Ricorso della Regione Emilia-Romagna, in persona del presidente della giunta regionale pro tempore, autorizzato con deliberazione della giunta regionale n. 807 del 20 maggio 2002 (all. 1), rappresentata e difesa - come mandato a margine del presente atto - dagli avvocati Giandomenico Falcon di Padova e Luigi Manzi di Roma, con domicilio eletto in Roma presso lo studio dell'avv. Manzi, via Confalonieri n. 5. Contro il presidente del Consiglio dei ministri per la dichiarazione che non spetta allo Stato, di nominare, in assenza della prescritta intesa con le Regioni Emilia-Romanga e Toscana, il presidente dell'Ente Parco nazionale dell'Appennino Tosco-Emiliano, nonche' per il conseguente annullamento del decreto del ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 22 aprile 2002 (DEC/DCN 286), con il quale, nonostante l'eplicito diniego dell'intesa da parte delle predette Regioni, viene nominato quale presidente il dott. Tarcisio Zobbi (doc. 2), per violazione: degli artt. 117 e 118 della Costituzione; dell'art. 9, comma 3, della legge 6 dicembre 1991, n. 394; nonche' dell'art. 2 del d.P.R. 21 maggio 2001; del principio di leale cooperazione tra Stato e Regioni, per i profili e nei modi di seguito illustrati. L'istituzione del Parco nazionale dell'Appennino Tosco-Emiliano e' prevista dall'art. 4, comma 2, della legge n. 344 del 1997. Tale legge, la cui iniziativa e' stata fortemente voluta e sostenuta dalla Regione Emilia-Romagna, porta a compimento le iniziative di tutela naturalistica gia' intraprese dalla Regione con l'istituzione dei Parchi regionali dell'Alto Appennino Reggiano (Parco del gigante), di cui alla legge regionale n. 11 del 1998, e dell'Alta Val di Parma e Cedra (Parco dei cento laghi), di cui alla legge regionale n. 46 del 1995. La specifica storia di questo parco trova un evidente riflesso nelle procedure che la legge ora citata stabilisce per l'istituzione. Si dispone infatti che "nelle aree dell'Appennino di significativo o rilevante interesse naturalistico e ambientale, comprese nei territori delle province di Reggio Emilia, Parma e Massa Carrara, previa verifica del consenso dei comuni e delle province interessati, previa perimetrazione e individuazione della denominazione stabilite, su proposta del ministro dell'ambiente, di intesa con le Regioni interessate, e' istituito un parco nazionale". Nel 1997 tale disciplina formava un diritto speciale rispetto alle procedure ordinarie, dato che la disposizione generale secondo la quale "la classificazione e l'istituzione dei parchi nazionali e delle riserve naturali statali, terrestri, fluviali e lacuali, sono effettuate d'intesa con le Regioni" e' stata introdotta nell'art. 2, comma 7, legge n. 394/1991 per effetto dell'art. 2, comma 23, legge 9 dicembre 1998, n. 426. In attuazione di tali disposizioni, ed in piena coerenza con il principio cooperativo che la ispira, si e' proceduto, come bene risulta delle ampie premesse del decreto istitutivo del 21 maggio 2001, all'istituzione del Parco. Con decreto del ministro dell'ambiente n. 11399 del 1998 e' stato istituito un comitato di coordinamento, che ha svolto l'istruttoria tecnica ed ha presentato una prima proposta di perimetrazione, sulla cui base, dopo alcune modifiche concordate con i comuni interessati, sono stati acquisiti prima (ai sensi dell'art. 77, comma 2, del d.lgs. n. 112 del 1998) il parere favorevole della Conferenza unificata, poi le prescritte intese con le Regioni, espresse per la Toscana con la deliberazione del consiglio regionale n. 96 del 2001, per la ricorrente Regione Emilia-Romagna con deliberazione della giunta regionale n. 337 del 2001. Come l'istituzione del Parco e' stata il frutto dell'azione congiunta e concordata delle Regioni, dello Stato e dei comuni interessati, prevista dalla speciale disciplina della legge n. 344 del 1997 e dall'art. 2 legge n. 394/1991, cosi' gli stessi principi di cooperazione e consenso tra Stato e Regioni dovevano operare in relazione alla nomina degli organi responsabili, ed in particolare alla nomina del presidente. Infatti, l'art. 9, comma 3, della legge n. 394 del 1991 chiaramente stabilisce che "il presidente e' nominato con decreto del ministro dell'ambiente, d'intesa con i presidenti delle Regioni o delle province autonome di Trento e di Bolzano nel cui territorio ricada in tutto o in parte il parco nazionale". L'applicazione di tale disposizione e' poi espressamente richiamata dal decreto istitutivo del parco, il d.m. del 21 maggio 2001, il quale ricorda che la nomina degli organi del Parco "e' effettuata secondo le disposizioni e le modalita' previste dall'art. 9, commi 3, 4, 5, 6 e 10 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, come modificato dall'art. 2, comma 24, della legge 9 dicembre 1998, n. 426". Ma e' chiaro che si tratta di un semplice richiamo, sia perche' - in assenza di normativa speciale - non si poteva dubitare dell'applicazione delle regole generali sui parchi nazionali, sia perche' non risulta sul punto alcuna competenza del decreto istitutivo del Parco. Il ministro dell'ambiente, che ovviamente non era ignaro del proprio dovere di applicare le procedure cooperative previste dall'art. 9, comma 3, della legge n. 394 del 1991, ha espressamente richiesto l'intesa in data 5 dicembre 2001: benche', anziche' avviare una procedura rivolta a raggiungerla, esso si sia limitato a chiedere direttamente l'intesa sulla nomina quale presidente del Parco di uno specifico candidato, gia' individuato nel dott. Tarcisio Zobbi. Gia' in data 4 gennaio 2002 la ricorrente Regione, congiuntamente con la Regione Toscana, trasmetteva una nota (doc. 3) con la quale si comunicava l'avvenuto insediamento della comunita' del Parco e, quanto alla nomina del presidente, si chiedeva un incontro urgente al fine di ricercare l'intesa. La richiesta veniva ribadita a voce il 15 febbraio 2002, nell'occasione di un colloquio tra gli assessori all'ambiente delle due Regioni e lo stesso ministro, ottenendone un impegno a convocare l'incontro entro brevissimo tempo. Tuttavia, non solo nessun incontro veniva convocato, ma gia' il giorno 19 febbraio, con nota GAB/2002/1982/B07 (doc. 4), il ministro comunicava al presidente del Senato la candidatura del dott. Zobbi a presidente dell'ente Parco. Nella nota si affermava (paradossalmente, visto il recentissimo incontro del 15 febbraio, che si aggiungeva alla nota del 4 gennaio, e comunque in termini che si e' costretti a dire non conformi al vero) che "la Regione Toscana e la Regione Emilia- Romagna non hanno provveduto a fornire alcun riscontro alla richiesta d'intesa inviata in data rispettivamente 5 e 7 dicembre 2001". Aggiungeva poi che in ragione di cio' "sembrerebbe potersi ritenere maturato il silenzio assenso da parte delle Regioni interessate", dato che "l'articolo 35 comma 7 della ... legge n. 394/1991 fissa in giorni 45 il termine per l'espressione di pareri da parte delle Regioni": traendo cosi' da un presupposto errato una conseguenza che sarebbe stata arbitraria anche se la premessa fosse stata vera. Avuto notizia di cio', la Regione Emilia-Romagna con nota del 1 marzo 2002 (doc. 5) formalmente esprimeva il diniego dell'intesa sulla candidatura proposta e reiterava la richiesta di incontro. Analogo comportamento teneva la Regione Toscana. Il 12 marzo la Regione Emilia-Romagna e la Regione Toscana congiuntamente ulteriormente comunicavano la loro posizione negativa ai presidenti delle commissioni della Camera e del Senato chiamate ad esprimersi sulla proposta del ministro, chiedendone l'intervento e facendo comunque riserva di tutelare in ogni sede, ove necessario, le prerogative costituzionali della Regione (doc. 6). Risulta dunque che la ricorrente Regione ha ricercato con spirito collaborativo e diligenza tutte le occasioni per raggiungere una intesa - un'intesa che evidentemente non puo' essere assimilata ad un dovere di acconsentire senza discussione al desiderio del ministro. Tuttavia, neppure dopo l'esplicito diniego dell'intesa sul primo e solo candidato proposto, nessun tentativo di raggiungere l'intesa veniva svolto dal Ministero dell'ambiente: ne' nel senso, conforme alla norma, di ricercare un candidato su cui potesse cadere il consenso di tutti, ne' nel senso di spiegare per quale ragione il ministro ritenesse indispensabile e senza alternative la nomina del dott. Zobbi. Anzi, la ricorrente Regione doveva apprendere dalla stampa che il ministro, del tutto inopinatamente, nonostante l'esplicito diniego dell'intesa da parte delle Regioni, aveva nel frattempo con atto del 22 aprile 2002 proceduto alla nomina del dott. Tarcisio Zobbi quale presidente del Parco. Nelle premesse del provvedimento sono del tutto ignorate le richieste di incontro ai fini del conseguimento dell'intesa reiteratamente formulate dalle Regioni e, come se nulla fosse accaduto dal giorno in cui la richiesta di intesa era stata trasmessa alla Regione, viene "considerato" che "solamente con le note del 1 marzo 2002 ... il presidente della Regione Toscana e il presidente della Regione Emilia-Romagna hanno espresso diniego all'intesa sulla nomina del dott. Tarcisio Zobbi, quale presidente del Parco nazionale dell'Appennino ToscoEmiliano". Di seguito, senza minimamente accennare a vicende o fatti che sia prima che dopo quel primo di marzo abbiano impedito di cercare un contatto per la discussione del problema, il ministro, "ritenuto necessario e non piu' differibile procedere alla nomina del presidente dell'Ente Parco nazionale dell'Appennino ToscoEmiliano, individuato nella persona del dott. Tarcisio Zobbi", procede senz'altro a tale nomina. Sennonche', la nomina cosi' effettuata e' assunta in violazione delle prerogative costituzionali della ricorrente Regione, e' illegittima ed arbitraria, e deve essere pertanto annullata per le seguenti ragioni di D i r i t t o 1. - Violazione delle prerogative costituzionali della Regione per omessa acquisizione della previa intesa prevista dall'art. 9, comma 3, della legge n. 394 del 1991. Il Parco nazionale dell'Appennino Tosco-Emiliano e' opera congiunta, si puo' dire, delle Regioni interessate, che da tempo hanno promosso iniziative di conservazione anche nella forma del Parco regionale, e dello Stato, che ha raccolto tali iniziative e ha dato ad esse la forma maggiore del Parco nazionale. Prova e sigillo di questa peculiare natura del parco e' la stessa legge istitutiva che, come esposto in narrativa, con normativa speciale dispone che alla stessa istituzione del Parco si pervenga su intesa tra lo Stato e le Regioni, previo consenso degli enti locali interessati. Per la nomina del presidente bastava invece la normativa generale, espressa dall'art. 9, comma 3, della legge n. 394 del 1991, che gia' prevede lo strumento dell'intesa: ad indicare che deve essere scelto di comune accordo l'organo di vertice di un organismo che ha in custodia interessi importanti sia nazionali che delle Regioni, legati alle loro competenze costituzionali in materia di governo del territorio, di agricoltura, di valorizzazione delle risorse naturali paesistiche ed ambientali. Si tratta, come subito si dira', di una intesa "forte", ovvero di un'intesa che deve essere raggiunta, ed in assenza della quale e' precluso il provvedere. Nell'affermare cio', tuttavia, la ricorrente Regione desidera precisare che, come nei punti seguenti verra' pure argomentato, il provvedimento statale qui impugnato rimarrebbe lesivo, arbitrario ed illegittimo anche se in denegata ipotesi si partisse dall'opposta opinione che si tratti invece di una intesa cosiddetta "debole", cioe' di un'intesa in assenza della quale allo Stato e' concesso di provvedere unilateralmente, cosi' superando l'opposizione dell'altra parte. Tuttavia, nel presente caso deve ad avviso della ricorrente Regione riconoscersi che si tratta di una intesa che deve necessariamente essere raggiunta, ed in assenza della quale lo Stato non puo' addivenire alla nomina. Cio' risulta intanto dalla stessa lettera della disposizione che prevede l'intesa, cioe' dall'art. 9, comma 3, della legge n. 394 del 1991, la quale non prevede affatto meccanismi alternativi per la nomina. Si noti che al contrario quando il legislatore ha voluto sancire il carattere "debole" dell'intesa lo ha espressamente stabilito: come e' avvenuto per le intese da raggiungersi in sede di Conferenza Stato-Regioni, per le quali e' previsto che, "quando una intesa espressamente prevista dalla legge non e' raggiunta entro trenta giorni dalla prima seduta della Conferenza Stato-Regioni in cui l'oggetto e' posto all'ordine del giorno, il Consiglio dei ministri provvede con deliberazione motivata" (art. 3, comma 3, d.lgs. n. 281 del 1997). Cosi' come non e' previsto un meccanismo sostitutivo dell'intesa, ugualmente non e' previsto un termine preciso entro il quale essa debba essere raggiunta. Si noti, a questo proposito, che nel tentativo di dare un qualsivoglia fondamento alla omissione dell'intesa l'atto di nomina qui impugnato richiama nelle proprie premese "l'articolo 35 comma 7 della legge 394 del 1991", il quale "fissa in giorni 45 il termine per l'espressione dei pareri da parte delle Regioni". Ma tale richiamo, lungi dal sostenere la legittimita' del provvedimento ministeriale, ne sottolinea invece l'arbitrarieta' e l'illegittimita'. E' palese, infatti, che la disposizione dettata per i pareri, cioe' per le ipotesi in cui nel procedimento di formazione di un atto e' prevista la partecipazione delle Regioni, non puo' essere applicata ad una fattispecie in cui e' invece richiesta l'intesa, che non e' atto di mera partecipazione, ma di consenso e di condivisione della decisione. Cio' senza dire che, per vero, neppure per i pareri e' poi detto che decorsi i quarantacinque giorni senza che il parere sia stato reso e' stabilito che il provvedimento possa essere ugualmente assunto (si noti che non trova qui neppure applicazione la regola stabilita dall'art. 16 della legge n. 241 del 1990 per gli "organi consultivi delle pubbliche amministrazioni", tra i quali non possono certo annoverarsi le Regioni, che partecipano al provvedimento in funzione di tutela degli interessi da esse portati, e non in funzione di mero ausilio all'autorita' decidente). L'art. 9, comma 3, della legge n. 394 del 1991 richiede invece incondizionatamente l'intesa delle due Regioni interessate: come e' anche logico, dato che, per struttura e funzione, essa corrisponde pienamente a cio' che nei rapporti tra organi statali - di norma tra diversi Ministri - e' usualmente chiamato concerto. Si tratta in definitiva di una nomina concertata, e l'uso del termine intesa e' rivolto, come ben noto, a sottolineare che in questo caso la concertazione avviene tra enti soggettivamente diversi, e non tra le amministrazioni dello Stato. Non vi e' in questi casi alcun interesse a priori giuridicamente preminente, ma interessi pari ordinati, che devono conciliarsi nell'intesa. Ne' si puo' ipotizzare per casi di questo genere (come invece ipotizza l'art. 3 del d.lgs. 281 del 1997 sopra citato per le diverse ipotesi che esso considera) che l'intesa risulti impossibile. Qui infatti non si tratta di una specifica decisione da assumere, come ad esempio la realizzazione di una determinata opera pubblica, sulla quale le valutazioni e le posizioni possono essere e permanere inconciliabili: quanto alla nomina, invece, e' evidente che se le parti ispirano il proprio comportamento al principio di leale cooperazione, esse dovranno necessariamente giungere a convenire sui requisiti richiesti alla persona del nominando, e conseguentemente su una candidatura che corrisponda a tali requisiti. In questo caso, tuttavia, il percorso di individuazione del candidato su cui si formi il consenso non e' neppure iniziato: tutto cio' che e' accaduto e' che il ministro ha "proposto" un nome intendendo su tale proposta riscuotere il consenso delle Regioni interessate come se si trattasse di un atto dovuto. E di fronte alle piu' che ovvie perplessita', alle richieste di incontro ed infine al diniego dell'intesa ha provveduto direttamente alla nomina, in spregio e violazione di ogni regola e principio, ed in particolare, per quanto riguarda il presente motivo, della stessa necessita' dell'intesa, stabilita, in attuazione delle prerogative costituzionali delle ricorrenti Regioni, dall'art. 9, comma 3, della legge n. 394 del 1991. L'avere proceduto alla nomina in assenza dell'intesa rappresenta dunque una evidente trasgressione della legge, esattamente allo stesso modo che se il ministro avesse provveduto in assenza del prescritto concerto con altri ministri. Si vorrebbe qui dire che la violazione e', in questo caso, addirittura piu' grave: perche' i diversi ministri da "concertare" rappresentano distinte articolazioni di interessi, ma non rappresentano autonomie costituzionali singolarmente garantite. D'altronde, codesta stessa Corte costituzionale ha precisato che "lo strumento dell'intesa ..., si sostanzia in una paritaria codeterminazione del contenuto dell'atto sottoposto ad intesa, da realizzare e ricercare, laddove occorra, attraverso reiterate trattative [corsivo nostro] volte a superare le divergenze che ostacolino il raggiungimento di un accordo", che neppure l'assenza di espressi termini e meccanismi sostituivi dell'intesa (la' dove essi siano necessari) "puo', d'altro canto, giustificare, in assenza di tali termini e di tali meccanismi, un declassamento dell'attivita' di codeterminazione connessa all'intesa in una mera attivita' consultiva non vincolante" (sent. n. 351/1991). Di qui la piena illegittimita' del provvedimento di nomina e la palese violazione, come detto, delle prerogative costituzionali della ricorrente Regione. 2. - In subordine. Palese violazione del principio di leale cooperazione per avere omesso qualunque tentativo di raggiungere l'intesa. Come sopra esposto, non vi e' stato da parte del ministro il benche' minimo tentativo di giungere all'intesa. La stessa successione degli eventi mostra che le Regioni hanno tentato, senza riuscirvi, di trovare una sede di dialogo al fine di pervenire all'intesa, mentre il ministro al contrario ha ignorato tali richieste e considerato la propria proposta quale una sorta di diktat, da realizzare con o senza il consenso delle Regioni. Le note con cui il ministro ha proposto alle Regioni la nomina del dott. Zobbi e' del 5 dicembre per l'Emilia-Romagna, del 7 dicembre per la Toscana. Meno di trenta giorni (il 4 gennaio) dopo le due Regioni hanno richiesto un incontro al fine di ricercare l'intesa. Non essendovi stata risposta, esse hanno ribadito la stessa richiesta a voce il 15 febbraio 2002. Incurante di tali richieste, il giorno 19 febbraio il ministro comunicava al Parlamento la candidatura del dott. Zobbi, affermando che sulla proposta si era formato un presunto silenzio assenso delle Regioni interessate! Avuto notizia di cio', la Regione Emilia-Romagna con nota del 1 marzo 2002 (doc. 5) formalmente esprimeva il diniego dell'intesa sulla candidatura proposta e al tempo stesso reiterava la richiesta di incontro, finalizzato al conseguimento dell'intesa. Analogo comportamento teneva la Regione Toscana. Dal formale diniego dell'intesa e dalla nuova richiesta di incontro il ministro lasciava passare oltre cinquanta giorni senza nulla fare e senza assumere alcuna iniziativa volta a superare la situazione di stallo, dallo stesso provocata: ma il 22 aprile esso riteneva necessario e non piu' differibile" procedere alla nomina, come di seguito procedeva con l'atto impugnato. Non potrebbe risultare piu' evidente che, mentre le Regioni hanno adempiuto al dovere costituzionale di cooperazione con atti rivolti al risultato imposto dalla Costituzione e dalla legge, il ministro lo ha sistematicamente violato, tenendo un comportamento ostruzionistico esattamente contrario al suo dovere di verificare insieme con le Regioni le ragioni del dissenso sulla proposta e la possibilita' di soluzioni alternative su cui potesse formarsi, come richiesto dalle norme, il consenso sia del ministro che delle due Regioni interessate. Si sono sopra esposte le ragioni per le quali non e' fondata la tesi secondo cui la Costituzione e la legge attuativa non impongono in modo assoluto l'intesa, ma consentono al ministro la nomina quando essa si rivelasse impossibile: ma se anche lo fosse, risulta evidente nella vicenda che il ministro ha violato il suo dovere di cooperazione, intendendo la proposta come un atto imperativo cui soltanto prestare ossequio e non procedendo neppure ad un congiunto esame della questione. Risulta dunque palese che il provvedimento sarebbe in ogni caso stato assunto in violazione del principio di leale cooperazione tra Stato e Regioni: il che lo vizierebbe inesorabilmente. Di qui, in ogni modo, l'illegittimita' e arbitrarieta' costituzionale della nomina. 3. - In ulteriore subordine. Inammissibilita' costituzionale ed arbitrarieta' di un atto semplicemente ministeriale di superamento del contrasto. Come sopra esposto, non esiste nell'ordinamento alcuna norma attributiva del potere di nominare il presidente del Parco in assenza dell'intesa con le Regioni interessate. Non essendovi tale norme, qualunque atto di esercizio di un simile potere sarebbe illegittimo e incostituzionale. Tuttavia, risulta anche evidente che, se un simile potere potesse essere previsto, esso non potrebbe essere previsto semplicemente come potere ministeriale. In ogni caso, cioe', il conflitto tra il ministro e le Regioni interessate sull'individuazione del presidente non puo' concepirsi come conflitto risolvibile semplicemente con un atto imperativo con il quale il ministro impone la propria soluzione, perche' cio' contraddirebbe in ogni caso con la pari dignita' costituzionale degli interessi portati dalle Regioni interessate, con il principio di leale cooperazione, con lo stesso principio di buon andamento dell'amministrazione espresso dall'art. 97 Cost.: essendo evidente che il riconoscimento di un simile potere priverebbe il ministro di ogni reale interesse al raggiungimento dell'intesa. Non si comprenderebbe infatti per quale ragione il ministro dovrebbe confrontare la propria posizione con quella delle Regioni e per il raggiungimento dell'intesa essere disponibile a cedere qualcosa di essa, in un atteggiamento di reciproca cooperazione istituzionale, se potesse semplicemente con un gesto unilaterale imporre la propria volonta'. Ma e' al tempo stesso evidente che una simile ipotetica posizione di autorita' del ministro in relazione alle Regioni interessate contraddice il concetto stesso di cooperazione e di intesa. Se dunque si potesse immaginare una procedura amministrativa di superamento della mancata intesa, ed un corrispondente potere di nomina, bisognerebbe evidentemente immaginarlo in capo al Consiglio dei ministri, sulla base di una procedura contraddittoria, e non certamente come potere di "autotutela" del ministro. Fermo dunque che anche di tale potere del Consiglio dei ministri non vi e' traccia nell'ordinamento per il caso qui in questione, risulta evidente tuttavia che in ogni modo risulterebbe arbitrario ed illegittimo l'atto ministeriale qui impugnato. 4. - In ulteriore subordine. Assoluto difetto di motivazione sulle ragioni per cui non e' stato possibile raggiungere l'intesa. Il provvedimento di nomina qui contestato omette qualunque motivazione rivolto a spiegare: le ragioni per le quali non sia stato possibile convocare l'incontro richiesto dai presidenti delle Regioni Emilia-Romagna e Toscana; le ragioni per le quali dopo il primo marzo 2002, venuto a conoscenza del diniego dell'intesa, il ministro nulla abbia fatto per superare la posizione di stallo; le ragioni per le quali il ministro ritiene che l'unico possibile candidato alla posizione di presidente del Parco potesse essere il dott. Zobbi, ad esclusione di qualunque altra possibile soluzione. Per vero, la nomina omette persino di illustrare per quale ragione il dott. Zobbi fosse un buon candidato in assoluto: ma cio' che qui conta e' l'assoluto difetto di motivazione sulle ragione che hanno indotto il ministro a non prendere in alcuna considerazione le istanze delle Regioni. Risulta evidente, ad avviso della Regione, che non costituisce certo motivazione del provvedimento, sotto gli aspetti considerati, l'avere "ritenuto necessario e non piu' differibile procedere alla nomina del presidente dell'Ente parco nazionale ..., individuato nella persona del dott. Tarcisio Zobbi". Infatti, mentre il tempo intercorso senza che si raggiungesse l'intesa puo' essere imputato soltanto all'inerzia del ministro nell'adempiere agli essenziali doveri costituzionali di cooperazione, nessuna ragione e' allegata ne' di tale inerzia, ne' della presunta necessita' di individuare il titolare della funzione esattamente nel dott. Zobbi, nonostante l'opposizione delle Regioni interessate. Tali ragioni non vengono enunciate, ad avviso della ricorrente Regione, semplicemente perche' non esistono, mentre cio' che esiste e' soltanto la singolare pretesa del ministro che il requisito dell'intesa si traduca in una mera acquiescenza o obbedienza delle Regioni alle indicazioni e ai desideri del ministro stesso. E' evidente, pero', che tale non e' il senso costituzionale e normativo dell'intesa. Si e' gia' sopra osservato come in realta' l'intesa in questione sia corrispondente ad un concerto tra Ministri, o addirittura piu' forte di esso, data la diversa titolarita' costituzionale degli interessi; e come, inoltre, se pure fosse possibile un atto "sostitutivo" dell'intesa, questo non potrebbe certo essere compiuto dallo stesso ministro, ma dovrebbe essere compiuto quanto meno dal Consiglio dei ministri. Dunque se pure in denegata ipotesi si volesse ritenere che la mancanza di intesa possa essere supplita con un atto unilaterale, e che in aggiunta tale atto unilaterale possa essere compiuto dal ministro responsabile della mancata intesa, cio' non potrebbe certo accadere senza idonea motivazione sulle ragioni della mancata intesa e sul merito.