ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi  di legittimita' costituzionale degli artt. 3 e 5, commi
da   1  a  11,  del  decreto  legislativo  21 dicembre  1999,  n. 517
(Disciplina   dei   rapporti  fra  Servizio  sanitario  nazionale  ed
universita',  a  norma  dell'articolo  6  della  l. 30 novembre 1998,
n. 419),  promossi  con  n. 22  ordinanze emesse il 5 luglio 2000 dal
Tribunale   amministrativo   regionale   del   Lazio,   sezione  III,
rispettivamente  iscritte ai nn. 592, da 717 a 725 e da 741 a 752 del
registro  ordinanze  2001 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica nn. 33, 38 e 39, prima serie speciale, dell'anno 2001.
    Visti  gli  atti  di  costituzione  di S.A. ed altri, di A. A. ed
altro,  G.  L.  ed  altri,  di M. R. ed altro, F. F. ed altro e della
Regione  Toscana  nonche'  gli  atti di intervento del Presidente del
Consiglio dei ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 10 aprile 2002 il giudice
relatore Piero Alberto Capotosti.
    Ritenuto  che  il  Tribunale  amministrativo regionale del Lazio,
sezione III, con ventidue ordinanze del 5 luglio 2000 (pervenute alla
Corte  il  21 giugno,  il  20 ed il 24 agosto del 2001), nel corso di
giudizi promossi da docenti universitari delle facolta' di medicina e
chirurgia   (infra:   medici   universitari),  solleva  questione  di
legittimita'  costituzionale  delle seguenti disposizioni del decreto
legislativo  21 dicembre  1999,  n. 517  (Disciplina dei rapporti fra
Servizio  sanitario nazionale ed universita', a norma dell'articolo 6
della  l.  30 novembre 1998, n. 419): art. 5, comma 8, in riferimento
agli artt. 3 e 97 della Costituzione; art. 5, comma 7, in riferimento
agli  artt. 33 e 76 della Costituzione; art. 5, commi da 1 a 6 e da 8
a  11, nonche' art. 3 quest'ultimo nella parte in cui non prevede una
partecipazione  diretta  degli organi universitari nelle scelte delle
aziende  ospedaliero-universitarie  in materia di collegamento tra le
attivita'  di  assistenza,  didattica  e  ricerca in riferimento agli
artt. 33 e 76 della Costituzione;
        che   le   ordinanze,   con   argomentazioni  sostanzialmente
identiche,  censurano  l'art. 5, comma 8, del d.lgs. n. 517 del 1999,
il  quale  stabilisce  un  termine perentorio entro il quale i medici
universitari  esercitano  o  rinnovano l'opzione prevista dal comma 7
per   l'esercizio   di  attivita'  assistenziale  intramuraria  (c.d.
attivita'    assistenziale    esclusiva),    ovvero    di   attivita'
libero-professionale  extramuraria,  disponendo  che,  in mancanza di
comunicazione,   si  intende  effettuata  l'opzione  per  l'attivita'
assistenziale esclusiva;
        che,   ad  avviso  dei  rimettenti,  la  norma,  fissando  il
succitato   termine   indipendentemente  dalla  individuazione  delle
strutture  destinate  allo  svolgimento  dell'attivita' assistenziale
intramuraria,  si  porrebbe  in  contrasto con gli artt. 3 e 97 della
Costituzione,   in   quanto   la   loro   preventiva  identificazione
configurerebbe  un presupposto dell'opzione e, proprio per questo, la
disposizione  inciderebbe  negativamente  sulla  compenetrazione  tra
attivita'   assistenziale   ed  attivita'  didattico-scientifica,  in
violazione    dei    principi    di    coerenza    e   ragionevolezza
dell'ordinamento, nonche' di buon andamento dell'amministrazione;
        che, secondo il Tribunale amministrativo regionale, l'art. 5,
comma 7, del d.lgs. n. 517 del 1999 e le disposizioni ad esso sottese
e  connesse - ossia i commi da 1 a 6 e da 8 ad 11 - nonche' l'art. 3,
nella   parte  riguardante  l'organizzazione  interna  delle  aziende
ospedaliero-universitarie,   violerebbe   gli  artt. 33  e  76  della
Costituzione;
        che,  in  particolare,  la  configurazione  dell'opzione  per
l'attivita'    assistenziale    esclusiva    quale    requisito   per
l'attribuzione  degli  incarichi di direzione dei programmi di cui al
comma 4 della norma impugnata pregiudicherebbe la compenetrazione tra
attivita' sanitaria assistenziale ed attivita' didattica e di ricerca
scientifica,   assoggettando  l'attivita'  assistenziale  svolta  dal
medico  universitario alle determinazioni organizzative del direttore
generale  dell'azienda  ospedaliero-universitaria,  in violazione del
principio dell'autonomia universitaria;
        che,  ad  avviso del Tribunale amministrativo regionale, agli
organi  dell'universita' sarebbero stati attribuiti compiti marginali
nel  coordinamento  degli  interessi  concernenti l'insegnamento e la
ricerca  scientifica,  tenuto  conto  sia  dei  poteri  attribuiti al
direttore del dipartimento, sia della circostanza che questi risponde
della  programmazione  e  della  gestione  delle risorse al direttore
generale  e  sarebbe tenuto a privilegiare le esigenze dell'attivita'
assistenziale   rispetto   a   quelle   dell'attivita'   didattica  e
scientifica,  cosi'  da  non garantire lo svolgimento delle attivita'
assistenziali  "funzionali  alle  esigenze  della  didattica  e della
ricerca"  in  violazione dell'art. 6, comma 1, lettera b) della legge
30 novembre 1998, n. 419;
        che,  secondo  i  giudici  a quibus "la normativa delegata in
materia  di  opzione"  (ossia  l'art. 5,  commi da 1 a 6 e da 8 a 11,
nonche'   l'art. 3  del  d.lgs.  n. 517  del  1999  "in  parte  qua")
violerebbe  gli  artt. 33 e 76 della Costituzione, dal momento che il
divieto  di  attribuire  al  medico universitario, il quale non abbia
scelto   l'attivita'  assistenziale  esclusiva,  la  direzione  delle
strutture  e  dei  programmi  finalizzati alla integrazione di queste
attivita' non garantirebbe "la coerenza fra l'attivita' assistenziale
e  le  esigenze  della  formazione e della ricerca" (art. 6, comma 1,
lettere  b  e  c  della  legge n. 419 del 1998), modificando lo stato
giuridico  del  personale universitario, in violazione dei principi e
dei criteri direttivi della legge-delega;
        che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura generale dello Stato, e' intervenuto in tutti
i  giudizi  fatta  eccezione  per  quello  instaurato con l'ordinanza
iscritta  al n. 750 del registro ordinanze del 2001 con separati atti
di  contenuto sostanzialmente coincidente, chiedendo che le questioni
siano dichiarate inammissibili e comunque infondate;
        che,  ad  avviso  della  difesa erariale, il d.lgs. 28 luglio
2000,  n. 254,  attribuendo  ai  medici  universitari  la facolta' di
esercitare  l'attivita'  libero-professionale  intramuraria in regime
ambulatoriale  presso i propri studi, neicasi di carenza di strutture
e      di      spazi     idonei     all'interno     delle     aziende
ospedaliero-universitarie, inciderebbe sulla fondatezza delle censure
riferite all'art. 5, comma 8, del d.lgs. n. 517 del 1999;
        che,   secondo  l'interveniente,  detta  norma,  fissando  un
termine perentorio per l'esercizio dell'opzione in esame, non sarebbe
legata  da  alcun  nesso  con  il  comma  7,  e,  comunque,  i medici
universitari,  allorquando  effettuano  la  scelta,  sono consapevoli
degli effetti che ne derivano;
        che,   ad   avviso   dell'Avvocatura,   le  censure  riferite
all'art. 5,  comma  7,  cit.,  ed  alle disposizioni ad esso sottese,
sarebbero  infondate,  in  quanto  gli  incarichi  di  direzione  dei
programmi  del comma 4 sono stati ragionevolmente riservati ai medici
universitari  i  quali,  scegliendo il rapporto esclusivo, assicurano
piena  disponibilita'  per la loro realizzazione, ed inoltre le norme
censurate  non  violerebbero  il  principio  di  compenetrazione  tra
attivita'  assistenziale ed attivita' didattica e di ricerca, poiche'
i   medici  universitari  che  scelgono  il  rapporto  non  esclusivo
continuano  a svolgere l'attivita' di ricerca e didattica strumentale
rispetto a quella assistenziale;
        che,   secondo   la  difesa  erariale,  le  censure  riferite
all'art. 76  della  Costituzione  sarebbero  infondate,  dato  che la
legge-delega ha inteso rafforzare la collaborazione tra universita' e
Servizio sanitario nazionale;
        che  nei  giudizi  instaurati  con le ordinanze di rimessione
iscritte  ai  numeri  592, 722, 724, 749 e 752 del registro ordinanze
dell'anno   2001,  si  sono  costituiti  i  ricorrenti  nei  processi
principali,   facendo  sostanzialmente  proprie  le  conclusioni  del
Tribunale  amministrativo  regionale,  nonche'  deducendo, con alcuni
atti, il contrasto delle norme impugnate con parametri costituzionali
ulteriori rispetto a quelli indicati dalle ordinanze di rimessione;
        che  nel  giudizio promosso dall'ordinanza iscritta al numero
718  del  registro ordinanze dell'anno 2001 si e' altresi' costituita
la  Regione  Toscana  parte  nel  processo  a  quo  chiedendo  che le
questioni siano dichiarate inammissibili e comunque infondate.
    Considerato  che l'identita' delle norme impugnate, delle censure
proposte   e   dei  parametri  costituzionali  invocati,  nonche'  la
coincidenza delle argomentazioni svolte nelle ordinanze di rimessione
rendono opportuna la riunione dei giudizi;
        che,  nel decidere identiche questioni sollevate dallo stesso
Tribunale  amministrativo  regionale  del  Lazio,  questa  Corte, con
ordinanza  n. 394  del  2001, ha affermato che gli atti legislativi e
regolamentari,  nonche' la sentenza n. 71 del 2001, sopravvenuti alle
ordinanze  di  rimessione,  hanno  influito  sul  complessivo  quadro
normativo di riferimento nel quale si inscrivono i molteplici profili
delle   questioni   di   legittimita'   costituzionale,  richiedendo,
conseguentemente,  un  nuovo  esame da parte dei giudici a quibus dei
termini delle questioni e della loro perdurante rilevanza;
        che  le  argomentazioni  svolte in detta ordinanza conservano
validita'  anche  in relazione ai provvedimenti di rimessione oggetto
del presente giudizio;
        che,  alla  luce delle modificazioni sopra indicate, gli atti
devono  essere  restituiti  ai  rimettenti, affinche' procedano ad un
nuovo esame della perdurante rilevanza delle questioni.