ha pronunciato la seguente Ordinanza nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 106, comma 4-bis del codice di procedura penale, promossi nell'ambito di diversi procedimenti penali, con ordinanze delle Corti di assise di Agrigento del 24 maggio 2001 e di Palermo del 17 maggio 2001, iscritte ai nn. 664 e 667 del registro ordinanze 2001 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37, 1a serie speciale, dell'anno 2001. Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 10 aprile 2002 il giudice relatore Guido Neppi Modona. Ritenuto che con ordinanza del 17 maggio 2001 (r.o. n. 667 del 2001) la Corte di assise di Palermo ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 106, comma 4-bis del codice di procedura penale, introdotto dall'art. 16, comma 1, lettera c), della legge 13 febbraio 2001, n. 45 (Modifica della disciplina della protezione e del trattamento sanzionatorio di coloro che collaborano con la giustizia nonche' disposizioni a favore delle persone che prestano testimonianza), nella parte in cui esclude che uno stesso difensore possa assumere la difesa di piu' imputati che abbiano reso dichiarazioni concernenti la responsabilita' di altro imputato nel medesimo procedimento o in procedimento connesso ai sensi dell'art. 12 cod. proc. pen. o collegato ai sensi dell'art. 371, comma 2, lettera b), dello stesso codice; che il rimettente - premesso che nel giudizio a quo il difensore di tre imputati che hanno reso dichiarazioni accusatorie a carico di altri imputati ha eccepito l'illegittimita' costituzionale dell'art. 16, comma 1, lettera c), della legge n. 45 del 2001 per contrasto con gli artt. 3, 24 e 41 della Costituzione e che alla eccezione si sono associati gli altri difensori e il pubblico ministero - rileva che la nuova ipotesi di incompatibilita' ad assumere la difesa di piu' imputati si differenzia da quella gia' prevista nel vigente sistema processuale al comma 1 dell'art. 106 cod. proc. pen. e costituisce "una vistosa deviazione dai principi che regolano la materia dell'assistenza difensiva"; che l'art. 106 cod. proc. pen. nel testo anteriore alle modifiche introdotte dalla legge n. 45 del 2001 contemplava, infatti, quale unica eccezione al principio secondo cui la difesa di piu' imputati puo' essere assunta da un difensore comune - a sua volta espressione della liberta' dell'imputato di scegliere il difensore secondo le proprie esclusive valutazioni, nell'ambito di un rapporto avente carattere fiduciario - il caso di "accertata ed obiettiva incompatibilita'" tra le posizioni degli imputati; che tale limite, che il rimettente definisce "interno" in quanto "limite naturale all'esercizio della difesa tecnica di piu' imputati", discenderebbe "dalla ratio essendi e dalla funzione del diritto di difesa", ponendosi quale garanzia di liberta' del difensore e al contempo di effettivita' della difesa; che, ad avviso del giudice a quo, diverso sarebbe il fondamento della nuova causa di incompatibilita' prevista nel comma 4-bis dell'art. 106 cod. proc. pen., finalizzata ad evitare che "la circolazione di notizie relative alla responsabilita' altrui" possa costituire un pericolo per la "genuinita'" e la "spontaneita'" delle dichiarazioni e, in quanto tale, sorretta da una ratio del tutto estranea al diritto di difesa, di cui costituirebbe un limite "esterno"; che, secondo il rimettente, l'esigenza di assicurare la piena autonomia tra le dichiarazioni accusatorie rese dagli imputati e, quindi, la genuinita' della prova ai fini dell'obiettivo accertamento dei fatti, non puo' prevalere sull'esercizio del diritto di difesa, il cui sacrificio e' giustificato solo "in vista del soddisfacimento di altri interessi costituzionali di rango equivalente"; che sarebbe pertanto evidente la violazione del diritto di difesa, sotto il profilo della "liberta' dell'imputato di scegliere il difensore secondo il proprio insindacabile giudizio"; che la nuova causa di incompatibilita' determinerebbe inoltre una irragionevole disparita' di trattamento "tra la posizione degli imputati che abbiano reso dichiarazioni concernenti la responsabilita' di altri e quella degli imputati che non abbiano effettuato simili dichiarazioni", in quanto il vincolo previsto dal nuovo art. 106, comma 4-bis, cod. proc. pen. sussisterebbe solo per i primi, benche' analoghe esigenze di tutela della genuinita' della prova si pongano in astratto anche in relazione ai secondi, "stante la possibilita' della elaborazione di "versioni di comodo volte ad escludere la responsabilita' dei correi"; che con ordinanza del 24 maggio 2001 (r.o. n. 664 del 2001) la Corte di assise di Agrigento ha sollevato identica questione di legittimita' costituzionale dell'art. 106, comma 4-bis, cod. proc. pen., nell'ambito di un procedimento nel quale due imputati in procedimento connesso, gia' giudicati con sentenza definitiva, sono assistiti dal medesimo difensore; che la Corte rimettente svolge nel merito argomentazioni analoghe a quelle contenute nell'ordinanza della Corte di assise di Palermo, alla quale viene fatto espresso richiamo; che nei giudizi e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo con identici atti di intervento che la questione sia dichiarata infondata; che, ad avviso della difesa erariale, la nuova ipotesi di incompatibilita' e' indirizzata, prima ancora che a garantire l'accertamento della verita', a dare piena attuazione al "diritto di difesa del coimputato nei cui confronti le dichiarazioni sono state rese", in ossequio a quanto previsto dall'art. 111 Cost. che, proprio a tutela della persona accusata, impone che siano assicurate l'effettivita' del contraddittorio e la genuinita' della prova. Considerato che i rimettenti dubitano, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, della legittimita' costituzionale dell'art. 106, comma 4-bis, del codice di procedura penale, introdotto dall'art. 16, comma 1, lettera c), della legge 13 febbraio 2001, n. 45, in quanto la nuova causa di incompatibilita' all'assunzione della difesa di piu' imputati che hanno reso dichiarazioni concernenti la responsabilita' di altro imputato nel medesimo procedimento o in procedimento connesso ai sensi dell'art. 12 cod. proc. pen. o collegato ai sensi dell'art. 371, comma 2, lettera b), dello stesso codice, determinerebbe una compressione del diritto di difesa, sotto l'aspetto della liberta' dell'imputato di scegliere il difensore secondo le proprie esclusive valutazioni, e comporterebbe una irragionevole disparita' di trattamento rispetto alla posizione dell'imputato che abbia reso dichiarazioni volte ad escludere la responsabilita' di altri; che, stante l'identita' delle questioni sollevate, deve essere disposta la riunione dei giudizi; che la disciplina censurata, introdotta dalla legge n. 45 del 2001, prevede che non possa essere assunta da uno stesso difensore la difesa di piu' imputati che abbiano reso dichiarazioni "concernenti la responsabilita'" di altro imputato nel medesimo procedimento o in un procedimento connesso o collegato; che il tenore testuale di tale disposizione, sia pure inserita in una legge relativa alla protezione e al trattamento sanzionatorio di coloro che collaborano con la giustizia, non autorizza a ritenere escluse dal suo ambito di operativita' dichiarazioni che si risolvono a favore di altro imputato; che le censure prospettate in riferimento all'art. 3 Cost. si palesano quindi manifestamente infondate, in quanto si basano sull'erroneo presupposto interpretativo che l'incompatibilita' ad assumere la difesa di piu' imputati si riferisca solo alle dichiarazioni accusatorie; che, quanto alla violazione dell'art. 24 Cost., la liberta' di scelta del difensore, certamente espressione del diritto di difesa, puo' subire limitazioni dettate sia da esigenze di funzionalita' dell'organizzazione giudiziaria, sia dal contemperamento con altri interessi, anche processuali, meritevoli di tutela (v. sentenza n. 54 del 1977), purche' i limiti posti dal legislatore siano frutto di scelte discrezionali non irragionevoli e comunque tali da assicurare una possibilita' di scelta del difensore sufficientemente ampia (v., con riferimento alle limitazioni dell'ambito territoriale entro cui operare la scelta, sentenza n. 394 del 2000, ordinanze n. 79 del 2001 e n. 139 del 2002); che dai lavori preparatori della legge n. 45 del 2001 emerge la volonta' del legislatore di garantire "trasparenza" e "genuinita'" nella formazione della prova; che tale esigenza appare ragionevolmente soddisfatta da una disciplina che tende ad evitare che la scelta di un difensore comune possa risolversi obiettivamente in veicolo di circolazione tra piu' imputati del contenuto delle dichiarazioni rese sulla responsabilita' di altri imputati; che la finalita' di assicurare la genuinita' e la spontaneita' delle dichiarazioni garantisce anche il diritto di difesa del destinatario delle dichiarazioni stesse; che le questioni vanno pertanto dichiarate manifestamente infondate con riferimento ad entrambi i parametri evocati dai rimettenti. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.