ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 58-quater comma
2,   della  legge  26 luglio  1975,  n. 354  (Norme  sull'ordinamento
penitenziario  e  sull'esecuzione delle misure privative e limitative
della   liberta),   promosso,   nell'ambito  di  un  procedimento  di
sorveglianza,  dal Tribunale di sorveglianza di Venezia con ordinanza
del  2 ottobre 2001, iscritta al n. 972 del registro ordinanze 2001 e
pubblicata  nella  Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, 1a serie
speciale, dell'anno 2002.
    Visto l'atto di costituzione della parte privata nel procedimento
a quo;
    Udito   nell'udienza  pubblica  del  21 maggio  2002  il  giudice
relatore Guido Neppi Modona;
    Udito l'avvocato Annamaria Alborghetti per la parte privata.
    Ritenuto   che   il  Tribunale  di  sorveglianza  di  Venezia  ha
sollevato,  in  riferimento  agli  artt. 3,  primo comma, e 27, terzo
comma,  della  Costituzione, questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 58-quater  comma  2,  della  legge  26 luglio  1975, n. 354
(Norme  sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure
privative e limitative della liberta), "nella parte in cui estende il
divieto di concessione dei benefici penitenziari a tutti i condannati
nei  cui  confronti  e'  stata  disposta  la  revoca  di  una  misura
alternativa,  anziche'  limitare  tale divieto ai soli condannati per
uno  dei  delitti  previsti  nel comma 1 dell'art. 4-bis della stessa
legge";
        che il giudice a quo premette di essere investito del reclamo
avverso  il provvedimento del magistrato di sorveglianza con il quale
era  stata  dichiarata inammissibile l'istanza di un condannato volta
alla    concessione    di   un   permesso   premio   ex   art. 30-ter
dell'ordinamento   penitenziario,   preclusa   dai   commi   2   e  3
dell'art. 58-quater  in  quanto  non  erano ancora trascorsi tre anni
dalla    revoca    della    semiliberta'   disposta   nei   confronti
dell'interessato;
        che  il  rimettente ritiene che il divieto di concessione del
lavoro all'esterno, dei permessi premio, dell'affidamento in prova al
servizio  sociale  nei  casi  previsti  dall'art. 47 dell'ordinamento
penitenziario,  della  detenzione  domiciliare e della semiliberta' -
stabilito   dal   comma   1  dell'art. 58-quater  nei  confronti  dei
condannati  per  uno dei delitti previsti nel comma 1 dell'art. 4-bis
del  medesimo  ordinamento  che  hanno  posto  in essere una condotta
punibile  a  norma  dell'art. 385  del codice penale - operi, ove sia
stata  disposta  la  revoca  di una misura alternativa ai sensi degli
artt. 47,   comma   11,   47-ter   comma   6,   o  51,  primo  comma,
dell'ordinamento  penitenziario,  nei  confronti  dei  condannati per
qualsiasi delitto;
        che,  quanto  alla  rilevanza,  il giudice a quo precisa che,
"ove  la norma censurata non fosse riferibile anche ai condannati per
delitti  diversi  da quelli indicati nel primo comma dell'art. 4-bis"
l'istanza   volta   alla  concessione  del  permesso  premio  sarebbe
ammissibile, salvo la valutazione nel merito della stessa;
        che, in ordine alla non manifesta infondatezza, il rimettente
espone  le  ragioni  per  le quali ritiene che la norma censurata non
possa  essere  riferita  ai  soli  condannati per i delitti di cui al
comma   1  dell'art. 4-bis  rilevando  che  l'interpretazione  a  cui
aderisce e' largamente condivisa dalla giurisprudenza di legittimita'
e di merito;
        che,  esclusa  la  possibilita'  di  poter  pervenire  ad una
interpretazione  adeguatrice tale da superare i dubbi di legittimita'
costituzionale,  ad  avviso del rimettente la disciplina censurata si
porrebbe  in  contrasto:  con  l'art. 3 Cost., in quanto, operando il
divieto contenuto nel comma 2 dell'art. 58-quater nei confronti della
generalita'   dei   condannati   "indipendentemente   dal   reato  in
esecuzione"  per  il  solo fatto che sia stata disposta la revoca dei
benefici  dell'affidamento  in  prova, della detenzione domiciliare e
della  semiliberta',  verrebbero assimilate situazioni eterogenee, in
violazione  del  principio secondo cui a fronte di casi che esprimono
diverse  esigenze  il  legislatore  non  puo'  dettare una disciplina
uniforme, tanto piu' quando si incide "su valori costituzionali, come
la  liberta'  personale  e  la  funzione  rieducativa della pena" con
l'art. 3  Cost.,  sotto il profilo della ragionevolezza, in quanto il
divieto  di  concessione  dei  benefici stabilito nell'art. 58-quater
comma  2,  contraddice irragionevolmente il sistema di divieti basato
sulla  tipizzazione  per  titoli  di  reato che ispira tutte le altre
ipotesi  disciplinate  dall'art. 58-quater pregiudicando la finalita'
rieducativa  della  pena in tutti i casi in cui, per la lieve entita'
del fatto sanzionato, non sussistono esigenze di prevenzione generale
e  di  tutela della sicurezza collettiva, con l'art. 27, terzo comma,
Cost.,  in quanto la "assoluta rigidita'" della disciplina censurata,
che  impone  al magistrato di sorveglianza, senza consentirgli alcuna
valutazione,  di  dichiarare  inammissibile l'istanza qualora accerti
che nel triennio precedente e' stata revocata una misura alternativa,
indipendentemente  dalla condotta che e' alla base del provvedimento,
preclude  l'accesso  anche a misure diverse da quella per la quale e'
stata  disposta  la  revoca,  e  si  traduce  per i condannati a pene
detentive   brevi  nella  impossibilita'  di  fruire  nuovamente  dei
benefici;
        che ad avviso del rimettente il divieto dovrebbe operare solo
nei  confronti  dei  condannati  per  i  delitti  di  cui  al comma 1
dell'art. 4-bis  per i quali "il meccanismo dell'art. 58-quater comma
2,  non  potrebbe  dirsi incostituzionale, perche' esso si innesta su
una valutazione compiuta direttamente dal legislatore con riguardo ad
una   tipologia   determinata   di  reati  precisamente  individuati,
valutazione  che  la  stessa Corte costituzionale non ha mai ritenuto
illegittima";
        che  nel  giudizio  si  e'  costituita  la  parte privata nel
procedimento  a  quo,  rappresentata  e  difesa  dall'avv.  Annamaria
Alborghetti,  chiedendo  l'accoglimento della questione sollevata, o,
in alternativa, un rigetto interpretativo;
        che  la parte privata, sviluppando le censure prospettate dal
rimettente,  rileva in particolare, con riferimento all'art. 3 Cost.,
che  la  norma  censurata parifica, quanto a presupposti e durata, il
divieto   di   concessione  dei  benefici  rispetto  a  categorie  di
condannati del tutto eterogenee, irragionevolmente derogando, proprio
a  sfavore  di  soggetti  condannati  per  reati espressivi di minore
disvalore  sociale,  alla  logica del "doppio binario", che e' invece
alla   base   della   scelta   legislativa  di  prevedere  un  regime
differenziato di esecuzione della pena nei onfronti di condannati per
i delitti previsti nel comma 1 dell'art. 4-bis;
        che,  con  riferimento  all'art. 27  Cost., la parte privata,
richiamandosi a numerose decisioni della Corte costituzionale, rileva
che  il divieto sancito nel comma 2 dell'art. 58-quater si traduce in
una   "presunzione  assoluta  triennale  di  non  rieducabilita'"  in
contrasto con il principio della finalita' rieducativa della pena;
        che,  infine,  quanto  al  presupposto  interpretativo da cui
muove il rimettente circa l'applicabilita' della norma censurata alla
generalita' dei condannati, la parte privata - premesso che non si e'
formato  un  diritto  vivente  nel senso indicato dal giudice a quo -
rileva,  sulla  base  di  argomentazioni  di  carattere  letterale  e
sistematico e dell'iter parlamentare relativo all'art. 58-quater come
non   sia   preclusa   una  interpretazione  adeguatrice  conforme  a
Costituzione;
        che  nella  pubblica udienza il difensore della parte privata
ha  insistito  per l'accoglimento della questione, precisando che per
rendere  conforme  a  Costituzione  la  disciplina  censurata sarebbe
sufficiente  attribuire  al  magistrato  di sorveglianza il potere di
operare  una  valutazione  in  concreto, eliminando l'automatismo del
divieto  di  concessione  delle  misure  alternative  in ogni caso di
revoca di precedente misura.
    Considerato   che   il   rimettente   dubita  della  legittimita'
costituzionale  dell'art. 58-quater  comma  2,  della legge 26 luglio
1975,  n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione
delle  misure  privative  e limitative della liberta), nella parte in
cui  prevede  che il divieto di concessione dei benefici penitenziari
di  cui  al comma 1 si applica a tutti i condannati nei cui confronti
sia stata disposta la revoca di una misura alternativa ai sensi degli
artt. 47,   comma   11,   47-ter   comma   6,   o  51,  primo  comma,
dell'ordinamento  penitenziario,  anziche' ai soli condannati per uno
dei   delitti   indicati   dall'art. 4-bis   comma  1,  del  medesimo
ordinamento;
        che  la disciplina censurata si porrebbe in contrasto con gli
artt. 3,  primo  comma,  e  27,  terzo  comma, della Costituzione, in
quanto  il divieto triennale di concessione dei benefici penitenziari
previsto dai commi 2 e 3 dell'art. 58-quater si applica ai condannati
per  qualsiasi  reato,  in  contrasto  con  la logica che sorregge il
sistema  delle  altre  ipotesi di divieto di concessione delle misure
previste  dalla  norma  in  esame, basata sulla individuazione, quale
presupposto  della disciplina impeditiva, di determinate categorie di
reati   di   particolare  gravita',  ed  opera  in  via  assoluta  ed
automatica, a prescindere dalla condotta che ha determinato la revoca
della    misura    alternativa    e   dal   beneficio   penitenziario
successivamente richiesto;
        che  il  rimettente  chiede a questa Corte una pronuncia che,
alla  stregua  di  quanto  previsto  nel  comma 1 dell'art. 58-quater
circoscriva  la sfera di applicazione del divieto stabilito nel comma
2  ai  condannati  per  i  reati  previsti  dall'art. 4-bis  comma 1,
dell'ordinamento  penitenziario, in quanto solo nei confronti di tali
soggetti  il divieto troverebbe ragione nella scelta, gia' operata in
via   generale   dal   legislatore,   di   prevedere  una  disciplina
differenziata  di  concessione  e  revoca dei benefici in relazione a
determinate categorie di reati;
        che,  nei  termini  in  cui  e' posta, la questione, volta ad
ottenere  una  radicale trasformazione della disciplina censurata, e'
manifestamente infondata;
        che  diversi  sono infatti i presupposti cui e' collegato nel
comma  1  e nel comma 2 dell'art. 58-quater il divieto di concessione
del  lavoro  all'esterno,  dei  permessi  premio, dell'affidamento in
prova  al  servizio  sociale,  della  detenzione  domiciliare e della
semiliberta',  in  quanto  nel  comma  1  il  divieto consegue ad una
condotta  punibile  a  titolo  di  evasione,  mentre  nel  comma 2 la
preclusione  trova  la  sua causa nella revoca di precedenti benefici
disposta  a  seguito  dell'accertamento  di un comportamento ritenuto
incompatibile   con  la  prosecuzione  della  misura  a  norma  degli
artt. 47,   comma   11,   47-ter   comma   6,   e  51,  primo  comma,
dell'ordinamento penitenziario;
        che,   come   emerge  anche  dalle  disposizioni  di  cui  ai
successivi commi dell'art. 58-quater il legislatore ha operato scelte
articolate  e  differenziate nel definire la natura e la durata delle
varie   ipotesi  di  preclusione  e  nel  modularle  in  relazione  a
determinate   categorie  di  reati  -  anche  all'interno  di  quelli
contemplati  nel  comma  1  dell'art. 4-bis  -  e  alla tipologia dei
benefici;
        che    una    meccanica    trasposizione    nel    comma    2
dell'art. 58-quater  della categoria dei delitti indicati nel comma 1
si  risolverebbe  pertanto  in  un  intervento  della Corte del tutto
arbitrario  all'interno  di una disciplina complessiva che si propone
di   contemperare   le   peculiari   esigenze  che  sottostanno  alla
concessione,  ai  divieti  di  concessione e alla revoca delle misure
alternative  alla  detenzione  e degli altri istituti contemplati nel
medesimo articolo.