Ordinanza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 410, comma 3,
del codice di procedura penale, in riferimento all'art. 409, comma 2,
dello  stesso  codice,  promosso  con ordinanza emessa il 5 settembre
2001  dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino
nel  procedimento  penale  a carico di ignoti, iscritta al n. 830 del
registro  ordinanze  2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 42, 1a serie speciale, dell'anno 2001.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 22 maggio 2002 il giudice
relatore Giovanni Maria Flick.
    Ritenuto che il giudice per le indagini preliminari del Tribunale
di  Torino  solleva,  in  riferimento  all'art. 111,  secondo e terzo
comma,  della  Costituzione, questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 410,  comma 3, del codice di procedura penale, in relazione
all'art. 409,  comma  2, dello stesso codice, "nella parte in cui non
prevede  che l'udienza camerale, a seguito di opposizione della parte
offesa  alla  richiesta  di  archiviazione del pubblico ministero, si
svolga  in  contraddittorio  con  la persona a cui la parte offesa in
querela ha attribuito la commissione di reati";
        che il giudice rimettente, dopo aver dato conto della vicenda
oggetto  del  procedimento  a quo (una persona aveva proposto querela
nei  confronti  del  medico  di  guardia  di  un ospedale per lesioni
colpose,  denunciando  anche  la  "violazione dell'art. 476 c.p.", in
quanto   il   personale  sanitario  del  nosocomio  avrebbe  -  nella
attestazione   dell'intervento   operato  -  taciuto  fatti  reputati
rilevanti),  ha precisato che il procedimento stesso "veniva trattato
dal  p.m.  come contro ignoti (anche se era facilmente identificabile
il medico querelato) e dava luogo ad indagini soltanto per le lesioni
colpose " lamentate dalla parte offesa;
        che,  all'esito  di  tali  indagini,  il  pubblico  ministero
formulava  richiesta  di  archiviazione in ordine alla quale la parte
offesa  proponeva  tempestiva  opposizione,  sicche' - puntualizza il
giudice  a  quo  -  dovendo  fissare  udienza  camerale a norma degli
artt. 410,   comma   3,   e   409,  comma  2,  cod.  proc.  pen. "con
provvedimento   interlocutorio...restituiva   il  fascicolo  al  p.m.
perche'  individuasse  il medico che aveva visitato" la parte offesa:
provvedimento, quest'ultimo, che veniva pero' - a seguito del ricorso
del  pubblico  ministero  -  annullato  per abnormita' dalla Corte di
cassazione,  la  quale  affermava  che  il "g.i.p. non ha alternative
rispetto all'obbligo di fissare immediatamente l'udienza camerale con
la   sola   partecipazione  di  p.m.  ed  opponente,  trattandosi  di
procedimento gestito contro ignoti";
        che,  pertanto,  alla  stregua della riferita interpretazione
della  Corte  di  cassazione,  vincolante  nel procedimento a quo, il
rimettente  intravede un contrasto della normativa impugnata rispetto
all'art. 111,  secondo  e  terzo comma, della Costituzione, in quanto
risulterebbero  in  concreto  vanificati  il principio secondo cui il
processo  deve  svolgersi  nel  contraddittorio delle parti, e quello
secondo  cui la persona accusata deve essere informata nel piu' breve
tempo possibile dell'accusa elevata a suo carico.
    Considerato  che  nella  specie  il  giudice  a  quo  lamenta  la
circostanza   che,   in   sede   di  opposizione  alla  richiesta  di
archiviazione,  non  sia chiamata a partecipare alla udienza camerale
la  persona  cui  i reati sono attribuiti dal querelante, malgrado si
tratti di persona agevolmente identificabile;
        che  una  simile doglianza - frutto, in se', della patologica
gestione  delle  indagini,  il  cui  corretto  andamento  presuppone,
contrariamente  a  quanto  avvenuto  nel  caso  di  specie, la pronta
identificazione  ed  iscrizione  del  nominativo  cui  i  reati  sono
attribuiti  nel  registro di cui all'art. 335 del codice di rito, con
tutte le conseguenze che da cio' scaturiscono - e' priva di qualsiasi
risalto  costituzionale,  giacche'  la udienza camerale da celebrarsi
non  puo'  che  essere  finalizzata proprio a permettere le ulteriori
indagini,  volte  a  consentire l'esatta individuazione della persona
(identificabile  ma  non  ancora  identificata)  cui  i fatti possono
essere in via di accusa contestati;
        che,  pertanto,  la  richiesta  pronuncia  additiva  - tesa a
consentire  la  partecipazione  alla  udienza della "persona a cui la
parte  offesa  in  querela  ha  attribuito la commissione di reati" -
nulla aggiungerebbe (proprio perche' si tratta di soggetto non ancora
identificato)  a quanto il giudice rimettente e' chiamato a compiere,
in  ossequio  al  principio  di  diritto  enunciato  dalla  Corte  di
cassazione nel procedimento a quo;
        che,   di   conseguenza,   la   questione   di   legittimita'
costituzionale   come   sopra   proposta   deve   essere   dichiarata
manifestamente inammissibile.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.