IL PROCURATORE DELLA REPUBBLICA

    Vista   la   comunicazione   del   questore  di  Padova  relativa
all'accompagnamento  alla  frontiera  della  cittadina  rumena Lefter
Ciprian  Gheorghita,  trasmessa  con fax alle ore 15,44 del 29 maggio
2002, ai sensi dell'art. 2 d.l. 4 aprile 2002 n. 51;
    Considerato che:
        come  stabilito  dalla  citata  disposizione,  il procuratore
della  Repubblica convalida, verificata la sussistenza dei requisiti,
il  provvedimento  con  il  quale  e' disposto l'accompagnamento alla
frontiera  dello  straniero  entro le quarantotto ore successive alla
comunicazione;
        come  previsto  e  consentito  dalla  clausola  di "immediata
esecutivita'"  conferitagli  dall'ultimo periodo dello stesso art. 2,
il  provvedimento  in  questione e' gia' in corso di esecuzione (vedi
missiva del 29 maggio 2002 del dirigente l'ufficio immigrazione della
questura  di  Padova, allegata agli atti, che dispone l'imbarco della
suddetta  cittadina  rumena  sul  volo  delle  ore 17,30 dello stesso
giorno per Bucarest);
        prospettandosi  dubbi  di  legittimita'  costituzionale delle
disposizioni  sopra  richiamate  ed  essendo  la  relativa  questione
rilevante  nel  presente  procedimento  di  convalida,  si  ravvisano
sussistenti le condizioni per sollevare d'ufficio la questione stessa
avanti   alla   competente   Corte  costituzionale,  con  conseguente
sospensione del procedimento in corso;
    Visto l'art. 23 legge 11 marzo 1953 n. 87;

                            O s s e r v a

    Sulla legittimazione del p.m.
    Con diverse pronunzie la Corte costituzionale ha finora negato al
pubblico   ministero   la  legittimazione  a  proporre  questioni  di
costituzionalita'  di  leggi  o  di  atti  aventi  forza di legge sul
presupposto  della  sua  qualita'  di  "parte", non di titolare della
potestas judicandi.
    Tuttavia, nel contesto delineato dall'art. 2 d.l. n. 51/2002 (che
introduce  il comma 5-bis nel corpo dell'art. 13 d.lgs. n. 286/1998),
sembra  evidente  che il p.m. e' chiamato a disporre la convalida del
provvedimento  di accompagnamento alla frontiera non quale "parte" ma
quale  organo  di controllo della legalita' di un atto amministrativo
incidente  sulla liberta' personale che, ai sensi dell'art. 13, primo
e secondo comma Cost., e' "inviolabile" e non ammette forma alcuna di
restrizione "se non per atto motivato dell'autorita' giudiziaria".
    Il  potere  del  p.m.  che,  vegliando  come  custode  imparziale
sull'osservanza  della  legge e specificamente assolvendo, a presidio
della  liberta' personale, al ruolo di unico garante dei requisiti di
merito e di legittimita' di un atto coercitivo come l'accompagnamento
alla  frontiera  (unico,  perche'  l'eventuale ricorso per cassazione
contro il decreto di convalida del p.m. e' di per se' proponibile, in
conformita'  al  principio sancito dall'art. 111, comma 7 Cost., solo
"per  violazione di legge"), e' un potere assimilabile, in diritto ed
in  fatto,  a quello riconosciuto, per analoghe finalita', al giudice
nel  contesto disciplinato dall'art. 14 d.lgs. n. 286/1998. Un potere
afferente,    propriamente,    alla    sfera    giurisdizionale    ed
eccezionalmente   conferito  al  p.m.,  in  deroga  alla  regola  che
riconduce a tale organo iniziative, poteri e facolta' di parte.
    Sulla  rilevanza  della  questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 2 d.l. n. 51/2002.
    L'articolo  in  questione,  nella  parte in cui stabilisce che il
procuratore   della   Repubblica,   verificata   la  sussistenza  dei
requisiti,   convalida   il  provvedimento  di  accompagnamento  alla
frontiera  dello  straniero  entro  il  termine  di  quarantotto  ore
successive alla comunicazione di esso e nella parte in cui conferisce
a tale provvedimento immediata esecutivita', da' luogo, come appresso
si   esporra',   a  dubbi  di  costituzionalita'  non  manifestamente
infondati, la cui pregiudiziale risoluzione condiziona manifestamente
l'esame  dei  presupposti  di  legalita'  dell'atto  coercitivo e, in
definitiva, l'esito del giudizio di convalida.
    Sulla non manifesta infondatezza della questione.
    La  disposizione dell'art. 2 d.l. n. 51/2002, inserita come comma
5-bis  nel testo dell'art. 13 d.lgs. n. 286/1998, appare in contrasto
con  l'art. 3  Cost.  nella parte in cui non appresta allo straniero,
pur  statuendo la coercizione della sua liberta' personale, la stessa
tutela,  piena  ed  effettiva,  che  al  predetto e' assicurata nella
situazione   di  fatto,  sostanzialmente  identica,  contemplata  dal
successivo art. 14.
    Infatti,  a differenza di quanto quest'ultima disposizione (letta
in    conformita'    alla   sentenza   interpretativa   della   Corte
costituzionale  n. 105/2001)  prevede  per  lo  straniero  colpito da
decreto  di  espulsione  e  trattenuto  in  un centro di permanenza e
assistenza,  la  disposizione  qui  impugnata  non  stabilisce che lo
straniero,   raggiunto   da   un   provvedimento  di  espulsione  con
accompagnamento immediato alla frontiera, possa:
        essere  sentito  sui fatti e sui motivi dell'espulsione prima
dell'emissione della convalida del p.m.;
        permanere  sul  territorio dello Stato, evitando di subire la
definitiva  esecuzione  dell'espulsione, fino alla notifica dell'atto
motivato  del p.m. E' indubbio infatti che, nel caso (qui ricorrente)
di  espulsione  gia'  in  corso  di  esecuzione,  l'eventuale mancata
convalida  della  misura coercitiva dell'accompagnamento sarebbe data
inutiliter  e  configurerebbe,  in  realta',  una  garanzia meramente
apparente del fondamentale diritto di liberta' violato.
    A  tanto  si aggiunga che l'ambito limitato, addirittura angusto,
dei    poteri    riconosciuti   al   p.m.   quale   organo   deputato
all'accertamento  e  al  controllo  di  legalita'  del  provvedimento
amministrativo    di    accompagnamento    finisce   per   realizzare
irragionevolmente,     essendo     sostanzialmente    identiche    le
corrispondenti  situazioni di fatto, un sistema di tutela del diritto
di liberta' dello straniero differenziato e sensibilmente piu' debole
rispetto  a  quello  assicurato con l'attribuzione di poteri ben piu'
ampi  ed  incisivi  al  giudice nell'ambito del giudizio di convalida
disciplinato dall'art. 14.
    E cio' sotto almeno due profili:
        il  P.M. non puo' esaminare, al di fuori del provvedimento di
espulsione  e di quello di accompagnamento, altri atti o documenti ad
eventuale  riscontro delle ragioni in essi addotte (mentre al giudice
deve  essere  trasmessa dal questore, ai fini della convalida, "copia
degli atti");
        il  P.M.  non  puo' sentire, come gia' detto, l'interessato e
neppure  assumere  sommarie  informazioni  per  la verifica dei fatti
posti  a  fondamento  dei citati provvedimenti amministrativi (mentre
l'una e l'altra facolta' sono riconosciute al giudice).
    Dal   quadro   su  esposto  sembra  emergere,  in  contraddizione
(repetesi  irragionevole)  con la tutela apprestata dall'art. 14 allo
straniero  raggiunto  da  misura  coercitiva analoga a quella sancita
dall'art. 13,  un  profilo di tutela soltanto burocratico, cartolare,
privo  di effettivita' dell'inviolabile diritto di liberta' personale
di  cui,  su  un  piano di uguaglianza con i cittadini, gli stranieri
debbono essere riconosciuti titolari.