Ricorso della Provincia autonoma di Trento, in persona del presidente della giunta provinciale Lorenzo Dellai, autorizzato con deliberazione della giunta provinciale n. 1212 del 31 maggio 2002 (all. 1), rappresentata e difesa, come da procura speciale rogata dal dott. Tommaso Sussarellu, nella sua veste di ufficiale rogante della provincia stessa, con atto 11 giugno 2002, n. 25608 di rep. (all. 2), dagli avvocati Giandomenico Falcon di Padova e Luigi Manzi di Roma, ed elettivamente domiciliata in Roma nello studio dell'avv. Luigi Manzi, via Confalonieri n. 5, Contro il Presidente del Consiglio dei ministri per la dichiarazione che non spetta allo Stato disciplinare con regolamento ministeriale "condizioni e modalita' per l'erogazione dei contributi di cui all'art. 80, comma 14, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, in materia di servizi di telefonia rivolti alle persone anziane", e per il conseguente annullamento degli articoli: 1, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9 e 10 del decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 28 febbraio 2002, n. 70, regolamento concernente condizioni e modalita' per l'erogazione dei contributi di cui all'art. 80, comma 14, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, in materia di servizi di telefonia rivolti alle persone anziane, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 93 del 20 aprile 2002, per violazione: dell'art. 5, commi 2 e 3, della legge n. 386 del 1989; dell'art. 12, commi 1 e 2, delle norme di attuazione di cui al d.lgs. n. 268 del 1992; dell'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, in quanto richiama a favore della provincia autonoma le maggiori autonomie stabilite per le regioni a statuto ordinario dal nuovo testo dell'art. 117 Cost., con particolare riferimento al sesto comma di esso. F a t t o La Provincia autonoma di Trento e' dotata di competenza legislativa in materia di assistenza e beneficenza pubblica, ai sensi dell'art. 8, n. 25), ed in materia di igiene e sanita' ai sensi dell'art. 9), n. 10 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670. Essa e' inoltre dotata delle correlative potesta' amministrative ai sensi dell'art. 16 dello statuto, come attuato dalle relative norme di attuazione. Alle generali potesta' legislativa ed amministrativa si unisce, ai sensi del titolo VI del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, come modificato dalla legge 30 novembre 1989, n. 386, una peculiare autonomia finanziaria. In particolare il comma 2 dell'art. 5 della legge 30 novembre 1989, n. 386, dispone che i finanziamenti recati da disposizioni di legge statale, in cui sia previsto il riparto o l'utilizzo a favore delle regioni, "sono assegnati alle province autonome ed affluiscono al bilancio delle stesse per essere utilizzati, secondo normative provinciali, nell'ambito del corrispondente settore". Il comma 3 della medesima disposizione precisa che "per l'assegnazione e per l'erogazione dei finanziamenti di cui al comma 2, si prescinde da qualunque adempimento previsto dalle stesse leggi ad eccezione di quelli relativi all'individuazione dei parametri o delle quote di riparto". Ancora, l'art. 12, comma 1, delle norme di attuazione di cui al d.lgs. n. 268 del 1992 dispone - benche' a rigore non ve ne fosse neppure bisogno - che "le disposizioni in ordine alle procedure ed alla destinazione dei fondi di cui all'art. 5 della legge 30 novembre 1989, n. 386, si applicano con riferimento alle leggi statali di intervento previste, anche se le stesse non sono espressamente richiamate". Ed il comma 2 chiarisce (anche qui ad abundantiam) che i divieti di attivita' amministrativa statale nelle materie regionali e provinciali di cui all'art. 4, comma 3, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, "non concernono l'attribuzione o la ripartizione di fondi statali a favore della provincia per scopi determinati dalle leggi statali", e che "a detti fondi continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all'art. 5, comma 2, della legge 30 novembre 1989, n. 386". Il regolamento di cui qui si impugnano le disposizioni sopra indicate riguarda l'assistenza sociale, ed e' emanato in attuazione dell'art. 80, comma 14, della legge 23 dicembre 2000, n. 388. Secondo tale disposizione "una quota del Fondo di cui al comma 13" (cioe' del Fondo nazionale per le politiche sociali) "e' destinata al sostegno dei servizi di telefonia rivolti alle persone anziane, attivati da associazioni di volontariato e da altri organismi senza scopo di lucro con comprovata esperienza nel settore dell'assistenza agli anziani, che garantiscano un servizio continuativo per tutto l'anno e l'assistenza alle persone anziane per la fruizione degli interventi e dei servizi pubblici presenti nel territorio". Secondo lo stesso comma, poi, il Ministro per la solidarieta' sociale, "sentite le competenti Commissioni parlamentari, con propri decreti definisce i criteri, i requisiti, le modalita' e i termini per la concessione, l'erogazione e la revoca dei contributi di cui al presente comma, nonche' per la verifica delle attivita' svolte". Si noti che tale potere normativo ministeriale, benche' costituzionalmente discutibile, non poteva rappresentare una lesione per la Provincia autonoma di Trento, dato che l'art. 158 della stessa legge n. 388 del 2000 conteneva (e contiene) una esplicita norma di salvaguardia delle prerogative costituzionali della provincia, disponendo che le disposizioni in essa contenute (ivi compreso ovviamente l'art. 80) si applicano alle province autonome compatibilmente con le norme dello statuto di autonomia, cioe' con le disposizioni sopra riportate. Dunque, dalle esposte normative risulta in modo chiaro che, ai sensi dell'art. 5, commi 2 e 3, della legge n. 386 del 1989, la quota - spettante alla provincia - della integrazione del Fondo nazionale per le politiche sociali disposta dalla legge n. 388 del 2000 avrebbe dovuto esserle assegnata senza alcun ulteriore vincolo o disciplina, disposto in sede attuativa della legge. Al contrario, invece, gli articoli 1, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9 e 10 del decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 28 febbraio 2002, n. 70, qui impugnati, sembrano rivolgersi anche alla Provincia autonoma di Trento (v. espressamente, nell'individuare i destinatari delle norme, gli articoli 4, comma 1, 6, comma 1, 7, 8 e 10, comma 2), non limitandosi a stabilire i criteri di riparto (cui provvede l'art. 2, qui non impugnato), bensi' disciplinando in modo puntuale i criteri e le modalita' per la concessione e l'erogazione dei finanziamenti da parte della provincia stessa, nonche' le modalita' di verifica dell'attuazione delle attivita' svolte e le ipotesi di revoca dei finanziamenti. In questo modo, la normativa ministeriale riduce e restringe l'autonomia provinciale, invadendo le attribuzioni della ricorrente provincia, per le seguenti ragioni di: D i r i t t o 1. - Incostituzionalita' ed invasivita' degli articoli 1, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9 e 10 del decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali n. 70 del 2002 per violazione dell'art. 5, commi 2 e 3, della legge n. 386 del 1989 e dell'art. 12, commi 1 e 2, delle norme di attuazione di cui al d.lgs, n. 268 del 1992. Come esposto in narrativa, l'art. 80 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, dispone al comma 14 che una determinata quota del Fondo nazionale per le politiche sociali venga utilizzata per il "sostegno dei servizi di telefonia rivolti alle persone anziane, attivati da associazioni di volontariato e da altri organismi senza scopo di lucro con comprovata esperienza nel settore dell'assistenza agli anziani, che garantiscano un servizio continuativo per tutto l'anno e l'assistenza alle persone anziane per la fruizione degli interventi e dei servizi pubblici presenti nel territorio". Lo stesso comma prevede poi che con decreto del Ministro per la solidarieta' sociale siano definiti "i criteri, i requisiti, le modalita' e i termini per la concessione, l'erogazione e la revoca dei contributi di cui al presente comma, nonche' per la verifica delle attivita' svolte". Benche' tale disposizione prevedesse un ampio potere normativo statale di rango regolamentare, per di piu' in capo ad un singolo Ministro, in violazione dei principi operanti gia' nel vigore della precedente versione del titolo V della parte seconda della Costituzione, la Provincia autonoma di Trento non aveva motivo di sollevare in relazione ad essa questione di legittimita' costituzionale. Infatti, come sopra ricordato, l'art. 158 della stessa legge n. 388 del 2000 conteneva una esplicita norma di salvaguardia delle prerogative costituzionali della provincia, nel senso che le disposizioni in essa contenute (ivi compreso ovviamente l'art. 80) si sarebbero applicate alle province autonome compatibilmente con le norme dello statuto di autonomia: ed a questo modo rimaneva anche inteso che il potere regolamentare di cui al comma 14 dell'art. 80, quarta frase, non avrebbe potuto esplicarsi in relazione ad esse. Alla stessa conclusione della prevalenza della normativa di attuazione, d'altronde, portava (e porta) la disposizione dell'art. 12, comma 1, delle norme di attuazione di cui al d.lgs. n. 268 del 1992, secondo la quale "le disposizioni in ordine alle procedure ed alla destinazione dei fondi di cui all'art. 5 della legge 30 novembre 1989, n. 386, si applicano con riferimento alle leggi statali di intervento previste, anche se le stesse non sono espressamente richiamate"; mentre a sua volta il comma 2 dello stesso articolo precisa che le disposizioni che vietano allo Stato lo svolgimento di attivita' amministrativa nelle materie regionali e provinciali non si riferiscono a "l'attribuzione o la ripartizione di fondi statali a favore della provincia per scopi determinati dalle leggi statali" e che "a detti Fondi continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all'art. 5, comma 2, della legge 30 novembre 1989, n. 386". D'altronde, e conclusivamente sul punto, il potere di cui al comma 14 dell'art. 80 era previsto in termini generali, senza specifico riferimento alle province autonome: sicche' sia gli ordinari criteri che privilegiano l'interpretazione costituzionalmente conforme, sia le disposizioni di attuazione, sia l'esplicita salvaguardia di cui all'art. 158 attestavano che al comma 14 dell'art. 80 non poteva darsi alcun significato lesivo, dal momento che esso non poteva essere applicato alla provincia in sostituzione dei principi dell'art. 5 della legge n. 386 del 1989. Va tuttavia constatato che, al contrario, gli articoli impugnati del decreto ministeriale n. 70 del 2002 si riferiscono espressamente, nell'individuare i destinatari delle norme, anche alla Provincia autonoma di Trento, e che dunque essi dettano anche in relazione alla provincia una analitica disciplina dei contributi in questione in tutti i loro aspetti. Precisamente, l'art. 1 dell'impugnato decreto (Oggetto) stabilisce, integrando le disposizioni dell'art. 80, comma 14 della legge n. 388 del 2000, che le risorse dovranno essere utilizzate "per la concessione, l'erogazione e la revoca dei contributi... relativi agli interventi di sostegno dei servizi di telefonia sociale rivolti alle persone anziane" (comma 1); inoltre, esso detta una definizione vincolante di persone anziane (comma 2). L'art. 3 (destinatari) definisce tassativamente i soggetti destinatari dei contributi statali, prescrivendo che essi debbano essere iscritti nei rispettivi albi regionali qualora esistenti. L'art. 4 (Requisiti dei destinatari) al comma 1 condiziona ulteriormente l'individuazione dei destinatari, richiedendo che essi siano in possesso di "comprovata esperienza" nel settore della promozione di servizi per le persone anziane. L'art 4, comma 2, offre a sua volta una precisa definizione di "comprovata esperienza", riferendola "all'attivita' diretta della singola organizzazione nel distretto sanitario o nella regione o nella provincia autonoma in cui si intende realizzare l'intervento" e lasciando alle regioni e alle province autonome un margine di discrezionalita' relativo solo alle modalita' attraverso cui accertare detta esperienza in capo alle organizzazioni richiedenti. L'art. 5 riguarda i progetti finanziabili e i requisiti del servizio, e stabilisce al comma 1 che i progetti possono essere finanziati qualora prevedano un servizio di telefonia "continuativo per tutto l'anno... con copertura non inferiore a dieci ore giornaliere"; esso prescrive inoltre che il servizio debba essere assicurato unicamente da "operatori, con esclusione di risponditori automatici". Il comma 2 descrive invece lo standard minimo del servizio, prevedendo che "l'assistenza agli utenti del servizio garantisce interventi di supporto e di aiuto da eseguirsi nei tempi e modi adeguati al bisogno e comunque idonei a consentire la fruizione degli interventi attivati e dei servizi pubblici presenti nel territorio, in particolare per le persone anziane sole o disagiate in relazione a situazioni di difficolta' psico-fisiche, abitative ed economiche". Al comma 3 si precisa come il progetto debba contenere "una descrizione completa delle caratteristiche del servizio di telefonia e degli interventi di assistenza, di promozione ad essi collegati e delle professionalita' allo scopo impiegate", dovendo essere inoltre "corredato da una documentazione adeguata attestante i costi dello stesso e la relativa copertura". Infine, ai sensi del comma 4 possono essere finanziati "progetti che prevedono l'attivazione di nuovi servizi di telefonia ovvero l'ampliamento di servizi gia' attivati". L'art. 6 riguarda i criteri per l'individuazione dei progetti da finanziare. Al comma 1 esso "autorizza" le regioni e le province autonome a stabilire tali criteri "con propri provvedimenti emanati nel rispetto delle norme degli statuti di autonomia". In questi termini la disposizione non avrebbe un reale contenuto normativo: lo stesso cenno a presunti "provvedimenti" per stabilire in realta' norme, pur se traduce una visione delle autonomie puramente esecutiva, non puo' certo dirsi vincolante per le regioni. Tuttavia, al comma 2 il regolamento detta esso stesso in parte tali criteri, stabilendo ("al fine di assicurare l'omogeneita' qualitativa dei servizi sul territorio nazionale") che le regioni e le province autonome - qui denominate "i soggetti di cui al comma 1 del presente articolo" - debbano assegnare le risorse "sulla base della qualita' del progetto dal punto di vista tecnico operativo, delle attivita' assistenziali e di sostegno, della popolazione e dell'ampiezza del territorio coperti dai servizi di assistenza... del collegamento del progetto con i servizi sociali di base, con le strutture sanitarie e con altre iniziative, servizi e strutture gia' esistenti nel territorio per l'assistenza degli anziani". L'art. 7 dichiara nel titolo di riferirsi alle modalita' di concessione e di erogazione dei contributi, ma in realta' sul punto interviene il solo comma 1, il quale "dispone" che tali modalita' siano stabilite dalle regioni e province autonome "con propri provvedimenti emanati nel rispetto delle norme degli statuti di autonomia", "in modo tale da garantirne, comunque, la massima pubblicita' sul territorio". Il resto dell'articolo disciplina invece direttamente la realizzazione dei progetti di telefonia, disponendone il monitoraggio e la valutazione dell'attuazione, nonche' prevedendo l'eventuale revoca dei contributi. L'art. 8 (Relazioni) dispone che "entro il termine del 31 luglio 2002 le regioni e le province autonome "trasmettono all'amministrazione statale competente una relazione iniziale in cui sono esplicitati i criteri utilizzati e l'elenco dei progetti ammessi al finanziamento" (comma 1). Dispone poi che "entro il termine del 31 marzo 2003" esse debbano trasmettere una ulteriore "relazione finale sullo stato di attuazione degli interventi effettuati e sulla loro efficacia". L'art. 9 disciplina la valutazione di impatto degli interventi, abnormemente prevedendola come competenza dell'amministrazione statale, disciplinandone i criteri e disponendone l'utilizzazione per la formulazione di proposte di ulteriore disciplina ministeriale. L'art. 10, addirittura, disciplina le revoca dei finanziamenti "alle regioni". In tale disposizione, al contrario di quanto costantemente accade nel resto dell'articolato, non sono menzionate a fianco delle regioni le Province autonome di Trento e di Bolzano. Non si intende tuttavia con chiarezza il significato di tale omissione, dal momento che - a parte ogni altra considerazione - delle tre ipotesi di revoca una, come subito si dira', coinvolge anche le province autonome. La prima ipotesi di revoca statale dei fondi ad una determinata regione si ha nel caso di "mancata trasmissione" delle relazioni di cui all'art. 8. La seconda ipotesi si ha nel caso di "segnalazione negativa, contenuta nella relazione, da parte delle regioni e delle province autonome sulle realizzazioni progettuali". Questa ipotesi e' particolarmente critica, dato, che le regioni (e province autonome) si vedrebbero revocare il finanziamento gia' erogato, a prescindere dalla circostanza di averne potuto ottenere la restituzione. La terza ipotesi consiste nel "mancato impegno contabile delle quote di competenza in favore dei soggetti destinatari di cui all'art. 3 ... entro il 30 giugno 2002. In caso di revoca e' previsto (comma 2) che le risorse siano riassegnate "alle regioni e alle province autonome che hanno adempiuto agli obblighi derivanti dal presente regolamento". Si sono qui descritti in modo relativamente analitico i disposti delle norme impugnate sia per la necessaria specificita' e concretezza dell'impugnazione, sia per illustrare come in effetti tali disposti realizzino una disciplina della materia di competenza provinciale. Tale disciplina a volte e' piu' nettamente lesiva - come dove prevede addirittura la revoca del finanziamento alla provincia autonoma - ma in tutti i casi e' invasiva della competenza, e viola in relazione alla Provincia di Trento la garanzia di autonomia stabilita dai disposti dell'art. 5, commi 2 e 3, della legge n. 386 del 1989, la dove si precisa che i finanziamenti recati da disposizioni di legge statale, in cui sia previsto il riparto o l'utilizzo a favore delle regioni, "sono assegnati alle province autonome ed affluiscono al bilancio delle stesse per essere utilizzati, secondo normative provinciali, nell'ambito del corrispondente settore", e che "per l'assegnazione e per l'erogazione dei finanziamenti di cui al comma 2, si prescinde da qualunque adempimento previsto dalle stesse leggi ad eccezione di quelli relativi all'individuazione dei parametri o delle quote di riparto". Si aggiunge qui soltanto che la invasivita' e lesivita' va riconosciuta anche per l'art. 8, riguardante le "relazioni" da inviare al Ministero: sia in quanto anche tale obbligo non puo' essere stabilito da un regolamento, sia in quanto tale obbligo, per il suo significato e le sue modalita', non realizza una semplice collaborazione informativa, ma al contrario e' disegnato come un momento di una relazione di mera attuazione, all'interno di un rapporto che si pretende di direzione: come mostra all'evidenza la sanzione della revoca del finanziamento per l'ipotesi di mancata trasmissione, e l'uso delle stesse relazioni per ulteriori ipotesi di revoca. D'altronde, come gia' accennato in narrativa, che la disciplina regolamentare prevista dalla legge n. 388 del 2000 non dovesse estendersi alla Provincia di Trento gia' risultava dall'art. 158 della stessa legge, che espressamente faceva salve le prerogative statutarie delle province autonome, e dall'art. 12, comma 1, delle norme di attuazione di cui al d.lgs. n. 268 del 1992, il quale precisa che "le disposizioni in ordine alle procedure ed alla destinazione dei Fondi di cui all'art. 5 della legge 30 novembre 1989, n. 386, si applicano con riferimento alle leggi statali di intervento previste, anche se le stesse non sono espressamente richiamate". Non puo' dunque essere dubbio che l'estensione alla Provincia autonoma di Trento delle disposizioni regolamentari qui impugnate ne lede illegittimamente le attribuzioni. 2. - Incostituzionalita' ed invasivita' degli articoli 1, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, e 10 per violazione dell'art 117, sesto comma, della Costituzione, esteso alle autonomie speciali dall'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001. Si e' illustrato al punto precedente come gia' nell'impianto originario della Costituzione le garanzie speciali proprie della Provincia autonoma di Trento impedissero l'estensione ad essa delle norme regolamentari previste dall'art. 80 della legge n. 388 del 2000. Nel presente secondo punto del ricorso si illustra come le norme regolamentari qui impugnate siano in ogni caso illegittime ed invasive, in relazione alla sopraggiunta precisa ripartizione costituzionale dei poteri regolamentari. Infatti l'art. 117, sesto comma, della Costituzione, nel testo introdotto dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, espressamente stabilisce che "la potesta' regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva", mentre "spetta alle regioni in ogni altra materia". Ora, non pare si possa seriamente sostenere che la disciplina di criteri e modalita' per la concessione di contributi per la realizzazione di servizi di telefonia sociale diretti alle persone anziane rientri nelle materie di legislazione esclusiva statale. Si tratta invece, al contrario, di un ambito tipicamente assistenziale, che rientra ormai nella competenza legislativa residuale regionale. Per vero, gia' nel sistema del precedente titolo V della Costituzione c'era motivo di dubitare - anche alla stregua della consolidata giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte costituzionale - della legittimita' della previsione di poteri regolamentari governativi (o ancor peggio ministeriali) nelle materie regionali. In ogni modo, le disposizioni di leggi precedenti il mutamento costituzionale che prevedessero - come nel caso della legge n. 388 del 2000 - tali poteri non possono - ad avviso della ricorrente provincia - che ritenersi abrogate per evidente incompatibilita' con la sopravvenuta disposizione costituzionale sopra citata. Dunque, l'esercizio di un potere regolamentare non piu' esistente risulta anche sotto questo profilo radicalmente illegittimo ed invasivo delle attribuzioni della ricorrente provincia. Si noti che alla stessa conclusione si dovrebbe arrivare ove si ragionasse in termini di sopravvenuta illegittimita' costituzionale delle disposizioni che prevedevano poteri regolamentari, anziche' di loro abrogazione. La ricorrente provincia non ritiene che vi sia ragione di ricorrere a tale costruzione, data la nettezza del contrasto e la piena sufficienza, per riportare la situazione a normalita' costituzionale, del criterio abrogativo, senza che vi sia bisogno di ricorrere ad operazioni interpretative o manipolative dei testi legislativi. Ma anche ove si ragionasse in tali termini, risulta evidente l'incompatibilita' del sopravvivere di tali poteri con il nuovo sistema costituzionale. Per tale ipotesi, dunque, in subordine qui si eccepisce la sopravvenuta illegittimita' costituzionale della disposizione dell'art. 80, comma 14, della legge n. 388 del 2000, in quanto essa prevede poteri regolamentari statali ormai non piu' consentiti.