Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale ha il proprio domicilio in via dei Portoghesi n. 12, Roma; Nei confronti della Regione Umbria, in persona del presidente della giunta regionale, per la dichiarazione della illegittimita' costituzionale della legge della Regione Umbria 14 giugno 2002, n. 9, "Tutela sanitaria e ambientale dall'esposizione ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici", nell'art. 1, comma 2; art. 2; art. 4, comma 1, lett. b); art. 5, comma 1, lett. c) e comma 2; art. 12, comma 1 in relazione all'art. 5, comma 1, lett. f); art. 13; art. 16 (B.U.R. Umbria n. 28 del 26 giugno 2002) per violazione dell'art. 117, secondo comma, lett. e) ed s), dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione in relazione alla legge 22 febbraio 2002, n. 36. Art. 1. Comma 1 La legge tra le sue finalita' indica anche la salvaguardia dell'ambiente e del paesaggio. La tutela dell'ambiente attribuita alla legislazione esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma, lett. s) Cost.). Qualunque sia, pertanto, la nozione che di ambiente si voglia seguire, la legge sotto questo profilo e' senza dubbio costituzionalmente illegittima. Comma 2 Come codesta Corte ha gia' chiarito (sent. n. 282 del 2002) "specie nella fase della transizione dal vecchio al nuovo sistema di riparto delle competenze, la legislazione regionale concorrente dovra' svolgersi nel rispetto dei principi fondamentali comunque risultanti dalla legislazione statale gia' in vigore". Nel caso in esame ci si deve, pertanto, rifare alla legge 22 febbraio 2001, n. 36, "Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici". L'art. 5.1 di quest'ultima riserva allo Stato la determinazione delle "misure specifiche relative alle caratteristiche tecniche degli impianti e alla localizzazione dei tracciati per la progettazione, la costruzione e la modifica di elettrodotti e di impianti per telefonia mobile e radiodiffusione" oltre che "le particolari misure atte ad evitare danni ai valori ambientali e paesaggistici". Lo scopo dichiarato della norma e' di tutelare "l'ambiente ed il paesaggio". Si e' dunque, nell'ambito della legislazione esclusiva dello Stato. Di conseguenza non e' possibile che la disciplina statale subisca modifiche da parte della normativa regionale. La norma in esame, invece, riserva ad una futura disciplina regionale "la localizzazione, la costruzione, la modificazione ed il risanamento degli impianti", disciplina che, nella visione della legge, dovrebbe sovrapporsi a quella regionale, superandola. Una volta accertato che la materia rientra nella competenza esclusiva dello Stato, va escluso che la disciplina introdotta da quest'ultima possa essere messa del nulla da quella successiva regionale, anche se la legge regionale si definisce rivolta alla tutela sanitaria, perche' in questo modo la legislazione concorrente regionale verrebbe ad essere prevalente su quella esclusiva dello Stato, effetto questo sicuramente estraneo all'art. 117 Cost. Se poi si seguisse un orientamento contrario, andrebbe verificato se le norme statali richiamate abbiano, o non, la natura di principi fondamentali ai sensi dell'art. l17, terzo comma, Cost., ai quali la legge regionale si dovrebbe adeguare. Questa indagine sarebbe condizionata ad un'altra: se, a proposito dei livelli di protezione da radiazione elettromagnetiche, operi il principio di uguaglianza (art. 3 Cost.) o sia conforme alla Costituzione avere livelli diversi nella varie Regioni, effetto che si verificherebbe qualora queste ultime potessero legiferare senza vincoli. Secondo un insegnamento risalente di codesta Corte, il principio di uguaglianza viene attuato attraverso la verifica della ragionevolezza delle tutele differenziate. Nel caso in esame la domanda da porsi e' questa: se sia o non sia ragionevole che il livello di protezione contro le radiazioni elettromagnetiche in Umbria sia diverso (maggiore o minore non importa) di quelle previsto, ad esempio, in Piemonte o in Puglia. La risposta positiva potrebbe basarsi soltanto su una accertata diversita' biologica degli abitanti delle Regioni interessate o su una situazione ambientale che neutralizzi in tutto o in parte gli effetti dannosi delle radiazioni. Entrambe le ipotesi sono smentite dalle attuali acquisizioni scientifiche, anche a voler trascurare il fatto che la valutazione di eventuali effetti ambientali rientrerebbero nella legislazione esclusiva dello Stato. Normative regionali confliggenti sarebbero, dunque, costituzionalmente illegittime. Di qui la conferma che tra i principi fondamentali rimessi allo Stato in materia di legislazione concorrente regionale, ci sono anche quelli che assicurino la realizzazione del principio di uguaglianza quando, naturalmente, operante. E non a caso nell'art. 4.1 tra le funzioni dello Stato e' stata posta per prima quella di tutelare "il preminente interesse nazionale alla definizione di criteri unitari e normative omogenee in relazione alle finalita' di cui all'articolo 1". Una volta che si concordi su questa premessa, viene meno ogni dubbio circa la illegittimita' costituzionale della norma che si sta esaminando. Art. 2. Nell'art. 8 la legge n. 36/2001, sempre in considerazione del principio di uguaglianza, ha fissato le competenze delle Regioni, individuandole nelle materie nelle quali una diversificazione territoriale dalle discipline risulta ragionevole. L'art. 2 della legge regionale, sotto il principio di giustificazione, richiede ai gestori ed ai concessionari la dimostrazione delle "ragioni obiettive della indispensabilita' degli impianti", giustificazione non prevista dalla legge statale. Va tenuto presente che quella svolta dai gestori e concessionari attivita' di impresa e che la indispensabilita' degli impianti e' una delle valutazioni di economia aziendale che e' chiamato ad effettuare chi ha la responsabilita' dell'impresa. Si tratta, in altre parole, di una valutazione attinente alla gestione, che va lasciata a chi corre il rischio economico, sulla quale la Regione non puo' avere alcuna competenza. La dimostrazione della indispensabilita' degli impianti e' richiesta dalla norma in esame in vista della successiva verifica da parte della Regione. L'eventuale giudizio negativo dato nella Regione Umbria potrebbe creare difficolta' operative per il gestore alterando le condizioni del mercato concorrenziale e cosi' sconfinando nella sfera della concorrenza la cui tutela attribuita alla legislazione esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma, lett. e), Cost.). Dalla legislazione, non soltanto regionale ma anche statale, rivolta alla salvaguardia di interessi generali, possono essere fissati solo limiti esterni all'attivita' economica, ma non possono essere riservate a soggetti pubblici valutazioni di opportunita' imprenditoriali, fino a che si vuole che sia operante la libera iniziativa, come tutelata dalla Costituzione (art. 41). Art. 4.1, lett. b). Questa norma attribuisce ai comuni poteri vari per il risanamento degli impianti esistenti. Anche in materia di risanamento non e' giustificabile una differenza di discipline, articolata addirittura per territori comunali. Dovendo essere tutelata l'uguaglianza, anche questa norma si presenta illegittima costituzionalmente per le ragioni gia' esposte. Art. 5. Comma 1, lett. c). La Regione riserva a se' stessa il potere di elaborare piani di risanamento. Le ragioni per le quali la disciplina in materia di risanamento non puo' essere differenziata regione per regione sono state qui esposte per cui non vengono ripetute. Comma 2. La materia e' disciplinata dall'art. 9, commi 3 e 6, della legge n. 36/2001. La norma in esame attribuisce alla Regione un potere di proposta, in violazione della legge statale secondo la quale competente e' il Ministero dell'ambiente "sentiti ... le regioni ed i comuni interessati". Va tenuto presente che non viene meno l'illegittimita' della norma per il fatto che sia confermato il potere del Ministero di approvare il piano. Questa previsione da' per scontata la competenza del Ministero dell'ambiente, cosi' confermando che si e' in materia di legislazione esclusiva. In secondo luogo, attribuendosi il potere di proposta, la Regione pone dei limiti ai poteri deliberativi statali salvo che la norma non vada interpretata nel senso che la proposta in questo caso costituisce solo una sollecitazione per il Ministero che potra' deliberare un piano del tutto diverso da quello proposto. Art. 12.1. La legge richiede la VIA in violazione del d.P.R. 12 aprile 1996, art. 1.4, in relazione all'allegato B, n. 7, lett. z), VIA non richiesta nemmeno dalla direttiva 977117 CE. Anche in proposito va assicurata la parita' di trattamento che incide anche sotto il profilo della concorrenza. Art. 13. La legge rimette alla giunta regionale la disciplina, oltre che dei procedimenti amministrativi, anche dei criteri preordinati alla localizzazione ed al risanamento. Per quanto riguarda i criteri la illegittimita' costituzionale e' di tutta evidenza. Non solo sono violati i principi piu' volte illustrati, ma i criteri sono addirittura rimessi alla sede amministrativa senza la fissazione di limiti o orientamenti legislativi. Circa il procedimento, la norma viola l'art. 9 della legge statale. La illegittimita' costituzionale della norma e' consequenziale a quella delle altre gia' esaminate. Una volta esclusa la competenza regionale, cade anche la disciplina del procedimento, che da' per presupposta quella competenza. Art. 16. La disciplina transitoria e' stata posta dalla legge n. 36/2001, nell'art. 16. E' di conseguenza illegittima la norma in esame che ha previsto che una apposita disciplina transitoria per la Regione Umbria sia posta con regolamento.