Ricorso, con istanza di sospensiva, per la Regione Molise, in persona del presidente in carica on. dott. Michele Iorio, rappresentata e difesa, per mandato a margine del presente atto ed in virtu' di deliberazione della giunta regionale n. 685 del 29 maggio 2002 dagli avv. Giovanni Di Giandomenico e Francesco Guicciardi presso il quale domicilia in Roma alla via Germanico n. 146. Contro, la Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente in carica; Per la dichiarazione che non spetta allo allo Stato, e per esso all'Agenzia per il demanio, adottare provvedimenti relativi alla gestione delle aree del demanio marittimo, ed in particolare adottare i provvedimenti del 4 settembre 2001, prot. n. 3883 e 3887, del 14 settembre 2001, prot. n. 3878, del 21 marzo 2002, prot. n. 2078, del 5 novembre 2001, prot. n. 6037 e del 19 marzo 2002, prot. n. 2010 rispettivamente a carico dei signori Giorgione Antonio, Benvenuto Antonio, De Fanis Nicola, Izzi Franca, D'Adderio Antonio, Marinaro Costantino, Di Lisa Laurentino, Di Palma Rosaria, Di Palma Lorenzo, Di Palme Maria Vincenza e Franco Antonio e, da ultimo, Manganese Carmela e Patierno Corrado con i quali la predetta agenzia ha intimato ai privati possessori di pagare le indennita' per abusiva occupazione e di rilasciare gli immobili da essi costruiti; Nonche' per l'annullamento degli atti medesimi. F a t t o Nei comuni molisani di Campomarino e Termoli esistono due aree, vicine al mare, edificate da gran tempo con l'assenso e l'attivita' promozionale di tutte le istituzioni, dallo Stato, alla Regione, al Comune. In particolare, nel comune di Campomarino esiste una vasta pianura confinante con il mare, della lunghezza di oltre 5 chilometri e della profondita' di un paio, che da tempo immemorabile era coltivata ad orti dai contadini del luogo, i quali avevano invece le proprie abitazioni sulla collina sovrastante. Gran parte di questa piana fu adibita dagli Alleati a campo di aviazione, durante la 2a guerra mondiale. Nel dopoguerra, invece, a partire dagli anni sessanta inizio' un impetuoso sviluppo turistico che vide realizzare su quella fascia una citta' di circa cinquantamila abitanti (con 10.000 appartamenti). L'abitato si sviluppo' regolarmente, sulla base di un Programma di Fabbricazione approvato nel 1973 dal Provveditore regionale alle opere pubbliche del Molise (organo periferico del Ministero LL.PP.), e con il rilascio delle rituali concessioni edilizie ai proprietari (privati ed imprese) da parte del comune. Il titolo di proprieta', che per molti era di natura derivativa per acquisti inter vivos, e per altri per acquisti mortis causa, non venne mai stato messo in discussione, anche perche', sia il vecchio catasto che il nuovo - del 1948 - portavano intestate le particelle al nome dei privati. La zona fu anche doviziosamente infrastrutturata, con opere di urbanizzazione primaria e secondaria, e con finanziamenti prima statali (Cassa per il mezzogiorno, Cassa depositi e prestiti) e poi regionali, attingendo anche ai fondi comunitari. Le imprese della regione impegnarono cospicui investimenti e molti appartamenti o villette vennero ceduti, in genere quali case per vacanze a privati, che provenivano dai centri vicini maggiori: Foggia, Campobasso, Benevento. Altre abitazioni, invece, fungono da normale residenza per i cittadini del comune. Inutile dire che nella zona sono presenti numerose infrastrutture turistiche: alberghi, ristoranti, locali ecc. Il tutto, si ripete, con la piu' completa e puntuale regolarita' urbanistica e con la dovuta approvazione, progetto per progetto, della Sovrintendenza dei beni ambientali. In parallelo, si e' sviluppata la vicenda della quasi finitima localita' "Marinelle" nel comune di Termoli. La zona interessata qui e' di dimensioni piu' ridotte, lunga circa un chilometro e larga da qualche decina a qualche centinaio di metri. In sostanza, una lingua di terra a ridosso della spiaggia e fino al costone che sorregge - fra l'altro - la ferrovia adriatica. In essa si e' sviluppata un'edilizia residenziale che ha portato a costruire degli alloggi per circa un migliaio di persone. Sotto il profilo urbanistico, il comune ha varato, e la Regione approvato, un piano di recupero; gli stabili o sono stati costruiti a seguito di concessione edilizia o sono stati regolarizzati con licenza a sanatoria. Anche in questa localita' sono state realizzate numerose opere di urbanizzazione e vengono riscossi i tributi diretti sugli immobili, sia da parte dello Stato che da parte del Comune. Negli ultimi venti anni, pero', soprattutto su iniziativa dell'Autorita' marittima sono stati sporadicamente avanzati dei tentativi per reclamare la zona al demanio marittimo: cosi' vi sono stati alcuni episodi di denunce penali ai sensi dell'art. 1161 cod. nav., denunce in genere conclusesi con l'assoluzione degli imputati. L'argomento portato sempre avanti dall'amministrazione marittima e' stato che le zone, ancorche' non piu' idonee ai pubblici usi del mare, debbono intendersi ancora appartenenti al demanio marittimo, in virtu' di una delimitazione effettuata nel 1902 nel comune di Campomarino e nel 1912 nel comune di Termoli. Per porre, pero', fine ad una situazione di incertezza che derivava da queste iniziative e che comportava, tra l'altro, il blocco di ulteriori attivita' costruttive ed anche degli atti di vendita da parte dei notai, sono state intraprese presso il Tribunale di Campobasso delle azioni giudiziarie volte a contestare la qualifica di demanialita' marittima alle riferite zone. In particolare, le azioni sono state promosse dal comune di Campomarino, per il suo territorio comunale, e dai singoli proprietari di Marinelle di Termoli, per i rispettivi immobili. Gli argomenti di detti attori, nelle azioni promosse di accertamento negativo, si riferiscono alla constatazione che le pretese linee di delimitazione effettuate ai principi del secolo XX non possono avere nessun rilievo giuridico, in quanto eseguite operativamente solo da alcuni agenti demaniali, ma non approvate da nessun atto formale dell'Autorita' competente. In sostanza, vi furono dei comportamenti materiali a cui non seguirono mai i necessari provvedimenti amministrativi, richiesti anche dalla legislazione dell'epoca. Non presentandosi, d'altronde, la demanialita' quale requisito naturale dei luoghi alla stregua degli artt. 822 cod. civ. e 28 cod. nav., in quanto i territori in questione sono da molto tempo - talvolta ab immemorabile - inidonei ai pubblici usi del mare, ne consegue che in nessun modo quei territori possono essere ricompresi nel demanio marittimo. Aggiungono, inoltre, gli attori che, ove mai fosse da considerare vero il contrario, vi sarebbero responsabilita' gravissime dello Stato e delle altre pubbliche istituzioni che per circa un secolo hanno avallato pacificamente ed anzi promosso tale situazione, e che solo dopo cento anni si ricordano di reclamare la demanialita', con l'incameramento anche delle costruzioni realizzate dai privati. I giudizi sono in corso. Ma, inopinatamente e sorprendentemente, da qualche giorno stanno pervenendo ai privati interessati delle intimazioni da parte dell'agenzia per il demanio - subentrata per la gestione al Ministero delle finanze - che richiedono il pagamento di somme ingentissime dovute per occupazioni abusive, negli ultimi 30 anni, non solo dei terreni demaniali, ma anche degli immobili costruiti dai privati stessi e che ne reclamano il rilascio immediato. Le destinazioni di tali immobili sono in parte residenziali, in parte turistico-ricreative (alberghi, stabilimenti balneari ecc.). Dette intimazioni non hanno neppure considerato l'esistenza delle cause in corso e rischiano di far esplodere una gravissima tensione sociale, sia per l'entita' delle persone coinvolte, sia per le modalita' con cui tutta la vicenda si e' sviluppata per oltre un secolo. Altre intimazioni, viceversa, riguardano degli immobili effettivamente costruiti su suoli demaniali, in assenza di regolare concessione, ma riguardanti casi in cui non e' in questione la regolarita' urbanistica e che, peraltro, sono stati tollerati per lunghi e numerosi decenni, senza che i possessori fossero minimamente infastiditi. Ora e' intenzione di questa Regione e degli enti locali interessati regolarizzare tutte queste situazioni, nel pieno rispetto dell'ordinamento giuridico, sia attendendo il responso del tribunale civile circa la demanialita' delle aree, sia procedendo al rilascio dei necessari atti concessori, in piena rispondenza con gli strumenti urbanistici adottati anch'essi con il parere favorevole della sovrintendenza dei beni ambientali. L'iniziativa assunta dall'agenzia del demanio, viceversa, venendo oltretutto dopo un secolo di inerzia, rischia solo di provocare lacerazioni sociali insopportabili e gravissimi danni economici all'economia della zona. Essa, d'altronde, invade palesemente le competenze regionali e locali, cosi' come fissate nei piu' recenti testi legislativi e costituzionali di federalismo solidale. Viola, d'altronde, anche le attribuzioni patrimoniali della Regione, per la richiesta di indennizzo da parificare ai canoni, che spettano invece ad essa, quanto meno a far data dal conferimento dei poteri. Gli atti medesimi, pertanto, vanno annullati, previa sospensiva, per le seguenti considerazioni di D i r i t t o 1). - Violazione degli artt. 117 e 118 della costituzione anche in relazione all'art. 59 decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, art. 7 decreto del Presidente della Repubblica 59/1997 e artt. 7 e 105, comma 2, lettera l), d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 e art. 43 legge regionale Molise n. 34 del 29 settembre 1999. Carenza di attribuzione e di competenza. I - Gia' l'art. 59 del decreto del Presidente della Repubblica 616/1977 "delegava" alle regioni "le funzioni amministrative sul litorale marittimo, sulle aree demaniali immediatamente prospicienti, ... quando l'utilizzazione prevista abbia finalita' turistiche e ricreative". Da tale delega erano escluse solamente "le funzioni esercitate dagli organi dello Stato in materia di navigazione marittima, di sicurezza nazionale e di politica doganale". Il secondo comma, poi, aggiungeva che "la delega non si applica ai porti ed alle aree di preminente interesse nazionale", da individuare con d.P.C.m. Come e' noto, mancando appunto tale ultimo atto, la delega non venne mai ritenuta operativa, se non dal 10 gennaio 1996, essendo il d.P.C.m. intervenuto solamente il 21 dicembre 1995. Le aree in questione non sono ricomprese nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Successivamente, l'art. 105 del d.lgs. n. 112/1998 ha disposto il "conferimento" delle funzioni relative "al rilascio di concessioni di beni del demanio, della navigazione interna, del demanio marittimo e di zone del mare territoriale per finalita' diverse da quelle di approvvigionamento di fonti di energia" ad esclusione, sempre, dei porti e beni delle aree di interesse nazionale. Tale conferimento, peraltro, e' stato esteso anche ai porti di interesse regionale ed interregionale a far data dal 1 gennaio 2002 dalla legge 16 marzo 2001 n. 88, art. 9. Con l'art. 42 d.lgs. n. 96, i medesimi poteri sono stati attribuiti ai comuni, nelle Regioni prive delle leggi di attuazione del d.lgs. n. 112/1998. In relazione a tale ultima legge, la Regione Molise ha emanato una propria legge regionale, la n. 34 del 1999, che all'art. 43 ha riservato alla Regione stessa la competenza sul demanio marittimo disponendo all'art. 54, che "restano" alla Regione "le funzioni amministrative che attengono il demanio marittimo per finalita' turistico-ricreative". Di conseguenza, anche ai sensi del decreto-legge n. 400/1993 e cosi' come convertito nella legge n. 494/1993, art. 6, comma 3, ha approvato il Piano regionale di utilizzazione delle aree del demanio marittimo a scopo turistico-ricreativo pubblicato sul B.U.R.M., supplemento straordinario n. 2 del 15 settembre 2001. Viceversa, con l'art. 65 del d.lgs. 30 luglio 1999, n. 300, si e' disposto che "all'Agenzia del demanio e' attribuita l'amministrazione dei beni immobili dello Stato". II - Richiamata la normativa di riferimento, c'e' da dire, innanzi tutto, che la competenza regionale in materia sembra essere chiara, sia perche' esercitata direttamente (come per l'utilizzo turistico-ricreativo) sia perche', anche se al momento viene esercitata in concreto dai comuni (come per quello residenziale o portuale, in virtu' del d.lgs. n. 96/1999), essa rimane sempre nella potesta' legislativa regionale che potrebbe disporne in ogni momento (art. l d.lgs. n. 96/1999). Occorre poi precisare quali sono, ora, i poteri conferiti alle Regioni. A prima vista potrebbe apparire che essi continuano a riferirsi a tutte le "funzioni turistico-ricreative" relative al demanio turistico-ricreativo, cosi' come disposto dall'art. 59 decreto del Presidente della Repubblica n. 616/1977, mentre riguardano solo il "rilascio delle concessioni" per il demanio di utilizzo diverso, cosi' come si esprime l'art. 105 d.lgs. n. 112/1998. Non potrebbe, infatti, neppure pensarsi che la seconda norma, piu' estensiva della prima per l'oggetto (riguarda "tutto" il demanio e non solo una parte di esso) avrebbe ridisegnato in senso piu' restrittivo l'ambito dei poteri conferiti dalla prima a quello turistico-alberghiero, in virtu' del principio della successione delle leggi nel tempo. Al proposito, si esprime chiaramente l'art. 1, comma 4, d.lgs. n. 112/1998: "In nessun caso le norme del presente decreto legislativo possono essere interpretate nel senso della attribuzione allo Stato, alle sue amministrazioni o ad enti pubblici, di funzioni e compiti trasferiti o delegati o comunque attribuiti alla regione, agli enti locali e alle autonomie funzionali dalle disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo". Viceversa, e' da ritenere che e' la seconda normativa che deve essere intesa in senso piu' estensivo, non limitandosi il procedimento ermeneutico solo al significato letterale delle parole. Innanzi tutto, sembra evidente che il riferimento debba essere inteso a tutte le materie delle concessioni, e non alla sola fase del "rilascio". Pertanto, anche le vicende successive debbono essere ricomprese nella dizione, e quindi anche il rinnovo, l'annullamento, la revoca, la decadenza, e cosi' via. Ma, piu' comprensivamente, deve ritenersi che l'espressione del legislatore del '98 debba essere intesa quale sineddoche di quella del legislatore del '77, e cioe' che il conferimento riguardi non solo le specifiche funzioni relative alle concessioni del demanio marittimo, ma a tutte le funzioni amministrative ad esso riferentesi, anche per il demanio ad utilizzo non turistico ricreativo. Altrimenti divisando, avremmo una disparita' di trattamento sul demanio a seconda del suo utilizzo (p. es.: residenziale o turistico) il cui criterio discretivo non potrebbe che appartenere a chi ha la funzione urbanistica primaria, e cioe' alla Regione stessa. In altri termini, a seconda delle decisioni regionali di estendere o meno l'utilizzo di un tipo o di un altro, o viceversa, avremmo una disparita' di funzioni sullo stesso bene, e magari con una diversa successione nel tempo, che si riflette sui poteri di amministrazione. In secondo luogo, una interpretazione siffatta si scontrerebbe con altri principi fissati dall'art. 4 legge n. 59/1997, e cioe' la legge-delega di base, quali quello - fondamentale - per cui restano allo Stato solo le funzioni espressamente indicate (comma 2) e quelli di completezza (comma 3, lett. b)) di unicita' dell'amministrazione (comma 3, lett. a)) e di omogeneita' (lett. f)). In terzo luogo, la materia deve ora riguardarsi anche sotto il profilo del principio di sussidiarieta', introdotto dal nuovo art. 118 della Costituzione. Ma la considerazione decisiva scaturisce dall'esame del nuovo assetto costituzionale della ielativa materia, conseguente alle modifiche al titolo V della parte II della Costituzione. Va in proposito evidenziata la diversa impostazione istituzionale dello Stato che deriva gia' dalla nuova formulazione dell'art. 114 della Costituzione. Infatti, mentre nel precedente testo vi era una implicita identita' tra la Repubblica e lo Stato, nella nuova formulazione lo Stato diviene una "componente" della Repubblica, a fianco di Comuni, Province, citta' metropolitane e Regioni. Inoltre si afferma che comuni, province, citta' metropolitane e regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione. A sua volta gli art. 117 e 118 Costituzione appaiono riformulati in modo da ribaltare l'equilibrio di attribuzioni tra Stato e Regioni. Nella precedente stesura l'art. 117 indicava le materie in cui vi era un potere legislativo regionale, mentre nell'attuale formulazione vengono individuate tassativamente le materie riservate all'esclusiva legislazione dello Stato e fra di esse non compare, come tale, il settore dei beni demaniali, mentre esso non e' neppure indicato tra quelli di legislazione concorrente tra Stato e Regioni. E' poi espressamente stabilito al quarto comma che "in ogni altra materia non prevista tra quelle a legislazione esclusiva dello Stato la potesta' regolamentare spetta alle Regioni". Appare anche significativo che mentre la precedente formulazione dell'art. 119, quarto comma Cost. menziona un demanio regionale, in implicita contrapposizione con il demanio statale, questa menzione sia scomparsa nella nuova formulazione dell'art. 119, che non intende certo diminuire le prerogative regionali, ove si dice semplicemente che "i comuni, le province, le citta' metropolitane e le regioni hanno un proprio patrimonio attribuito secondo i principi generali determinati dalla legge dello Stato". Deve implicitamente ritenersi che l'equiparazione tra Stato ed altri Enti territoriali ha implicato la cessazione della nozione privilegiata di demanio statale, come contrapposta al demanio regionale e degli altri enti territoriali, per sostituirla con quella di beni di enti territoriali di diverso livello (Stato, Regioni, Province, comuni e citta' metropolitane) adibiti secondo le modalita' indicate dalle singole leggi a soddisfare determinati interessi pubblici e soggetti quindi, con stretta inerenza al perseguimento di quegli interessi, alla disciplina pubblicistica propria dei beni demaniali. D'altro canto gia' il d.lgs. n. 112/1998 aveva determinato ampi trasferimenti di beni demaniali statali agli altri enti pubblici territoriali. Se ne deve concludere che il settore del demanio pubblico, cioe' di quei beni che servono al raggiungimento dei fini pubblici soddistacendo in modo diretto i piu importanti bisogni della generalita' e' nel nuovo assetto costituzionale ripartito tra lo Stato, le Regioni e gli altri enti pubblici territoriali sulla base delle attribuzioni delle relative funzioni e la conclusione ovvia e' che non e' conseguentemente concepibile la proprieta' del bene demaniale distinta dal perseguimento delle relative funzioni. Allo Stato competono certamente quei beni demaniali attinenti a funzioni rimaste nella sfera di legislazione esclusiva dello Stato (v. art. 117 comma 2, lett. d), lett. g), lett. q), lett. s) Cost.), mentre per quanto riguarda il demanio marittimo esso non e' compreso tra le materie di esclusiva legislazione statale, ma ad esso l'art. 117, terzo comma Cost. fa riferimento tra le materie di legislazione concorrente solo per quanto riguarda i porti e sembra quindi inevitabile la conclusione che per il resto si tratti di materia interamente trasferita alle Regioni, come si e' sopra evidenziato, alle quali va ritenuto conseguentemente competere la proprieta' dei relativi beni demaniali. III - Cio' posto, veniamo ora ai provvedimenti qui impugnati che contengono, come ricordato, sia un ordinanza di sgombero sia una richiesta di pagamento di indennizzo per immobili demaniali destinati a volte ad uso turistico ricreativo, a volte ad uso residenziale. Per quanto riguarda le ordinanze di sgombero non par dubbio che esse ricadano nelle attribuzioni ora conferite alle Regioni dal decreto del Presidente della Repubblica n. 616/1977, rientrando anch'esse tra le "funzioni amministrative" allora delegate (ed ora conferite ai sensi dell'art. 118 Cost.); ma, ugualmente, esse ricadono nella potesta' legislativa regionale ai sensi del d.lgs. n. 112/1998, non solo per la precedente estensiva lettura che di esso si e' data, ma anche per quanto testualmente disposto dal comma 2 dell'art. 1 dello stesso d.lgs. n. 112 che recita: "Salvo diversa espressa disposizione del presente decreto legislativo, il conferimento comprende anche le funzioni di organizzazione e le attivita' connesse e strumentali all'esercizio delle funzioni e dei compiti conferiti, quali fra gli altri quelli di programmazione, di vigilanza, di accesso al credito, di polizia amministrativa, nonche' l'adozione di provvedimenti contingibili ed urgenti previsti dalla legge". Ora non c'e' dubbio che tali ordinanze siano strumentali all'esercizio della funzione concessoria, oltre che attinenti la sua organizzazione; che riguardano comunque funzioni di polizia amministrativa e che, nelle particolari circostanze di fatto, possono considerarsi come provvedimenti contingibili ed urgenti. Piu' complessa, viceversa, appare la questione dell'indennita' per abusiva occupazione, parificata ai canoni concessori. Per essa sembrano doversi distinguere tre aspetti: quello relativo all'appartenenza o alla percezione del canone stesso (o nell'indennita), e cioe' chi deve essere il beneficiario finale del corrispettivo del godimento del bene demaniale; quello relativo alla sua determinazione, posto che oggi esso e' annoverato fra le entrate patrimoniali e non fra quelle tributarie; e quello relativo alla gestione della sua riscossione. Sotto i primi due aspetti, e cioe' sull'appartenenza del corrispettivo e sulla sua determinazione, non ignora il ricorrente l'esistenza di una contraria giurisprudenza proprio di codesta ecc.ma Alta Corte, che con la sua sentenza n. 343 del 21 luglio 1995 ha stabilito che spetta allo Stato e non alla Regione la determinazione e la percezione del canone di concessione relativo ai beni del demanio marittimo, poiche' il canone demaniale segue la titolarita' dominicale del bene, la quale rimarrebbe allo Stato. Ci si permetta, tuttavia, di rilevare che il principio dianzi esposto non appare oggi piu' appagante, non solo sotto il profilo logico, ma anche sotto quello sistematico e operativo. Infatti la valutazione giuridica e' oggi da riconsiderare alla luce delle modifiche intervenute al titolo V della parte II della Costituzione, di cui sopra si e' accennato, che muovono dal nuovo principio costituzionale della distinzione tra Repubblica e Stato e della ripartizione di funzioni tra Stato, Regioni, Province e comuni su base paritaria, che presuppone un superamento dello stesso concetto di demanio statale, come contrapposto al demanio regionale, per sostituirlo con quello di inerenza dei beni che per loro natura soddisfano a pubblici bisogni in capo all'ente in cui la relativa funzione e' incardinata, che nel caso del demanio marittimo deve riconoscersi essere la Regione, come sopra evidenziato, a cui e' conseguentemente attribuita la relativa proprieta'. Pertanto l'art. 822 primo comma cod. civ. non appare essere piu in linea con l'attuale disciplina del titolo V, II parte della Costituzione, nel punto in cui sancisce l'appartenenza allo Stato dei beni del demanio marittimo. Questa conclusione risulta avvalorata anche dalle seguenti considerazioni. Infatti, secondo un'antica e consolidata dottrina tali beni sono imputabili essenzialmente alla collettivita' rimanendo lo Stato - persona quale ente gestore degli stessi e non rientrando tale appartenenza, negli schemi dogmatici generali del diritto di proprieta'. Ne deriva che, rimanendo pur sempre la collettivita' titolare di questa appartenenza, il trasferimento della gestione dei beni comporta anche lo spostamento dell'imputazione formale al nuovo ente esponenziale titolare della gestione. In sostanza, ed in termini dogmatici, si puo' affermare che l'appartenenza (che e' tratto fondamentale della proprieta', sia pure pubblica ai sensi dell'art. 42 Cost.) deve consistere pur sempre, per non rimanere un mero flatus vocis, in una situazione giuridica soggettiva, e dunque in un potere attribuito dall'ordinamento per il perseguimento di un interesse protetto: se manca il potere, sia pure minimo, manca la situazione giuridica. E, dunque, nella specie, l'appartenenza. Inoltre, il canone deve essere visto quale corrispettivo non solo dell'imputazione formale della titolarita', ma anche e soprattutto dell'attivita' gestoria, di conservazione, di amministrazione e di tutela, che oggi viene svolta dalla Regione. Sotto questo aspetto, esso e' certamente connesso e strumentale alla concessione. Dunque, per lo stesso principio prima richiamato dall'art. 1, comma 2, d.lgs. n. 112/1998, esso deve essere percepito dall'ente titolare delle funzioni amministrative corrispondenti. Ma, soprattutto, il trasferimento delle funzioni non e' piu' immaginabile senza il corrispondente trasferimento delle risorse, alla stregua dei principi posti dall'art. 7 legge n. 59/1997 e dall'art, 7 del successivo d.lgs. n. 112/1998. Certo, qui tacciono i decreti ministeriali di trasferimento. Ma essi sono necessari quando bisogna trasferire beni particolari e quote erariali individuate. Proprio percio', nella materia, non sono stati emanati: poiche' nelle funzioni trasferite bisogna ricomprendere anche il corrispettivo versato dal terzo, e cioe' dal concessionario. Lo stesso ragionamento vale, a fortiori, per la determinazione del canone stesso. Anzi, per essa puo' aggiungersi che debba essere riguardata anche sotto i cennati principi di residualita', completezza, ed unicita' dell'amministrazione, di cui all'art. 4 legge n. 59/1997, che esprimono compiutamente il canone fondamentale fissato dallo stesso art. 97 Cost. del buon andamento della amministrazione. Separare, invero, l'esercizio della funzione amministrativa generale di pertinenza regionale dal procedimento di determinazione ed applicazione del canone concessorio per l'utilizzazione delle aree sulle quali, e' attribuita ex lege quella stessa funzione, equivale a rendere "monca" l'attuazione di detta funzione. Infatti, la politica di gestione e la disciplina di quelle aree sono di competenza regionale; la loro classificazione, anche ai fini della valenza turistica, e' effettuata dalla Regione; l'articolazione della misura dei canoni e' intimamente correlata a tali classificazioni; il piano di utilizzazione delle aree suddette e' predisposto ed approvatodalla Regione; le autorizzazioni per il piu' proficuo esercizio della concessione, per la diversificazione degli scopi, per l'affidamento ad altri delle attivita' oggetto della concessione sono tutte di esclusiva competenza regionale; ed ancora: la delimitazione delle aree assentibili in concessione, la consistenza e l'entita' degli impianti turistici, la destinazione delle concessioni stesse anche in rapporto alle tabelle merceologiche autorizzate e, soprattutto, la durata delle singole concessioni, sono di competenza regionale. Ed allora, come sia possibile scindere le due funzioni non e' dato comprendere: lo Stato determinerebbe, applicherebbe e percepirebbe il canone di concessione, mentre tutte le componenti, che inevitabilmente condizionano detto canone, sarebbero valutate e considerate dalla Regione. Vi e', dunque, qualcosa che sfugge alla logica ed al ragionevole esercizio della funzione conferita. Non puo' inoltre sottacersi che il canone ha natura di "corrispettivo" e che, percio', non puo' essere disgiunto dal rapporto concessorio e dalla posizione concedente - concessionario che e' di spettanza regionale. Dunque, il concessionario chiede ed ottiene di trarre uno speciale vantaggio dal bene demaniale, che gli e' concesso dalla Regione con uno specifico atto contenente, tra le altre condizioni e clausole, sia l'obbligo del pagamento del canone, sia la sua quantificazione, nonche' l'entita' della cauzione, ecc. In conclusione il canone non dovrebbe essere correlato solo alla demanialita' del bene concesso ma deve essergli riconosciuta la natura di corrispettivo della concessione demaniale marittima dalla stessa Regione rilasciata o rinnovata sul proprio territorio, e che, percio', non puo' essere disgiunta dal rapporto concessorio e dalla posizione concedente - concessionario, che dovrebbe ritenersi di spettanza regionale. Deve ancora aggiungersi che, nel caso di specie, trattasi non della riscossione del canone, ma di una pretesa risarcitoria circa un godimento di un bene che si ipotizza abusivamente occupato. La fattispecie che si presenta, dunque, richiede una serie di valutazioni sia di fatto che giuridiche che non possono che appartenere all'ambito delle "funzioni amministrative" conferite: come la data dell'insediamento, la problematica circa l'applicabilita' degli artt. 49 (devoluzione delle opere non amovibili) e 54 (occupazioni e innovazioni abusive), cod. nav., anziche' l'art. 936 (opere fatte da un terzo con materiali propri) del codice civile, la prescrizione quinquennale ecc. Tutte attivita' e valutazioni che non possono che concernere l'amministrazione dei beni. Sotto il terzo profilo, infine, e cioe' circa le attivita' di riscossione dei canoni o dell'indennizzo, non pare dubbio che essa si concreti in un esercizio di gestione che deve ormai essere riferito all'ente cui sono state conferite le funzioni amministrative, almeno a far data dal trasferimento delle funzioni. Istanza di sospensiva L'esecuzione degli impugnati provvedimenti, prima della definizione dell'Autorita' Giudiziaria competente dei giudizi circa la demanialita' delle aree interessate, puo' dar luogo a fenomeni di forte tensione sociale, tenuto conto del numero dei casi possibili di uguale trattamento, ammontante a circa diecimila, della gravita' delle conseguenze relative al rilascio di immobili e di costruzioni, molte delle quali adibite a residenze abituali delle famiglie. Si chiede, pertanto, a norma dell'art. 40 legge 11 marzo 1953, n. 87, che codesta Ecc.ma Alta Corte voglia disporre, con ordinanza motivata, la sospensione per gravi ragioni dell'esecuzione degli atti impugnati, almeno limitatamente all'ordine di rilascio.