LA CORTE DEI CONTI

ha pronunciato la seguente ordinanza nel giudizio di responsabilita',
iscritto  al  n. 18646/R  del  registro  di  segreteria, promosso dal
Procuratore  Regionale  a  carico  dei sigg.: Antonio Lonigro (nato a
Valenzano)  rappresentato  e  difeso  dall'avv. Francesco Papa; Maria
Cicirelli  (nata  a  Valenzano  il  27 aprile  1963), rappresentata e
difesa  dall'avv.  Felice  Eugenio  Lorusso; Vincenzo Macchia (nato a
Bari   il  6  marzo  1953),  rappresentato  e  difeso  dall'avv. Luca
Clarizio;  per  il  pagamento,  in  favore  dell'erario,  della somma
complessiva   di  lire  1.113.249.683  -  debitamente  rivalutata  ed
aumentata  degli  interessi  e delle spese di giudizio - di cui: lire
513.249.000  a carico di Lonigro e lire 300.000.000 ciascuno a carico
di Cicirelli e Macchia:
    Uditi  alla pubblica udienza del 18 settembre 2001 il consigliere
relatore  dott.  Vittorio  Raeli;  gli  avv.  Francesco  Papa, Felice
Eugenio  Lorusso  e  Luca Alberto Clarizio; il Procuratore Regionale,
nella  persona  del  sostituto  procuratore  generale  dott.  Antonio
D'Amato;
    Visto  l'  atto  di  citazione in data 14 marzo 2001, iscritto al
n. G 2000/018 del registro della Procura Regionale;
    Esaminati gli atti e i documenti tutti della causa;
    Considerato  che il procuratore regionale ha chiamato in giudizio
i  sigg.  Antonio  Lonigro, Maria Cicirelli e Vincenzo Macchia, nella
loro  qualita'  di  ex  amministratori  del  comune di Valenzano, per
sentirsi   condannare  al  risarcimento  del  danno  complessivamente
quantificato  in  lire  1.113.249.683  patito  dall'erario  comunale,
rappresentato  dai  costi  sostenuti  per  personale  mai  assunto e,
quindi,  mai  utilizzato  per  il  servizio  di  nettezza  urbana, in
difformita' rispetto alle previsioni contrattuali.
    Atteso   che   il  difensore  del  Lonigro  ha  eccepito  in  via
pregiudiziale l'inammissibilita' dell'atto di citazione, tra l'altro,
perche' l'istanza di proroga del termine per l'emissione dell'atto di
citazione  avanzata dal procuratore regionale non e' stata notificata
al convenuto;
    Rilevato  che  con  istanza  del  7 novembre  2000 il procuratore
regionale  ha chiesto alla sezione (ai sensi dell' art. 1-comma 3-bis
della  legge  n. 639/1996)  la  proroga  del termine per la emissione
dell'atto di citazione nei confronti del Lonigro, essendo in scadenza
il  relativo  termine,  e  che  fissata con decreto presidenziale del
4 dicembre   2000   la  relativa  camera  di  consiglio  tenutasi  il
23 gennaio  2001),  la  sezione,  con  decreto n. 02/V (depositato il
30 gennaio  2001),  concedeva a tutto il 17 marzo 2001 la proroga del
termine;

                         Ritenuto in diritto

    La   difesa  del  Lonigro  ha  eccepito,  in  via  pregiudiziale,
l'inammissibilita'  dell'atto  introduttivo del presente giudizio non
essendo  stato  notificata  al  convenuto  l'istanza  di  proroga per
l'emissione dell'atto di citazione avanzata dal procuratore regionale
ai  sensi  dell'art. 5,  comma  1,  della legge 14 gennaio 1994 n. 19
(come modificato dall'art. l comma 3-bis della legge n. 639/1996).
    Ritiene il collegio che l'eccezione di inammissibilita' non possa
essere  accolta  in  considerazione  della insormontabilita' del dato
normativo,  non  prevedendo  l'art. 5  (nuovo  testo)  della legge 14
gennaio  1994  n. 19  alcun onere o obbligo per il pubblico ministero
contabile  di  provvedere  alla  notifica della istanza di proroga al
convenuto,  sicche'  -  come  si e' affermato in giurisprudenza - "La
proroga  istruttoria  per l'emissione dell'atto di citazione ... deve
esser  delibata  inaudita  altera  parte,  senza  cioe' necessita' di
notifica   agli   interessati  ne'  dell'istanza  ne'  dell'ordinanza
conseguente" (cfr. Sez. Lombardia 13 gennaio 1999, n. 32).
    Nel  senso  che  vada  esclusa la necessita' della notifica della
richiesta  di  proroga  per  l'emissione  dell'atto  di  citazione e'
attestata  la giurisprudenza prevalente delle sezioni giurisdizionali
regionali  (sez.  Lombardia, 12 febbraio 1999, n. 166; Id., 21 giugno
1999,  n. 654;  Id.,  14 aprile  1999,  n. 436;  Id., 18 aprile 2000,
n. 600;  Sez.  Lazio,  22 giugno  1999,  n. 682;  Id., 8 luglio 1999,
n. 735;  Id., 30 novembre 1999, n. 1673; Id., 11 luglio 2000, n. 972;
Sez.  Friuli-Venezia  Giulia,  15 aprile  1999,  n. 72; Sez. Toscana,
12 maggio 2000, n. 833; Sez. Puglia, 7 giugno 2000, n. 35;) e si sono
espresse  le Sezioni Riunite, con la sentenza n. 27/QM del 7 dicembre
1999.
    Come  e'  noto,  la novella dell'art. 111 introdotta con la legge
costituzionale  n. 2 del 23 novembre 1999 costituzionalizza il giusto
processo,  stabilendo - nei primi due commi - che la giurisdizione si
attua mediante il giusto processo regolato dalla legge (primo comma),
inoltre  che  ogni processo deve svolgersi nel contraddittorio tra le
parti,   in  condizioni  di  parita'  davanti  al  giudice  terzo  ed
imparziale,  e  la  legge  deve  assicurarne  la  ragionevole  durata
(secondo comma).
    Non  essendovi  alcun dubbio circa l'immediata applicazione anche
al   processo   contabile   dei   principi  del  giusto  processo  in
considerazione   dell'incipit   di   cui   al   comma   1  e  2  ("La
giurisdizione....";   "Ogni   processo...")   si   rende   necessario
verificare  la compatibilita' o meno con l'art. 111 Cost, della norma
di  cui  all'art. 5  comma  1 della legge n. 19/1994 (come sostituito
dall'art. 1  comma 3-bis della legge n. 639/1996 ) nella parte in cui
non  prevede  che l'istanza di proroga del procuratore regionale deve
essere  notificata  al  presunto responsabile, sotto il profilo della
garanzia del contraddittorio.
    Innanzitutto  occorre sgomberare il campo da possibili obiezioni,
secondo cui nella fase che si svolge innanzi alla sezione competente,
in  camera di consiglio, a pronunciarsi sulla istanza di proroga, non
sarebbe  ravvisabile,  in quanto fase pre-processuale, alcuna lesione
principio   del   contraddittorio,   tentando   di  ricollegare  alla
distinzione (specie in materia penale) tra "procedimento" - nella cui
nozione  far  rientrare  il  procedimento  in  sede  di  proroga  - e
"processo",  a  cui  fanno  riferimento  i  lavori parlamentari (cfr.
intervento  sen. Follieri,  pag.  17  Resoconto  stenografico  seduta
Senato,  18 febbraio  1999),  implicazioni  o conseguenze di un certo
rilievo  sul  piano  della  sfera  di applicazione della garanzia del
contraddittorio:  e  cioe',  se  la  regola del contraddittorio debba
riguardare  il  solo  "processo",  inteso  nel  senso  di  "fase  del
giudizio",   o  invece  anche  il  "procedimento",  inteso  in  senso
comprensivo della fase dell'attivita' del procuratore regionale.
    Non  deve  farsi  confusione, invero, tra la fase a cui da' luogo
l'instaurazione  dell'invito  a  dedurre,  che senza dubbio ha natura
preprocessuale  e  procedimentale,  in  quanto  si  svolge innanzi al
pubblico ministero contabile e non vede il coinvolgimento del giudice
contabile,   neppure   sotto   il   profilo   del   controllo   della
archiviazione,  che  rimane  un atto "interno" alla istruttoria, e la
fase  introdotta  dalla  istanza  di  proroga, avente indubbia natura
processuale.  Che  infatti  la  sezione giurisdizionale regionale nel
pronunciarsi  sulla  istanza  di  proroga del termine per l'emissione
dell'atto  di citazione, eserciti attivita' di ordine giurisdizionale
e'  comprovato  dal  chiaro  dettato  normativo dell'art. 5, comma 1,
legge n. 19/1994 cit., che prevede il controllo del giudice contabile
sulla   istanza   di   proroga,   il  quale  puo'  avere  due  esiti:
autorizzazione o mancata autorizzazione alla proroga.
    Orbene,  la  giurisdizione si realizza mediante il processo, cosi
come  e'  stato espressamente scritto nell'art. 111 Cost., che non fa
altro   che   ribadire  principi  e  concetti  gia'  impliciti  nella
Costituzione   stessa;  il  che  equivale  a  dire  che  all'idea  di
"giurisdizione" e' strettamente connaturata quella di "processo", nel
senso  che e' impensabile lo svolgimento di attivita' giurisdizionale
al di fuori del modello processuale.
    Nella  teoria  generale del processo, anzi, il contraddittorio e'
l'essenza  stessa  del  processo, di ogni processo come tale, per cui
non  si  potrebbe  parlare di processo quando si fosse in presenza di
una  figura  non  caratterizzata dalla presenza di un contraddittorio
fra  le  parti  (in  posizione  di  parita),  e  dalla  sua  espressa
enunciazione  nel secondo comma dell'art. 111 Cost. discendono alcuni
corollari, i quali assumono una portata rafforzativa di principi gia'
desumibili dalla combinazione fra gli art. 3 e 24 Cost.
    Innanzitutto,  per  l'instaurazione del contraddittorio, sia esso
provocato  dal privato o dalla parte pubblica, e' regola fondamentale
e  comune  ad  ogni  tipo di processo - se si riflette sulla funzione
reale   della  garanzia  -  che  sia  assicurata  all'interessato  la
conoscenza dell'atto introduttivo del giudizio. E' poi necessario che
sia  assicurata  a ciascuna delle parti contrapposte nel giudizio, in
condizioni di effettiva parita', l'"eguaglianza delle armi" e la pari
possibilita'  di  influire,  con  argomentazioni,  deduzioni e prove,
sulla  formazione  del  convincimento  decisorio  del  giudice  (c.d.
Chancengleichheit),  anche  quando  una  di  queste, e cioe' la parte
pubblica,  fino  al  momento  del  processo  goda  di  una  posizione
privilegiata  a  causa della sua natura pubblica, perche' nel momento
in  cui  entra  nel  processo  va  ad  allinearsi alle altre parti in
posizione  equiordinata,  dappoiche'  la  parita'  delle  parti e' la
precondizione del contraddittorio.
    Alla  luce  del  nuovo  art. 111  Cost.  e' certo, dunque, che il
processo  non  possa  dirsi "giusto", se non in quanto la "legge", da
cui  e'  comunque  "regolato",  rispetti  ab intrinseco le condizioni
essenziali:  in  primis, il contraddittorio e la parita' delle parti,
che  rappresentano  le  garanzie  minime,  necessarie  e sufficienti,
perche'  si  possa  definire  "giusto"  il  processo che le rispetti.
Viceversa,  non  e' "giusto" il "processo" che quelle garanzie minime
non attui a causa della disciplina normativa.
    Cio'  premesso,  il collegio giudica non manifestamente infondata
la  questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 5, comma 1,
della legge n. 19/1994 (come sostituito dall'art. 1 comma 3-bis della
legge  n. 639/1996),  nella parte in cui non prevede che l'istanza di
proroga   per   l'emissione  dell'  atto  di  citazione  deve  essere
notificata  al presunto responsabile, in quanto la "legge" non regola
affatto    la    realizzazione    effettiva    della   garanzia   del
contraddittorio,  da  cui dipende - alla luce dell'art. 111, comma 2,
Cost.  -  la  stessa  qualificazione del "processo" come "giusto". Il
presunto  responsabile  ha,  infatti,  un  interesse  ad opporsi alla
proroga     richiesta     dal    procuratore    regionale,    essendo
controinteressato   e   portatore  di  un  interesse  processualmente
rilevante  a  contrastare i motivi addotti a sostegno della richiesta
di  proroga.  A nulla puo' valere osservare, in contrario, che nessun
nocumento  puo'  derivare  al  presunto  responsabile dal momento che
soltanto  con  la  vocatio  in  iudicium  si  realizza  la chiamata a
difendersi  del  destinatario  della citazione, sicche' il diritto di
difesa   puo'  essere  bene  esercitato  nella  successiva  fase  del
giudizio.  Cio'  in quanto la "nuova" garanzia del contraddittorio e'
inserita  fra  le  garanzie  oggettive  e strutturali, concernenti la
giurisdizione  (art. 111  comma  2)  -  e  sembra  collocarsi  in una
dimensione  diversa  da  quella  individuale  in  cui e' collocato il
diritto  di  difesa, quale garanzia soggettiva, pur rappresentando la
"difesa"    un    insopprimibile    strumento   di   attuazione   del
"contraddittorio".
    Oltre   che  non  manifestamente  infondata,  nei  termini  sopra
esposti,  la  questione  di  legittimita'  costituzionale e' altresi'
rilevante  essendo la questione di costituzionalita' pregiudiziale ai
fini  della  decisione  della eccezione di inammissibilita' sollevata
dal  difensore  del  Lonigro,  poiche'  la carenza di contraddittorio
potrebbe  implicare l'inefficacia dell'assertita proroga con riflessi
sulla tempestivita' dell'atto introduttivo.