ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'articolo 36, comma
8,  del  decreto  legislativo  15 novembre 1993, n. 507 (Revisione ed
armonizzazione  dell'imposta comunale sulla pubblicita' e del diritto
sulle pubbliche affissioni, della tassa per l'occupazione di spazi ed
aree pubbliche dei comuni e delle Province nonche' della tassa per lo
smaltimento  dei  rifiuti solidi urbani a norma dell'articolo 4 della
legge  23 ottobre 1992, n. 421, concernente il riordino della finanza
territoriale),  promosso  con  ordinanza  emessa  l'8 marzo  2001 dal
Tribunale  amministrativo regionale della Liguria, iscritta al n. 964
del  registro  ordinanze  2001  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 2, 1a serie speciale, dell'anno 2002.
    Visti  l'atto  di  costituzione  della parte privata del giudizio
principale  nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio
dei ministri;
    Udito   nell'udienza  pubblica  del  23 aprile  2002  il  giudice
relatore Carlo Mezzanotte;
    Uditi  l'avvocato  Federico  Sorrentino  per la parte privata del
giudizio  principale  e  l'avvocato  dello Stato Paolo Gentili per il
Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1. - Il Tribunale amministrativo regionale della Liguria, dovendo
decidere  su  due  ricorsi diretti ad ottenere, l'uno, l'annullamento
del  provvedimento  del  comune  di  Genova  con  il  quale era stata
respinta  la  richiesta  di  autorizzazione  alla installazione di un
impianto  pubblicitario  su  un  sottoponte  ferroviario sito in quel
comune,   presentata  nel  1995,  e,  l'altro,  l'annullamento  della
ordinanza  dirigenziale  con la quale era stata disposta la rimozione
del  predetto  impianto, ha sollevato, in riferimento all'articolo 41
della    Costituzione,    questione    di   legittimitacostituzionale
dell'art. 36,  comma  8,  del  decreto  legislativo 15 novembre 1993,
n. 507  (Revisione  ed  armonizzazione  dell'imposta  comunale  sulla
pubblicita' e del diritto sulle pubbliche affissioni, della tassa per
l'occupazione  di spazi ed aree pubbliche dei comuni e delle Province
nonche'  della  tassa  per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani a
norma dell'art. 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, concernente il
riordino della finanza territoriale).
    La disposizione censurata stabilisce che "il comune non da' corso
alle  istanze  per  l'installazione  di  impianti pubblicitari, ove i
relativi  provvedimenti  non  siano  gia' stati adottati alla data di
entrata   in  vigore  del  presente  decreto,  ne'  puo'  autorizzare
l'installazione   di   nuovi   impianti   fino  all'approvazione  del
regolamento comunale e del piano generale previsti dall'art. 3".
    Ad  avviso  del remittente, alla luce della normativa vigente, il
diniego opposto dal comune di Genova alla richiesta di autorizzazione
alla   installazione   dell'impianto   pubblicitario  sul  sottopasso
ferroviario,  motivato  con  il  rilievo  che  "non  sono assentibili
impianti  come  quello  richiesto  fino  all'approvazione  del  piano
generale degli impianti previsto dall'art. 3 d.lgs. 15 novembre 1993,
n. 507",  sarebbe  giustificato,  dal momento che tale piano e' stato
adottato  dal  comune  di  Genova con deliberazione in data 30 luglio
1998,  successivamente,  quindi,  alla  data  di  presentazione della
richiesta  di  autorizzazione.  Del  resto,  prosegue  il remittente,
trattandosi  di  impianto  ubicato  in  ambito ferroviario e comunque
visibile  dalla pubblica via, non potrebbe dubitarsi della necessita'
dell'autorizzazione comunale, la quale e' condizionata al rispetto di
tutte  le condizioni relative al tipo di pubblicita' considerato, ivi
comprese quelle poste dall'art. 36, comma 8.
    Della legittimita' costituzionale di tale disposizione, peraltro,
dubita  il  giudice  a  quo  giacche'  la  stessa,  non prevedendo, a
differenza  di  quanto  dispone  il comma 2 dell'art. 36 del medesimo
decreto  legislativo  per  l'adozione  del  regolamento  comunale, il
termine  entro  il  quale il comune deve provvedere alla adozione del
piano  generale  degli  impianti  pubblicitari,  avrebbe l'effetto di
comprimere  in  maniera  indeterminata  nel  tempo e non correlata ad
alcun  pubblico  interesse  (la cui tutela militerebbe, anzi, per una
sollecita   entrata  in  vigore  del  piano),  la  libera  iniziativa
economica.
    2. - Si  e'  costituta nel presente giudizio la parte privata del
giudizio principale e ha chiesto l'accoglimento della questione.
    La  difesa  della  parte  privata  sostiene  che  la disposizione
censurata, in quanto prevede che una attivita' economica, subordinata
ad autorizzazione, possa essere interdetta, non perche' esercitata in
violazione di altri interessi costituzionali meritevoli di tutela, ma
soltanto perche' l'amministrazione non abbia approvato il piano degli
impianti,  contrasterebbe  con l'art. 41 della Costituzione. Infatti,
al cospetto di altri interessi, anche pubblici, che non ricevono pari
tutela  in  Costituzione, non dovrebbe essere l'interesse del privato
allo   svolgimento   dell'attivita'  economica  ad  assumere  valenza
recessiva. A questo proposito, la difesa privata ricorda che, secondo
la  giurisprudenza  di  questa  Corte, l'iniziativa economica privata
puo'  essere  si' limitata, ma solo in ragione di interessi di ordine
superiore,  economici  o  sociali,  che  assumono  rilievo  a livello
costituzionale,  restando  in  ogni  caso  decisivo  il  necessario e
ragionevole  bilanciamento  che il legislatore operi tra questa e gli
interessi nel caso concreto confliggenti (sentenza n. 393 del 2000).
    Nella  fattispecie in esame, ci si troverebbe invece di fronte ad
una situazione di vero e proprio blocco dell'attivita' economica: non
si  tratterebbe,  quindi, di una mera compressione dell'attivita', ma
della   totale  esclusione  della  possibilita'  di  esercizio  della
attivita' stessa per un periodo non predeterminato. In cio', dovrebbe
ravvisarsi una lesione del generale principio di proporzionalita', il
quale  non  consentirebbe  in  alcun  caso che la compressione di una
situazione  soggettiva si spinga oltre quanto strettamente necessario
per   tutelare   gli   interessi  considerati,  sino  a  imporre  una
restrizione  all'attivita' economica che risulti assoluta e protratta
per  un  tempo  illimitato, o il cui termine non sia configurato come
perentorio  e  di  durata  ragionevole,  ma sia lasciato all'arbitrio
dell'amministrazione.
    Pur  non  negando  che  l'attivita'  di installazione di impianti
pubblicitari  possa essere sottoposta al controllo da parte dell'ente
locale  al  fine  del  rispetto  dei  valori  urbanistici  (estetici,
ambientali e di decoro dell'assetto urbano) cui esso e' preposto, ne'
che  l'esercizio di tale potere possa, a sua volta, essere oggetto di
una  pianificazione  comunale,  in  modo  da  offrire all'ente locale
parametri  obiettivi  per  i  suoi interventi e al privato criteri di
orientamento  per  la  propria  attivita',  la parte privata conclude
affermando  che l'omessa approvazione dell'atto di pianificazione non
potrebbe  mai  precludere  un'attivita'  economica  di  per  se'  non
rientrante  nei  divieti di cui all'art. 41, secondo comma, Cost., ma
oggetto di disciplina ai sensi del terzo comma del medesimo articolo.
    3. - E'  intervenuto  nel  presente  giudizio  il  Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale  dello Stato, e ha chiesto, in primo luogo, che la questione
sia   dichiarata   inammissibile,   dal   momento  che  con  essa  si
solleciterebbe    un    intervento    additivo    consistente   nella
determinazione di un termine da introdurre nell'art. 36, comma 8, del
d.lgs.  n. 507  del  1993, e cioe' lo svolgimento di una funzione che
sarebbe  propria  del  legislatore  in considerazione degli interessi
pubblici che lo stesso remittente riconosce esistenti e meritevoli di
tutela.
    Nel  merito,  la  questione  sarebbe  anche  infondata, in quanto
proprio  l'esistenza  di  quegli  interessi  pubblici darebbe ragione
della   particolare   ponderazione  valutativa  richiesta  ai  comuni
nell'emanazione del provvedimento amministrativo generale nel proprio
ambito  territoriale,  e giustificherebbe la mancata previsione di un
termine che, del resto, non potrebbe non avere natura ordinatoria.
    4. - In  prossimita' dell'udienza, la parte privata ha depositato
una memoria illustrativa, con la quale insiste per la declaratoria di
illegittimita' costituzionale della disposizione censurata.
    La  difesa  richiama  in  primo luogo una recente pronuncia della
Corte  di  cassazione,  nella  quale  si  afferma  che la pubblicita'
rientra  nella  liberta'  di  iniziativa  economica  privata,  che e'
tutelata  dall'art. 41  Cost;  cio'  vorrebbe  dire,  ad avviso della
parte, che essa e' attivita' economica libera quanto all'iniziativa e
che  tale  resta  quando  il suo svolgersi non contrasti con i valori
indicati  nell'art. 41,  secondo comma, Cost. e nei limiti in cui non
sia  oggetto di programmazione e controllo (e cioe' di conformazione)
imposti  da  provvedimenti  legislativi  adottati  ai sensi del terzo
comma del medesimo articolo.
    Ricorda  poi  la  giurisprudenza  di  questa  Corte in materia di
vincoli  di  inedificabilita',  e in particolare il principio secondo
cui  solo entro i limiti della non irragionevolezza puo' riconoscersi
l'ammissibilita'   sul   piano  costituzionale  di  proroghe  in  via
legislativa  degli  stessi,  e quella del Consiglio di Stato, secondo
cui  l'obbligo  della  temporaneita' dei vincoli urbanistici potrebbe
ritenersi  assolto  nel  caso  in  cui  la legge stabilisca misure di
salvaguardia   in   attesa   dell'emanazione  dei  piani  regolatori,
prevedendo misure sostitutive nei confronti degli enti inadempienti.
    Nella   sua   memoria   la   parte   privata   contesta   inoltre
l'impostazione  difensiva  dell'Avvocatura dello Stato, in quanto non
terrebbe  conto  del  fatto  che,  nella specie, sono coinvolte anche
situazioni soggettive private protette costituzionalmente e che e' in
discussione  non il potere di pianificazione dell'amministrazione, ma
solo   l'effetto  che  dalla  mancata  adozione  del  piano  generale
deriverebbe,   e   cioe'   l'indefinito   protrarsi  dell'impedimento
all'esercizio  dell'attivita'  economica. Si concretizzerebbe, in tal
modo,  una  ingiustificata  lesione della posizione del privato senza
che  la  responsabilita' dell'amministrazione pubblica venga in alcun
modo sanzionata.
    La   difesa   privata  ritiene  quindi  giustificati  gli  sforzi
interpretativi   compiuti   da   diversi   TAR,  i  quali,  avvertita
l'irrazionalita' e l'ingiustizia di una disposizione che trasforma un
colpevole  ritardo dell'amministrazione nell'attivita' pianificatoria
in  un  irreparabile pregiudizio per gli operatori del settore, hanno
rifiutato  una interpretazione meramente letterale della disposizione
stessa  e,  richiamando il dovere di una interpretazione adeguatrice,
hanno  ritenuto  l'esistenza  di  un  obbligo  per  l'amministrazione
comunale di svolgere l'attivita' autorizzatoria anche in mancanza del
piano  generale  degli  impianti  pubblicitari  ovvero hanno ritenuto
applicabile  all'adozione di tale piano il medesimo termine stabilito
dall'art. 36, comma 2, per l'adozione del regolamento comunale per la
pubblicita' di cui all'art. 3 del d.lgs. n. 507 del 1993.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Viene  all'esame  della Corte la questione di legittimita'
costituzionale  dell'articolo  36,  comma  8, del decreto legislativo
15 novembre  1993,  n. 507  (Revisione ed armonizzazione dell'imposta
comunale  sulla pubblicita' e del diritto sulle pubbliche affissioni,
della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche dei comuni e
delle  Province  nonche'  della  tassa per lo smaltimento dei rifiuti
solidi  urbani  a  norma  dell'art. 4  della  legge  23 ottobre 1992,
n. 421,  concernente  il  riordino della finanza territoriale), nella
parte   in   cui   dispone   che  il  comune  non  possa  autorizzare
l'installazione  di nuovi impianti pubblicitari fino all'approvazione
del regolamento comunale e del piano generale degli impianti previsti
dall'art. 3  del  medesimo decreto legislativo. Tale disposizione, ad
avviso   del   Tribunale   amministrativo  regionale  della  Liguria,
contrasterebbe  con  l'art. 41  della  Costituzione,  in  quanto, non
prevedendo  alcun  termine  entro  il quale il comune deve provvedere
all'adozione   del  piano  generale  degli  impianti  pubblicitari  a
differenza  di  quanto  dispone  il  comma  2 dell'art. 36 del citato
decreto  legislativo  per l'adozione del regolamento comunale avrebbe
l'effetto  di  comprimere  in  maniera indeterminata nel tempo, e non
correlata   ad   alcun   pubblico  interesse,  la  libera  iniziativa
economica.
    La   questione   di  legittimita'  costituzionale  sollevata  dal
Tribunale  amministrativo  regionale  della  Liguria trae origine dal
diniego opposto dal comune di Genova alla richiesta di autorizzazione
alla  installazione  di  un  impianto  pubblicitario su un sottoponte
ferroviario  sito  in  quel  comune,  diniego motivato con la mancata
approvazione,  al  momento  della  domanda,  del piano generale degli
impianti  pubblicitari  previsto  dall'art. 3  del  d.lgs. n. 507 del
1993.
    2. - La questione non e' fondata.
    Il  decreto  legislativo  n. 507  del  1993, nel dettare la nuova
normativa  in  materia  di  imposta  comunale  sulla pubblicita' e di
diritto  sulle  pubbliche affissioni, ha previsto, all'art. 3, che il
comune, con un apposito regolamento, debba fra l'altro determinare la
quantita'  e  la  tipologia degli impianti pubblicitari, le modalita'
per  ottenere  il provvedimento per l'installazione nonche' i criteri
per  la elaborazione del piano generale degli impianti. Il successivo
art. 36,  sotto  la  rubrica  norme  transitorie,  ha  poi fissato al
30 giugno  1994  il  termine  entro  il quale l'anzidetto regolamento
doveva  essere  approvato  (termine  prorogato  al  30 settembre 1995
dall'art. 1,  comma  9,  del  decreto-legge  28 giugno  1995, n. 250,
convertito, con modificazioni, nella legge 8 agosto 1995, n. 349). Il
comma   8   dell'art. 36,   oggetto   della   presente  questione  di
legittimita'  costituzionale,  al  fine  di  contemperare l'esercizio
dell'attivita'  pubblicitaria effettuata mediante la installazione di
cartelloni  con l'esigenza di pianificazione degli impianti in ambito
comunale,  ha  disposto che "il comune non da' corso alle istanze per
l'installazione    di   impianti   pubblicitari,   ove   i   relativi
provvedimenti  non  siano gia' stati adottati alla data di entrata in
vigore  del presente decreto, ne' puo' autorizzare l'installazione di
nuovi  impianti  fino all'approvazione del regolamento comunale e del
piano generale previsti dall'art. 3".
    La  tutela  degli  interessi  pubblici  presenti  nella attivita'
pubblicitaria  effettuata  mediante  l'installazione di cartelloni si
articola  dunque,  nel  decreto  legislativo  n. 507  del 1993, in un
duplice  livello  di  intervento:  l'uno,  di  carattere  generale  e
pianificatorio,  mirante  ad  escludere che le autorizzazioni possano
essere  rilasciate dalle amministrazioni comunali in maniera casuale,
arbitraria  e  comunque  senza  una  chiara  visione dell'assetto del
territorio   e   delle   sue  caratteristiche  abitative,  estetiche,
ambientali  e  di  viabilita';  l'altro,  a  contenuto  particolare e
concreto,  in  sede  di provvedimento autorizzatorio, con il quale le
diverse  istanze  dei  privati  vengono  ponderate  alla  luce  delle
previsioni di piano e solo se sono conformi a tali previsioni possono
essere soddisfatte.
    3. - E'   erronea  la  premessa  interpretativa  dalla  quale  il
remittente procede, secondo cui nell'anzidetta disciplina non sarebbe
previsto un termine entro il quale i comuni debbano adottare il piano
generale  degli impianti, che condiziona, a sua volta, l'adozione dei
singoli provvedimenti autorizzatori.
    L'art. 2,  commi  2 e 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove
norme  in  materia  di  procedimento  amministrativo  e di diritto di
accesso  ai  documenti  amministrativi),  applicabile anche agli atti
amministrativi generali di pianificazione e di programmazione, impone
alle  pubbliche  amministrazioni  l'onere di determinare, per ciascun
tipo  di  procedimento,  il  termine  entro il quale esso deve essere
concluso, quando non siano la legge o il regolamento a stabilire tale
termine.  Nel  caso  in  cui le pubbliche amministrazioni non operino
questa  scelta,  nella  quale  la durata del procedimento puo' essere
commisurata alla sua maggiore o minore complessita', il termine e' di
trenta  giorni,  decorrenti  dall'inizio d'ufficio del procedimento o
dal  momento  del  ricevimento della domanda, se il procedimento e' a
iniziativa di parte.
    Nella specie, il dovere della amministrazione comunale di dotarsi
del  piano  generale degli impianti pubblicitari e' divenuto operante
nel  momento  in  cui  e'  stato  approvato  il  regolamento  di  cui
all'art. 3  del  decreto legislativo n. 507 del 1993; ne' risulta che
l'amministrazione, avvalendosi del potere attribuitole dal richiamato
art. 2  della legge n. 241 del 1990, abbia stabilito il termine entro
il  quale  dovesse essere adottato il piano degli impianticoncernente
anche  la  cosiddetta pubblicita' ferroviaria, vale a dire quella che
si   effettua  in  ambito  ferroviario  mediante  l'installazione  di
impianti   pubblicitari   visibili  dalla  pubblica  via.  E'  quindi
applicabile  il  terzo  comma  dell'articolo 2 della legge n. 241 del
1990,   che   in   via   suppletiva  pone  a  carico  della  pubblica
amministrazione  l'obbligo di concludere il procedimento entro trenta
giorni,  trascorsi  i  quali  la medesima pubblica amministrazione e'
inadempiente.
    Questa  Corte,  attenendosi  peraltro  alla  chiara lettera della
legge  n. 241  del  1990,  ha gia' affermato che il termine di trenta
giorni,  stabilito  in  via  suppletiva  e  in  una  misura  tale  da
sollecitare  l'amministrazione  a  provvedere,  riguarda ogni tipo di
procedimento,   sia   ad   iniziativa  d'ufficio  che  di  parte,  "a
prescindere  dall'efficacia  ampliativa  o  restrittiva  della  sfera
giuridica  dei  destinatari  dell'atto"  (sentenza  n. 262 del 1997).
Nella stessa sentenza ha altresi' precisato che la mancata osservanza
del  termine  a  provvedere  non comporta la decadenza dal potere, ma
vale  a connotare in termini di illegittimita' il comportamento della
pubblica   amministrazione,   nei  confronti  del  quale  i  soggetti
interessati  alla  conclusione  del  procedimento  possono  insorgere
utilizzando, per la tutela della propria situazione soggettiva, tutti
i rimedi che l'ordinamento appresta in via generale in simili ipotesi
(dal  risarcimento  del  danno all'esecuzione del giudicato che abbia
accertato l'inadempienza della pubblica amministrazione).
    4. - Il  fatto  che  nel  quadro normativo poc'anzi delineato sia
comunque  individuabile  un  termine  entro  il  quale il comune deve
dotarsi  del piano generale degli impianti e non resti senza sanzione
l'eventuale  inadempienza,  consente  di concludere che al diritto di
iniziativa economica e' assicurata una protezione adeguata e pertanto
di   escludere   che   i  privati  possano  essere  autorizzati  alla
installazione  di cartelli pubblicitari in mancanza di pianificazione
territoriale.    L'opposta   opinione   comporterebbe   la   completa
vanificazione  di  quel  livello  generale  di  tutela degli svariati
interessi  pubblici sui quali questo tipo di attivita' potenzialmente
incide,  livello  che  costituisce  il  tratto  caratterizzante della
disciplina censurata. Essa, lungi dal contrastare con l'art. 41 della
Costituzione,  introduce  nei  confronti dell'iniziativa economica un
limite non irragionevole, preordinato com'e' alla salvaguardia di una
pluralita'  di  beni  di  rilievo  costituzionale,  quali l'ambiente,
l'arte, il paesaggio, la sicurezza della viabilita'.