ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

    Nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 64, 503 e
513  del  codice  di  procedura  penale,  promosso, nell'ambito di un
procedimento  penale, con ordinanza del Tribunale di Nocera Inferiore
in  data  11 gennaio  2001, iscritta al n. 704 del registro ordinanze
2001  e  pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38,
prima serie speciale, dell'anno 2001.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 10 aprile 2002 il giudice
relatore Guido Neppi Modona.
    Ritenuto  che  con ordinanza in data 11 gennaio 2001 il Tribunale
di  Nocera  Inferiore ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 111
della  Costituzione,  questione  di  legittimita'  costituzionale del
combinato  disposto degli artt. 64, 503 e 513 del codice di procedura
penale,  "nella  parte  in  cui garantisce il diritto al silenzio del
coimputato  anche  rispetto  a posizioni altrui e non consente la sua
sostanziale  equiparazione  al testimone, legittimando l'introduzione
della contestazione a fini probatori";
    Che   il   rimettente  premette  che  nel  corso  dell'istruzione
dibattimentale  sono  state  acquisite  dichiarazioni rese nella fase
delle  indagini  da  uno  degli  imputati  che aveva poi rifiutato in
dibattimento di sottoporsi ad esame;
    Che  per  effetto  delle  norme censurate tali dichiarazioni, che
costituiscono  "elemento fondamentale ... ai fini dell'individuazione
delle responsabilita' non soltanto dello stesso dichiarante, ma anche
dei  coimputati",  non  possono essere utilizzate nei confronti degli
altri imputati;
    Che   a   parere   del  rimettente  tale  preclusione  violerebbe
l'art. 111  Cost.,  il quale garantisce "non tanto e non soltanto" il
diritto  di  difesa,  gia'  tutelato dall'art. 24 Cost., ma il metodo
dialettico   nella   formazione  della  prova,  quale  strumento  per
l'accertamento della verita', di modo che appare incompatibile con il
precetto  costituzionale  una  disciplina  processuale  che limita la
realizzazione del contraddittorio senza una giustificazione di "rango
costituzionale";
    Che  sarebbe altresi' violato l'art. 3 Cost., per l'irragionevole
disparita' di trattamento dell'imputato, cui e' consentito "di tacere
anche  su  aspetti  della  vicenda  processuale che non lo riguardano
personalmente",  nonostante  le  sue  dichiarazioni  erga alios siano
sostanzialmente  indistinguibili  dalle  dichiarazioni  testimoniali,
rispetto  al  teste,  cui  e'  imposto sempre l'obbligo di rispondere
secondo verita';
    Che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  chiedendo  che  gli  atti siano restituiti al giudice a quo a
causa   delle  profonde  modifiche  recate  al  quadro  normativo  di
riferimento dalla legge 1 marzo 2001, n. 63, successiva all'ordinanza
di rimessione.
    Considerato  che  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
sollevata  concerne  il diritto al silenzio riconosciuto all'imputato
che  abbia  in  precedenza  reso  dichiarazioni eteroaccusatorie e il
regime  della  acquisizione  e della utilizzazione in dibattimento di
tali dichiarazioni;
    Che  successivamente all'ordinanza di rimessione la legge 1 marzo
2001,  n. 63  (Modifiche  al  codice  penale e al codice di procedura
penale  in  materia  di  formazione  e  valutazione  della  prova  in
attuazione  della legge costituzionale di riforma dell'art. 111 della
Costituzione),  ha  profondamente inciso sulla disciplina del diritto
al  silenzio  e  della  formazione  della  prova  in dibattimento; in
particolare  sono  stati modificati gli artt. 64, 197, 210, 500, 503,
513  e  526  cod. proc. pen. ed e' stato inserito l'art. 197-bis cod.
proc.  pen.,  che  individua  le ipotesi in cui le persone imputate o
giudicate  in un procedimento connesso o per reato collegato assumono
l'ufficio di testimone;
    Che,  essendo  mutate le norme censurate e l'intera disciplina di
riferimento,  gli atti devono essere restituiti al giudice rimettente
perche'  verifichi se la questione sia tuttora rilevante nel giudizio
a quo.