IL TRIBUNALE

    Ha  emesso  la seguente ordinanza, ex art. 134 Cost. e 23 e segg.
legge 11 marzo 1953, n. 87.
    Premesso  che:  il  difensore dell'imputato, in sede di questioni
preliminari,  riferiva che il suo assistito aveva chiesto all'udienza
preliminare  il giudizio abbreviato, condizionato all'espletamento di
una formale ricognizione di persona;
        precisava  che  tale mezzo istruttorio era essenziale ai fini
del   decidere,   in  quanto  la  responsabilita'  dell'imputato  era
accertabile  solo  in  base  al  riconoscimento dello stesso da parte
della persona offesa;
        eccepiva  che, nel corso delle indagini preliminari, la parte
lesa  aveva  riconosciuto l'imputato come autore della rapina subita,
dapprima  esaminando  informalmente tre album fotografici mostratigli
dai Carabinieri e, successivamente, con atto di ricognizione delegato
dal  p.m.  ai  Carabinieri,  atto  che  veniva  effettuato  senza  le
formalita'  e  le  garanzie  di cui agli artt. 213 e ss. c.p.p. e con
modalita' tali da non garantirne la genuinita';
        il   g.u.p.,  con  ordinanza  a  verbale  d'udienza  in  data
25 gennaio 2002, rigettava la richiesta ritenendo "che l'integrazione
probatoria  richiesta  dal  difensore  di  Amato  Fabio  non  risulta
necessaria  ai  fini  della  decisione,  atteso quanto gia' contenuto
negli  atti  del  p.m.  ed incompatibile con le finalita' di economia
processuale proprie del procedimento";
        il  difensore,  quindi,  chiedeva  a  questo tribunale in via
principale   di   ammettere   l'imputato   al   giudizio   abbreviato
condizionato  alla ricognizione formale di persona, qualora i giudici
ritenessero  che  cio'  fosse  ammissibile  in  base  alla  normativa
vigente,  e,  in caso di rigetto della richiesta, sollevava questione
di  legittimita' costituzionale degli artt. 438, 441 e 442 c.p.p., in
riferimento  agli  artt. 3  e 24 Costituzione, nella parte in cui non
prevedono  che  l'imputato  prima della dichiarazione di apertura del
dibattimento di primo grado, possa rinnovare la medesima richiesta di
giudizio abbreviato, gia' proposta al g.u.p. e da questi rigettata;

                            O s s e r v a

    La  decisione  del  g.u.p. di rigetto della richiesta di giudizio
abbreviato condizionato non e' allo stato sindacabile da alcun organo
giurisdizionale, in quanto nessuna disposizione normativa lo prevede.
    In  particolare,  mentre in caso di rilevata nullita' del decreto
che  dispone  il  giudizio  o  degli  atti prodromici allo stesso, il
giudice  del  dibattimento  puo' dichiarare la nullita' e determinare
una  regressione  del  procedimento  (art. 185 c.p.p.), nessuna norma
consente  specificamente  al giudice del dibattimento di valutare nel
merito  la  fondatezza  o  meno  della  decisione  del  g.u.p.  sulla
richiesta di giudizio abbreviato condizionato.
    Nel  caso di rigetto da parte del g.u.p. di richiesta di giudizio
abbreviato  non  condizionato,  la  Corte  di  cassazione afferma con
giurisprudenza   costante  che  il  provvedimento  e'  illegittimo  o
abnorme, in quanto in tal caso l'ammissione al rito e' un atto dovuto
e  non  discrezionale  e  che,  quindi,  sarebbe configurabile il cd.
"conflitto  analogo"  di  cui al 2o comma dell'art. 28 c.p.p. (Cass.,
Sez.  1a, n. 1405/2001; Sez. 1a, n. 30276/2001; Sez. 1a, n. 958/2001;
Sez. 1a, n. 39157/2001).
    La strada del "conflitto analogo" non si ritiene percorribile nel
caso  di  rigetto  di  richiesta  di abbreviato condizionato, proprio
perche',  allo stato della normativa, il giudice del dibattimento non
ha  il  potere  di  effettuare  una  rivalutazione  nel  merito della
decisione del g.u.p.
    La  Corte  costituzionale,  con  la  sentenza  n. 54 del 2002, ha
rilevato  che,  a  seguito  delle  innovazioni introdotte dalla legge
n. 479/1999,  il  giudizio  abbreviato non si fonda piu' sul consenso
delle  parti,  ma  viene  instaurato  sulla base della mera richiesta
dell'imputato,  con  facolta'  del  g.u.p.  di  integrare  il  quadro
probatorio  necessario  ai  fini  della decisione. Pertanto, e' stato
abbandonato  il parametro della "definibilita' allo stato degli atti"
ed  al g.u.p. e' consentita una valutazione dell'ammissibilita' della
richiesta   soltanto  nel  caso  in  cui  la  richiesta  di  giudizio
abbreviato sia subordinata ad una integrazione probatoria.
    L'art. 438,   comma  5,  c.p.p.  individua  i  presupposti  della
valutazione  "nella  necessita'  di  assumere  la prova ai fini della
decisione  e  nella  sua  compatibilita' con le finalita' di economia
processuale  proprie  del  procedimento, tenuto conto degli atti gia'
acquisiti ed utilizzabili".
    Nell'ambito  di  tale contesto normativo, la Corte costituzionale
ha ritenuto non piu' praticabile l'applicazione della riduzione della
pena   di   cui   all'art. 442   c.p.p.  all'esito  del  dibattimento
(applicazione  introdotta  dalla  sentenza  n. 23/1992)  nel  caso di
ingiustificato  rigetto della richiesta del rito da parte del g.u.p.,
poiche'  attualmente  non  e'  piu' richiesta la valutazione circa la
definibilita'  del  processo  allo stato degli atti, ma solo circa la
necessita'  dell'integrazione probatoria ai fini della decisione e la
sua  compatibilita'  con le finalita' di economia processuale proprie
del procedimento.
    La  Corte,  nella  sentenza succitata, ha concluso sostenendo che
allo stato attuale al g.u.p. e' rimessa "una valutazione alla stregua
di un parametro molto piu' circoscritto, il cui eventuale riesame non
deve    piu'   necessariamente   essere   collocato   all'esito   del
dibattimento".
    Gia'  nel 1991 era stata sollevata questione di costituzionalita'
degli  artt. 438,  439,  440  e  442  c.p.p.  sul  presupposto che "i
principi di coerenza e ragionevolezza delle norme (art. 3 Cost.) e di
tutela  del diritto di difesa (art. 24 Cost.) dell'imputato contro un
provvedimento  (di natura processuale) che disconosce un suo diritto,
imporrebbero...  di  affidare  al giudice del dibattimento il riesame
del  provvedimento  negativo  del  g.i.p."  (Corte  d'assise, Genova,
29 marzo 1991).
    La  Corte  costituzionale, con sentenza n. 23 del 92, ha ritenuto
fondata  la questione, richiamando la precedente sentenza n. 81/1991.
In  tale ultima decisione la Corte costituzionale aveva rilevato che,
poiche'  l'applicazione  del rito abbreviato comportava una riduzione
di  pena  per  l'imputato,  l'organo  competente  ad  applicare  tale
riduzione dovesse essere il giudice del dibattimento, non potendo "il
controllo  sulla motivazione del diniego (del p.m.) ... trovare posto
all'interno  dell'udienza  preliminare e, quindi, ... venire affidato
al  giudice preposto ad essa perche' cio' significherebbe adottare un
rito speciale contro la determinazione del p.m.".
    Con  la  sentenza n. 23 del 1992, la Corte costituzionale afferma
che  "pur  dovendosi considerare la diversita' del caso oggetto della
questione  in  esame,  rispetto  a  quello  che  ha dato origine alla
precedente  dichiarazione di legittimita' costituzionale ... tuttavia
e'  da  rilevare che nel precedente giudizio, alla pari che in quello
gia'  deciso,  viene  in discussione un profilo che ha conseguenze di
carattere  sostanziale,  perche'  dall'ammissione  al rito abbreviato
deriva  la  possibilita'  per l'imputato di fruire di una consistente
riduzione della pena.
    E' per questa stessa ragione che - come nel caso di conflitto tra
imputato e p.m. circa l'ammissibilita' del rito abbreviato, in cui la
Corte ha ritenuto che la controversia sulla pretesa dell'imputato non
potesse  essere  definita all'interno dell'udienza preliminare - deve
ritenersi  che,  qualora,  nonostante l'adesione del p.m., la pretesa
stessa  non venga soddisfatta dal g.i.p., non possa spettare a questi
l'ultima  parola  in  modo preclusivo, sulla decidibilita' allo stato
degli  atti,  con una pronuncia che, senza possibilita' di controllo,
incide   sulla  misura  della  pena  ...  E  poiche'  sono  in  gioco
apprezzamenti  che  producono  conseguenze  sull'entita'  della pena,
risulta  lesiva  della  relativa  posizione sostanziale dell'imputato
l'attribuzione, in via esclusiva, al g.i.p. del potere di definire in
senso  negativo  il  giudizio  su  di  essi, senza alcun controllo al
riguardo.  Dato  che  nessuna  disposizione  del  codice  (situazione
ricorrente  anche nella fattispecie, oggetto della presente ordinanza
di  rimessione) ... consente al giudice del dibattimento di sindacare
la   determinazione   del  g.i.p.  contraria  all'adozione  del  rito
abbreviato,  sottrarre  al primo un controllo diretto a verificare la
sussistenza del presupposto della decidibilita' allo stato degli atti
(ed  a  maggior  ragione  in  relazione  alla  sussistenza  dei  piu'
circoscritti parametri oggi da valutare per l'ammissione del giudizio
abbreviato   condizionato),  limiterebbe  in  modo  irragionevole  il
diritto  di  difesa  dell'imputato,  nell'ulteriore  svolgimento  del
processo, su di un aspetto che ha conseguenze sul piano sostanziale".
    Proprio  in  base  a  quanto  sopra  riportato, ossia ai principi
espressi dalla stessa Corte costituzionale nelle sentenze n. 54/2002,
81/1991  e  23/1992,  si  ritiene  che  la  questione di legittimita'
costituzionale,   sollevata   dalla  difesa  dell'imputato,  sia  non
manifestamente  infondata  con  riferimento  agli  artt. 3 e 24 della
Costituzione.
    Con  specifico  riferimento  all'art.  3  della  Cost. non appare
giustificata  la  disparita'  di  trattamento rispetto all'ipotesi di
dissenso  da  parte  del  p.m. o di rigetto da parte del g.i.p. della
richiesta  di applicazione della pena, caso nel quale l'imputato puo'
riproporre  l'istanza  al giudice del dibattimento ai sensi dell'art.
448  c.p.p.  Infatti  si  tratta  in  entrambi i casi di procedimenti
alternativi, rimessi alla disponibilita' delle parti; inoltre il rito
abbreviato  e'  esperibile in base alla sola richiesta dell'imputato.
Con  riferimento  all'art.  24  della  Cost.  l'insindacabilita'  del
provvedimento  di  rigetto  da  parte  del  g.u.p. della richiesta di
giudizio   abbreviato   condizionato   lede   il  diritto  di  difesa
dell'imputato,   poiche'   l'ingiustificato   diniego   comporta  per
l'imputato    effetti    sostanziali   pregiudizievoli,   consistenti
nell'omessa riduzione della pena, prevista per legge.
    La  questione  sollevata  e' altresi' rilevante, in quanto questo
tribunale  deve decidere sulla richiesta preliminare del difensore di
ammissione  dell'imputato  al rito abbreviato condizionato, a seguito
del   provvedimento   di   rigetto  adottato  dal  g.u.p.  nel  corso
dell'udienza preliminare.
    L'atto   istruttorio   richiesto   e'   rilevante   nel  presente
procedimento  poiche'  le  modalita'  dell'individuazione fotografica
effettuata  nel  corso  delle indagini preliminari sono state tali da
non  garantire  la  genuinita'  dell'atto  istruttorio,  come risulta
dall'esame  del  fascicolo  fotografico  prodotto dalla difesa con il
consenso  del  p.m.  (le  fotografie  n. 4,  8,  9  e  10  sono state
rinumerate  a  penna,  circostanza  che potrebbe aver condizionato la
parte offesa nell'individuazione).