IL TRIBUNALE PER I MINORENNI Esaminati gli atti contenuti nel fascicolo processuale n. 2/02 R. G.U.P. a carico del minore E. M. R, in atti generalizzato, irreperibile, libero, contumace, imputato: A) del reato di cui all'art. 688 c.p. per essere stato colto in luogo pubblico in stato di manifesta ubriachezza. B) del delitto di minaccia aggravata ex art. 612 cpv. c.p. per aver minacciato gravemente Femia Cosimo e l'assistente della Polizia di Stato Corigliano Antonio; In Soverato il 19 settembre 2000 O s s e r v a A seguito di richiesta avanzata dal p.m.m. sede, di rinvio a giudizio del minore sopra generalizzato per i reati di cui in rubrica, e' stata fissata l'odierna udienza preliminare, ove preliminarmente il giudicante evidenziava l'incostituzionalita' dell'art. 32 d.P.R. n. 448/1988, cosi come modificato dall'art. 22 della legge n. 63/2001 per le seguenti ragioni. L' art. 22 legge n. 63/2001 ha sostituito il primo comma dell'art. 32 d.P.R. n. 448/1988, introducendo un vero e proprio elemento negoziale quale presupposto per la definizione del processo minorile in sede di udienza preliminare, in specie, subordina al consenso dell'imputato, da esprimere "in limine litis, l'emissione della sentenza di non luogo a procedere. Tale nuovo testo normativo intende palesemente costituire una trasposizione del principio costituzionale sancito dall' art. 111 comma 5 della Carta Costituzionale; tuttavia, appare subito alquanto singolare che una regola siffatta sia stata prevista in relazione ai soli epiloghi favorevoli all'imputato. E' evidente, infatti, che il disposto costituzionale postula una sorta di disponibilita' dei diritto al dibattimento in vista esclusivamente di una probabile pronuncia di colpevolezza, attraverso il consenso manifestabile dall'imputato ad utilizzare gli atti formati fuori dal contraddittorio e solo in tale ottica il consenso del giudicabile, o meglio la sua rinuncia al contraddittorio, costituisce una condizione essenziale per una eventuale condanna anticipata. Il silenzio della norma costituzionale in relazione alle ipotesi di proscioglimento sembra, invece, autorizzare l' asserzione che il potere negoziale conferito all'imputato rappresenti unitamente uno strumento utile a garantire una piena attuazione del principio del favor rei permettendo all'imputato minorenne di rinunciare ad una definizione anticipata del processo nella prospettiva di una pronuncia dibattimentale appunto piu' favorevole. Se tali premesse sono esatte, si deve convenire che l'interpretazione (quantameno quella letterale) della disposizione in esame denota un' evidente irrazionalita'. Ed invero, in primo luogo non si comprende la ratio della previsione di un consenso del giudicabile, peraltro minorenne, finalizzato alla declaratoria di una sentenza di non luogo a procedere a carattere pienamente assolutorio ovvero avente tenore meramente ""dichiarativo"" rispetto, ad esempio, ad ipotesi di difetto di condizione di procedibilita'; in secondo luogo, incomprensibile ed ancor piu' irragionevole appare la situazione, piuttosto frequente, rappresentata dalla definibilita' del giudizio in malam partem a prescindere dalla volonta' dell' imputato o, addirittura, nonostante il dissenso di quest' ultimo, come accade nelle ipotesi di condanna a pena pecuniaria ai sensi dell' art. 32 comma 2 cit. In simili evenienze, infatti, il g.u.p. che non condivida la richiesta di condanna del p.m.m., deve inevitabilmente rinviare a giudizio il minore ancorche' appaiano configurabili ipotesi di proscioglimento nel merito o di improcedibilita'. In altri termini, la nuova veste dell' art. 32 comma 1 conferisce al minore il diritto "potestativo" al dibattimento nella prospettiva di un proscioglimento "piu' "garantito"" rispetto a quello prospettabile in udienza preliminare ma, nel contempo, lo espone al rischio di una condanna in ordine alla quale non puo' vantare alcuna pretesa. Entrambe le situazioni sopra richiamate evidenziano poi un ulteriore profilo di irrazionalita' della nuova disciplina dell' udienza preliminare minorile nell' ipotesi in cui il minore manifesti il proprio dissenso alla definizione anticipata del giudizio: in un caso, infatti, l' udienza si appalesa inutile nella misura in cui abdica alla duplice funzione di filtro delle imputazioni azzardate e di verifica della praticabilita' di soluzioni paraprocessuali a carattere educativo, in favore di un epilogo automatico rappresentato da un dibattimento il piu' delle volte altrettanto inutile; nell' altro, la richiesta di condanna del p.m.m. sfocia in un' inaccettabile limitazione delle alternative decisorie, precludendo agli epiloghi proscioglitivi previsti dall' art. 129 c.p.p. e differenziando, sotto tale aspetto, il giudizio speciale in questione dal procedimento per decreto, cui il legislatore minorile si e' espressamente ispirato, rispetto al quale le cause di non punibilita' costituiscono vere e proprie condizioni impeditive. Sembra a questo giudice indispensabile un intervento della Suprema Corte per "avallare"" quantomeno la seguente interpretazione: il diritto dell' imputato al contraddittorio dibattimentale dovrebbe incontrare il limite invalicabile rappresentato dal rispetto del principio del favor innocentiae, alla luce del quale sembra opportuno imporre o meglio consentire, al giudicante di emettere una sentenza di non luogo a procedere nelle ipotesi di proscioglimento c.d. ""pieno", poiche' il dovere di declaratoria immediata costituisce un principio generale immanente al sistema processuale penale. Ci si permette di evidenziare che,in tali casi, l'assenza di pregiudizi sul piano processuale e la correlativa carenza di un interesse, meritevole di tutela, a proseguire il processo, implica una fisiologica irrilevanza dell' eventuale dissenso dell' imputato alla definizione anticipata del giudizio. Peraltro, la disponibilita' ""tout court"" del diritto al dibattimento in capo all' imputato, sia esso minorenne o maggiorenne, sembra giustificare piu' di una riserva sulla costituzionalita' della disposizione in questione alla luce dell' art. 101 comma 2 Cost. A fortiori sembra assolutamente ingiustificata la mancata previsione di un potere dispositivo dell' imputato con riguardi alla fattispecie di condanna prevista dall' art. 32 comma 2. Rafforza il convincimento del collegio in ordine alla indefettibilita' di un celere intervento della Corte la palese constatazione che la innovazione legislativa e' difficilmente conciliabile con i fondamentali principi di minima offensivita' e di destigmatizzazione del minore. In un sistema in cui si considera ""fisiologica"" la rinuncia alla pretesa punitiva nell' ottica dell'educazione del minore, appare illogica una tutela estrema del diritto al contraddittorio, un' incomprensibile ipertutela apprestata dal Legislatore, al punto che un semplice dissenso immotivato puo' pregiudicare un risultato positivo sotto il profilo educativo. Ulteriori e forti perplessita' derivano poi dalla differenza di disciplina intercorrente tra la nuova udienza preliminare minorile e l' omologa fase del rito per gli adulti, in cui la disponibilita' degli epiloghi non ha cittadinanza. Di qui un' alternativa ermeneutica che sfocia in ogni caso in un dubbio sulla legittimita' costituzionale della norma in esame: o la assoluta disponibilita' del diritto al dibattimento nel rito minorile rappresenta, come appena detto, un eccesso di tutela delle prerogative dell' imputato, assai poco razionale in un ordinamento imperniato sulla funzione educativa e sul principio di minima offensivita' del processo, o la disciplina dell' udienza preliminare per gli adulti configura una evidente disparita' di trattamento tra imputati maggiorenni e imputati minorenni. Alla luce delle considerazioni che precedono, appare quanto mai opportuno il consenso della Corte ad una interpretazione che, pur forzando indubbiamente il dato letterale della norma, consenta di razionalizzare la disciplina dell' udienza preliminare minorile, sostenendo che evadono dalla disciplina "negoziale" tutte le ipotesi di irrilevanza del dissenso ovvero della mancanza del consenso per ""oggettiva"" carenza di interesse dell'imputato al dibattimento. Diversamente opinando, si dovrebbe ammettere che il nuovo dettato costituzionale pone irrimediabilmente in crisi l' intero sistema delle decisioni proscioglitive a carattere anticipatorio. Le considerazioni che precedono sembrano al Collegio pienamente utilizzabili nella fattispecie concreta dell' odierno procedimento il cui imputato si e' reso irreperibile ed e' stato dichiarato contumace. Invero, si ribadisce, il tenore letterale dell' art. 32 prevede una espressa e specifica richiesta rivolta direttamente all' imputato e sembra ripudiare forme di consenso presunto o tacito. Ne deriva che in caso di contumacia o di assenza dell' imputato, il g.u.p. puo' si valersi, dello strumento previsto dall' art. 31, comma l, d.P.R. n. 448/1988, disponendo l'accompagnamento coattivo del minore al fine di effettuare la richiesta di consenso, ma, l'eventuale ineseguibilita' della misura accompagnatoria per irreperibilita' dell'imputato o per altre ragioni preclude ineluttabilmente la definizione anticipata del giudizio. Ne', d'altro canto, puo' replicarsi che l' irreperibilita' e' una scelta addebitabile all' imputato poiche', trattandosi di persona minorenne, il cambio di residenza o di domicilio senza informare l'autorita' giudiziaria procedente, potrebbe essere il frutto di una esclusiva scelta degli esercenti la potesta' genitoriale. Ecco allora la necessita' di "legittimare" le ipotesi auspicate da questo Collegio di irrilevanza del dissenso o del mancato consenso, imperniate sulla carenza di interesse dell'imputato a proseguire il processo. Se tale linea interpretativa proposta non dovesse trovare l'indefettibile copertura Costituzionale, si dovrebbe concludere che l'impossibilita' di assicurare la presenza dell'interessato finirebbe per ""sterilizzare" l'udienza preliminare minorile, essendo ogni epilogo interdetto in difetto di consenso. Pertanto appare necessario rimettere gli atti del presente procedimento penale alla Corte Costituzionale affinche' esamini la legittimita' dell'art. 32, comma l, d.P.R. n. 448/1988 in relazione all'art. 3, 111 comma 2, 4 e 5 Cost.