ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 26, comma 4,
terzo  periodo,  del  d.P.R.  29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni
comuni  in  materia  di  accertamento  delle  imposte  sui redditi) e
successive  modificazioni, come interpretato dall'art. 14 della legge
18  febbraio  1999,  n. 28  (Disposizioni  in  materia tributaria, di
funzionamento   dell'Amministrazione   finanziaria   e  di  revisione
generale  del  catasto), promosso con ordinanza emessa il 16 novembre
2000  dalla  Commissione  tributaria regionale di Bologna sul ricorso
proposto dall'Ufficio delle entrate di Reggio Emilia contro l'Azienda
Consorziale  Trasporti  di  Reggio  Emilia,  iscritta  al  n. 700 del
registro  ordinanze  2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica, 1a serie speciale, n. 38 dell'anno 2001.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri.
    Udito  nella  camera  di  consiglio dell'8 maggio 2002 il giudice
relatore Fernanda Contri.
    Ritenuto  che la Commissione tributaria regionale di Bologna, con
ordinanza  emessa  il  16 novembre 2000, ha sollevato, in riferimento
agli  artt. 3  e  53  della  Costituzione,  questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 26,  comma  4, terzo periodo, del d.P.R. 29
settembre   1973,   n. 600   (Disposizioni   comuni   in  materia  di
accertamento  delle  imposte sui redditi) e successive modificazioni,
come   interpretato  autenticamente  con  l'art. 14  della  legge  18
febbraio   1999,   n. 28  (Disposizioni  in  materia  tributaria,  di
funzionamento   dell'Amministrazione   finanziaria   e  di  revisione
generale del catasto);
        che  l'art. 26  del  d.P.R.  n. 600  del  1973 dispone che le
ritenute  sugli  interessi  sono  applicate  a  titolo  d'imposta nei
confronti  dei soggetti esenti dall'imposta sul reddito delle persone
giuridiche   ed   in  ogni  altro  caso,  senza  tuttavia  menzionare
espressamente  i  soggetti esclusi dall'imposta ai sensi dell'art. 88
del d.P.R. 917 del 1986;
        che,  come  precisa  il  rimettente,  la  questione  relativa
all'applicabilita'  o  meno delle ritenute nei confronti dei soggetti
esclusi da I.R.PE.G. era stata risolta dalla giurisprudenza nel senso
di  riconoscere  il diritto dei comuni e degli altri soggetti ad essi
equiparati  ad ottenere il rimborso delle somme trattenute, ponendosi
in  rilievo  che  ai  fini  del  prelievo tributario e' necessaria la
presenza   di   un  introito  qualificabile  come  reddito  ai  sensi
dell'art. 6  del  d.P.R.  n. 917 del 1986 e di un soggetto tributario
cui  il  reddito  stesso  e'  riferibile, il quale non puo' essere un
soggetto  escluso  da  una  norma espressa del medesimo d.P.R., quale
l'art. 88;
        che  con  l'art. 14  della  legge n. 28 del 1999, recante una
interpretazione  autentica  della disciplina in esame, il legislatore
ha  disposto che l'art. 26, comma 4, terzo periodo, del d.P.R. n. 600
del  1973,  deve  intendersi  nel senso che "tale ritenuta si applica
anche  nei  confronti  dei  soggetti esclusi dall'imposta sui redditi
delle persone giuridiche";
        che,  ad  avviso  del  giudice  rimettente, il legislatore ha
attribuito  alla  norma  interpretata  una  valenza diversa da quella
originaria  ed  ha  previsto  una fattispecie nuova di imponibilita',
attribuendo  alla  stessa  carattere  retroattivo,  senza tener conto
della irretroattivita' sancita dall'art. 11 delle preleggi;
        che,  ad  avviso del giudice a quo, l'imposta sugli interessi
di  conto  corrente  si  configura  come un'imposta nuova ed autonoma
rispetto  all'I.R.PE.G.  e  "non  essendo  motivata  in  una  precisa
disposizione  istitutiva,  prescinde  da  qualsiasi  riferimento alla
capacita' contributiva del soggetto";
        che  e'  intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato  e  difeso dall'Avvocatura dello Stato,
chiedendo che la questione sia dichiarata manifestamente infondata.
    Considerato  che  con l'ordinanza n. 174 del 2001 questa Corte si
e'  gia'  pronunciata  sulla  medesima  questione,  dichiarandone  la
manifesta infondatezza;
        che  l'ordinanza di rimessione in esame, emessa anteriormente
alla citata decisione, non contiene profili nuovi che possano indurre
la Corte a diverse conclusioni;
        che    pertanto   la   questione   deve   essere   dichiarata
manifestamente infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.