000 cit.).
    5. - Sempre in punto di rilevanza, va ricordato che la contestata
applicazione  del tempo definito e' imposta dall'art. 5 comma 12, del
d.lgs  21  dicembre  1999,  n. 517  cit.:  si'  che,  dovendosi  fare
necessariamente  applicazione  della  detta disposizione, il giudizio
non  puo'  essere  definito indipendentemente dalla risoluzione della
questione di legittimita' costituzionale.
    D'altro   canto,   i   provvedimenti  in  questa  sede  impugnati
costituiscono  puntuale applicazione della disposizione medesima, con
la  conseguenza  che  l'eventuale  eliminazione  della  stessa  dalla
realta'  giuridica  determinerebbe  il soddisfacimento dell'interesse
sostanziale dei ricorrenti.
    6. - La questione, oltre che rilevante, appare non manifestamente
infondata;  ed  invero,  come  gia'  esposto e ritenuto nella precita
ordinanza   cautelare,   la   sezione   dubita   della   legittimita'
costituzionale  della  norma  posta  a  base dei detti provvedimenti:
ritiene  pertanto  di  dover sollevare, anche d'ufficio per i profili
non    trattati    dai   ricorrenti,   la   relativa   questione   di
costituzionalita'  per contrasto con i gia' ricordati artt. 3, 97, 33
e  76  Cost.,  anche  in riferimento all'art. 11, d.P.R. n. 382/1980,
come  modificato dall'art. 3 legge 705/1985 e dagli artt. 3 e 4 legge
118/1989.
    7. - Ragioni di economia processuale imporrebbero di non ripetere
le   considerazioni   gia'   esposte  nelle  ricordate  ordinanze  di
rimessione;   peraltro,   per   comodita'   di  giudizio  nonche'  di
esposizione   dei  profili  specificatamente  oggetto  della  odierna
ordinanza,  si  ritiene  opportuno  riportare i contenuti delle dette
ordinanze.
    "5.  Viene in primo luogo in considerazione la norma dell'art. 5,
comma 8, del d.lgs n. 517/1999, che impone un termine perentorio (che
sia  di  tale  natura  non  sembra  revocabile  in  dubbio, attese le
conseguenze  derivanti dall'omesso esercizio dell'opzione nel termine
fissato, previste dall'ultima parte del comma stesso) per l'esercizio
dell'opzione  ai  sensi  e  per  gli  effetti di cui al comma 7: tale
ultimo   comma   stabilisce   che   i  professori  ed  i  ricercatori
universitari  afferenti  alla facolta' di medicina e chirurgia optano
rispettivamente    per   l'esercizio   di   attivita'   assistenziale
intramuraria  ai sensi dell'art. 15-quinquies del decreto legislativo
30  dicembre  1992  n. 502  e  successive  modificazioni e secondo le
tipologie  di  cui  alle  lettere  a),  b), c) e d) del comma 2 dello
stesso    articolo    ovvero    per    l'esercizio    di    attivita'
libero-professionale  extramuraria;  tali  tipologie  fanno  espresso
riferimento   alle  strutture  aziendali  individuate  dal  direttore
generale  d'intesa con il collegio di direzione, con cio' ponendo una
stretta  correlazione  tra l'individuazione delle strutture destinate
all'attivita'   libero-professionale   e  l'esercizio  dell'attivita'
medesima.
    Tale  stretta correlazione e', del resto, logico corollario della
compenetrazione  tra  l'attivita'  sanitaria  assistenziale  e quella
didattico-scientifica  dei  docenti  universitari  della  facolta' di
medicina, che operano nelle cliniche e negli istituti universitari di
ricovero  e  cura,  che  costituisce "il dato caratterizzante le loro
funzioni  ed  il  conseguente  stato  giuridico  (cfr. Corte cost. 16
maggio 1997 n. 134).
    E  nel senso della "inscindibilita' delle attivita' assistenziali
del  personale  universitario  da quelle di didattica e di ricerca si
pone anche l'art. 5 del decreto ministeriale 31 luglio 1997, che reca
le   linee   guida   per   la   stipula   dei   protocolli   d'intesa
universita-regioni.
    Nel sistema normativo scaturente dall'art. 5, comma 7, del d.lgs.
n. 517/1999    e    dall'art. 15-quinquies,   comma 2,   del   d.lgs.
n. 502/1992,  e' quindi configurabile un obbligo dell'Amministrazione
di  individuare  le  strutture  aziendali  entro  cui  va  esercitata
l'attivita'  assistenziale  intramuraria (o le soluzioni alternative,
di  cui all'art. 72, comma 11, della legge 23 dicembre 1998, n. 448),
si'  da  rendere  concretamente  disponibili le strutture stesse ed i
servizi  (in tal senso, cfr., anche, Cons. Stato, VI Sez., ord.za, 24
marzo   2000  n.   1431).  E  tale  obbligo  dell'Amministrazione  e'
correlato  al diritto all'esercizio di attivita' libero-professionale
individuale    ...    nell'ambito    delle    "strutture    aziendali
(art. 15-quinquies,  punto  2,  lett. a, del d.lgs. 30 dicembre 1992,
n. 502  nel  testo  introdotto dall'art. 13 del d.lgs. 19 giugno 1999
n. 229)  da parte dei sanitari universitari, diritto il cui esercizio
sembra di dubbia attuabilita' in assenza della detta individuazione e
predisposizione  delle  strutture, non apparendo rilevante, sul piano
della effettivita' del diritto stesso, la mera possibilita' di tutela
nelle  competenti  sedi nei confronti dei funzionari inadempienti (ex
art. 72, comma 11, della legge n. 448 del 1998).
    Se    cio'   e'   vero,   sembra   ravvisabile   una   intrinseca
contraddittorieta', pur nel medesimo contesto normativo, tra il comma
8  dell'art. 5  d.lgs n. 517/1999 cit. - nella parte in cui introduce
il   censurato   "termine  perentorio  per  l'opzione,  omettendo  di
subordinare  o  comunque  correlare  l'opzione medesima alla concreta
disponibilita'  delle  strutture  - ed il comma 7, nella parte in cui
(rinviando  alle  tipologie  di cui alle lettere a, b, c, d, comma 2,
art. 15-quinquies  del d.lgs. n. 502/1992 e successive modificazioni)
fa  riferimento  all'individuazione  delle  strutture  medesime,  con
conseguente  configurabilita',  per  tale  profilo,  di un'ipotesi di
contrasto  tra  la  censurata  disposizione  dell'art. 5 comma 8, del
d.lgs.  n. 517/1999,  sub  specie  di  manifesta  irragionevolezza ed
intrinseca contraddittorieta' col sistema normativo in cui si colloca
e  l'art. 3  Cost.  -  inteso  come  generale  canone  di  coerenza e
ragionevolezza  dell'ordinamento  (Corte cost. n. 204/1982) - nonche'
col  principio  di  buon andamento ex art. 97 Cost.: quest'ultimo, in
particolare,  sotto il profilo della mancanza di proporzionalita' dei
mezzi  prescelti  dal  legislatore  delegato  rispetto  alle esigenze
obiettive da soddisfare o alle finalita' da perseguire, nonche' sotto
il profilo della razionale organizzazione dei servizi.
    Appare  quindi  non  manifestamente  infondata  la  questione  di
costituzionalita'  dell'art. 5, comma 8, del d.lgs. n. 517/1999 nella
parte  in  cui,  imponendo  di  compiere  una scelta entro un termine
perentorio,  e  attribuendo  alla mancata opzione dell'interessato un
significato  legale  tipico  (equivalenza alla scelta per l'attivita'
assistenziale   esclusiva),  non  condiziona  o  correla  l'esercizio
dell'opzione   alla  concreta  disponibilita'  delle  strutture,  per
contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost. sotto i profili indicati.
    6. Il collegio dubita nel contempo della conformita' ai parametri
costituzionali  ex  art. 33  Cost.  dell'art. 5,  comma 7, del d.lgs.
n. 517/1999, nella parte in cui impone la detta opzione relativamente
al personale sanitario universitario, in uno con le disposizioni allo
stesso  sottese  (o comunque connesse, art. 5 commi da 1 a 6 e da 8 a
11,  e  art. 3  in  parte  qua)  in  quanto  sembra  porsi  ex  se  -
indipendentemente,   cioe',   dal   profilo   della   necessita'   di
prescrizione  della  previa individuazione delle strutture - altresi'
in  contrasto  con  il  principio  dell'autonomia  universitaria  nel
perseguimento dei fini istituzionali didattici e scientifici.
    Stabilisce   il  comma  7  cit.  che  l'opzione  per  l'attivita'
assistenziale esclusiva e' requisito necessario per l'attribuzione ai
professori  e  ricercatori  universitari di incarichi di direzione di
struttura nonche' dei programmi di cui al comma 4.
    A  tacere della incidenza sullo stato giuridico degli interessati
di   una   prescrizione  siffatta,  giusta  altresi'  le  conseguenze
derivanti alla posizione degli stessi (cfr., in particolare, commi 4,
5  e 6 dello stesso art. 5), certo e' che i programmi di cui al comma
4, infra o interdipartimentali, sono dichiaratamente finalizzati alla
integrazione  delle attivita' assistenziali, didattiche e di ricerca,
con   particolare   riguardo   alle   innovazioni   tecnologiche   ed
assistenziali,  nonche' al coordinamento delle attivita' sistematiche
di revisione e valutazione della pratica clinica ed assistenziale.
    La  preclusione  della attribuzione della responsabilita' e della
gestione  dei detti programmi per i sanitari universitari non optanti
per  l'attivita'  assistenziale  esclusiva  appare con tutta evidenza
lesiva  di  quel principio di compenetrazione tra attivita' sanitaria
assistenziale  e  attivita'  didattica  e di ricerca scientifica, che
costituisce    dato    caratterizzante   l'attivita'   dei   sanitari
universitari  e  che  trova  tutela (anche) nei principi di autonomia
didattico-scientifica postulati dall'art. 33 Cost.
    Ma  la  stessa  opzione per l'attivita' assistenziale esclusiva -
tra  l'altro  irretrattabile,  a norma del comma 10 dell'art. 5 cit.,
fatta eccezione per limitate specifiche ipotesi - non sembra in linea
con i principi di autonomia didattico-scientifica ex art. 33 Cost.
    L'opzione comporta l'assoggettamento dell'attivita' assistenziale
del   sanitario   universitario   alle  determinazioni  organizzative
assistenziali  del  direttore  generale dell'azienda ospedaliera (sia
pure d'intesa col rettore o su proposta del responsabile di struttura
complessa;  in  particolare,  commi  1,  2,  5,  6 dell'art. 5 cit.):
dell'adempimento della attivita' assistenziali - che pur si integrano
con  quelle di didattica e di ricerca a norma del comma 2 dell'art. 5
-  il  personale universitario risponde al (solo) direttore generale,
ai  sensi  dello  stesso  comma;  l'attribuzione  e  la  revoca degli
incarichi   di   struttura  semplice  e  degli  incarichi  di  natura
professionale  e'  disposta  dal  direttore  generale su proposta del
responsabile  della struttura complessa di appartenenza del sanitario
(comma   6);  l'incarico  di  direzione  di  struttura  complessa  e'
attribuito  (e  revocato) dal direttore generale sulla base di (mera)
intesa  con  il  rettore, ai sensi del comma 5 (analogamente a quanto
disposto  per  il  direttore  del dipartimento ad attivita' integrata
dall'art. 3, comma 4).
    Ne discende la possibile incidenza delle dette determinazioni del
direttore  generale  sulle  attribuzioni  in  materia  didattica e di
ricerca  riservate  all'istituzione universitaria (anche per cio' che
concerne  l'attivita'  di  programmazione di tali aspetti); la stessa
collocazione  funzionale  assistenziale  per effetto della esercitata
opzione  -  rimessa,  in definitiva, al direttore generale - ben puo'
incidere,  in  concreto,  sulla liberta' d'insegnamento (si pensi, in
particolare,  all'attribuzione  di  un incarico assistenziale che non
consenta   un'adeguata   e  proficua  utilizzazione  di  strutture  e
personale  per  esigenze  di  didattica  e  ricerca  nel quadro della
programmazione del dipartimento.
    L'attivita'  di insegnamento appare, in sostanza, suscettibile di
condizionamenti   in   relazione   alle   determinazioni  in  materia
assistenziale   di  un  direttore  generale  che  ha  come  obiettivo
gestionale   essenzialmente   la  realizzazione  di  un  progetto  di
assistenza  sanitaria  ospedaliera,  e  non  certo  di  un  programma
universitario scientifico-didattico.
    Cio'  in  presenza  di  una  posizione  "marginale  assegnata dal
sistema normativo in esame agli organi istituzionali dell'universita'
in   materia   di  coordinamento  degli  interessi  che  sono  propri
dell'autonomia  dell'istituzione  (id  est, di insegnamento e ricerca
scientifica),   posizione   non   bilanciata   dalla   previsione  di
partecipazione  (recte, intesa) del rettore alla nomina del direttore
del  dipartimento  ad  attivita'  integrata  ex art. 3 comma 4, quale
centro di collegamento tra assistenza, didattica e ricerca.
    Se  e' vero, infatti, che tale organismo e' concepito in funzione
del  detto  necessario  coordinamento,  e' pur vero che gli interessi
istituzionali    dell'universita'    restano    comunque   ampiamente
condizionati  dalle scelte gestionali del direttore del dipartimento:
e  cio'  in  termini  di  programmazione,  organizzazione  e gestione
dell'attivita'   di   insegnamento   e  di  aggiornamento  e  ricerca
scientifica, che la Costituzione assegna primariamente alla autonomia
dell'universita' stessa.
    Ed  invero, a tacer d'altro, il direttore del dipartimento assume
la responsabilita' gestionale nei confronti del direttore generale in
ordine  alla  razionale  e  corretta  programmazione e gestione delle
risorse  assegnate  per  la realizzazione degli obiettivi attribuiti,
tenendo  "anche  conto  della  necessita'  di soddisfare le peculiari
esigenze  connesse alle attivita' didattiche e scientifiche, con cio'
conferendo,   nelle   scelte   decisionali,   priorita'   ai  profili
dell'assistenza rispetto a quelli della ricerca e della didattica, in
violazione,  altresi',  del disposto dell'art. 6 lett. b) della legge
delega  (vedasi al riguardo il successivo punto 7) laddove si intende
assicurare  lo  svolgimento  delle attivita' assistenziali funzionali
alle  esigenze  della  didattica  e  della  ricerca,  con inversione,
quindi, del processo logico postulato dal legislatore delegante.
    Quanto   sopra   fa  dubitare,  anche,  in  via  derivata,  della
conformita'   al  dettato  costituzionale  delle  norme  in  tema  di
organizzazione  interna  delle  aziende, di cui all'art. 3 del d.lgs.
cit.,  per  i  riflessi  sulla  posizione  dei  sanitari  optanti per
l'attivita' assistenziale esclusiva, nella parte in cui non prevedono
una   partecipazione  diretta  di  organi  universitari  alle  scelte
decisionali  in  tema  di  collegamento  tra  assistenza, didattica e
ricerca.
    Sembra  quindi  non  manifestamente  infondata  la  questione  di
costituzionalita' dell'art. 5 comma 7, del d.lgs. n. 517/1999 e delle
norme  ad  esso  sottese,  o comunque connesse, in parte qua (art. 5,
commi  da  1  a  6 e da 8 ad 11 e art. 3) per contrasto con l'art. 33
Cost.
    7.  La  normativa  delegata  in  materia  di opzione dei sanitari
universitari  non  sembra  inoltre  avere  compiutamente realizzato -
attese  le  evidenziate  incongruenze  del  sistema  - il disegno del
legislatore  delegante  in  ordine  alla  "coerenza  fra  l'attivita'
assistenziale e le esigenze della formazione e della ricerca (art. 6,
lett.  b, c della legge 30 novembre 1998 n. 419, anche in relazione a
quanto sopra esposto).
    E'  ben  vero che la normativa medesima si occupa di tale profilo
laddove   si  prevede  -  come  gia'  ricordato  al  punto  6  -  una
organizzazione  dipartimentale  al  fine  di  assicurare  l'esercizio
integrato  delle  attivita'  assistenziali,  didattiche  e di ricerca
(art.  3)  anche  sotto l'aspetto della utilizzazione delle strutture
assistenziali;  ma  sembra  al  collegio  che  debba  ragionevolmente
dubitarsi  della  effettivita' della richiesta "coerenza tra le dette
esigenze  e  l'attivita'  assistenziale  (oltre che per i motivi gia'
illustrati)  in  presenza  di un espresso disposto della legislazione
delegata  che non consente al sanitario universitario non optante per
l'attivita'  assistenziale  esclusiva  la preposizione, non solo alla
direzione   di   strutture,   con   conseguente   impossibilita'   di
impostazione   dei  programmi,  delle  modalita'  e  degli  specifici
contenuti  della  ricerca  scientifica,  ma  addirittura ai programmi
espressamente   finalizzati   alla   integrazione   delle   attivita'
assistenziali, didattiche e di ricerca, con particolare riguardo alle
innovazioni tecnologiche ed assistenziali. E tale limite di legge non
puo'  essere  posto nel nulla neppure dal sistematico rinvio a futuri
(ed incerti nei contenuti) protocolli d'intesa.
    D'altro  canto,  non puo' esservi coerenza tra i detti profili se
il  sistema  e'  "sbilanciato  verso la primaria considerazione delle
esigenze assistenziali; ne' il legislatore delegato si e' mosso nella
ottica  di  un  rafforzamento  dei  processi  di  collaborazione  tra
universita'  e  Servizio sanitario nazionale ex art. 6 lett. a) della
legge  delega, se e' vero che l'autonomia dell'universita' ne risulta
ampiamente "sacrificata , giusta le pregresse considerazioni.
    Non  sembra  altresi' che la delega ex art. 6 lett. c) cit. abbia
ad oggetto anche la modificazione dello stato giuridico del personale
sanitario  universitario:  nel  momento  in  cui  si  va ad alterare,
quantomeno per il personale universitario non optante per l'attivita'
assistenziale esclusiva, il quadro di ragionevole compenetrazione fra
attivita'  didattico-scientifica  e  attivita' assistenziale, siccome
consolidato   anche   dal  complessivo  andamento  della  pluriennale
legislazione in materia, si va invero ad incidere in modo sostanziale
sulla   particolare   connotazione   della   posizione   dei   saniri
universitari,   che  costituisce  il  dato  caratterizzante  le  loro
funzioni  ed  il conseguente stato giuridico (Corte cost. n. 134/1997
cit.).
    L'art. 6  della  legge  delega,  alla  lett. c), si e' limitato a
demandare   al   legislatore   delegato   l'emanazione   di   "idonee
disposizioni  in  materia  di  personale  nel quadro dell'esigenza di
assicurare  la  "coerenza  fra  l'attivita' assistenziale e quella di
formazione  e  ricerca,  e  non ha inteso assolutamente consentire lo
stravolgimento  dello  stato  giuridico dei sanitari universitari: ed
invero,   l'oggetto  della  delega  e'  espressamente  e  chiaramente
definito  nella  prima parte del comma 1, laddove la delega stessa e'
intesa all'emanazione di decreti legislativi specificatamente volti a
ridefinire i rapporti tra Servizio sanitario nazionale e universita';
ed   in   tali  limiti  deve  mantenersi  l'attivita'  normativa  del
legislatore delegato.
    Ne'  e' riferibile ai professori e ricercatori universitari - sia
per  la  collocazione  sistematica  della  norma  che per il richiamo
inequivoco  al  "solo personale della dirigenza sanitaria in servizio
al  31  dicembre 1998 - il criterio direttivo di cui all'art. 2 lett.
q)  della  legge  n. 419/1998  cit.,  in  ordine  alla  previsione di
modalita' per pervenire all'esclusivita' del rapporto di lavoro quale
scelta  individuale.  Sembra pertanto ipotizzabile il contrasto della
norma  di  opzione  (e  delle  norme  sottese  o connesse, gia' sopra
indicate) anche con i canoni costituzionali ex art. 76 Cost.".
    8.  -  Cio'  premesso,  considerazioni analoghe vanno esposte con
riferimento  alla  norma  dell'art. 5,  comma  12, oggetto di odierno
esame,  secondo  cui, fino alla data di entrata in vigore della legge
di  riordino  dello  stato giuridico universitario "lo svolgimento di
attivita' libero-professionale intramuraria comporta l'opzione per il
tempo  pieno  e  lo  svolgimento dell'attivita' extramuraria comporta
l'opzione per il tempo definito ai sensi dell'art. 11 del decreto del
Presidente della Repubblica 11 luglio 1980 n. 382".
    Ed  invero,  la  norma deve ritenersi viziata, in primo luogo, in
via  derivata  in  quanto  l'eventuale  caducazione  delle  norme  in
precedenza    sottoposte    alla    verifica   di   costituzionalita'
comporterebbe, attesa la correlazione automatica con le norme stesse,
l'eliminazione dalla realta' giuridica (anche) della disposizione del
comma 12.
    La  norma  appare altresi' viziata ex se, ove si ponga mente alla
disciplina del regime dell'impegno di servizio - a tempo pieno ovvero
definito  -  per  i  professori  universitari,  giusta  la previsione
dell'art. 11  d.P.R.  n. 382/1980,  come modificato dall'art. 3 legge
n. 705/1985 e dagli artt. 3 e 4 legge n. 118/1989.
    L'ordinamento  universitario impone una scelta meditata tra tempo
pieno   e  tempo  definito,  entro  un  termine  perentorio  riferito
all'inizio dell'anno accademico e con impegno almeno biennale.
    A seconda dell'impegno prescelto, i docenti universitari assumono
una  diversa collocazione nel quadro della struttura universitaria e,
in  definitiva,  un diverso status professionale, anche in termini di
completa   (o   minore)  dedizione  ai  compiti  istituzionali  delle
universita', e cioe' l'insegnamento e la ricerca.
    Si'  che  la scelta del legislatore delegato nel senso della piu'
volte   ricordata   (nelle  ordinanze  di  rimessione)  "correlazione
automatica" da' adito a dubbi di costituzionalita' con riferimento al
principio  dell'autonomia  universitaria  nel  perseguimento dei fini
istituzionali didattici e scientifici ex art. 3 Cost. e, incidendo in
definitiva  sullo  stato giuridico del sanitario universitario, anche
con  riferimento all'art. 76 Cost., attesi i gia' evidenziati (sempre
nelle dette ordinanze) limiti ex art. 6 lett. c) della legge delega.
    Ne' puo' non essere rilevata quella manifesta irragionevolezza ed
intrinseca  contraddittorieta',  nel  contesto  normativo inerente al
regime  di  servizio  dei  docenti  universitari, tra la disposizione
dell'art. 5  comma  12 legge n. 517 cit. e quella dell'art. 11 d.P.R.
n. 382/1980,  che  gia'  nelle precedenti ordinanze e' stata rilevata
tra  altre  norme per poi farne derivare una ipotesi di contrasto con
l'art. 3  Cost.,  quale  canone generale di coerenza e ragionevolezza
dell'ordinamento,  e  con  l'art. 97  Cost.,  sotto  il profilo della
mancanza di proporzionalita' rispetto alle finalita' da perseguire.
    Sembra  pertanto che la norma dell'art. 5 comma 12 non sia esente
da  dubbi  di costituzionalita', oltre che in via derivata, anche per
contrasto  con  gli  artt. 3,  33,  76  e 97 Cost., ed in riferimento
all'art. 11 d.P.R. n. 382/1980 cit. e successive modificazioni.
    9.  -  Per  le  considerazioni che precedono, va conseguentemente
sollevata  la  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 5,
comma 12,  d.lgs.  n. 517/1999  cit., in via derivata e per contrasto
con gli artt. 3, 33, 76 e 97 Cost.
    Va  disposta,  pertanto,  la  trasmissione  degli atti alla Corte
costituzionale,  con  conseguente  sospensione  del giudizio ai sensi
dell'art. 23  della legge 11 marzo 1953 n. 87, per la pronuncia sulla
legittimita' costituzionale delle suindicate norme.