IL TRIBUNALE Ordinanza pronunziata nel giudizio RG n. 743/2000 promosso da Dagnino Paolo Mario contro l'I.N.P.S. Con ricorso depositato in cancelleria il 20 marzo 2000 Dagnino Paolo Mario esponeva di aver svolto costantemente attivita' di lavoro autonomo; di essere stato iscritto alla gestione speciale esercenti attivita' commerciali dell'I.N.P.S. dal 1 gennaio 1965 al 30 aprile 1979 e, successivamente, dal 1 maggio 1979 al 30 settembre 1995 alla gestione speciale artigiani; esponeva altresi' che avendo raggiunto in data 10 dicembre 1996 la prescritta anzianita' contributiva pari a 35 anni, presentava domanda di pensione di anzianita' che veniva accolta dall'I.N.P.S.; nonche' evidenziava il fatto che le contribuzioni dovute, tempo per tempo, ex lege, a chi esercita attivita' commerciale e a chi svolge attivita' di artigiano sono sostanzialmente equivalenti; Tanto premesso lamentava che l'I.N.P.S., in origine, gli aveva liquidato la pensione nell'importo mensile di L. 3.788.750; laddove con successivo provvedimento datato 26 aprile 1999 e ricevuto il 22 luglio 1999 l'Istituto aveva ricalcolato il trattamento pensionistico che veniva liquidato in L. 1.887.600 mensili, rilevando come tale successiva liquidazione della pensione derivasse dall'applicazione della norma di cui all'art. 16 legge n. 233/1990; Parte attrice esponeva inoltre in ricorso di aver presentato con esito infruttuoso ricorso amministrativo davanti al Comitato Provinciale dell'I.N.P.S. che ometteva di pronunziarsi nel termine di legge; Nella parte motiva il procuratore di parte attrice evidenziava puntualmente come il provvedimento dell'I.N.P.S., in data 26 aprile 1999, che aveva prodotto una drastica ed irragionevole decurtazione della misura della pensione, discendesse da una di per se' corretta applicazione della norma di cui all'art. 16 comma 1 legge n. 233/1990. Sulla base di tali rilievi conveniva in giudizio l'I.N.P.S. per sentire accertare, previa pronunzia di ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimita' del citato art. 16, il proprio diritto alla riliquidazione della pensione di anzianita', da calcolarsi con considerazione ed imputazione unitaria dei contributi versati, nel tempo, nelle due distinte Gestioni commercianti ed artigiani; nonche' per sentir condannare l'I.N.P.S. al pagamento della pensione nell'importo mensile di L. 3.788.750. Si costituiva in giudizio l'I.N.P.S. che esponeva che la misura delle pensione in godimento al ricorrente derivava da una corretta applicazione della disposizione di cui all'art. 16 legge 233/1990 evidenziando che l'importo della pensione in oggetto conseguiva alla somma di tante distinte quote di pensione, quante erano le Gestioni separate in cui erano stati versati i contributi. Il procuratore dell'I.N.P.S. contestava pertanto la tondatezza della domanda avversaria, concludendo per il rigetto. In corso di causa veniva sentito quale testimone il funzionario dell'I.N.P.S., informato sulla posizione assicurativa del Dagnino. La causa veniva discussa oralmente dai difensori delle parti costituite ed in data odierna veniva emessa la presente ordinanza, della quale veniva data lettura in pubblica udienza alla presenza dei procuratori delle parti. Intanto pare utile, ancor prima della delimitazione dell'oggetto della questione di legittimita' costituzionale, riportare in maniera essenziale i fatti rilevanti ai fini della valutazione della questione di legittimita' costituzionale prospettata da parte attrice. Il ricorrente nel corso della sua vita lavorativa ha costantemente svolto attivita' di lavoro autonomo; e' stato dapprima iscritto, dal 1 gennaio 1965 al 30 aprile 1979, alla Gestione degli esercenti attivita' commerciali presso l'I.N.P.S., quindi dal 1 maggio 1979 al 30 settembre 1995 e' stato iscritto alla Gestione artigiani. Come gia' esposto, risulta altresi' provato documentalmente e d'altronde incontroverso tra le parti in giudizio che l'importo mensile della pensione lorda, liquidato dall'I.N.P.S. all'atto del pensionamento con imputazione della intera contribuzione alla sola gestione commercianti, era di L. 3.788.750 lorde; laddove a seguito di provvedimento dell'Istituto la pensione e' stata ricalcolata e liquidata al ricorrente, con decorrenza dal gennaio 1997, nella inferiore misura lorda di L. 1.887.600. Va da subito rilevato che tale minor importo mensile della pensione di anzianita' trova spiegazione nel fatto che l'importo di L. 1.887.600 e' stato determinato secondo il particolare meccanismo di calcolo istituito dall'art. 16 Legge n. 233/1990. Il funzionario dell'I.N.P.S. sentito ha precisato che all'atto della liquidazione originaria, nel gennaio 1997, della pensione, l'I.N.P.S. ha considerato la contribuzione complessivamente versata come riferibile alla gestione commercianti, giungendo ad applicare le disposizioni ordinarie vigenti, anziche' l'art. 16 della legge n. 233/1990. Con la successiva riliquidazione del trattamento pensionistico avvenuta nell'aprile 1999 l'Istituto ha dato esclusiva applicazione al richiamato art. 16; giungendo cosi' a calcolare, separatamente, ciascuna quota di pensione in misura rapportata all'anzianita' contributiva maturata nelle distinte Gestioni. Ne costituisce conferma il prospetto contenuto nella memoria di costituzione dell'I.N.P.S., ove a fronte di 954 settimane di contribuzione versata in misura fissa, nella gestione commercianti, si ottiene una quota pensionistica pari a sole L. 85.008. Del resto la norma di cui all'art. 16 legge n. 233/1990, diversamente dall'art. 5, nella misura in cui determina un trattamento complessivo finale in cui una delle quote viene calcolata in relazione ad una contribuzione versata in misura fissa in periodi antecedenti l'entrata in vigore della legge n. 233/1990, conduce alla determinazione di una pensione complessiva in misura irragionevolmente deteriore rispetto ai trattamenti liquidati in applicazione del richiamato art. 5. Assumendo infatti tale ultima norma quale criterio normativo di comparazione rispetto alla fattispecie legale sottoposta a giudizio, puo' rilevarsi che la parametrazione della misura della pensione in favore dei soggetti rimasti iscritti alla sola gestione artigiani (ovvero commercianti) al reddito d'impresa quale risulta dalla media dei redditi percepiti negli ultimi dieci anni coperti da contribuzione, ovvero in un numero inferiore di anni, anteriori alla decorrenza della pensione, produce una rilevante disomogeneita' dei due trattamenti previdenziali in comparazione la quale non pare giustificata in presenza di una contribuzione sostanzialmente uguale in entrambe le ipotesi normative e di una attivita' comunque di lavoro autonomo. Appare d'altronde opportuno, in tale ottica, richiamare il principio informatore espresso dalla Corte costituzionale che, con sentenza 30 giugno 1994, n. 264, ha affermato essere palesemente contrario al principio di razionalita' di cui all'art. 3 Cost. che all'inserimento di un periodo di contribuzione nella base di calcolo della pensione consegua, in un sistema che prende in considerazione per la determinazione della retribuzione pensionabile solo l'ultimo periodo lavorativo, come unico effetto, un depauperamento del trattamento pensionistico rispetto a quello gia' ottenibile ove in tale periodo non vi fosse stata contribuzione alcuna. Risulta cioe' irragionevole che a maggior lavoro e a maggior apporto contributivo corrisponda una riduzione della pensione che il lavoratore avrebbe maturato al momento della liquidazione della pensione per effetto della precedente contribuzione. Orbene con il meccanismo di cui al citato art. 16, secondo l'opinione del giudice adito, si realizza in effetti in capo al pensionato, che di tale pensione mista e' destinatario, una drastica riduzione del trattamento pensionistico non giustificata dalla misura complessiva della contribuzione versata che nel caso di specie risulta sostanzialmente uguale a quella che sarebbe stata richiesta e versata in un unica gestione speciale (artigiani o esercenti attivita' commerciali), come confermato dal funzionario I.N.P.S. Puo' quindi ritenersi che la norma di cui all'art. 16 lett. a) legge n. 233/1990 attraverso il richiamo alle contribuzioni versate nei periodi dl iscrizione alle rispettive gestioni senza alcun limite temporale determina, quale suo effetto, un inferiore e quindi irragionevole trattamento pensionistico, a parita' di contribuzioni versate ed in presenza di attivita' entrambe di lavoro autonomo, rispetto a quello riconosciuto dalla normativa favorevole di settore al pensionato rimasto iscritto, ininterrottamente, nel corso della vita lavorativa ad un'unica gestione speciale. E' appena il caso di aggiungere che la norma di cui all'art. 5 legge n. 233/1990 trova generale applicazione, nel settore del lavoro autonomo, per i trattamenti pensionistici aventi decorrenza successiva al 1 luglio 1990, indipendentemente dalla sussistenza o meno di periodi di contribuzione versata in misura fissa; ditalche' anche il ricorrente rientrerebbe, in ipotesi, nell'area applicativa di quest'ultima norma. Sulla scorta delle considerazioni svolte, puo' fondatamente ipotizzarsi che la norma in oggetto si ponga in contrasto con il principio di razionalita', ex art. 3 Cost., nella esplicazione ed attuazione data dalla ecc.ma Corte Cost. La questione di legittimita' del predetto art. 16 comma 1 legge n. 233/1990 appare inoltre rilevante nel giudizio promosso dall'attore Dagnino Paolo Mario posto che una eventuale pronunzia di illegittimita' costituzionale della norma darebbe luogo alla diretta disapplicazione del provvedimento dell'I.N.P.S., datato 26 aprile 1999, determinativo dell'importo lordo mensile della pensione in L. 1.887.600 per sopravvenuta illegittimita' ed al conseguente riconoscimento del diritto dell'assicurato a percepire una pensione di anzianita' di ben maggiore importo. Pertanto l'art. 16, comma 1, lettera A) legge n. 233/1990, nella parte in cui prevede che l'importo della pensione, per i lavoratori che vedono liquidata la medesima attraverso il cumulo dei contributi versati in due diverse gestioni speciali, entrambe relative a pregressa attivita' di lavoro autonomo, e' costituito dalla somma delle quote di pensione calcolate sulla base dei periodi di iscrizione alle rispettive gestioni, induce il giudice rimettente ad una valutazione in termini di non manifesta infondatezza della relativa questione di legittimita', secondo il parametro di fonte costituzionale sopra richiamato. Il giudizio in corso promosso da Dagnino Paolo Mario deve sospendersi in ossequio alle disposizioni di cui all'art. 23 legge n. 87/1953, essendo la questione di legittimita' costituzionale rilevante nell'ambito del presente giudizio circa la fondatezza della domanda di riliquidazione del trattamento pensionistico e non manifestamente infondata.