Il giudice per le indagini preliminari dott. Laura Capotorto, letti gli atti del procedimento n. 9866/99R r.g. notizie di reato, O s s e r v a A seguito della querela proposta il 9 giugno 1999 nei confronti dell'on. Marcello Dell'Utri dall'allora pocuratore della Repubblica di Palermo dott. Giancarlo Caselli e dai sostituti dott. Guido Lo Forte, Domenico Gozzo, Antonio Ingroia, Mauro Terranova, Lia Sava ed Umberto De Giglio, il pubblico ministero presso il Tribunale di Roma ha esercitato l'azione penale formulando richiesta di rinvio a giudizio, presentata il 22 maggio 2000 in ordine al reato di cui al capo d'imputazione di seguito trascritto: Capo A) artt. 595, terzo comma, e 13, legge n. 47/1948 perche' nel corso di un'intervista pubblicata sul quotidiano "Il Messaggero" del 10 marzo 1999 nell'articolo intitolato "E' l'inizio della campagna elettorale" e sotto titolato "Dell'Utri si difende: contro di me un accanimento politico. E vuole candidarsi alle europee", che qui si intende integralmente riportato, rilasciata a seguito della richiesta di custodia cautelare formulata nei confronti dell'on. Marcello Dell'Utri in data 22 gennaio 1999 dai sostituti procuratori della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, Gian Carlo Caselli, Guido Lo Forte, Domenico Gozzo, Antonio Ingroia, Mauro Terranova, Lia Sava ed Umberto De Giglio, offendeva la reputazione di questi ultimi pronunciando le seguenti affermazioni: "e' cominciata la campagna elettorale", "si muove in prima persona", "la loro e' una reazione infantile, cominciano a capire che il castello che mi hanno costruito addosso sta crollando e allora ne fanno uno nuovo", "i pentiti sono come dei juke-box, metti il gettone e loro dicono cio' che vuoi. Ma io non ho gettoni. La Procura si.". In Roma il 10 marzo 1999. La Camera dei deputati, con delibera in data 21 marzo 2000, approvando la proposta della giunta per le autorizzazioni a procedere, ha dichiarato che i fatti per i quali era in corso il procedimento penale nei confronti dell'on. Dell'Utri (n. 9866/1999R) concernevano opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni e ricadevano, pertanto, nella previsione dell'art. 68, primo comma, della Costituzione. All'odierna udienza preliminare questo giudice, ritenuta la necessita' di sottoporre alla Corte costituzionale la valutazione circa la legittimita' della suddetta deliberazione di insindacabilita' delle dichiarazioni asseritamente diffamatorie rese dal sopra menzionato deputato agli organi di stampa, sentite le parti, ha sospeso il procedimento al fine di presentare il presente ricorso diretto all'annullamento della delibera de qua che determina l'improcedibilita' dell'azione penale. Ad avviso del ricorrente, infatti, la Camera ha erroneamente ritenuto sussistenti i presupposti necessari per poter considerare le dichiarazioni rese dal deputato direttamente connesse all'sercizio delle funzioni parlamentari. Codesta Corte ha piu' volte affermato che rientrano nella previsione di immunita' di cui al citato art. 68 solo le opinioni legate da "nesso funzionale" con le attivita' svolte dal dichiarante nella sua qualita' di parlamentare. Se cosi' non fosse, la prerogativa si tradurrebbe in un ingiustificato ed ingiusto privilegio personale. Il nesso funzionale puo' ritenersi sussistente quando le dichiarazioni corrispondono a quelle espresse nel corso delle attivita' proprie del parlamentare, con esclusione, quindi, di quelle attivita' che, pur connesse in senso lato all'esercizio di dette funzioni, ne sono tuttavia estranee, essendo riferibili, ad esempio, all'attivita' politica espletata all'interno dei partiti. Secondo la piu' recente giurisprudenza costituzionale, costituiscono opinioni espresse nell'esercizio della funzione parlamentare quelle "manifestate nel corso dei lavori della camera e dei suoi vari organi, in occasione dello svolgimento di una qualsiasi fra le funzioni svolte dalla Camera medesima, ovvero manifestate in atti, anche individuali, costituenti estrinsecazione delle facolta' proprie del parlamentare quale membro dell'assemblea. Invece l'attivita' politica svolta dal parlamentare al di fuori di questo ambito non puo' dirsi di per se' esplicazione della funzione parlamentare nel senso preciso cui si riferisce l'art. 68, primo comma, della Costituzione. Nel normale svolgimento della vita democratica e del dibattito politico, le opinioni che il parlamentare esprima fuori dai compiti e dalle attivita' propri delle assemblee rappresentano piuttosto esercizio della liberta' di espressione comune a tutti i consociati. Ad esse non puo' estendersi, senza snaturarla, una immunita' che la Costituzione ha voluto, in deroga al generale principio di legalita' e di giustiziabilita' dei diritti, riservare alle opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni" (sentenza n. 10/2000 della Corte costituzionale). Con riferimento alla divulgazione delle opinioni manifestate dai parlamentari, codesta Corte ha precisato che "la semplice comunanza di argomento fra la dichiarazione resa ai mezzi di comunicazione o in dibattiti pubblici e le opinioni espresse in sede parlamentare non basta ad estendere alla prima l'insindacabilita' che copre le seconde. Ne' si puo' invocare a tal fine l'esistenza di un "contesto" politico in cui la dichiarazione si inserisca, giacche' siffatto tipo di collegamenti non vale, di per se', a conferire il carattere di attivita' parlamentare a manifestazioni di pensiero oggettivamente estranee ad essa. Deve esservi, dunque, un preciso nesso funzionale fra la dichiarazione e l'attivita' parlamentare: nesso che puo' legittimamente essere affermato dalle Camere anche quando le dichiarazioni siano sostanzialmente riproduttive dell'opinione sostenuta in sede parlamentare. La prerogativa costituzionale rileva, infatti, non soltanto per l'occasione specifica in cui l'opinione e' espressa in ambito parlamentare, ma riguarda il contenuto storico di essa, pure quando ne sia realizzata la diffusione pubblica ... L'insindacabilita' si estende, quindi, a tutte le altre sedi e occasioni in cui l'opinione sia riprodotta nel suo contenuto sostanziale" (sentenza n. 56/2000 della Corte costituzionale). Ne consegue che, poiche' la insindacabilita' delle dichiarazioni rese extramoenia puo' essere riconosciuta solo ove vi sia corrispondenza sostanziale tra le dichiarazioni stesse e quelle espresse nell'ambito dell'attivita' tipica del parlamentare, puo' riconoscersi l'insindacabilita' solamente se tale ultima attivita' sia stata gia' espletata, cioe' nel caso in cui il parlamentare abbia gia' espresso dichiarazioni od opinioni nella sede propria parlamentare e solo successivamente o, quanto meno, contestualmente abbia dato pubblicita' esterna ad esse. Codesta Corte ha affermato infatti che "la Corte, ai fini dell'insindacabilita' del primo comma dell'art. 68, deve dunque accertare la corrispondenza di contenuti con un atto parlamentare precedente o sostanzialmente contestuale" (sentenza n. 11/2000). Orbene, nel caso in esame non ricorrono i suddetti presupposti, giacche' le dichiarazioni asseritamente diffamatorie furono rese agli organi di stampa ben prima che la Camera dei deputati discutesse la richiesta di autorizzazione all'esecuzione dell'ordinanza in data 5 marzo 1999, con la quale il g.i.p. del Tribunale di Palermo aveva disposto l'applicazione della misura della custodia in carcere nei confronti del deputato Dell'Utri. Non puo' quindi essere riconosciuta la sussistenza del nesso funzionale tra le dichiarazioni in questione e l'attivita' parlamentare dell'on. Dell'Utri, giacche' questi riferi' le proprie opinioni agli organi di stampa senza avere in precedenza - o almeno contestualmente - espresso analoghe opinioni in sede parlamentare. La deliberazione di insindacabilita' e' stata, dunque, adottata dalla Camera dei deputati sulla base di un'errata valutazione dei presupposti richiesti dall'art. 68 della Costituzione, con conseguente illegittima interferenza nelle attribuzioni dell'autorita' giudiziaria, alla quale deve essere riconosciuto il potere-dovere di procedere nei confronti dell'on. Dell'Utri allo scopo di valutare se le dichiarazioni da lui rese abbiano o meno valenza diffamatoria e, quindi, se egli debba rispondere penalmente del contestato reato di diffamazione a mezzo della stampa.