ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 12 della legge
11 maggio  1999,  n. 140  (Norme in materia di attivita' produttive),
promosso  con  ordinanza  emessa  il  24 aprile 2001 dal Tribunale di
Siena nel procedimento civile vertente tra F. C. ed altro e la Camera
di  commercio,  industria  e artigianato di Siena, iscritta al n. 586
del  registro  ordinanze  2001  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 33, 1a serie speciale, dell'anno 2001.
    Visti  gli  atti di costituzione di F. C. ed altro e della Camera
di  commercio,  industria  e  artigianato di Siena, nonche' l'atto di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  12 febbraio  2002  il giudice
relatore Piero Alberto Capotosti;
    Uditi  gli  avvocati Enrico de Martino e Andrea Pisaneschi per F.
C.  ed  altro,  Fabio Pisillo per la Camera di commercio, industria e
artigianato  di Siena e l'Avvocato dello Stato Giuseppe Nucaro per il
Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Il  Tribunale  di  Siena, in composizione monocratica e in
funzione  di giudice del lavoro, solleva, con ordinanza del 24 aprile
2001,  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 12 [recte:
art. 12,  comma  1]  della  legge  11 maggio  1999,  n. 140 (Norme in
materia di attivita' produttive), in riferimento all'art. 97, primo e
terzo comma, della Costituzione.
    2. - Nel giudizio a quo due dipendenti della Camera di commercio,
industria  e  artigianato di Siena (infra, Camera di commercio) hanno
chiesto di essere inquadrati nella qualifica dirigenziale ex art. 12,
comma  1,  della  legge  n. 140  del 1999, deducendo che la Camera di
commercio   non  ha  accolto  la  relativa  domanda,  sia  in  quanto
l'organico prevede un solo posto di dirigente, sia in quanto contesta
che questa norma attribuisca un "diritto" a siffatto inquadramento.
    L'ordinanza   di  rimessione  premette  che  la  norma  impugnata
derogherebbe all'art. 28, comma 1, del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29,
secondo  il  quale  "l'accesso  alla  qualifica di dirigente di ruolo
nelle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, e negli
enti  pubblici  non  economici  avviene  esclusivamente  a seguito di
concorso   per  esami",  attribuendo  ai  ricorrenti  una  "legittima
aspettativa    tutelabile"    all'inquadramento    nella    qualifica
dirigenziale.  Ad  avviso  del  tribunale  rimettente,  la  Camera di
commercio  potrebbe  respingere la relativa domanda esclusivamente in
presenza  di "specifiche situazione negative concernenti la persona e
il  curriculum  degli  istanti", inesistenti nel caso in questione, e
neppure  potrebbe  rigettarla  per  l'eventuale  mancanza  del  posto
dirigenziale  nella  pianta  organica. In ogni caso, l'unica funzione
dirigenziale prevista dalla pianta organica della Camera di commercio
dovrebbe  essere  assegnata  "sulla  base  di  una  successiva scelta
meritocratica  discrezionale,  con  apposito  contratto", costituendo
l'ampliamento  delle  qualifiche  dirigenziali  "un  atto  dovuto  in
conseguenza della legge n. 140/1999".
    Secondo    il   rimettente,   la   norma,   cosi'   interpretata,
realizzerebbe    "un    indiscriminato   passaggio   alla   qualifica
dirigenziale,  senza  selezione  alcuna"  e,  quindi,  si porrebbe in
contrasto  con l'art. 97, primo e terzo comma, della Costituzione. La
giurisprudenza  costituzionale,  sostiene il giudice a quo ha infatti
affermato  che  i  principi di efficienza, di imparzialita' e di buon
andamento   della   pubblica   amministrazione   richiedono   che  la
progressione  nella carriera avvenga all'esito di procedure selettive
o  di verifiche attitudinali (sentenze n. 1 del 1999; n. 1 del 1996),
imponendo la norma costituzionale "forme di effettiva selezione nella
attribuzione   delle   qualifiche,   con   esclusione   di  qualsiasi
generalizzato "scivolamento verso l'alto ".
    3.  - Nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  chiedendo  che  la  questione  sia  dichiarata manifestamente
infondata.
    Secondo  la difesa erariale, sarebbe infatti possibile dare della
norma    impugnata    un'interpretazione    conforme   al   principio
costituzionale  che  si  ritiene  leso. A suo avviso, il verbo "puo'"
dimostrerebbe  che  il  legislatore  ha  fatto  salvo  il  potere  di
autorganizzazione  delle  Camere di commercio, le quali non sarebbero
obbligate ne' ad attuare generalizzate promozioni, ne' ad ampliare la
pianta organica. La norma si limiterebbe ad attribuire alle Camere di
commercio  la facolta' di non applicare le procedure ordinarie per la
nomina  dei  dirigenti  e,  cosi'  interpretata,  non prevederebbe un
avanzamento   automatico  alla  qualifica  dirigenziale,  ma  sarebbe
giustificata   dall'esigenza   di   permettere   che   gli  incarichi
dirigenziali siano attribuiti a dipendenti che, per l'esperienza e la
professionalita'   acquisita,   appaiono   in   grado  di  assicurare
funzionalita' ed efficienza del servizio al quale sono preposti.
    4.  -  Nel  giudizio  innanzi  alla  Corte  si  sono costituiti i
ricorrenti  nel  processo  principale, chiedendo, anche nella memoria
depositata in prossimita' dell'udienza pubblica, che la questione sia
dichiarata infondata.
    Secondo  le parti la disposizione impugnata si sarebbe limitata a
riconoscere  ai  capi  servizio  la qualifica che loro avrebbe dovuto
essere  attribuita  sulla  base  di  una corretta equiparazione con i
dipendenti dello Stato. Nella realizzazione del passaggio dal sistema
delle  carriere  a  quello  delle  qualifiche funzionali i dipendenti
delle   Camere   di   commercio,   in  una  prima  fase,  sono  stati
provvisoriamente  inquadrati  con  il  decreto  interministeriale del
12 luglio   1982,   secondo   il   nuovo   criterio.  L'inquadramento
definitivo,  attuato  dall'art. 3 del d.l. 23 settembre 1994, n. 547,
convertito  nella  legge  22 novembre  1994, n. 644, sulla base delle
corrispondenze  stabilite  per gli impiegati civili dello Stato dalla
Commissione prevista dall'art. 10 della legge 11 luglio 1980, n. 312,
a  causa  della  mancata  previsione  della qualifica di direttore di
divisione, alla quale era equiparata quella di capo servizio, avrebbe
fatto   si'   che  chi  rivestiva  quest'ultima  qualifica  e'  stato
inquadrato  all'ottavo  livello,  analogamente  ai  capi reparto, che
svolgevano mansioni di livello inferiore.
    La norma impugnata non prevederebbe, quindi, un avanzamento senza
concorso,  bensi' realizzerebbe quella corretta equiparazione che, in
passato, non era stata attuata.
    5.  - Nel giudizio innanzi alla Corte si e', altresi', costituita
la  Camera  di  commercio  di  Siena,  chiedendo che la questione sia
dichiarata infondata.
    Nella memoria depositata in prossimita' dell'udienza pubblica, la
parte  sostiene  che  la norma impugnata dovrebbe essere interpretata
escludendo  che  essa  stabilisca  l'obbligo  di  attribuire  ai capi
servizio  la  qualifica  dirigenziale. In linea gradata, la Camera di
commercio   insiste  affinche'  la  Corte  dichiari  l'illegittimita'
costituzionale della disposizione, qualora non sia possibile offrirne
una lettura conforme all'art. 97 della Costituzione.
    6.  - All'udienza pubblica l'Avvocatura generale dello Stato e le
parti hanno chiesto l'accoglimento delle conclusioni rassegnate nelle
difese scritte.

                       Considerato in diritto

    1.  -  La  questione di legittimita' costituzionale sollevata dal
Tribunale di Siena riguarda l'art. 12 (recte: art. 12, comma 1) della
legge   11 maggio   1999,  n. 140  (Norme  in  materia  di  attivita'
produttive),  che dispone che il personale delle Camere di commercio,
industria, artigianato e agricoltura in servizio alla data di entrata
in  vigore  del d.l. 23 settembre 1994, n. 547 convertito nella legge
22 novembre 1994, n. 644 che, alla data del 12 luglio 1982, rivestiva
la  qualifica  di  capo  servizio,  conseguita  secondo l'ordinamento
camerale  vigente  alla  predetta data, "puo' essere inquadrato nella
qualifica immediatamente superiore con effetti giuridici ed economici
decorrenti dalla data di entrata in vigore della presente legge".
    Secondo  il giudice a quo la norma attribuirebbe ai capi servizio
una   "legittima   aspettativa  tutelabile"  all'inquadramento  nella
qualifica  dirigenziale,  che non potrebbe essere negato dalla Camera
di  commercio neppure per mancanza di posti nella pianta organica, ma
soltanto   con   riferimento   a   specifiche   circostanze  negative
concernenti  la  persona  o  il  curriculum  degli  aspiranti.  Cosi'
interpretata  la  disposizione,  essa  violerebbe  l'art. 97, primo e
terzo   comma,  della  Costituzione,  in  quanto  determinerebbe  "un
indiscriminato passaggio alla qualifica dirigenziale, senza selezione
alcuna",  in contrasto percio' con i principi di efficienza e di buon
andamento  dell'amministrazione, i quali invece esigono che l'accesso
ad  una  qualifica  superiore  avvenga attraverso "forme di effettiva
selezione",  essendo  vietato  qualsiasi  generalizzato "scivolamento
verso l'alto".
    2. - Va premesso che il giudice a quo interpreta, con motivazione
specifica  non  implausibile, la disposizione impugnata nel senso che
essa  disporrebbe,  in  linea  generale,  l'inquadramento, a semplice
domanda,   dei  dipendenti  che  rivestivano  la  qualifica  di  capo
servizio,    nella    qualifica   immediatamente   superiore,   cioe'
dirigenziale,  al  di  fuori  di  qualsiasi  procedura concorsuale ed
indipendentemente dall'esistenza di una vacanza nella relativa pianta
organica. Secondo il rimettente, pertanto, non e' possibile pervenire
ad una lettura della norma che escluda la lesione dell'art. 97, primo
e terzo comma, della Costituzione.
    3. - La questione e' fondata.
    L'interpretazione  delle  complesse  vicende  normative che hanno
caratterizzato  il passaggio dei dipendenti delle camere di commercio
in  particolare  di  quelli  che  rivestivano  la  qualifica  di capo
servizio dall'ordinamento per carriere all'ordinamento per qualifiche
funzionali  e  profili  professionali  ha  costituito  oggetto  di un
consolidato indirizzo della giurisprudenza amministrativa. Sono stati
cosi'  ripetutamente  esplicitati  i motivi che in relazione sia alle
prescrizioni dell'inquadramento definitivo attuato dall'art. 3, comma
8,  del  d.l. n. 547 del 1994 convertito nella legge n. 644 del 1994,
sia  al  criterio delle mansioni svolte, hanno giustificato sul piano
logico-sistematico  l'inquadramento dei capi servizio delle camere di
commercio  nella  ottava  qualifica  funzionale  e  non  gia'  in una
qualifica  superiore,  e  cioe'  la  qualifica VIII bis, riservata ai
vicesegretari  (art. 2  del  d.i. 12 luglio 1982), o la qualifica IX,
peraltro  non  riferibile  al personale delle camere di commercio. E,
secondo  questo  stesso  indirizzo  giurisprudenziale,  soltanto  una
disposizione  specifica  come  quella  censurata ha potuto prevedere,
come appunto sostiene il giudice a quo, il reinquadramento automatico
e  generalizzato  dei  capi  servizio in una qualifica superiore alla
VIII, e cioe' dirigenziale.
    3.1.  -  Ai  fini  dello scrutinio di legittimita' della predetta
norma,  occorre  tenere  presente  che  questa corte ha costantemente
affermato  che  nell'accesso  a  funzioni  piu'  elevate,  ossia  nel
passaggio  ad  una  fascia  funzionale  superiore,  nel  quadro di un
sistema,  come  quello  oggi in vigore, che non prevede carriere o le
prevede  entro  ristretti limiti, deve essere "ravvisata una forma di
reclutamento".  Tale  forma  di reclutamento e' percio' soggetta alla
regola del pubblico concorso, che, in quanto "meccanismo di selezione
tecnica  e neutrale dei piu' capaci", resta il metodo migliore per la
provvista  di  organi  chiamati  ad esercitare le proprie funzioni in
condizioni  di  imparzialita',  costituendo  ineludibile  momento  di
controllo,   funzionale   al   miglior   rendimento   della  pubblica
amministrazione  (ex  plurimis:  sentenze  n. 1  del 1999, n. 320 del
1997,  n. 1  del  1996).  E  proprio per la contraddizione con questi
principi,  la giurisprudenza costituzionale e' costante nel censurare
norme  che stabiliscono il passaggio a fasce funzionali superiori, in
deroga  alla  regola  del pubblico concorso, o comunque non prevedono
alcun criterio selettivo, o verifiche attitudinali adatte a garantire
l'accertamento  dell'idoneita' dei candidati in relazione ai posti da
ricoprire,  realizzando cosi' una sorta di automatico e generalizzato
scivolamento  verso  l'alto  del  personale  (sentenze n. 1 del 1999,
n. 320 del 1997, n. 478 del 1995, n. 314 del 1994).
    In  questo  quadro  giurisprudenziale,  la norma impugnata appare
pertanto  in  contrasto  con  l'art. 97 della Costituzione, in quanto
deroga  ingiustificatamente  alla regola del pubblico concorso, senza
neppure   prevedere   alcuna  verifica  del  possesso  dei  requisiti
richiesti  per  l'attribuzione  della  qualifica superiore. Va quindi
dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale,  sotto  questo profilo,
dell'art. 12,  comma  1,  della legge n. 140 del 1999, restando cosi'
assorbita ogni ulteriore censura.