ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 11 del codice
di procedura penale, promosso, nell'ambito di un procedimento penale,
dal  Tribunale di Mondovi' con ordinanza del 24 luglio 2001, iscritta
al  n. 865  del  registro  ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 43, 1a serie speciale, dell'anno 2001.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 5 giugno 2002 il giudice
relatore Guido Neppi Modona.
    Ritenuto  che  nel  corso  di un procedimento per il reato di cui
all'art. 342 del codice penale il Tribunale di Mondovi' ha sollevato,
in  riferimento  agli  artt. 3  e 25 della Costituzione, questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 11  del  codice  di procedura
penale,  nella  parte in cui non prevede che la disciplina dettata in
materia  di  competenza  territoriale  per  i procedimenti in cui sia
persona  offesa  un  magistrato si applichi anche ai procedimenti nei
quali  detta  qualita' sia attribuita "ad una istituzione giudiziaria
nel suo complesso" e non al singolo magistrato;
        che  il  giudice  a  quo  premesso  che l'imputazione per cui
procede  ha  per  oggetto  il  reato  di  oltraggio nei confronti del
Tribunale di Mondovi', inteso quale istituzione di cui fanno parte "i
magistrati  deputati  per  legge all'amministrazione della giustizia"
rileva che il fatto "non e' realizzato in danno della singola persona
di  un  magistrato"  ma  nei  confronti  "di  tutti  coloro che della
suddetta istituzione fanno organicamente, seppure pro tempore parte";
        che  ad  avviso  del rimettente l'art. 11 cod. proc. pen. non
considera,  ai fini dell'attribuzione della competenza per territorio
al  giudice  egualmente  competente  per  materia  che  ha  sede  nel
capoluogo  del distretto di corte di appello determinato dalla legge,
il caso in cui persona offesa dal reato non sia il singolo magistrato
ma,  come  nel  delitto  di  cui  all'art. 342  cod. pen., "un'intera
istituzione giudiziaria";
        che  l'art. 11  cod. proc. pen. potrebbe trovare applicazione
solo  ove  si  ammettesse  che  il  reato  per cui si procede leda la
dignita', l'onore o altri diritti facenti capo ai singoli magistrati,
ma  nell'imputazione  cosi'  come formulata non e' ravvisabile alcuna
lesione  (o  messa in pericolo) dei diritti di singoli magistrati, ed
in ogni caso "l'interesse leso e' quello di cui all'art. 342, secondo
comma, cod. pen.";
        che  la norma censurata si porrebbe pertanto in contrasto con
gli  artt. 3  e  25  Cost.,  sotto  il  profilo  della  disparita' di
trattamento  rispetto  alla  situazione  del  tutto analoga in cui il
magistrato  assume  la  qualita' di persona offesa, sussistendo anche
nel  caso  di specie le medesime esigenze di garantire la serenita' e
obiettivita'  di giudizio e la imparzialita' del giudice che stanno a
base della disciplina dettata dall'art. 11 cod. proc. pen;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata;
        che  l'Avvocatura,  premesso  che la qualificazione giuridica
del  fatto  e  l'individuazione  dei titolari dell'interesse protetto
sono  riservate  all'esclusiva  valutazione  del giudice che procede,
osserva  tra l'altro che, ove il tribunale rimettente avesse ritenuto
sussistente   un   concorrente   interesse  individuale  dei  singoli
magistrati,  certamente  compatibile  con  la  natura  potenzialmente
plurioffensiva   del   delitto   di   cui   all'art. 342  cod.  pen.,
l'applicazione  dell'art. 11  cod. proc. pen. sarebbe stata del tutto
legittima  e  non certamente frutto di una "integrazione di carattere
analogico o inopinatamente estensivo".
    Considerato  che  il  rimettente, muovendo dal presupposto che il
reato  di oltraggio a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario
e'  volto  a tutelare il Corpo nel suo complesso - nel caso di specie
l'istituzione giudiziaria del Tribunale di Mondovi' - e non i singoli
magistrati   che   ne  fanno  parte,  ritiene  che  nella  situazione
sottoposta  al  suo  esame  non  sia applicabile la disciplina di cui
all'art. 11   cod.   proc.  pen.,  che  si  riferisce  esclusivamente
all'ipotesi  in  cui ad assumere la qualita' di persona offesa sia il
singolo magistrato;
        che   il   giudice   a  quo  solleva  pertanto  questione  di
legittimita'   costituzionale   dell'art. 11   cod.   proc.  pen. per
violazione  degli  artt. 3  e  25 della Costituzione, sotto i profili
della  disparita'  di  trattamento rispetto alla situazione del tutto
analoga  in cui il magistrato assume la qualita' di persona offesa, e
della lesione del principio del giudice imparziale predeterminato per
legge;
        che   il   giudice  a  quo  trascura  di  svolgere  qualsiasi
considerazione  sulle  ragioni per cui non ritiene di poter aderire a
quella   giurisprudenza   di  legittimita'  secondo  cui  l'oltraggio
all'ente collegiale implica anche l'offesa ai singoli soggetti che ne
fanno  parte, dal momento che un'unica condotta criminosa puo' ledere
sia  il  prestigio  della  pubblica  amministrazione, sia l'onore del
pubblico ufficiale;
        che   inoltre  il  rimettente  omette  di  fornire  qualsiasi
indicazione   sulle   concrete   modalita'   di  realizzazione  della
fattispecie  per  cui  si  procede,  in base alle quali ha escluso la
portata plurioffensiva della condotta;
        che,   a  prescindere  dall'attribuzione  della  qualita'  di
persona   offesa  ai  singoli  magistrati  che  compongono  il  Corpo
giudiziario  ai  sensi  dell'art. 342  cod.  pen.,  va  osservato che
l'art. 11  cod.  proc.  pen. prevede  lo  spostamento  di  competenza
territoriale  anche  quando il magistrato sia danneggiato dal reato e
che  neppure  su  questo  aspetto  il  rimettente  fornisce un'idonea
motivazione;
        che   tali   omissioni  non  consentono  a  questa  Corte  di
verificare  se  la fattispecie per cui si procede non renda possibile
l'applicabilita' dell'art. 11 cod. proc. pen;
        che   la  questione  va  pertanto  dichiarata  manifestamente
inammissibile per difetto di motivazione sulla rilevanza.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.