LA CORTE DEI CONTI

    Uditi  nella  pubblica udienza del 4 marzo 2002, con l'assistenza
del  segretario  sig.ra Anna Nestico', l'avv. Mario D'Urso, difensore
dei ricorrenti;
    Visto   il   ricorso   iscritto  al  n. 051701  del  registro  di
segreteria;
    Visti gli atti di causa;
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul ricorso iscritto al
n. 051701  del  registro  di segreteria, prodotto dai signori Vagnoni
Salvatore,  Faina  Franco,  Antonelli  Duilio  e  Lucernoni  Giovanni
rappresentati  e  difesi  dagli  avv.  Mario D'Urso e Marcello Feola,
giusta procura a margine dell'atto introduttivo;
    Contro  il  Ministero  della  difesa,  il  Ministero del tesoro e
l'INPDAP;

                          Premesso in fatto

    I ricorrenti, gia' dirigenti generali del Ministero della difesa,
collocati  a riposo rispettivamente il 1 marzo 1995, 1 giugno 1995, 1
luglio  1995  e  1  marzo  1995 lamentano che l'Amministrazione della
difesa  abbia  disatteso le loro istanze volte ad ottenere il computo
nel  trattamento  pensionistico dell'indennita' di posizione prevista
dall'art. 1 della legge n. 334/1997 e successive integrazioni.
    Sentito   i  ricorrenti  la  mancata  attribuzione  della  citata
indennita'   coincretizza   una   inammissibile   disparita'   -  non
giustificata   secondo   i   canoni   della  ragionevolezza  e  della
razionalita'  -  tra i Dirigenti Generali collocati in quiescenza nel
corso  del  1995  e  quelli  andati  in pensione successivamente al 1
giugno 1996.
    Al  riguardo  hanno  rappresentato  che nell'ambito di attuazione
della legge n. 29/1993 la categoria dei dirigenti (ex primi dirigenti
e  dirigenti  superiori)  e'  stata disciplinata con C.C.N.L., mentre
quella dei dirigenti generali non ha avuto uguale sorte.
    Mentre  i  primi usufruivano dei benefici economici derivanti dal
contratto  approvato  con  provvedimento del Presidente del Consiglio
dei  Ministri  il  12  dicembre 1996, per i secondi il legisaltore ha
provveduto  a  concedere  acconti  per  gli  anni  1994 - 1995 e 1996
rispettivamente  con i dd.pp.rr. 5 settembre 1994, 5 luglio 1995 e 10
maggio   1996  e,  nel  corso  del  1997,  con  l'art.1  della  legge
n. 334/1997  (presumibilmente nell'intento di recuperare lo scompenso
economico  venutosi  a  determinare  con  la  categoria dei dirigenti
contrattualizzati)  ha  previsto per gli anni 1996-1997 "... a titolo
di  anticipazione  sui  futuri  miglioramenti  ...  una indennita' di
posizione  correlata  esclusivamente  alle  funzioni  dirigenziali  e
pensionabile".
    Quest'ultima   disposizione,  inizialmente  limitata  al  biennio
1996-1997,  prorogata al 31 dicembre 1998 dall'art. 45, comma 19, del
d.lgs.  n. 80/1998  ed,  infine,  estesa  agli  anni  successivi  con
l'art. 24,  comma  6  della  legge  finanziaria  1999,  ad avviso dei
ricorrenti,  e'  suscettibile  di una interpretazione piu' aperta che
consenta un piu' appropriato inserimento nella unicita' della riforma
della  dirigenza  introdotta dalla legge n. 29/1979, che ha scisso il
trattamento  economico  dirigenziale  dalla  mera  appartenenza  alla
qualifica   ed   ha   introdotto  il  criterio  aziendalistico  della
commisurazione    della   retribuzione   all'effettivo   livello   di
responsabilita' assunto dai dirigenti.
    In   tale   ottica,   ad   avviso   dei   ricorrenti,   solo  una
interpretazione letterale e restrittiva dei citato art. 1 della legge
n. 334/1997  puo'  condurre  a  ritenere  che  il diritto a percepire
l'erogazione  di  detto  compenso competa esclusivamente ai dirigenti
generali  in  servizio  alla  data  del  1 gennaio 1996 e non anche a
quelli collocati in quiscenza nel corso del 1995.
    Sull'argomento    svolgono    in    particolare    le    seguenti
considerazioni:
        1)    l'indennita'   di   posizione   nella   nuova   visione
aziendalistica  della  P.A.  assume  la  veste  di  competente  della
retribuzione   che   caratterizza   il  trattamento  economico  della
dirigenza  e  quindi  non  puo' essere negata, pur nel rispetto della
data  di decorrenza, a quei dirigenti generali collocati a riposo nel
1995 che quelle funzioni hanno svolto con le medesime responsabilita'
e modalita' operative;
        2)  l'indennita'  di posizione nella formulazione dell'art. 1
della legge n. 334/1997 rappresenta soltanto un'anticipazione di quel
trattamento  economico complessivo predisposto dal legislatore in via
provvisoria,  in  attesa dell'estensione, anche al rapporto di lavoro
dei  dirigenti  generali  dello  Stato, del regime di diritto privato
(d.lgs.  n.   29/1973  quale  modificato  dei  dd.lgs.  n. 80/1998  e
387/1998)  in  assonanza con la nuova struttura retributiva stabilita
dal C.C.N.L., gia' sottoscritto per la restante dirigenza pubblica.
    Conclusivamente  sulla base di quanto sopra esposto, i ricorrenti
chiedono   il  riconoscimento  del  loro  diritto  a  percepire,  nel
trattamento  pensionistico  ad  essi  spettante,  a  decorrere  dal 1
gennaio  1996,  l'indennita'  di  posizione  di  cui  e'  causa e, in
subordine, la remissione degli atti alla Corte costituzionale.
    All'odierna  pubblica  udienza  il  difensore  dei  ricorrenti ha
richiamato   ed   ampliato   le   argomentazioni   svolte   nell'atto
introduttivo  del  ricorso  e nelle memorie successive, insistendo in
particolare sul fatto che:
        1)  il contenuto del C.C.N.L. per gli anni 1994-1997 risulta,
prima  facie,  palesemente  discriminante a tutto danno dei dirigenti
generali  sotto  il  profilo  applicativo, in quanto avendo carattere
retroattivo per la parte economica a decorerre dal 1 gennaio 1994, ha
consentito  a  numerosi dirigenti superiori e primi dirigenti cessati
nel  periodo  di  vigenza  contrattuale di poter fruire del beneficio
economico  contrattuale,  anche  se  agli stessi era venuta meno, per
effetto  del  collocamento  a riposo, la correlazione con l'esercizio
effettivo   delle  funzioni  dirigenziali  (cfr.  art. 35  contratto,
art. 35 normativa economica C.C.N.L. 94/97 e art. 5 parte ec. biennio
94/97);
        2)   un  eventuale  richiamo  ad  un  presunto  principio  di
contenimento   della   spesa  -  quale  ratio  giustificatrice  della
limitazione   della   legge  n. 334/1997  -  non  sarebbe  pertinente
considerato  l'esiguo  numero (13) di dirgenti generali interessati e
l'eta' avanzata degli stessi.

                       Considerato in diritto

    Questo  organo  giudicante,  nel  caso  all'esame,  e' chiamato a
stabilire la sussistenza o meno, in capo ai ricorrenti, del diritto a
vedersi  ricompreso  nel  trattamento  pensionistico,  alla  scadenza
stabilita, il beneficio previsto dall'art. 1 della legge n. 334/1997,
intitolata:   Trattamento   economico  di  particolari  categorie  di
personale pubblico.
    Al   riguardo   la   citata   disposizione   prevede  "in  attesa
dell'estensione  del  regime di diritto privato al rapporto di lavoro
dei  dirigenti  generali  dello  Stato  ed  in  coerenza con la nuova
struttura   retributiva  stabilita  per  la  dirigenza  pubblica  dai
rispettivi  contratti  collettivi  nazionali, ai dirigenti generali e
qualifiche  equiparate  delle amministrazioni statali, ferme restando
la  vigente  articolazione in livelli di funzione e le corrispondenti
retribuzioni,   spetta   per  gli  anni  1996/1997,  in  aggiunta  al
trattamento  economico  in  godimento,  fondamentale ed accessorio, a
titolo di anticipazione sul futuro assetto retributivo da definire in
sede    contrattuale,    un'indennita'    di    posizione   correlata
esclusivamente  alle  funzioni dirigenziali attribuite e pensionabili
...".
    I ricorrenti sostengono, in base ad una interpretazione teologica
e  finalistica  della  disposizione,  che anche i dirigenti generali,
collocati  a  riposo  nel  corso del 1995, debbono essere considerati
destinatari  del  beneficio  da  essa previsto e, quindi, invocano il
diritto  a veder inclusa l'indennita' di posizione in discorso, dal 1
gennaio  1996,  nel  loro  trattamento  pensionistico;  di  converso,
l'Amministarzione   resistente   afferma   che  poiche'  il  suddetto
beneficio  "spetta"  dal  1  gennaio  1996  lo stesso non puo' essere
attribuito  a  coloro che sono stati collocati a riposo prima di tale
data.
    La  citata  interpretazione,  a  parere  dei ricorrenti, induce a
dover  ritenere la norma affetta da illegittimita' costituzionale con
conseguente  necessita'  di rimettere gli atti alla Suprema Corte per
una pronuncia in merito.
    Cosi'   individuato   il   thema   decidendum,  giova  procedere,
preliminarmente, ad una attenta ricostruzione della vicenda.
    Con  la  legge n. 29/1979 il legislatore ha operato, tra l'altro,
la  scelta  di  "privatizzare"  il  rapporto  di pubblico impiego con
conseguente  applicazione  della disciplina contrattuale del rapporto
di  lavoro  privato  anche ai dirigenti pubblici: 1a dir. e dir. sup.
(art. 2, commi 2 e 3 legge citata).
    Ha  escluso,  invece,  esplicitamente,  (all'art. 2, comma 4) dal
nuovo  regime  "privatistico"  del  rapporto di lavoro dei dipententi
della P.A. i dirigenti generali ed altre categorie equiparate.
    Questa deroga, venuta meno a seguito dell'entrata in vigore della
legge   n. 59/1997,   e'  stata  concretamente  superata  dal  d.lgs.
n. 80/1998.
    Per quanto riguarda si e' pertanto verificato che la dirigenza ha
avuto subito una compiuta regolamentazione con il C.C.N.L. (approvato
con  provvedimento  del  Presidente  del Consiglio dei ministri il 12
dicembre  1996)  concernente  il periodo 1 gennaio 1994 - 31 dicembre
1997  per  gli  aspetti normativi e suddiviso in due bienni 1 gennaio
1994  -  31  dicembre 1995 e 1 gennaio 1996 - 31 dicembre 1997 per la
parte  economica,  mentre  per  lo  stesso periodo alla dirigenza non
contrattualizzata   sono  stati  corrisposti,  per  via  legislativa,
soltanto acconti compensativi.
    In tale quadro normativo e nel presumibile intento di ristabilire
le  preesistenti differenziazioni stipendiali tra personale dirigente
gia'   contrattualizzato   (beneficiario   di   consistenti   aumenti
retributivi) e quello non ancora regolato da rapporto contrattuale in
regime  privatistico,  e' intervenuta la legge 2 ottobre 1997, n. 334
che   ha  riconosciuto,  a  favore  di  quest'ultimo  personale,  una
indennita'  di  posizione con effetto retro-attivo al 1 gennaio 1996.
Indennita'   quantificata   in   24   e   18  min.  annui  lordi,  in
considerazione  delle diverse funzioni svolte e corrisposta a "titolo
di   anticipazione   sul   futuro  assetto  retributivo"  tanto  che,
coerentemente,  l'art. 41,  comma  4,  del  contratto  dei  dirigenti
pubblici  approvato il 26 febbraio 2001 stabilisce che il trattamento
economico  complessivo  fissato  per  i dirigenti di prima fascia (ex
dirigenti generali) e' comprensivo anche dell'indennita' in parola.
    In  tale norma i ricorrenti individuano un vulnus al principio di
uguaglianza  di  cui  all'art. 3  della Costituzione sotto il profilo
della carenza di ragionevolezza della limitazione discriminatoria nei
confronti  dei  dirigenti  generali collocati a riposo entro il 1995,
nonche'   per   violazione  dei  criteri  di  proporzionalita'  della
retribuzione  di  cui all'art. 36, dei canoni di garanzia dei diritti
previdenziali di cui all'art. 38 e del principio di buon andamento ed
imparzialita' dell'amministrazione di cui all'art. 9 Cost.
    In  effetti,  il  quadro  dei  principi  di ordine costituzionale
regolatore della materia presuppone che il trattamento di quiescenza,
quale retribuzione differita deve essere proporzionato alla quantita'
e  qualita'  del  lavoro  a  suo  tempo  prestato, che tra pensione e
retribuzione  sussista  costantemente una ragionevole corrispondenza,
che  sia assicurato al pensionato ed alla sua famiglia, cosi' come al
dipendente in servizio attivo, una esistenza libera e dignitosa.
    Infine,  la stessa corte costituzionale (cfr. sentenza n. 42/1993
e   n. 226/1993)   pur   affermando  l'inesistenza  di  un  principio
costituzionale  che  imponga l'automatico adeguamento del trattamento
di quiescenza al trattamento di attivita', ha avuto modo di affermare
che   la  proporzionalita'  e  l'adeguatezza  della  pensione  devono
esistere  non  solo  al  momento  del collocamento a riposo, ma vanno
assicurate anche nel prosieguo.
    Orbene  nella  vicenda  all'esame,  non  puo'  rilevarsi  che  il
rapporto  tra  pensione  e  trattamento  di  attivita'  ha subito una
sensibile   alterazione   a   danno  delle  pensioni  a  seguito  del
riconoscimento   "a   titolo  di  anticipazione  sul  futuro  assetto
retributivo",  con  effetto  retroattivo  al  1  gennaio  1996, della
indennita'   di  posizione  stabilita  dal  primo comma  della  legge
n. 334/1997  che, tra l'altro, rientra tra gli emolumenti a carattere
generale   aventi   fissita',   continuita'   e   generalita'  e,  in
particolare,  "e'  pensionabile"  ai  sensi  dell'art. 13,  comma  1,
lettera a) del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503.
    Di  tal  che  questo  giudicante  e'  indotto a ritenere che tale
valore  differenziale  determinatosi,  peraltro,  nel giro di qualche
anno,  sia  irrazionale  e contrario alla lettera ed allo spirito del
sistema  disegnato  dagli articoli 3, 36, 38 e 97 della costituzione,
non  essendo  logico  e  comprensibile  che tra due persone investite
dalle stesse responsabilita', e che abbiano svolto la stessa qualita'
e  quantita'  di lavoro, quello piu' anziano collocato a riposo prima
del   31 dicembre   1995   goda   di  un  trattamento  di  quiescenza
vistosamente  inferiore  a  quello  del  suo collega, piu' giovane di
qualche  tempo, che abbia avuto lo stesso sviluppo di carriera e che,
per  avventura,  sia  stato collocato in quiescenza dopo il 1 gennaio
1996  (anche  per  soli  pochi  giorni),  cioe' prima dell'entrata in
vigore  della  citata  legge n. 334/1997, ma in periodo coperto dagli
effetti retroattivi della stessa.
    Non   appare,   pertanto,  temerario  ipotizzare  l'esistenza  di
contrasto  della  disposizione della legge n. 334/1997 con i principi
costituzionali   innanzi   riportati   laddove,   disponendo  effetti
economici  dal  1  gennaio  1996,  sembra  escludere i ricorrenti dai
miglioramenti   attribuiti,   invece,   al   personale  collocato  in
quiescenza  sotto  la  vigilanza  della stessa, ancorche' prima della
relativa  emanazione,  creando,  di  conseguenza,  una ingiustificata
disparita' di trattamento dipendente dalla sola data di pensionamento
e  reiterando,  quindi,  quella stessa situazione nota come "pensione
d'annata",  gia' giustamente censurata dalla Consulta con la sentenza
n. 1/1991,  sia  per  violazione  degli  articoli  3,  36  e 38 della
Costituzione,   sia   del   principio   generale  di  razionalita'  e
ragionevolezza  della  norma giuridica affermato nella giurisprudenza
della suprema Corte.
    Ne',   nel   merito,   possono   assumere  rilievo  eccezioni  di
difficolta'  di  bilancio quali elementi impeditivi alla eliminazione
della   rilevata   ingiustificata   sperequazione   tra   pensione  e
trattamento  di  attivita' in quanto il ricorso al concetto economico
di  "disponibilita'  di  bilancio"  appare del tutto inconferente sul
piano  del  diritto,  atteso  che tale concetto e, de plano, omogeneo
alla  scienza  economica,  ma  chiaramente  eterogeneo  nella scienza
giuridica  che  ha  esclusivamente  nella  norma  (costituzionale) il
parametro  esclusivo  nella  cui  cornice  il fatto (nella specie, la
disposizione sospetta di illegittimita) va sussunto e qualificato.
    Alla  luce delle considerazioni che precedono, deve sollevarsi la
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 1  della legge
n. 334/1997,  per  contrasto  con  i principi di cui all'art. 3 della
Costituzione,  sotto  i  profili  della  carenza  di  razionalita'  e
ragionevolezza  della  limitazione  discriminatoria  disposta  e  del
contrasto  con l'esigenza di tutela del cittadino, nonche' violazione
dei   canoni   della   garanzia  dei  diritti  previdenziali  di  cui
all'art. 38, del buon andamento ed imparzialita' dell'amministrazione
di  cui  all'art. 97,  di  proporzionalita' della retribuzione di cui
all'art. 36.