ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 2758, secondo
comma,  del  codice  civile,  come sostituito dall'art. 5 della legge
29 luglio  1975,  n. 426 (Modificazioni al codice civile e alla legge
30 aprile  1969,  n. 153,  in  materia  di  privilegi),  promosso con
ordinanza  emessa  il 30 luglio 2001 dal giudice istruttore presso il
tribunale di Monza nel procedimento civile vertente tra Moro Ambrogio
S.p.a.  e  Fallimento  Brenna S.r.l., iscritta al n. 960 del registro
ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 1, 1a serie speciale, dell'anno 2002.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 3 luglio 2002 il Giudice
relatore Annibale Marini.
    Ritenuto  che  nel corso di un giudizio di opposizione allo stato
passivo,  il  giudice  istruttore  presso  il tribunale di Monza, con
ordinanza emessa il 30 luglio 2001 e depositata il 16 settembre 2001,
ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione
di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 2758,  secondo comma, del
codice  civile,  come  sostituito  dall'art. 5  della legge 29 luglio
1975,  n. 426  (Modificazioni al codice civile e alla legge 30 aprile
1969, n. 153, in materia di privilegi);
        che  la  questione  e'  detta  rilevante in quanto il credito
dell'opponente,  relativo  a  rivalsa per imposta sul valore aggiunto
gravante  su  forniture  di  olii  minerali,  era  stato collocato in
chirografo,  con esclusione del privilegio speciale di cui alla norma
impugnata,  non  essendo  stati  rinvenuti dal curatore i beni cui il
medesimo credito di rivalsa si riferiva;
        che  il  suddetto  art. 5 della legge n. 426 del 1975 avrebbe
tacitamente   abrogato,   secondo   la   consolidata  interpretazione
giurisprudenziale,   l'art. 18,   comma   quinto,   del  decreto  del
Presidente  della  Repubblica  26 ottobre 1972, n. 633 (Istituzione e
disciplina   dell'imposta   sul  valore  aggiunto),  come  modificato
dall'art. 1  del  decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre
1974,  n. 687  (Norme  integrative e correttive del d.P.R. 26 ottobre
1972,  n. 633, concernente istituzione e disciplina della imposta sul
valore  aggiunto), che viceversa attribuiva al credito di rivalsa, se
relativo   alla   cessione   di  beni  mobili,  il  privilegio  sulla
generalita' dei mobili del debitore;
        che  la  declaratoria  di illegittimita' costituzionale della
norma  denunciata,  comportando  -  ad  avviso  del  rimettente  - la
reviviscenza della normativa previgente, consentirebbe l'accoglimento
dell'opposizione, con la collocazione in via privilegiata del credito
dell'opponente;
        che, quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo
osserva  che  il  privilegio  speciale previsto dalla norma impugnata
sarebbe  concretamente  inoperante,  allorche'  il bene oggetto della
cessione sia costituito da beni consumabili, come nel caso di specie,
ovvero da energie;
        che,  pertanto,  la  norma  stessa,  assoggettando  ad uguale
trattamento  situazioni diverse, violerebbe, in maniera non meramente
eventuale, il principio di eguaglianza;
        che  tale  violazione  non potrebbe ritenersi, d'altro canto,
superata  -  secondo  il  medesimo  rimettente  -  dalla disposizione
contenuta nell'art. 26 del d.P.R. n. 633 del 1972, che attribuisce al
soggetto  passivo  dell'imposta,  nel  caso  di  accertata incapienza
patrimoniale  del  cessionario o committente, la facolta' di emettere
una  nota  di  variazione  IVA,  in  quanto tale facolta' presuppone,
nell'ipotesi  di  fallimento,  l'avvenuta  approvazione  del piano di
riparto  finale  e  puo',  quindi,  essere di norma esercitata solo a
considerevole distanza di tempo dall'insorgenza del debito;
        che,  ad  avviso  del  giudice  a  quo,  la  declaratoria  di
illegittimita' costituzionale della norma impugnata - diversamente da
quanto  si  legge  nella sentenza di inammissibilita' n. 25 del 1984,
riguardante  la  medesima  disposizione - comportando la reviviscenza
del  precedente  art. 18,  comma  quinto, del d.P.R. n. 633 del 1972,
escluderebbe  qualsiasi  discrezionalita' da parte di questa Corte in
ordine alla definizione della nuova disciplina;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  concludendo  per  la  declaratoria  di inammissibilita' o, in
subordine, di infondatezza della questione;
        che, ad avviso della parte pubblica, il rimettente, in quanto
giudice  istruttore  in una causa, di opposizione allo stato passivo,
attribuita  alla cognizione del tribunale in composizione collegiale,
ai  sensi dell'art. 50-bis, numero 2, del codice di procedura civile,
sarebbe  privo  della  legittimazione  a  sollevare  la  questione di
legittimita' costituzionale;
        che,  inoltre,  il medesimo rimettente, chiedendo in sostanza
alla  Corte  di  ripristinare  il privilegio generale che assisteva i
crediti  di  rivalsa  IVA prima della modifica introdotta dalla legge
n. 426  del  1975,  solleciterebbe  una  vera  e  propria innovazione
normativa,  per  sua  natura  estranea  alla  competenza  della Corte
costituzionale;
        che  la  questione, nel merito, sarebbe comunque infondata in
quanto  la  possibilita' che, in concreto, il privilegio speciale non
possa  operare  per  il  venir  meno  del  bene  su  cui  esso  grava
rientrerebbe  -  secondo  l'Avvocatura  -  nella  normale alea di una
procedura  esecutiva  e non darebbe, percio', luogo ad alcun vizio di
legittimita'  costituzionale,  tanto  meno  nel  caso  di specie, ove
l'eventuale  pregiudizio  di  fatto  sarebbe  comunque compensato dal
meccanismo  di  recupero  previsto  dall'art. 26,  secondo comma, del
d.P.R. n. 633 del 1972.
    Considerato  che  il rimettente dubita, in riferimento all'art. 3
della Costituzione, della legittimita' costituzionale dell'art. 2758,
secondo  comma,  del codice civile, come sostituito dall'art. 5 della
legge  29 luglio  1975, n. 426 (Modificazioni al codice civile e alla
legge  30 aprile  1969,  n. 153,  in materia di privilegi), in quanto
attribuisce  ai  crediti  di  rivalsa  verso il cessionario, previsti
dalle  norme  relative all'imposta sul valore aggiunto, il privilegio
speciale  sui beni che hanno formato oggetto della cessione, anziche'
il privilegio sulla generalita' dei beni mobili del debitore;
        che il medesimo rimettente, in quanto giudice istruttore, non
e'  tuttavia  chiamato  a  fare  applicazione  della norma impugnata,
essendo  la  causa  di opposizione allo stato passivo attribuita alla
cognizione   del  tribunale  in  composizione  collegiale,  ai  sensi
dell'art. 50-bis, numero 2, del codice di procedura civile;
        che,  difettando,  pertanto, il requisito della rilevanza, la
questione va dichiarata manifestamente inammissibile.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
innanzi alla Corte costituzionale.