LA CORTE DI APPELLO

    Riunita  in  Camera  di  Consiglio,  ha  pronunciato  la seguente
ordinanza  nei  confronti  di: P.A. nato a Roma il 18 settembre 1984,
libero-contumace,   difeso   dall'avvocato   Cynthia   De  Conciliis,
d'ufficio.

                       In fatto ed in diritto

    La  sera  del 26 novembre 1999 Agenti di Polizia sorpresero A. P.
che,  assieme  a  V. S.  e I. D. ed altri due maggiorenni, tentava di
asportare benzina dal serbatoio di alcune vetture lasciate in sosta.
    All'udienza  preliminare del 5 dicembre 2000 il gup del Tribunale
per  i  minorenni  di  Roma,  constatato che "l'assenza dell'imputato
all'odierna  udienza  non  consente  la  definizione  del processo in
questa sede", disponeva il rinvio a giudizio del suddetto P.
    All'esito  del  dibattimento,  con  sentenza  30 aprile  2001  il
Tribunale  per  i  minorenni, affermato che in quella sede non poteva
venir  applicato  l'art.  27 d.P.R. n. 448/1988, ha concesso al P. il
perdono giudiziale.
    Quest'ultimo  ha proposto appello avverso tale sentenza chiedendo
di  venir  prosciolto in forza del citato art. 27 e, qualora anche la
Corte  ritenesse inapplicabile tale norma in sede dibattimentale, che
venisse  dichiarata  non  manifestamente  infondata  la  questione di
legittimita'  di tale articolo nel punto impediva la sua applicazione
una volta giunti al dibattimento.
    Sostiene  la  difesa  del  P.  che la norma contenuta nell'art.27
d.P.R.  n. 448/1988  ha  natura  sostanziale,  ragione  per  la quale
l'esclusione di una sua possibile applicazione in sede dibattimentale
non  troverebbe  una  razionale  giustificazione  considerato che gli
elementi  per  qualificare il fatto "irrilevante" potrebbero emergere
solo nell'approfondimento che avviene proprio nel dibattimento.
    Evidenzia,  inoltre  l'appellante che in seguito all'introduzione
delle   norme   del   "giusto   processo"   si  rende  necessario  il
contraddittorio  per  l'accertamento  del fatto ed in particolare, in
fase di udienza preliminare, e' possibile l'applicazione dell'art. 27
del  citato  d.P.R.  solo  ed  esclusivamente se l'imputato presti il
consenso  all'utilizzazione  degli  atti  contenuti nel fascicolo del
p.m.  (art. 32  stesso  d.P.R.  come  sostituito  dall'art. 22  legge
n. 63/2001).
    Da  cio'  consegue  che  se l'imputato minore non compare per una
qualsiasi  ragione,  non  puo'  fruire  di  detta  pronuncia  e  tale
situazione contrasta, a giudizio dell'appellante, anche con l'art. 30
della Costituzione sotto il profilo della tutela dell'infanzia.
    Premesso  che  la  Corte  di  cassazione  in numerose sentenze ha
escluso  la  possibilita' di applicare l'art. 27 d.P.R. n. 4481888 al
dibattimento,  questa  Corte  ritiene  le argomentazioni svolte dalla
difesa   dell'appellante  convincenti  e  le  condivide,  sicche'  la
sollevata   questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 27
citato va dichiarata non manifestamente infondata.
    Infatti  la  natura  della  norma  in  esame  e'  stata  definita
"sostanziale"  dalla  Corte  costituzionale nella sentenza n.250/1991
ove  si  afferma  che  "l'istituto  della  irrilevanza del fatto, pur
presentando,  e  non  potrebbe  essere  altrimenti, l'implicazioni di
carattere  processuale,  attiene  al  diritto  sostanziale, in quanto
viene a dar vita ad una causa di non punibilita'".
    Partendo  da  tale  presupposto  va  riconosciuto  che qualora la
irrilevanza  del  fatto  emergesse  solo in dibattimento o l'imputato
minore  non  fosse  presente  per  una  qualsiasi ragione all'udienza
preliminare    egli   non   potrebbe   usufruire   della   forma   di
proscioglimento prevista dalla norma in esame.
    Va anche considerato che la mancata applicazione dell'art. 27 nel
corso  dell'udienza preliminare puo' dipendere dall'impossibilita' di
definire   il   procedimento,   allo   stato   degli  atti,  a  causa
dell'incertezza  del  quadro  probatorio, risolvibile solo attraverso
l'assunzione  delle  prove  nel piano contraddittorio delle parti, e,
quindi, per ragioni non ascrivibili all'imputato.
    Cosi'  si  verrebbe  a  creare una sperequazione tra due imputati
minorenni  che,  come  nel  caso  in  esame, hanno commesso lo stesso
fatto,  ma  uno viene prosciolto ex art. 27 e l'altro no solo perche'
non  era presente all'udienza preliminare, con conseguente violazione
dell'art. 3 della Costituzione.
    Va  inoltre evidenziato che il giudice adito in modo eccezionale,
giudizio  direttissimo  o  immediato,  ha  dei  poteri  (pronuncia ex
art. 27  citato)  preclusi  al  giudice  del  dibattimento  che e' il
giudice  naturale  cui  e'  demandato  l'accertamento  dei  fatti con
pienezza di poteri, e cio' potrebbe costituire violazione dell'art.25
della Costituzione.
    Questa Corte non condivide, in proposito, la tesi sostenuta dalla
Corte di cassazione che ha escluso l'incostituzionalita' dell'art. 27
ove   impedisce   la   sua  applicazione  nella  fase  dibattimentale
ordinaria,  asserendo  che  "in tale fase viene meno la ratio sottesa
alla    disciplina    dell'irrilevanza    del    fatto,   consistente
nell'educazione del minore" (Cass. 13 aprile 1999 n. 4604).
    Infatti  una  pronuncia  di non luogo a procedere ex art. 27, sia
pur  collocata  in  una fase avanzata del processo, potrebbe comunque
spiegare  effetti  positivi  per  il  minorenne  al  quale  verrebbe,
comunque, evitato l'ulteriore pregiudizio alle sue esigenze educative
conseguente al protrarsi della vicenda processuale.
    Per concludere gli indicati limiti dell'applicazione dell'art. 27
non  garantiscono appieno quell'attenzione e protezione nei confronti
della  gioventu' imposta dall'art. 31 della Costituzione, ragione per
la quale potrebbe ravvisarsi una violazione anche di tale articolo.
    La  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 27 d.P.R.
n. 448/1988  nei  confronti degli artt. 3, 25 e 31 della Costituzione
non  e', a giudizio della Corte, come detto, manifestamente infondata
e,  quindi  gli  atti vanno trasmessi alla Corte costituzionale ed il
presente procedimento va, di conseguenza, sospeso.