Ricorso  della  Provincia  autonoma  di  Trento,  in  persona del
presidente  della  giunta provinciale Lorenzo Dellai, autorizzato con
deliberazione  della  giunta  provinciale  n. 1212 del 31 maggio 2002
(all. 1), rappresentata e difesa, come da procura speciale rogata dal
dott.  Tommaso Sussarellu, nella sua veste di ufficiale rogante della
provincia stessa, con atto 11 giugno 2002, n. 25608 di rep. (all. 2),
dagli  avvocati  Giandomenico Falcon di Padova e Luigi Manzi di Roma,
ed  elettivamente  domiciliata  in  Roma nello studio dell'avv. Luigi
Manzi, via Confalonieri n. 5,
    Contro   il   Presidente   del  Consiglio  dei  ministri  per  la
dichiarazione  che non spetta allo Stato disciplinare con regolamento
ministeriale  "condizioni e modalita' per l'erogazione dei contributi
di  cui  all'art. 80, comma 14, della legge 23 dicembre 2000, n. 388,
in  materia  di servizi di telefonia rivolti alle persone anziane", e
per  il conseguente annullamento degli articoli: 1, 3, 4, 5, 6, 7, 8,
9  e 10 del decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali
28 febbraio   2002,   n. 70,  regolamento  concernente  condizioni  e
modalita'  per  l'erogazione dei contributi di cui all'art. 80, comma
14,  della  legge  23 dicembre 2000, n. 388, in materia di servizi di
telefonia  rivolti  alle  persone  anziane, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 93 del 20 aprile 2002, per violazione:
        dell'art. 5, commi 2 e 3, della legge n. 386 del 1989;
        dell'art. 12,  commi  1 e 2, delle norme di attuazione di cui
al d.lgs. n. 268 del 1992;
        dell'art. 10  della  legge  costituzionale  n. 3 del 2001, in
quanto   richiama  a  favore  della  provincia  autonoma  le maggiori
autonomie  stabilite  per  le  regioni  a statuto ordinario dal nuovo
testo dell'art. 117 Cost., con particolare riferimento al sesto comma
di esso.

                              F a t t o

    La   Provincia   autonoma  di  Trento  e'  dotata  di  competenza
legislativa in materia di assistenza e beneficenza pubblica, ai sensi
dell'art. 8,  n. 25),  ed  in  materia  di  igiene e sanita' ai sensi
dell'art. 9),  n. 10  del  d.P.R.  31 agosto  1972,  n. 670.  Essa e'
inoltre  dotata  delle  correlative  potesta' amministrative ai sensi
dell'art. 16  dello  statuto,  come  attuato  dalle relative norme di
attuazione.
    Alle  generali  potesta' legislativa ed amministrativa si unisce,
ai  sensi  del  titolo  VI  del  d.P.R.  31 agosto 1972, n. 670, come
modificato  dalla  legge  30 novembre  1989,  n. 386,  una  peculiare
autonomia  finanziaria.  In  particolare il comma 2 dell'art. 5 della
legge 30 novembre 1989, n. 386, dispone che i finanziamenti recati da
disposizioni  di  legge  statale,  in  cui  sia previsto il riparto o
l'utilizzo  a  favore  delle  regioni,  "sono assegnati alle province
autonome   ed   affluiscono  al  bilancio  delle  stesse  per  essere
utilizzati,    secondo   normative   provinciali,   nell'ambito   del
corrispondente  settore".  Il  comma  3  della  medesima disposizione
precisa  che "per l'assegnazione e per l'erogazione dei finanziamenti
di  cui  al  comma  2, si prescinde da qualunque adempimento previsto
dalle stesse leggi ad eccezione di quelli relativi all'individuazione
dei parametri o delle quote di riparto".
    Ancora,  l'art. 12,  comma 1, delle norme di attuazione di cui al
d.lgs.  n. 268  del  1992  dispone - benche' a rigore non ve ne fosse
neppure  bisogno  -  che "le disposizioni in ordine alle procedure ed
alla destinazione dei fondi di cui all'art. 5 della legge 30 novembre
1989,  n. 386,  si  applicano  con  riferimento alle leggi statali di
intervento  previste,  anche  se  le  stesse  non  sono espressamente
richiamate". Ed il comma 2 chiarisce (anche qui ad abundantiam) che i
divieti di attivita' amministrativa statale nelle materie regionali e
provinciali  di  cui  all'art. 4,  comma  3,  del decreto legislativo
16 marzo   1992,   n. 266,   "non   concernono  l'attribuzione  o  la
ripartizione  di  fondi  statali  a  favore della provincia per scopi
determinati  dalle leggi statali", e che "a detti fondi continuano ad
applicarsi  le  disposizioni  di cui all'art. 5, comma 2, della legge
30 novembre 1989, n. 386".
    Il  regolamento  di  cui  qui  si impugnano le disposizioni sopra
indicate  riguarda  l'assistenza sociale, ed e' emanato in attuazione
dell'art. 80, comma 14, della legge 23 dicembre 2000, n. 388. Secondo
tale disposizione "una quota del Fondo di cui al comma 13" (cioe' del
Fondo  nazionale  per le politiche sociali) "e' destinata al sostegno
dei  servizi  di  telefonia rivolti alle persone anziane, attivati da
associazioni  di  volontariato  e  da  altri organismi senza scopo di
lucro  con  comprovata  esperienza  nel  settore dell'assistenza agli
anziani, che garantiscano un servizio continuativo per tutto l'anno e
l'assistenza alle persone anziane per la fruizione degli interventi e
dei servizi pubblici presenti nel territorio".
    Secondo  lo  stesso  comma,  poi, il Ministro per la solidarieta'
sociale,  "sentite le competenti Commissioni parlamentari, con propri
decreti  definisce  i  criteri, i requisiti, le modalita' e i termini
per la concessione, l'erogazione e la revoca dei contributi di cui al
presente comma, nonche' per la verifica delle attivita' svolte".
    Si   noti   che   tale  potere  normativo  ministeriale,  benche'
costituzionalmente  discutibile, non poteva rappresentare una lesione
per la Provincia autonoma di Trento, dato che l'art. 158 della stessa
legge  n. 388  del 2000 conteneva (e contiene) una esplicita norma di
salvaguardia   delle   prerogative  costituzionali  della  provincia,
disponendo  che  le  disposizioni  in  essa  contenute  (ivi compreso
ovviamente   l'art. 80)   si   applicano   alle   province   autonome
compatibilmente con le norme dello statuto di autonomia, cioe' con le
disposizioni sopra riportate.
    Dunque,  dalle  esposte  normative risulta in modo chiaro che, ai
sensi dell'art. 5, commi 2 e 3, della legge n. 386 del 1989, la quota
-  spettante  alla provincia - della integrazione del Fondo nazionale
per le politiche sociali disposta dalla legge n. 388 del 2000 avrebbe
dovuto  esserle assegnata senza alcun ulteriore vincolo o disciplina,
disposto in sede attuativa della legge.
    Al  contrario,  invece,  gli articoli 1, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9 e 10
del  decreto  del  Ministro  del  lavoro  e  delle  politiche sociali
28 febbraio  2002,  n. 70,  qui  impugnati, sembrano rivolgersi anche
alla Provincia autonoma di Trento (v. espressamente, nell'individuare
i  destinatari delle norme, gli articoli 4, comma 1, 6, comma 1, 7, 8
e 10, comma 2), non limitandosi a stabilire i criteri di riparto (cui
provvede  l'art. 2,  qui non impugnato), bensi' disciplinando in modo
puntuale  i  criteri e le modalita' per la concessione e l'erogazione
dei  finanziamenti  da  parte  della  provincia  stessa,  nonche'  le
modalita'  di  verifica  dell'attuazione  delle attivita' svolte e le
ipotesi  di  revoca  dei  finanziamenti. In questo modo, la normativa
ministeriale riduce e restringe l'autonomia provinciale, invadendo le
attribuzioni della ricorrente provincia, per le seguenti ragioni di:

                            D i r i t t o

    1. - Incostituzionalita'  ed  invasivita' degli articoli 1, 3, 4,
5,  6,  7,  8,  9  e  10  del decreto del Ministro del lavoro e delle
politiche  sociali n. 70 del 2002 per violazione dell'art. 5, commi 2
e  3,  della legge n. 386 del 1989 e dell'art. 12, commi 1 e 2, delle
norme di attuazione di cui al d.lgs, n. 268 del 1992.
    Come  esposto  in  narrativa,  l'art. 80  della legge 23 dicembre
2000, n. 388, dispone al comma 14 che una determinata quota del Fondo
nazionale  per le politiche sociali venga utilizzata per il "sostegno
dei  servizi  di  telefonia rivolti alle persone anziane, attivati da
associazioni  di  volontariato  e  da  altri organismi senza scopo di
lucro  con  comprovata  esperienza  nel  settore dell'assistenza agli
anziani, che garantiscano un servizio continuativo per tutto l'anno e
l'assistenza alle persone anziane per la fruizione degli interventi e
dei servizi pubblici presenti nel territorio".
    Lo  stesso  comma prevede poi che con decreto del Ministro per la
solidarieta'  sociale  siano  definiti  "i  criteri,  i requisiti, le
modalita'  e  i  termini per la concessione, l'erogazione e la revoca
dei  contributi  di  cui  al  presente comma, nonche' per la verifica
delle attivita' svolte".
    Benche'  tale  disposizione  prevedesse un ampio potere normativo
statale  di  rango  regolamentare,  per di piu' in capo ad un singolo
Ministro,  in  violazione dei principi operanti gia' nel vigore della
precedente   versione   del   titolo V   della  parte  seconda  della
Costituzione,  la  Provincia  autonoma  di Trento non aveva motivo di
sollevare   in   relazione   ad   essa   questione   di  legittimita'
costituzionale.
    Infatti,  come  sopra  ricordato,  l'art. 158  della stessa legge
n. 388  del  2000 conteneva una esplicita norma di salvaguardia delle
prerogative   costituzionali   della  provincia,  nel  senso  che  le
disposizioni in essa contenute (ivi compreso ovviamente l'art. 80) si
sarebbero  applicate  alle  province  autonome compatibilmente con le
norme  dello  statuto  di  autonomia: ed a questo modo rimaneva anche
inteso  che  il potere regolamentare di cui al comma 14 dell'art. 80,
quarta frase, non avrebbe potuto esplicarsi in relazione ad esse.
    Alla  stessa  conclusione  della  prevalenza  della  normativa di
attuazione,   d'altronde,   portava   (e   porta)   la   disposizione
dell'art. 12,  comma  1,  delle  norme di attuazione di cui al d.lgs.
n. 268  del  1992,  secondo  la quale "le disposizioni in ordine alle
procedure  ed  alla  destinazione  dei  fondi di cui all'art. 5 della
legge  30 novembre  1989,  n. 386,  si applicano con riferimento alle
leggi  statali  di  intervento  previste, anche se le stesse non sono
espressamente richiamate"; mentre a sua volta il comma 2 dello stesso
articolo  precisa  che  le  disposizioni  che  vietano  allo Stato lo
svolgimento  di  attivita'  amministrativa  nelle materie regionali e
provinciali non si riferiscono a "l'attribuzione o la ripartizione di
fondi  statali  a  favore della provincia per scopi determinati dalle
leggi  statali"  e  che  "a  detti  Fondi continuano ad applicarsi le
disposizioni  di  cui  all'art. 5,  comma  2, della legge 30 novembre
1989, n. 386".
    D'altronde,  e  conclusivamente  sul  punto,  il potere di cui al
comma  14  dell'art. 80  era  previsto  in  termini  generali,  senza
specifico   riferimento  alle  province  autonome:  sicche'  sia  gli
ordinari      criteri      che     privilegiano     l'interpretazione
costituzionalmente  conforme,  sia le disposizioni di attuazione, sia
l'esplicita salvaguardia di cui all'art. 158 attestavano che al comma
14  dell'art. 80  non  poteva  darsi  alcun  significato  lesivo, dal
momento  che  esso  non  poteva  essere  applicato  alla provincia in
sostituzione dei principi dell'art. 5 della legge n. 386 del 1989.
    Va  tuttavia constatato che, al contrario, gli articoli impugnati
del decreto ministeriale n. 70 del 2002 si riferiscono espressamente,
nell'individuare  i  destinatari  delle  norme,  anche alla Provincia
autonoma di Trento, e che dunque essi dettano anche in relazione alla
provincia  una  analitica  disciplina  dei contributi in questione in
tutti  i  loro aspetti. Precisamente, l'art. 1 dell'impugnato decreto
(Oggetto)  stabilisce, integrando le disposizioni dell'art. 80, comma
14  della  legge  n. 388  del  2000,  che  le risorse dovranno essere
utilizzate   "per  la  concessione,  l'erogazione  e  la  revoca  dei
contributi...  relativi  agli  interventi  di sostegno dei servizi di
telefonia  sociale  rivolti alle persone anziane" (comma 1); inoltre,
esso detta una definizione vincolante di persone anziane (comma 2).
    L'art. 3   (destinatari)   definisce  tassativamente  i  soggetti
destinatari  dei  contributi  statali,  prescrivendo che essi debbano
essere  iscritti  nei  rispettivi  albi  regionali qualora esistenti.
L'art.   4   (Requisiti   dei   destinatari)  al  comma 1  condiziona
ulteriormente  l'individuazione dei destinatari, richiedendo che essi
siano  in  possesso  di  "comprovata  esperienza"  nel  settore della
promozione di servizi per le persone anziane. L'art 4, comma 2, offre
a  sua  volta  una  precisa  definizione  di "comprovata esperienza",
riferendola  "all'attivita'  diretta della singola organizzazione nel
distretto sanitario o nella regione o nella provincia autonoma in cui
si  intende  realizzare l'intervento" e lasciando alle regioni e alle
province  autonome  un margine di discrezionalita' relativo solo alle
modalita'  attraverso  cui  accertare  detta  esperienza in capo alle
organizzazioni richiedenti.
    L'art. 5  riguarda  i  progetti  finanziabili  e  i requisiti del
servizio,  e  stabilisce  al  comma  1  che i progetti possono essere
finanziati  qualora  prevedano un servizio di telefonia "continuativo
per   tutto  l'anno...  con  copertura  non  inferiore  a  dieci  ore
giornaliere";  esso  prescrive  inoltre  che il servizio debba essere
assicurato  unicamente  da "operatori, con esclusione di risponditori
automatici".  Il  comma  2  descrive  invece  lo  standard minimo del
servizio,  prevedendo  che  "l'assistenza  agli  utenti  del servizio
garantisce interventi di supporto e di aiuto da eseguirsi nei tempi e
modi  adeguati al bisogno e comunque idonei a consentire la fruizione
degli  interventi  attivati  e  dei  servizi  pubblici  presenti  nel
territorio, in particolare per le persone anziane sole o disagiate in
relazione  a  situazioni  di  difficolta' psico-fisiche, abitative ed
economiche".  Al  comma 3 si precisa come il progetto debba contenere
"una  descrizione  completa  delle  caratteristiche  del  servizio di
telefonia  e  degli  interventi  di assistenza, di promozione ad essi
collegati  e  delle  professionalita'  allo scopo impiegate", dovendo
essere inoltre "corredato da una documentazione adeguata attestante i
costi  dello  stesso  e  la relativa copertura". Infine, ai sensi del
comma   4   possono   essere   finanziati   "progetti  che  prevedono
l'attivazione  di  nuovi servizi di telefonia ovvero l'ampliamento di
servizi gia' attivati".
    L'art. 6  riguarda i criteri per l'individuazione dei progetti da
finanziare.  Al  comma  1  esso  "autorizza" le regioni e le province
autonome  a  stabilire tali criteri "con propri provvedimenti emanati
nel  rispetto  delle  norme  degli  statuti  di autonomia". In questi
termini  la disposizione non avrebbe un reale contenuto normativo: lo
stesso  cenno  a  presunti  "provvedimenti"  per stabilire in realta'
norme,   pur   se  traduce  una  visione  delle  autonomie  puramente
esecutiva,  non puo' certo dirsi vincolante per le regioni. Tuttavia,
al  comma  2  il regolamento detta esso stesso in parte tali criteri,
stabilendo  ("al  fine  di  assicurare  l'omogeneita' qualitativa dei
servizi  sul  territorio  nazionale")  che  le  regioni e le province
autonome  - qui denominate "i soggetti di cui al comma 1 del presente
articolo"  -  debbano assegnare le risorse "sulla base della qualita'
del  progetto  dal  punto di vista tecnico operativo, delle attivita'
assistenziali  e  di  sostegno, della popolazione e dell'ampiezza del
territorio  coperti dai servizi di assistenza... del collegamento del
progetto  con i servizi sociali di base, con le strutture sanitarie e
con   altre  iniziative,  servizi  e  strutture  gia'  esistenti  nel
territorio per l'assistenza degli anziani".
    L'art. 7  dichiara  nel  titolo  di  riferirsi  alle modalita' di
concessione  e  di erogazione dei contributi, ma in realta' sul punto
interviene  il  solo  comma  1, il quale "dispone" che tali modalita'
siano  stabilite  dalle  regioni  e  province  autonome  "con  propri
provvedimenti  emanati  nel  rispetto  delle  norme  degli statuti di
autonomia",  "in  modo  tale  da  garantirne,  comunque,  la  massima
pubblicita' sul territorio".
    Il   resto   dell'articolo   disciplina  invece  direttamente  la
realizzazione dei progetti di telefonia, disponendone il monitoraggio
e  la  valutazione  dell'attuazione,  nonche'  prevedendo l'eventuale
revoca dei contributi.
    L'art. 8  (Relazioni) dispone che "entro il termine del 31 luglio
2002    le    regioni    e    le   province   autonome   "trasmettono
all'amministrazione  statale competente una relazione iniziale in cui
sono esplicitati i criteri utilizzati e l'elenco dei progetti ammessi
al  finanziamento"  (comma  1). Dispone poi che "entro il termine del
31 marzo  2003"  esse  debbano  trasmettere  una ulteriore "relazione
finale  sullo stato di attuazione degli interventi effettuati e sulla
loro efficacia".
    L'art. 9  disciplina  la valutazione di impatto degli interventi,
abnormemente   prevedendola   come   competenza  dell'amministrazione
statale, disciplinandone i criteri e disponendone l'utilizzazione per
la formulazione di proposte di ulteriore disciplina ministeriale.
    L'art. 10,  addirittura,  disciplina  le revoca dei finanziamenti
"alle   regioni".  In  tale  disposizione,  al  contrario  di  quanto
costantemente accade nel resto dell'articolato, non sono menzionate a
fianco delle regioni le Province autonome di Trento e di Bolzano. Non
si  intende  tuttavia con chiarezza il significato di tale omissione,
dal  momento  che  -  a  parte  ogni altra considerazione - delle tre
ipotesi  di  revoca  una,  come  subito  si dira', coinvolge anche le
province  autonome.  La  prima ipotesi di revoca statale dei fondi ad
una  determinata  regione  si  ha  nel caso di "mancata trasmissione"
delle relazioni di cui all'art. 8.
    La  seconda  ipotesi  si  ha  nel caso di "segnalazione negativa,
contenuta  nella  relazione,  da parte delle regioni e delle province
autonome   sulle   realizzazioni   progettuali".  Questa  ipotesi  e'
particolarmente  critica,  dato, che le regioni (e province autonome)
si  vedrebbero  revocare il finanziamento gia' erogato, a prescindere
dalla circostanza di averne potuto ottenere la restituzione.
    La  terza  ipotesi  consiste nel "mancato impegno contabile delle
quote  di  competenza  in  favore  dei  soggetti  destinatari  di cui
all'art. 3 ... entro il 30 giugno 2002.
    In  caso  di  revoca  e'  previsto (comma 2) che le risorse siano
riassegnate   "alle  regioni  e  alle  province  autonome  che  hanno
adempiuto agli obblighi derivanti dal presente regolamento".
    Si  sono qui descritti in modo relativamente analitico i disposti
delle   norme   impugnate   sia  per  la  necessaria  specificita'  e
concretezza  dell'impugnazione,  sia  per  illustrare come in effetti
tali  disposti  realizzino una disciplina della materia di competenza
provinciale. Tale disciplina a volte e' piu' nettamente lesiva - come
dove  prevede  addirittura la revoca del finanziamento alla provincia
autonoma  -  ma in tutti i casi e' invasiva della competenza, e viola
in  relazione  alla  Provincia  di  Trento  la  garanzia di autonomia
stabilita  dai  disposti dell'art. 5, commi 2 e 3, della legge n. 386
del   1989,  la  dove  si  precisa  che  i  finanziamenti  recati  da
disposizioni  di  legge  statale,  in  cui  sia previsto il riparto o
l'utilizzo  a  favore  delle  regioni,  "sono assegnati alle province
autonome   ed   affluiscono  al  bilancio  delle  stesse  per  essere
utilizzati,    secondo   normative   provinciali,   nell'ambito   del
corrispondente settore", e che "per l'assegnazione e per l'erogazione
dei  finanziamenti  di  cui  al  comma  2,  si prescinde da qualunque
adempimento  previsto  dalle  stesse  leggi  ad  eccezione  di quelli
relativi all'individuazione dei parametri o delle quote di riparto".
    Si  aggiunge  qui  soltanto  che  la  invasivita'  e lesivita' va
riconosciuta  anche  per  l'art. 8,  riguardante  le  "relazioni"  da
inviare  al  Ministero:  sia  in  quanto  anche tale obbligo non puo'
essere  stabilito  da un regolamento, sia in quanto tale obbligo, per
il  suo  significato  e  le  sue modalita', non realizza una semplice
collaborazione  informativa,  ma  al  contrario  e' disegnato come un
momento  di  una  relazione  di  mera  attuazione,  all'interno di un
rapporto  che  si  pretende di direzione: come mostra all'evidenza la
sanzione  della  revoca  del  finanziamento  per l'ipotesi di mancata
trasmissione, e l'uso delle stesse relazioni per ulteriori ipotesi di
revoca.
    D'altronde,  come  gia' accennato in narrativa, che la disciplina
regolamentare  prevista  dalla  legge  n. 388  del  2000  non dovesse
estendersi  alla  Provincia  di  Trento  gia' risultava dall'art. 158
della  stessa  legge,  che  espressamente faceva salve le prerogative
statutarie  delle  province  autonome, e dall'art. 12, comma 1, delle
norme  di  attuazione  di  cui  al  d.lgs.  n. 268 del 1992, il quale
precisa  che  "le  disposizioni  in  ordine  alle  procedure  ed alla
destinazione  dei  Fondi  di  cui  all'art. 5 della legge 30 novembre
1989,  n. 386,  si  applicano  con  riferimento alle leggi statali di
intervento  previste,  anche  se  le  stesse  non  sono espressamente
richiamate".
    Non  puo'  dunque  essere  dubbio che l'estensione alla Provincia
autonoma  di Trento delle disposizioni regolamentari qui impugnate ne
lede illegittimamente le attribuzioni.
    2. - Incostituzionalita'  ed  invasivita' degli articoli 1, 3, 4,
5,  6,  7, 8, 9, e 10 per violazione dell'art 117, sesto comma, della
Costituzione, esteso alle autonomie speciali dall'art. 10 della legge
costituzionale n. 3 del 2001.
    Si  e'  illustrato  al  punto  precedente come gia' nell'impianto
originario  della  Costituzione  le  garanzie  speciali proprie della
Provincia  autonoma  di Trento impedissero l'estensione ad essa delle
norme  regolamentari  previste  dall'art. 80  della  legge n. 388 del
2000.  Nel  presente  secondo  punto  del ricorso si illustra come le
norme  regolamentari  qui impugnate siano in ogni caso illegittime ed
invasive,   in   relazione  alla  sopraggiunta  precisa  ripartizione
costituzionale dei poteri regolamentari.
    Infatti  l'art. 117,  sesto  comma, della Costituzione, nel testo
introdotto  dalla  legge  costituzionale n. 3 del 2001, espressamente
stabilisce  che  "la  potesta'  regolamentare spetta allo Stato nelle
materie  di  legislazione  esclusiva", mentre "spetta alle regioni in
ogni altra materia".
    Ora,  non pare si possa seriamente sostenere che la disciplina di
criteri   e  modalita'  per  la  concessione  di  contributi  per  la
realizzazione  di  servizi  di telefonia sociale diretti alle persone
anziane  rientri  nelle materie di legislazione esclusiva statale. Si
tratta  invece, al contrario, di un ambito tipicamente assistenziale,
che rientra ormai nella competenza legislativa residuale regionale.
    Per  vero,  gia'  nel  sistema  del  precedente  titolo  V  della
Costituzione  c'era  motivo  di  dubitare  - anche alla stregua della
consolidata  giurisprudenza  di codesta ecc.ma Corte costituzionale -
della   legittimita'   della   previsione   di  poteri  regolamentari
governativi (o ancor peggio ministeriali) nelle materie regionali. In
ogni   modo,   le  disposizioni  di  leggi  precedenti  il  mutamento
costituzionale  che  prevedessero  - come nel caso della legge n. 388
del  2000  -  tali  poteri  non  possono - ad avviso della ricorrente
provincia  - che ritenersi abrogate per evidente incompatibilita' con
la sopravvenuta disposizione costituzionale sopra citata.
    Dunque, l'esercizio di un potere regolamentare non piu' esistente
risulta  anche  sotto  questo  profilo  radicalmente  illegittimo  ed
invasivo delle attribuzioni della ricorrente provincia.
    Si  noti  che alla stessa conclusione si dovrebbe arrivare ove si
ragionasse  in  termini di sopravvenuta illegittimita' costituzionale
delle  disposizioni che prevedevano poteri regolamentari, anziche' di
loro  abrogazione.  La  ricorrente  provincia  non ritiene che vi sia
ragione  di  ricorrere  a  tale  costruzione,  data  la  nettezza del
contrasto  e  la  piena  sufficienza,  per  riportare la situazione a
normalita'  costituzionale, del criterio abrogativo, senza che vi sia
bisogno  di ricorrere ad operazioni interpretative o manipolative dei
testi legislativi.
    Ma  anche  ove  si  ragionasse  in tali termini, risulta evidente
l'incompatibilita'  del  sopravvivere  di  tali  poteri  con il nuovo
sistema costituzionale. Per tale ipotesi, dunque, in subordine qui si
eccepisce   la   sopravvenuta   illegittimita'  costituzionale  della
disposizione  dell'art. 80, comma 14, della legge n. 388 del 2000, in
quanto  essa  prevede  poteri  regolamentari  statali  ormai non piu'
consentiti.